“Il buon libraio usa lo straccio: i volumi vanno spolverati”

L’uomo che sussurrava ai lettori è un diario di bordo, un canto d’amore, un prezioso manuale d’istruzioni per chi vuole avvicinarsi al mestiere più bello del mondo: il libraio. Lo ha scritto Romano Montroni, un ragazzo bolognese pieno di incanto, nato 81 anni fa in una casa dove di libri non c’era nemmeno l’ombra. Poi il destino – che, si sa, ha un’animaccia porca – si è messo di mezzo e gli ha fatto trovare un impiego alla libreria Rizzoli di Bologna. “È stato un caso – spiega l’autore – Avevo lasciato la scuola, poi mi sono diplomato alle serali, e dovevo lavorare. Alla Rizzoli mi avevano preso come fattorino, ma una sera il direttore della libreria mi disse che dovevo iniziare a leggere”.

Il primo libro?

Appunto, me lo diede il direttore Fabio Amadori: era I ragazzi della via Pal. Naturalmente me ne innamorai. Così ho scoperto che i libri contengono storie, viaggi, mondi interi. I libri sono una magia.

Poi ha fatto carriera.

Una volta era tutto diverso. I dirigenti delle case editrici, gli uffici stampa venivano presi dalle librerie. Non come adesso, che sono tutti bocconiani! La formazione era sul campo. Così è stato per me: i miei superiori hanno capito che non sapevo niente di libri e mi hanno fatto fare un percorso di apprendimento. Così ho cominciato il mestiere, che mi ha portato lontano: per quarant’anni sono stato in Feltrinelli, poi alle librerie Coop. Ancora oggi insegno alla Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri.

Nel suo libro, scritto alla fine dei suoi mandati come presidente del Centro per la lettura e il libro, si dedica anche all’analisi della lettura in Italia.

Avevo letto quel prezioso lavoro di Tullio de Mauro, La cultura in Italia (Laterza, 2004) in cui si evidenziavano dati spaventosi sull’analfabetismo funzionale degli italiani. Gli ultimi numeri dell’Ocse confermano l’allarme: 11 milioni di italiani, tra i 15 e 64 anni, sono considerati analfabeti funzionali. Cioè hanno dimenticato quanto imparato a scuola e non sono in grado di comprendere un testo semplice. Durante la presidenza del Centro per il libro, ho fatto fare una ricerca sulla lettura in Europa: tutti gli altri Paesi incentivano la lettura dalla prima infanzia. Una cosa che da noi non esiste. Basta pensare alla povertà delle nostre biblioteche scolastiche, che praticamente non esistono. Non c’è la cultura della lettura ad alta voce: quando con il ministro Franceschini (che firma la prefazione al libro, ndr) lanciammo Libriamoci, un programma di lettura ad alta voce nelle classi, il primo anno su 14 mila scuole solo 3 mila aderirono.

Lei giustamente sottolinea che negli altri Paesi la promozione è molto sentita e da decenni. Fa più comodo un popolo di sudditi che non capiscono?

Questo è il punto: chi legge è in grado di formarsi proprie idee, un pensiero critico su quel che gli accade attorno. Nei nostri programmi ministeriali non c’è mai stata la lettura ad alta voce. Pensiamo al tema difficile dell’immigrazione e dell’integrazione: quanti saggi, quanti romanzi potrebbero aiutare i ragazzi a capire!

Lei si dedica molto al ruolo delle librerie: negozi di libri e di mille altre sciocchezze.

Questo è un problema delle librerie di catena. Molti librai indipendenti invece fanno miracoli, trasformando le loro librerie in presidi territoriali grazie al rapporto qualitativo con la clientela. In Francia il “non libro” presente nelle librerie, è un oggetto raffinato. Non pupazzetti. In Germania c’è un master per diventare librari che dura due anni: alla fine escono professionisti competenti. Quattro anni fa alla Scuola per librai Mauri abbiamo invitato il libraio indipendente James Daunt che era stato chiamato a risanare la catena Waterstones (oltre tremila librai per circa 280 librerie), missione apparentemente impossibile in un Paese in cui Amazon era arrivata a coprire il 60% del mercato. In cinque anni è riuscito a riportare l’azienda in attivo: ha puntato sulla qualità dei librai per offrire un servizio accurato, li ha motivati rendendoli responsabili degli assortimenti.

Le qualità più importanti per un libraio?

