Molti ospedali sono al limite o l’hanno superato. Si richiamano medici e infermieri pensionati. Il sindacato dei dirigenti medici Anaao Assomed annuncia diffide contro gli “spostamenti tappabuchi” nei reparti Covid di ortopedici, chirurghi estetici, urologi e altri specialisti. E molti medici di famiglia, chiamati a fare i tamponi rapidi che le Asl non sono in grado di fare, non aderiscono all’accordo firmato dalle loro associazioni: non li faranno perché non hanno spazi sufficienti. Al ministero della Salute ipotizzano sanzioni per chi rifiuterà di esercitare nei locali messi a disposizione da Asl, Croce rossa e altri. Il presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, teme “uno tsunami che potrebbe travolgere il sistema sanitario” .
Non siamo a marzo, certo, ma la situazione è drammatica e con il nuovo Dpcm si prova a correre ai ripari. Nella zona cosiddetta rossa, con restrizioni simili a quelle del lockdown, dovrebbero essere collocate Lombardia, Piemonte, Calabria e forse Valle d’Aosta e Alto Adige. Sono quelle messe peggio, nello scenario 4 dell’ormai noto documento dell’Istituto superiore di Sanità (“Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”), fatto approvare alle Regioni dal ministro della Salute, Roberto Speranza, secondo la complessa combinazione di criteri indicata per il monitoraggio del ministero e dell’Iss: il tasso di riproduzione del virus Rt, l’andamento dei contagi, la capacità di test and tracing, il tempo medio che intercorre tra sintomi e diagnosi e soprattutto l’occupazione dei posti letto negli ospedali. C’è poi la fascia detta arancione, con restrizioni minori: toccherebbe a Liguria, Puglia, Sicilia, forse a Sicilia, Veneto e Campania. Ma ci sono diverse Regioni in ballo, come Lazio e Toscana.
L’allarme viene dalle Rianimazioni che ieri contavano 2.225 pazienti su un totale di oltre 8.000 posti secondo il governo, mentre secondo le associazioni degli anestesisti rianimatori non c’è modo di farne funzionare più di 7.000 per mancanza di personale, specialisti che nel nostro Paese non ci sono. Il governo aveva fissato al 30% del totale i posti in terapia intensiva che possono essere destinati ai malati Covid senza far saltare l’attività ordinaria degli ospedali e il principio per cui il 70-80% dei letti di rianimazione dev’essere destinato alle urgenze chirurgiche e traumatologiche. È stata superata. Siamo al 31%. Lo dice la Protezione civile che ha rielaborato i dati dell’Agenas, l’agenzia che dovrebbe coordinare Stato e Regioni in materia sanitaria, clamorosamente assente nella prima fase della pandemia e tornata a nuova vita sotto la guida dell’ex direttore della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan. Nove regioni superano la soglia: Campania (44%), Liguria (31%, ultima ad aggiungersi alla lista), Lombardia (45%), Marche e Piemonte (37%), Bolzano (51%), Toscana (41%), Umbria (49%) e Valle d’Aosta (65%). Vicine al 30% Emilia Romagna (27%), Abruzzo e Puglia (entrambe al 26%). A preoccupare è anche la velocità con cui si riempiono i reparti di pneumologia, medicina generale e malattie infettive, per i quali la soglia è al 40%. Sono occupati da pazienti Covid il 39% dei posti letto, con 8 regioni (lunedì erano 6) che superano il 40%: Abruzzo (42%), Lazio (43%), Liguria (61%), Lombardia (46%); Piemonte (67%), Bolzano (56%), Umbria (46%), Valle d’Aosta (147%). Subito sotto soglia Marche (39%), Campania (37%) e Toscana (36%).
Lombardia Si conferma fallimentare
la gestione Fontana & Gallera E Milano sta perdendo la battaglia
Nuovi casi 6.804; totali 216.433
Decessi 117 ieri; totali 17.752
In terapia intensiva +40 (475 totali)
Ricoverati + 334 (4.740)
Indice rt 2.09
Rapporto positivi/testati 38,7%
L’annunciata battaglia per Milano è già scoppiata. E il Covid per ora sta vincendo: 20.689 nuovi positivi solo negli ultimi tre giorni. È una guerra che solo nel capoluogo ieri ha colpito 2.829 persone, ma che miete contagi in quasi tutte le province: Varese (1192), Monza-Brianza (838), Como (459). Solo Bergamo e Brescia sembrano resistere. A oggi sono 17.635 i deceduti totali, ma il numero cresce. Ieri hanno perso la vita in 117, l’altro ieri erano stati 46, quello prima ancora 54. In 40 sono finiti invece in terapia intensiva, un numero che porta i letti occupati negli ospedali regionali a 470, cifra molto vicina a quella quota 500 ritenuta dal Cts il punto del non ritorno. “Il sistema non regge”, è tornato a ripetere il presidente dell’Ordine dei Medici milanese, Roberto Carlo Rossi. Il sistema cede sotto il peso di 4.780 ricoverati nei reparti ordinari, che tenta di resistere tra pronto soccorso paralizzati e attività elettive sospese, azzoppato da un fattore Rt che da giorni veleggia tra 2 e 1,6. E le armi a disposizione – chiusure a parte – sono poche: l’Ospedale in Fiera è rimasto al palo, azzoppato dalla carenza di personale. Il contact tracing è saltato. Si aspettano anche 10 giorni per l’esito di tamponi (ieri fatti 39.658) che il sistema non riesce più a processare. Ieri Gallera ha annunciato che, grazie all’esercito, ci saranno test per tutti i bimbi. Con un tempismo curioso, visto che il Dpcm chiuderà anche le scuole medie. Una sola cosa è chiara: la Lombardia è in zona rossa da settimane, ma nessuno ha avuto il coraggio di dirlo.
