Armi in vista, i sostenitori di Trump in Arizona “presidiano” i seggi dove si stanno contando i voti. Sono i supporter repubblicani che hanno risposto alla chiamata del presidente sui “brogli”. A New York, la polizia ha arrestato 50 manifestanti, 11 a Portland, altri arresti a Minneapolis. La tensione cresce anche a Washington. Fino a ieri nella Capitale c’era anche Enrique Tarrio, il presidente dell’organizzazione dei Proud Boys, il gruppo di estrema destra che nelle piazze di Portland si è già scontrato con Antifa, il movimento antirazzista.
Cosa sta succedendo a Washington? Da giorni si parla di proteste.
I risultati stanno tardando. Siamo in un momento di calma prima della tempesta.
Come si risolverà?
C’è poca chiarezza, non abbiamo certezza sui numeri delle preferenze. Inoltre sono stati denunciati brogli. Bisogna agire, fissare dei punti certi.
Questo stato di tensione potrebbe portare ad azioni violente?
Ci saranno degli scontri. In tanti, nascosti dalla sinistra radicale, tenteranno di approfittare della debolezza delle istituzioni. Saccheggi e devastazione. I Proud Boys non partecipano a proteste, ma saremo in strada accanto ai cittadini. Pronti a difendere la proprietà privata di altri americani.
Con le armi?
Lo dice il Secondo emendamento. Ognuno ha il diritto di difendere i propri beni. E se qualcuno attacca, è nostro diritto difenderci.
Ci sono delle città più a rischio, secondo la vostra prospettiva?
A Portland ci saranno scontri, come quelli dei mesi scorsi. Ma tutte le grandi città saranno scosse dalla violenza.
Qual è lo Stato che potrebbe avere più problemi?
Mi sembra che tutto si stia concentrando sul Nevada. Come può uno Stato così piccolo, con solo sei grandi elettori, decidere per tutti gli Stati Uniti?
Ma non è difficile giustificare che una elezione in un Paese democratico come gli Stati Uniti possa portare a queste reazioni?
La stampa straniera, soprattutto europea, non si rende conto che abbiamo una cultura diversa. Non capisco come ci descrivete. La politica da voi è molto diversa da come la interpretiamo qui.
Si può parlare, secondo la sua prospettiva, di una svolta a destra degli Usa?
Non posso dire che siamo un Paese di destra, al contrario vedo sempre più elementi che ci spingono verso il comunismo. Il socialismo cresce. Dovrebbe essere un tabù. Se fossimo un Paese di destra, non si dovrebbe nemmeno poter dire ‘socialismo’.
Per lei il candidato democratico Biden è un socialista?
No. Ma il problema non è Biden. Il problema è il suo partito, e le nuove correnti che lo hanno sostenuto nella corsa alla Casa Bianca. Sono loro la minaccia, lo controllano. Per questo è nata una destra alternativa a quella dei Repubblicani. Non a tutti i Proud Boys piace Trump, ma nessuno di noi vuole lasciare il Paese in mano ai radicali di sinistra. Persone come Alexandria Ocasio Cortez non le avevamo mai viste nei palazzi della politica.
Se vince Biden, cosa faranno i Proud Boys in quattro anni?
Siamo un’organizzazione di uomini fieri di essere occidentali. Non importa chi vinca, vogliamo un Paese migliore.