Duttilità, sensibilità, ironia. E umiltà. Quando formavo i librai, la prima cosa che facevo era mettere loro in mano uno straccio: i volumi vanno spolverati! Ricordo che due si dimisero, perché si sentivano sminuiti…

Gli esordienti del 2020/21. Editoria, il bello dei debuttanti

“Quanto vano è il mettersi seduti a scrivere quando non ci si è posti eretti a vivere” sosteneva Thoreau, come a dire che se non si vive pienamente difficilmente si avrà qualcosa d’interessante da raccontare. Di italiani aspiranti scrittori ce ne sono tanti (non è vero però che sono più quelli che scrivono di quelli che leggono, semmai il problema è che si legge troppo poco) ma uno su mille ce la fa. Su che cosa accadrà dopo l’agognato esordio, inizio di una carriera top o flop?, potrà dire solo il tempo. Debutti che diventano best-seller, anche all’estero, e poi film-serie tv, come La solitudine dei numeri primi di Giordano, Gomorra di Saviano, Acciaio di Avallone o il recente I leoni di Sicilia di Auci non capitano tutti i giorni, ma l’editoria nostrana punta sempre su nuove penne.

Come Einaudi ora con Barbara Frandino, giornalista e sceneggiatrice che con scrittura affilata, minimale, racconta in È quello che ti meriti quel momento doloroso ma vitale in cui un grande amore si tinge d’odio. “Cercare il nuovo è il motore del nostro mestiere”, racconta Paola Gallo, responsabile della narrativa italiana di Einaudi, “ma ogni libro fa la sua corsa. Ci sono opere che arrivano e s’impongono, esordio o no, come credo farà a gennaio L’arte di legare le persone di Paolo Milone, 40 anni di lavoro in un reparto di psichiatria, passati a ‘guardare l’abisso con gli occhi degli altri’. Siamo in ascolto, ma ascoltiamo con più attenzione chi trova il modo giusto per dirci chi è, cosa vuole”.

Molti i titoli attesi per inizio 2021. Per Rizzoli Manuela Piemonte col conteso Amazzoni, storia di tre giovanissime sorelle italiane di Libia, mandate in colonia a Marina di Massa, dove vengono sorprese dallo scoppio del Secondo conflitto mondiale. “Cerchiamo l’istinto, la voce e la storia giusta, vogliamo dar risalto alle nuove scritture senza creare però la categoria specifica dell’esordiente”, spiega Michele Rossi, responsabile narrativa di Rizzoli mentre Giovanni Francesio, a capo di quella di Mondadori, dice che “si diventa scrittori non quando lo si decide, ma quando non lo si può evitare perché è urgenza insopprimibile, quasi fisica”.

Gian Arturo Ferrari, guru dell’editoria, specifica che gli editor leggono moltissime delle proposte che ricevono ma la selezione è feroce, il 90 per cento dei testi viene cassato alla prima scorsa” e consiglia, come Francesio, di puntare sugli agenti letterari che fanno un prezioso lavoro di filtro-tramite con gli editori mentre quando era giovane lui (è classe 1944) “l’accesso alla pubblicazione era un meccanismo di cooptazione, cioè i circoli letterari cooptavano i giovani favorendone l’esordio e dire che si poteva insegnare a scrivere era eresia: essendo un’arte dipendeva solo dall’ispirazione. Oggi invece le scuole di scrittura possono essere un valido supporto per imparare almeno i rudimenti”.

Mondadori accenderà i fari sul trentenne milanese Gianluca Nativo, insegnante elementare, con Il primo che passa, storia di formazione di un ragazzo omosessuale. Anche Nne ha inaugurato due anni fa la serie “Gli Innocenti” dedicata agli esordi italiani (da lì arriva Alessio Forgione, nella dozzina dell’ultimo Strega con Giovanissimi) e a marzo punterà sul 29enne Pier Lorenzo Pisano, finalista al Premio Calvino 2019, mentre Longanesi proverà con Tommaso Scotti, matematico che vive e lavora in Giappone, col giallo L’ombrello dell’imperatore.

Per Marsilio, che ha lanciato Mazzantini, Gamberale, Tamaro, la scommessa è la giornalista-editor Valentina Della Seta con Le ore piene (maggio), sulle ore che una donna matura e un giovane uomo, conosciutisi su un sito d’incontri, trascorrono insieme. Nord ha fatto bingo con Daniela Raimondi con l’epopea famigliare La casa sull’argine, uscito ad agosto e ancora in classifica, cinque edizioni, in traduzione in otto paesi. Garzanti e Feltrinelli ripongono speranza, a gennaio, rispettivamente su Il mistero della pittrice ribelle, romanzo storico dell’architetto Chiara Montani nella Firenze dei Medici, e Carmen Barbieri con Cercando il mio nome sul tema del lutto.

Molti saggi consigli li dà La scrittura non si insegna (Minimum Fax) di Vanni Santoni, 42 anni e un curriculum d’oro: se non si può insegnare a scrivere si può almeno insegnare a pensare come uno scrittore. Come? Leggendo tanto.

