L’uomo che sussurrava ai lettori è un diario di bordo, un canto d’amore, un prezioso manuale d’istruzioni per chi vuole avvicinarsi al mestiere più bello del mondo: il libraio. Lo ha scritto Romano Montroni, un ragazzo bolognese pieno di incanto, nato 81 anni fa in una casa dove di libri non c’era nemmeno l’ombra. Poi il destino – che, si sa, ha un’animaccia porca – si è messo di mezzo e gli ha fatto trovare un impiego alla libreria Rizzoli di Bologna. “È stato un caso – spiega l’autore – Avevo lasciato la scuola, poi mi sono diplomato alle serali, e dovevo lavorare. Alla Rizzoli mi avevano preso come fattorino, ma una sera il direttore della libreria mi disse che dovevo iniziare a leggere”.
Il primo libro?
Appunto, me lo diede il direttore Fabio Amadori: era I ragazzi della via Pal. Naturalmente me ne innamorai. Così ho scoperto che i libri contengono storie, viaggi, mondi interi. I libri sono una magia.
Poi ha fatto carriera.
Una volta era tutto diverso. I dirigenti delle case editrici, gli uffici stampa venivano presi dalle librerie. Non come adesso, che sono tutti bocconiani! La formazione era sul campo. Così è stato per me: i miei superiori hanno capito che non sapevo niente di libri e mi hanno fatto fare un percorso di apprendimento. Così ho cominciato il mestiere, che mi ha portato lontano: per quarant’anni sono stato in Feltrinelli, poi alle librerie Coop. Ancora oggi insegno alla Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri.
Nel suo libro, scritto alla fine dei suoi mandati come presidente del Centro per la lettura e il libro, si dedica anche all’analisi della lettura in Italia.
Avevo letto quel prezioso lavoro di Tullio de Mauro, La cultura in Italia (Laterza, 2004) in cui si evidenziavano dati spaventosi sull’analfabetismo funzionale degli italiani. Gli ultimi numeri dell’Ocse confermano l’allarme: 11 milioni di italiani, tra i 15 e 64 anni, sono considerati analfabeti funzionali. Cioè hanno dimenticato quanto imparato a scuola e non sono in grado di comprendere un testo semplice. Durante la presidenza del Centro per il libro, ho fatto fare una ricerca sulla lettura in Europa: tutti gli altri Paesi incentivano la lettura dalla prima infanzia. Una cosa che da noi non esiste. Basta pensare alla povertà delle nostre biblioteche scolastiche, che praticamente non esistono. Non c’è la cultura della lettura ad alta voce: quando con il ministro Franceschini (che firma la prefazione al libro, ndr) lanciammo Libriamoci, un programma di lettura ad alta voce nelle classi, il primo anno su 14 mila scuole solo 3 mila aderirono.
Lei giustamente sottolinea che negli altri Paesi la promozione è molto sentita e da decenni. Fa più comodo un popolo di sudditi che non capiscono?
Questo è il punto: chi legge è in grado di formarsi proprie idee, un pensiero critico su quel che gli accade attorno. Nei nostri programmi ministeriali non c’è mai stata la lettura ad alta voce. Pensiamo al tema difficile dell’immigrazione e dell’integrazione: quanti saggi, quanti romanzi potrebbero aiutare i ragazzi a capire!
Lei si dedica molto al ruolo delle librerie: negozi di libri e di mille altre sciocchezze.
Questo è un problema delle librerie di catena. Molti librai indipendenti invece fanno miracoli, trasformando le loro librerie in presidi territoriali grazie al rapporto qualitativo con la clientela. In Francia il “non libro” presente nelle librerie, è un oggetto raffinato. Non pupazzetti. In Germania c’è un master per diventare librari che dura due anni: alla fine escono professionisti competenti. Quattro anni fa alla Scuola per librai Mauri abbiamo invitato il libraio indipendente James Daunt che era stato chiamato a risanare la catena Waterstones (oltre tremila librai per circa 280 librerie), missione apparentemente impossibile in un Paese in cui Amazon era arrivata a coprire il 60% del mercato. In cinque anni è riuscito a riportare l’azienda in attivo: ha puntato sulla qualità dei librai per offrire un servizio accurato, li ha motivati rendendoli responsabili degli assortimenti.
Le qualità più importanti per un libraio?
Duttilità, sensibilità, ironia. E umiltà. Quando formavo i librai, la prima cosa che facevo era mettere loro in mano uno straccio: i volumi vanno spolverati! Ricordo che due si dimisero, perché si sentivano sminuiti…