Andrea Sparaciari
Piemonte (e Valle D’Aosta) il picco:
oltre 3mila nuovi casi in 24 ore, collasso ospedaliero in un mese
Nuovi casi 3.169 ieri; totali 77.832
Decessi 29 ieri ; totali 4.444
In terapia intensiva +17 (213 totali)
Ricoverati +288 (3.379)
Indice rt 2.16
Rapporto positivi/testati26,4%
oltre tremila contagiati in 24 ore, 29 morti in un giorno. Il Piemonte è sotto scacco del Covid – già da mesi – ma da una settimana, almeno, si ha la sensazione che sia vicino il momento del tracollo. I numeri dell’ultimo bollettino dell’Unità di crisi confermano un quadro clinico fosco. Il disperato appello al lockdown dell’Ordine dei medici è arrivato lunedì: “Se l’aumento dei contagi e dei ricoveri dovesse continuare secondo il trend attuale – avevano detto – gli ospedali potranno reggere ancora per pochi giorni, poi inizieranno a mancare posti letto a disposizione e personale sanitario sufficiente”. Una previsione sempre più vicina alla realtà. I numeri spaventano: i casi di persone finora risultate positive al Covid sono 77mila e 832 (più 3.169 rispetto a ieri, a fronte dei 2003 di 24 ore fa) di cui 1.303 (41%) asintomatici. I decessi sono saliti a 4.444, di cui 29 nelle ultime ore. I ricoverati di ieri erano 271 più rispetto al giorno precedente, per un totale di 3.379. Salgono anche i ricoveri nelle terapie intensive: più 17 in 24 ore, 213 in totale. E la previsione da qui a un mese, con questo ritmo, è che si arrivi alla saturazione sia delle Ti sia dei reparti Covid. Il Piemonte è in allerta rossa da tre settimane: lo scenario con l’indice Rt superiore a 1,5 in modo costante è segnalato da giorni: venerdì scorso era già a 2,16. Anche in Valle d’Aosta l’indice era schizzato a 1,89 il 25 ottobre: qui (per cui peraltro Roma segnala una comunicazione dei dati non completa), secondo l’ultimo rapporto Iss, ogni due tamponi eseguiti si trova un contagiato.
Elisa Sola
Calabria Più che la forza del virus
si paga il disastro delle strutture e la malapolitica: in più solo 6 posti in “ti”
nuovi casi 266 ieri; totali 3.640
Decessi 3 ieri ; totali 121
In terapia intensiva +7 (26 totali)
Ricoverati +20 (184)
Indice rt 1.84 (non aggiornato)
Rapporto positivi/testati 9,2%
Nella prima ondata, tutto sommato aveva retto. Ma per la Calabria il passo a “regione rossa” è stato breve. I numeri sono impietosi, ma se ci si limita a leggere quelli dei nuovi positivi (266 in più rispetto al giorno precedente) o quelli relativi ai posti occupati in terapia intensiva (26 in totale) non si comprende appieno il perché anche la Calabria sia finita tra le aree ad “alto rischio”. I dati dei nuovi contagi riportati dal bollettino regionale vanno incrociati con i problemi strutturali legati alle condizioni precarie del sistema sanitario calabrese: e il collasso degli ospedali – come dimostra anche lo studio sugli scenari sulla tenuta del sistema sanitario pubblicato ieri dal Fatto – fra meno di un mese è realtà. Le assunzioni previste di operatori sanitari sono rimaste sulla carta. Così come i posti letto da implementare: la Regione in un recente documento di “riordino della rete ospedaliera in emergenza Covid” parla di 146 posti di rianimazione (circa 40 in più dall’inizio della pandemia). La realtà è diversa: in 9 mesi sono stati realizzati solo 6 nuovi posti di terapia intensiva. Tutti gli altri sono posti “volanti”, cioè non reali, che si recuperano chiudendo le sale operatorie o individuando dei luoghi talvolta non a norma. Il tutto con buona pace dei 213 posti promessi dalla Regione oggi, dopo la morte di Jole Santelli, guidata dal suo vice leghista Nino Spirlì che pensa di contenere il contagio a colpi di ordinanze schizofreniche, per cui si decretano “zone rosse” comuni come Sant’Eufemia d’Aspromonte e Sinopoli (dove i casi sono ormai una ventina), ma non la vicina Palmi, dove invece ci sono oltre 50 positivi.
Lucio Musolino