Ankara torna a trivellare a Kastellorizo

Il braccio di ferro tra Grecia e Turchia è ricominciato sotto lo sguardo preoccupato dell’Unione europea e della Nato, di cui entrambi i Paesi sono membri. Dopo nemmeno due settimane dal vertice straordinario dei leader europei per dirimere la disputa dei diritti di esplorazione nel Mediterraneo orientale, Ankara ha ordinato ieri all’equipaggio della sua nave trivella Oruc Reis di uscire di nuovo dal porto di Antalya per perlustrare la piattaforma continentale alla ricerca di idrocarburi. Atene a Bruxelles aveva chiesto di imporre sanzioni alla Turchia perchè ha violato le proprie acque e la zona economica esclusiva attorno alle isole greche di Creta, Kastellorizo e nei fondali attorno alla parte greca di Cipro. Ma grazie alla Germania e all’Italia, per ragioni diverse, al posto delle sanzioni è stato blandamente consigliato di far “calmare le acque” e iniziare i colloqui bilaterali. Chi conosce la postura del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, detto, per l’appunto, il Sultano, sa bene che non indietreggierà, a meno di una presa di posizione europea dura. Che non sembra all’orizzonte a giudicare dalla reazione di Berlino: “Sarebbe una mossa imprudente per la Turchia iniziare di nuovo l’esplorazione in un’area contesa”. Si inizierà a capire come si metteranno le cose solo tra due giorni quando il ministro degli Esteri tedesco Heiko Mass volerà ad Ankara per i colloqui tra i due paesi che condividono il mar Egeo. Il Sultano sta alzando la posta per cercare di ottenere il più possibile dalla Germania che guida peraltro questo semestre Ue. Il ministero degli Esteri greco Dendias ha affermato che il Navtex (avviso) turco per l’esplorazione a sud di Kastellorizo “costituisce una grave escalation e una minaccia diretta alla pace e alla sicurezza nella regione”. La Turchia ha risposto che la Grecia non ha il diritto di opporsi ai lavori di esplorazione sismica turca a 15 chilometri dalla sua terraferma nel Mediterraneo orientale e sulla sua piattaforma continentale. Il ministero degli Esteri turco ha quindi affermato che il raggio di attività della nave da ricognizione sismica Oruc Reis si trova a 15 chilometri dalla Turchia e a 425 chilometri dalla Grecia. “E inaccettabile che ci sia questo veto contro il nostro paese, che ha la costa più lunga del Mediterraneo orientale, per operare a soli 15 chilometri dalla terraferma”, ha detto aggiungendo che le critiche della Grecia sono “accuse infondate senza validità nel diritto internazionale”. Ma è il diritto internazionale dal punto di vista di un Paese sempre più aggressivo che si fa scudo dell’appartenenza alla Nato.

Gas e concorrenza sleale: Varsavia contro Gazprom

Mancano solo 120 km alla fine della costruzione dell’ultimo gasdotto di Mosca. Con qualche dichiarazione al vetriolo, molte accuse e una penalità senza precedenti, Varsavia ora chiede di bloccare l’enorme arteria sotterranea che collega i giacimenti siberiani Yamal, attraverso il Mar Baltico, all’Europa. Per il progetto gemello del Nord Stream 1, il suo sfortunato ed ostacolato doppio, il Nord Stream 2, la Polonia pretende dal colosso dell’energia russa Gazprom il pagamento di una multa record: 7 miliardi e mezzo di dollari. Il gasdotto russo della discordia europea “minaccia la sicurezza della Polonia e gli interessi dei consumatori polacchi”: lo ha stabilito un’inchiesta durata più di due anni, che ha accertato che le regole sulla concorrenza sono state violate. Tomasz Chrostny, presidente dell’Uokik – ufficio competizione e protezione consumatori dell’ente antimonopolio di Varsavia – ha per questo firmato il documento che chiede il rimborso di 29 miliardi di zloti alla Gazporm (una cifra pari al 10% del totale delle entrate annuali della compagnia) e approvato una seconda multa di 234 milioni per l’austriaca Omv, la francese Engie, le tedesche la Wintershall e la Uniper, la britannica Royal Dutch Shell, ovvero le cinque compagnie europee affiliate nell’appalto di costruzione. La penale porterebbe via ad ogni azienda, individualmente, la stessa percentuale di fatturato che i polacchi vogliono sottrarre ai russi.

