Il governo che doveva dare i compiti alle Regioni inciampa e prende tempo. Però alla fine cala le fasce colorate che indicano le zone da chiudere, e i governatori quasi impazziscono: “Non ci hanno neppure sentiti”. È quasi guerra tra Roma e le Regioni, dopo una giornata di rinvii. “Tutte le misure previste dal Dpcm riservate alle aree gialle, arancioni e rosse saranno in vigore da venerdì” avvisa Palazzo Chigi. Poi in serata le fasce colorate arrivano. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte le presenta all’ora di cena in conferenza stampa. E avverte i governatori: “Non è possibile contrattare con le Regioni, non si negozia sulla pelle dei cittadini”. E pare di toccarla con mano la rabbia dei presidenti. Martedì protestavano perché si sentivano “esautorati” dalle chiusure automatiche ideate dall’esecutivo. A zone rosse decise, accusano: “Non ci hanno neppure sentito, eppure il Dpcm prevede che le ordinanze del ministero della Salute sulle chiusure vengano emanate dopo aver sentito i governatori”. Lo dicono in diversi, fuori taccuino, “perché se parlassimo tra virgolette chissà cosa potremmo dire…”. Ma il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, protesta in chiaro: “Speranza ci ha relegati in zona arancione senza alcuna preventiva intesa con la Regione o spiegazione scientifica”.
Uno strappo, insomma. Al termine di un mercoledì infinito, nel quale governatori e sindaci avevano infierito sul governo per il ritardo sulla mappa delle chiusure. Basta citare il tweet al curaro del sindaco dem Beppe Sala: “Caro governo, sono le 6 di sera, un bar milanese sta chiudendo e ancora non sa se alle 6 di domani potrà riaprire. Quando glielo facciamo sapere?”. Una buona sintesi del clima tra gli amministratori. Per tutto il giorno i governatori si sentono loro e chiamano Roma, per avere notizie. “Nessuno sa nulla di preciso, c’è solo una grande confusione” accusa un governatore a metà pomeriggio, mentre i cellulari dei presidenti sono ingolfati dalle chiamate di sindaci e associazioni di categoria. Poi, di sera, la conferenza di Conte.
Già stamattina i governatori si rivedranno tra loro per una Conferenza che all’ordine del giorno ha altri temi, ma dove la questione delle chiusure, inevitabilmente, traboccherà. Senza dimenticare che nel pomeriggio è fissata una conferenza Stato Regioni, ovviamente con il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia. Però ormai è andata così. E chissà cosa farà ora il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Prima che Conte prendesse la parola, era pronto alle barricate: “Il governo sta decidendo in quale fascia inserire la Lombardia, ma purtroppo lo sta facendo con dati vecchi di oltre dieci giorni. Oggi i dati ci sono, ed è sulla base di questi che dovrà essere presa ogni decisione”. Era e forse resterà la linea di molti presidenti, spiegano: contestare i dati usati da Speranza come vecchi e non attendibili.
Non a caso, a zone rosse stabilite, il governatore ligure Giovanni Toti alza l’asticella: “Se non fosse drammatica la situazione inizierebbe a diventare grottesca, ci aspettiamo un confronto tecnico con il governo sulla qualificazione tecnica del dato”. L’ennesimo siluro, dal vicepresidente della Conferenza Stato regioni.
Ma Conte tira dritto. “Il contraddittorio ci sarà – assicura – perché le ordinanze del ministro della Salute vengono fatte sentito ogni presidente, ma non negoziate con il governatore”. Niente “trattative”, ringhia. Anche perché, fa notare, “il sistema di monitoraggio dei dati è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni”. Gli chiedono di Fontana che contesta i dati, e il premier non si sposta: “Le ordinanze del ministro della Salute non saranno arbitrarie o discrezionali perché recepiranno l’esito del monitoraggio periodico effettuato con i rappresentanti delle Regioni”. Di più non concede, il presidente del Consiglio. Perché non vuole proprio farlo.