Spalleggiata dalla Lituania, preoccupata dall’ulteriore influenza e potenza energetica che acquisirebbe Mosca nel- l’Unione, la Polonia ha fatto ricorso alle clausole di concorrenza sleale sul mercato nonostante i Paesi coinvolti dall’attraversamento del Nord Stream 2, (Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania), lo abbiano già approvato da tempo. A fermare il serpente sotterraneo di gas ci aveva già provato a Bruxelles, al Consiglio dei leader europei d’inizio ottobre, Mateusz Morawiecki, premier di Varsavia, che in seguito al tentativo di avvelenamento del dissidente Aleksey Navalny, aveva proposto di fermare il gasdotto del “Paese che viola i diritti umani dei suoi oppositori”, nonostante lo stesso blogger si fosse dichiarato contrario a questa scelta. Che il Nord Stream 2, insieme alle relazioni franco tedesche e il rapporto tra la cancelliera Merkel e il presidente Putin, fossero la vera vittima del caso Navalny lo sostenevano da principio alcuni esperti e l’intelligence russa. Francia, Germania e, in seguito, Gran Bretagna hanno reso comunque noto che in riferimento all’avvelenamento del blogger, sanzioni saranno preemesse contro “individui responsabili del crimine e quanti sono coinvolti nel programma Novichok”. Al tentativo di sabotaggio polacco ha risposto la Gazprom, già coinvolta in una ridda di controversie e denunce oltre confine, promettendo battaglia in tribunale per “una sanzione senza precedenti” che cerca “di contrastare il Nord Stream 2 con ogni mezzo”.

Ha alzato la voce anche il Cremlino: il portavoce del presidente Putin, Dimitry Peskov, ha intimato che “si userà qualsiasi mezzo per rispondere” all’alzata di scudi di Varsavia, dietro cui i russi intravedono l’ombra a stelle e strisce degli Stati Uniti, nuovo fornitore di gas di scisto e Paese da cui sono partite sanzioni o minacce contro ogni compagnia che avesse partecipato ad attivare il gasdotto di Mosca. Proprio per questo tipo di ripercussioni geopolitiche, la Russia nel 2019 è stata abbandonata dalla sua fornitrice di tubi svizzera, la Allseas. Secondo la Pgnig, compagnia statale di gas polacco, Varsavia ha ridotto la sua dipendenza da Mosca dall’87 al 60% dal 2015 al 2019 ricorrendo alle riserve d’energia in arrivo da Usa, Norvegia e Qatar. L’asso nella manica che la Gazprom potrebbe calare in tribunale potrebbero averlo fornito involontariamente i polacchi stessi.

Harris attacca: “Corte Suprema, Trump vuole manovrarla”

Il Senato avvia le audizioni per la conferma della giudice Amy Coney Barrett alla Corte Suprema, mentre Donald Trump riparte “immune” – lo dice in tv e lo twitta – in campagna elettorale, senza essersi ancora ‘negativizzato’. Il presidente, dopo il discorso dal balcone della Casa Bianca sabato sera, ha tenuto ieri un comizio in Florida, sarà oggi in Pennsylvania e domani in Iowa e vorrebbe fare un meeting ogni giorno in un posto diverso di qui all’Election Day del 3 novembre. “Il Senato dovrebbe dare priorità agli aiuti agli americani invece che alla conferma di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema”. Lo afferma la senatrice Kamala Harris, candidata alla vicepresidenza con Joe Biden, intervenendo all’audizione per la conferma della candidata di Donald Trump.

“I repubblicani in Senato stanno dimostrando che a loro interessa di più la Corte Suprema che aiutare gli americani” travolti dalla pandemia che ha causato una crisi “devastante”, dice Harris intervenendo virtualmente alla prima delle quattro giornate di audizione. I sondaggi indicano che una sottile maggioranza di americani è contraria alla conferma della giudice prima del voto e che una maggioranza più solida vuole alla Casa Bianca il candidato democratico Joe Biden, che mantiene un vantaggio in doppia cifra sul magnate. Un indice che per i repubblicani le cose non girano per il verso giusto viene dalla South Carolina, che non manda un democratico al Senato dal 1960: Lindsey Graham, un rivale di Trump nel 2016 convertitosi al ‘trumpismo’, è testa a testa con Jaime Harrison, che ha raccolto 57 milioni di dollari per la sua campagna nel terzo trimestre, più di qualsiasi altro aspirante senatore mai nella storia dell’Unione. La Casa Bianca chiede alla commissione dei dibattiti di ripristinare il secondo confronto tra Trump e Biden, visto che il presidente, secondo il suo medico, non è più contagioso. Il secondo dibattito era in calendario giovedì 15 ottobre, ma è stato cancellato perché Trump non accettava di ridurlo in un duello virtuale. Il terzo e ultimo dibattito sarà il 22 ottobre. Il candidato democratico, da parte sua, prosegue la campagna senza acuti, ostentando ottimismo. Una grana per Biden è la Corte Suprema, sulla cui ipotesi di riforma evita di rispondere, come fatto dalla sua vice Kamala Harris mercoledì scorso, nel dibattito con Mike Pence.

QAnon, nuova musa neonazi. Il “complotto” anti-tedesco

Tom e Lauren avrebbero dovuto sposarsi. Poi lui ha iniziato a guardare video di Donald Trump e presunti messaggi segreti su Internet. “QAnon mi ha rubato il fidanzato”, racconta disperata Lauren al giornale tedesco Spiegel. Altra scena. Schmidt usa uno pseudonimo, con i giornalisti non vuole parlare: sono membri di una presunta élite che, a detta sua, sta coprendo un complotto mondiale per opprimere l’umanità. Poi ci ripensa. “Forse posso svegliarti”, dice al cronista dello Spiegel che bussa alla sua porta a sud del Baden-Württemberg, sulle cui colline si nasconde un villaggio che sembra un mondo parallelo. Schmidt, 27 anni, muscoli da sollevamento pesi, fa l’elettricista, dallo scoppio della pandemia è tornato dai suoi. Il suo interesse per “l’ordine mondiale” risale ad altri tempi. “La morte di John F. Kennedy, gli attacchi dell’11 settembre, ora il Covid-19. Tutto falso. Un complotto delle élite per restare al potere e schiavizzare il mondo”. Martin ne è convinto. Non è l’unico. In Germania di seguaci di QAnon ce ne sono almeno 200 mila: il gruppo più consistente fuori dagli Stati Uniti, il Paese in cui QA è nato passando da subcultura marginale di Internet a vero e proprio movimento di massa anche grazie alle teorie complottiste sulla pandemia. Da lì si è esteso in Europa. Dai Paesi Bassi ai Balcani alla Gran Bretagna. A Berlino tutto è cominciato a marzo, quando il “Defender-Europe 2020”, le esercitazioni della Nato in Germania sono state ridimensionate a causa della pandemia. Tutto falso, ridurle è stata una trovata di Merkel per far naufragare il piano di liberazione segreto del popolo tedesco da parte di Trump. Reichsbürger, il movimento di estrema destra secondo cui la repubblica tedesca del Dopoguerra non è un paese sovrano, ma una società costituita dagli alleati, ha cavalcato la teoria e il 5 marzo i due movimenti si sono fusi in un gruppo Facebook, a cui una settimana è seguito un canale Telegram. A fare da eco alla teoria della liberazione è stato Attila Hildmann, famoso cuoco vegano.

“Spero vivamente che QA sia reale”, ha dichiarato lo chef di origini turche. Con lui, la pop star tedesca, Xavier Naidoo, ex giudice di un reality tv unitosi a QAnon, ha pubblicato un video in lacrime in cui raccontava ai follower della liberazione dei bambini dalle prigioni sotterranee. Così il più grande canale QAnon in tedesco su Telegram, Qlobal Change, ha quadruplicato i follower arrivando a 123 mila. Su YouTube ha più di 18 milioni di visualizzazioni. Facebook ha bandito qualsiasi gruppo, pagina o account che si identifichi con QAnon. Ma in pochi mesi in Germania QA sembra aver già messo radici e fa paura alle autorità che hanno appena iniziato la lotta per sradicare i neonazi. “C’è una grande sovrapposizione”, secondo Josef Holnburger, un data scientist che ha monitorato il fenomeno. “Influencer e gruppi di estrema destra sono stati i primi a supportare QAnon”. A stupire l’intelligence è come una teoria della cospirazione stravagante sul fatto che Trump lotti contro uno “stato oscuro” di satanisti e pedofili, abbia avuto tanta risonanza in Germania. Secondo gli analisti, ciò che attrae di QA sono la mitologia e il linguaggio: riprende le leggende medievali sugli omicidi rituali di bambini da un lato e l’idea di vendetta contro le élite liberali dall’altro, rispolverando le idee antisemite che da sempre animano l’estrema destra tedesca. Quest’ultima dal canto suo sfrutta la popolarità virale di QA per far presa su un pubblico più ampio. Perciò si è formato un mix ideologicamente incoerente che va dai no-vax ai cittadini convinti che la pandemia sia sopravvalutata e le restrizioni ingiustificate. Ma non tutti appoggiano violenza o teorie antisemite. Lo chef Hildmann ne è un esempio. Fino a pochi mesi fa era famoso per il suo ristorante vegano, i libri di cucina e i programmi tv. Poi con 80 mila follower su Telegram ha diretto le proteste di agosto contro “la privazione della libertà”, definisce Merkel “ebrea di sinistra” e dà libero sfogo alle teorie sull’ordine mondiale. E, dato più importante, non riconosce l’ordine democratico uscito dal Dopoguerra tedesco predicendo la guerra civile.

Un modo accettabile di veicolare le idee di estrema destra, quello di Hildmann e compagni. “QAnon non mostra apertamente i valori fascisti, li vende come codice segreto – sostiene Stephan Kramer, capo dell’intelligence in Turingia – è una situazione pericolosa. QA dice: ‘Fidati del piano. La gente di Trump se ne occuperà’. Ma se Trump non invade la Germania, potrebbe dire: passiamo all’azione”.

Mail Box

 

Per il M5S è necessario un “contratto” con il Pd

Il mio gatto del Chiantishire, ha visto il Cane del Piano di Sotto preoccupato per i 5Stelle, e gli ha detto: stai tranquillo, te lo dico io come devono fare! Per prima cosa fanno un direttorio e ci mettono anche Di Battista, così da garantirgli che l’alleanza organica non si farà mai. Intanto il M5S può star buono, aspettando che migliori la situazione Covid e che comincino ad arrivare i soldi del Recovery Fund. In modo anche da preparare in questi mesi un bel piano di governo, con obiettivi, strategie e tempi. Dopodiché diranno al Pd: noi non siamo come voi né vogliamo diventarlo, e gli presentano il piano di governo: siamo disposti a fare un patto con voi come nel Conte-1, che tutto sommato funzionava, fuori le vostre proposte, accordiamoci altrimenti addio. E il Criceto del Pianterreno: ma come la mettiamo con con gli accordi locali? E il Gatto del Chiantishire: per i Comuni vadano avanti, faranno poco danno, per il resto o come ho detto io o fra due anni spariranno.

Andrea Arrighi

 

Basta coi super-stipendi dei presentatori in Rai

È da condividere Luttazzi sui costi della Rai. Tutti i programmi della Rai sono il frutto di tecnici che sono pagati non più di 30 o 40 mila euro all’anno. Com’è possibile, invece, che tanti dirigenti, giornalisti di qualsiasi natura e capacità, il cui unico impegno è costituito da banali chiacchiere, hanno stipendi favolosi? In realtà, ci sarebbero centinaia di migliaia di persone che, anche per meno, farebbero meglio e sarebbero altrettanto graditi. Devolviamo il canone Rai, interamente, alla sanità.

Piero Angius

 

Mi fa tristezza chi riduce la libertà alla mascherina

Quanto ancora si deve andare avanti con questa “sporca” politica? La destra sta squallidamente politicizzando qualsiasi mossa del governo. Intento comprensibile se non lo facesse sulla pelle dei cittadini. Dopo lo scandalo della “migliore sanità” mondiale, oggi se la prendono con le mascherine. Mi fa tristezza chi riduce la sua idea di libertà a una mascherina.

Muzio Berardo

 

Da quando siete nati sono sempre con voi

Prima di partire in moto per un giro del lago di Como devo leggere l’articolo di fondo del vostro direttore; non ne posso fare a meno. Meno male che esistono ancora giornalisti non di parte o faziosi. Da quando siete nati sono sempre con voi.

Tino Valtorta

 

L’empatia è la chiave per sconfiggere il virus

Travaglio l’altra sera in tv ha fatto un intervento secondo noi memorabile, dicendo che quando esce mette sempre la mascherina perché, in ogni caso, lo fa sentire in comunione e in sintonia con tutti! Concordiamo, visto che l’empatia è oggi al centro degli studi scientifici volti a sconfiggere qualsiasi differenza.

Wilma Cipriani e Otello Bellamoli

 

Conte & C. un anno fa hanno salvato il Paese

Mi provocano prurito i balbettamenti di deputati e senatori pentastellati quando vengono accusati di collusione con la Lega, senza rammentare orgogliosamente di aver salvato il Paese da rovinose eventuali elezioni dopo la caduta del governo gialloverde nell’agosto 2019. Conte nel governo, in quel caso, era chiamato soltanto a dirimere le infinite diatribe fra due soci così, M5S e Lega, che erano molto distanti e diversi.

Pasquale De Girolamo

 

DIRITTO DI REPLICA

Gentile dottor Salvini, conoscendola, non voglio dubitare delle sue fonti, ma una cosa è certa. Quando lei scrive, sul Fatto di ieri (“Il suocero Verdini e la fuffa liberale del nuovo Salvini”), che io sarei uno degli intellettuali ai quali secondo Denis Verdini si dovrebbe rivolgere Matteo Salvini per capire come impostare la svolta centrista e liberale della Lega, indirettamente fornisce di me un’immagine non solo destituita di ogni fondamento, ma anche radicalmente opposta a quella reale – e quindi, dal mio punto di vista, mistificante e diffamatoria. Non casualmente, ho pubblicato di recente su Domani un articolo nel quale giudicavo quella “svolta” totalmente improduttiva, se non distruttiva, per la Lega. E la mia era un’analisi politologica, non altro, perché non sono né intendo essere un consigliere di alcuna forza politica italiana, poiché non mi riconosco in nessuna di esse e a nessuna sono vicino. Incluse tutte quelle del centrodestra. Chi non ne vuole prendere atto commette, semplicemente, un errore. Le chiedo la cortesia di far sì che questo mio chiarimento venga pubblicato. Forse questo servirà a spiegare a Verdini – con il quale mai in vita mia ho avuto il benché minimo contatto – che non sono davvero la persona giusta per i suoi progetti.

Marco Tarchi

 

Caro Professore, la ringrazio per la precisazione ma nel pezzo non ho mai scritto che lei sia il consigliere politico di qualcuno né che intenda farlo. Per il resto, capisco il suo intento, ma più che a me dovrebbe rivolgersi direttamente a Denis Verdini.

Gia. Sal.

Pierpaolo Sileri. Un 5Stelle “atipico”, quasi un tecnico prestato alla politica

 

Gentile redazione, gradirei che Alessandro Mantovani ci spiegasse in cosa consiste la atipicità di Pierpaolo Sileri – “Sileri, 5stelle atipico” –, come da inciso inserito nel suo articolo su “Test e quarantena” dello scorso 8 ottobre.

Marco Modena

 

Caro Marco, a me Pierpaolo Sileri sembra un 5stelle un po’ atipico perché è un medico qualificato chiamato a occuparsi di sanità, prima come presidente della relativa commissione al Senato e poi come viceministro. Direi quasi un tecnico prestato alla politica, se l’espressione non mi provocasse l’orticaria. Naturalmente le competenze specifiche in politica non sono tutto, soggetti altamente titolati hanno combinato disastri, però qualche volta i cinquestelle si sono incartati perché le buone intenzioni non bastavano o si sono consegnati ai consiglieri sbagliati. Sileri, in secondo luogo, non mi sembra particolarmente interessato alla discussione su secondi e terzi mandati che infervora alcuni suoi colleghi M5S: ama fare il chirurgo, guadagnava di più quando lo faceva e magari gli andrà anche meglio quando lavorerà soltanto nel settore privato, dove è approdato (San Raffaele di Milano) dopo essersi scontrato con le logiche feudali di un’università pubblica come quella di Tor Vergata a Roma, che pure l’ha fatto crescere anche se non era figlio di un barone della medicina né forse avrebbe potuto pagarsi un’università privata. In terzo luogo non mi risulta che Sileri abbia mai frequentato i meetup del M5S fino alla candidatura, si è iscritto alla piattaforma Rousseau solo da senatore anche se da bravo boy-scout rispetta disciplinatamente tutte le regole del movimento. Ma per quanto atipico è pur sempre un 5stelle, quindi con l’emergenza sanitaria è spesso in tv (nei programmi di La7 dove è il secondo esponente del governo per minuti di apparizione dopo Giuseppe Conte, secondo i dati Agcom elaborati dal nostro Giandomenico Crapis), ma al ministero della Salute, centro di potere di tutto rispetto al di là delle competenze regionali di cui farei volentieri a meno, spesso fatica a toccare palla. Così gli è toccato alzare la voce in tv contro ritardi e burocrazia, come avrebbe fatto un grillino dei meetup, prima che lo ascoltassero sui test rapidi e sulla quarantena breve.

Alessandro Mantovani

Scalfari s’è scoperto amico di Conte: un mezzo altolà alla “linea Elkann”

Sono bastate “circa due ore” di colloquio, dunque, per far nascere “un’amicizia che finora è stata di fatto inesistente” fra Eugenio Scalfari e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. È stato lo stesso fondatore di Repubblica a darne notizia nel suo consueto editoriale della domenica, ancorché “dimezzato” dalla convivenza con il fondo del direttore Maurizio Molinari. Di che cosa hanno parlato? Ma è ovvio: “della sorte del nostro Globo”, con la “G” maiuscola. E scusate se è poco.

Il titolo dell’articolo rivela, però, un altro argomento più circoscritto su cui i due interlocutori si sono intrattenuti: “Il premier Conte e il futuro del Quirinale”. Scalfari riferisce che “Conte vorrebbe che Mattarella prolungasse di almeno un anno la sua funzione”, ma si sa che il presidente è restio. E allora? Si parla di Mario Draghi e di Romano Prodi. “E Conte che cosa ne pensa?”, si chiede il fondatore di Repubblica senza fornirci tuttavia una risposta. Fra i candidati, ci sarebbe anche Enrico Letta: “Sono tutte ipotesi abbastanza seducenti”, chiosa Scalfari e aggiunge: “Se ne vedrà il risultato sempre che anche Conte ne sia convinto”.

Forse si può anche leggere in questo resoconto un endorsement, un’investitura di Conte per il Quirinale. Ma è chiaro comunque che l’annuncio urbi et orbi di questa amicizia appena sbocciata lancia un altolà alla direzione di Repubblica e ai suoi nuovi editori-padroni. Come dire, insomma, guai a chi attacca un amico del fondatore.

“Io – avverte Scalfari a scanso di equivoci – ho puntato le mie fiches sulla presidenza politica di Conte e su quella religiosa di Francesco”. Il premier deve temere allora un abbraccio mortale? Ma no, Eugenio ha sempre spiegato che non è lui a provocare effetti nefasti, bensì chi “si mette contro la verità e la luce”. E così sia.

Covid, un positivo e la scuola va in tilt. Come pure l’Asl locale

L’arrivo del primo caso di Covid nella classe di mia figlia (in un liceo del centro di Firenze) ha fatto cadere come un castello di carte l’illusione che fossimo pronti. O meglio, la scuola in sé lo sarebbe: grazie a un lavoro durissimo di dirigente, professori, personale Ata. Da membro del consiglio di istituto ho potuto toccare con mano ciò che si intuiva bene anche da fuori: grazie all’abnegazione dei singoli, un sistema stremato, nonostante tutto resiste. Senza amministrativi, con pochissimi custodi, senza spazi: eppure le procedure nel “mio” liceo funzionano, e i ragazzi a scuola sono sicuri.

Il problema comincia fuori. Già sulla porta della scuola, per strada: dove i ragazzi si assembrano, senza mascherina, fino a impedire il passaggio dei pedoni. E nessun vigile urbano, nessuna volante a controllare, a richiamare: nulla di nulla. E poi nei rapporti con la politica. Basti pensare che la Città Metropolitana a un certo punto ha offerto come succursale, che permettesse di fare tutti didattica in presenza, una villa medicea suburbana, a 12 chilometri dalla scuola. Mettendo a disposizione una navetta, beninteso: peccato che così avremmo mescolato in uno spazio ristretto e chiuso classi che non possono incontrarsi nemmeno alla ricreazione. Ma il vero problema è il rapporto tra Sanità e Scuola. Che non funziona: anzi, che non esiste. Giovedì 1° ottobre un genitore di un compagno di classe di mia figlia risulta positivo a un controllo di routine. Il giorno dopo il figlio sta a casa, e fa il tampone. La dirigente aspetta i risultati: passano sabato, domenica: nulla. Lunedì, e poi anche martedì, i ragazzi rientrano a scuola. Solo martedì sera arriva finalmente la risposta sul compagno di classe: positivo! Dall’Ufficio di igiene nessuno risponde al dirigente, che invita comunque le famiglie a tenere a casa i ragazzi il giorno successivo (alcuni, come mia figlia, fanno comunque il tampone). Alle 14 di mercoledì 7, sei giorni dopo l’ultimo contatto con il positivo, arriva finalmente (attraverso la scuola) una surreale email collettiva dell’Ufficio malattie infettive della Asl Toscana Centro che prescrive che “gli alunni di tale classe dovranno stare a casa per quarantena”, annunciando che “a partire da domani ciascuna famiglia riceverà dall’Azienda sanitaria indicazioni più precise sulla durata e sulle precauzioni da seguire durante la quarantena”. Da domani! Uno ingenuamente immagina che, in una situazione in cui ogni minuto è prezioso, le prescrizioni siano standard, e che, una volta che la Asl ti scrive, ti dica tutto. Invece no.

A questo punto nessuno sa esattamente sa cosa fare, è il classico “rompete le righe”: con alcuni ragazzi chiusi rigorosamente in camera con il cibo passato sotto la porta, e altri tranquillamente a spasso per la città. Non sappiamo ancora come finirà: ma certo se c’era un focolaio, a questo punto l’incendio sarebbe fuori controllo.

Finalmente, a una settimana esatta dal possibile contagio, arriva la lettera personale della Asl (non a tutti: a noi non è mai arrivata), da cui si può dedurre (con un certo impegno esegetico) che dopo 14 giorni dal possibile contatto i ragazzi potranno rientrare a scuola senza certificato né tampone. Raggiunto al telefono, un gentilissimo interlocutore dell’Ufficio di igiene, conferma: ma contemporaneamente consiglia di farli, i tamponi. Ma se i ragazzi non possono uscire di casa senza rischiare di diffondere il virus, e senza rischiare la denuncia, come li fanno, i tamponi? “E infatti mica glielo mettiamo per iscritto!”. Naturalmente scatta comunque la corsa al tampone privato, con avvocati al seguito e medici che lo prescrivono senza preoccuparsi della quarantena.

Un disastro organizzativo, un disastro comunicativo, un disastro civile: e all’inverno vero mancano oltre due mesi.