In Italia – Nei giorni scorsi il sole è tornato a splendere sul Nord-Ovest alluvionato il 2-3 ottobre da piogge eccezionali fin’oltre 600 mm in 24 ore. I fiumi in piena hanno devastato le Alpi Marittime italiane e soprattutto francesi (500 mm a St-Martin-Vésubie, un record, danni catastrofici) nonché l’alto Piemonte (piena secolare del Sesia paragonabile solo a quella del novembre 1968), almeno nove vittime tra Italia e Nizzardo; bilancio dell’evento su www.nimbus.it. Intanto lo stesso scirocco che subissava di pioggia il Settentrione portava il termometro a 38,2 °C a Palermo, record per ottobre in oltre due secoli di misure. Rovesci e temporali mercoledì 7 lungo la penisola per una ventosa perturbazione da Ponente, oltre 60 mm in Campania e Basilicata, ma allagamenti e alberi caduti anche a Pescara. Pausa radiosa e tiepida, ma aria più fredda e instabile ci attende da oggi e nella nuova settimana.
Nel mondo – “Delta” ha attraversato il Mar dei Caraibi intensificandosi da depressione tropicale a uragano di categoria 4 (venti a 233 km/h) in appena 36 ore come nessuna altra tempesta aveva mai fatto in Atlantico. Indebolito, ha investito lo Yucatan mercoledì 7 causando danni ma non vittime dirette, poi ha ripreso vigore sul Golfo del Messico prima di toccare la Louisiana venerdì sera solo 21 km a Est rispetto al landfall di “Laura” a fine agosto. Raffiche di vento a 170 km/h, edifici in riparazione di nuovo danneggiati, black-out per 800 mila utenze sulla costa del Golfo e maree di tempesta da oltre 2 metri. Il mare troppo caldo favorisce queste pericolose intensificazioni esplosive degli uragani, rendendone ardua la previsione su zone costiere sempre più affollate ed esposte a inondazioni per l’aumento dei livelli marini, diceva già nel 2017 l’esperto di uragani Kerry Emanuel sul Bulletin of the American Meteorological Society (Will Global Warming Make Hurricane Forecasting More Difficult?). A sorvegliare intorno al Nord America c’è il National Hurricane Center, emanazione dalla Noaa, l’ente meteorologico statunitense che proprio il 3 ottobre ha compiuto 50 anni di eccellente ricerca scientifica, monitoraggio e previsione, contribuendo a salvare migliaia di vite. Nonostante il freddo anomalo in Groenlandia e Pacifico equatoriale (“La Niña”), settembre 2020 è stato il più caldo nel mondo stando al servizio Copernicus con 0,6 °C sopra media, appena superiore ai recenti massimi del 2016 e 2019. A scala regionale, settembre più bollente in California, Oregon, Turchia e Medioriente. Intanto a inizio ottobre è proseguito il caldo inedito in Medioriente, Nord Africa e Sud America, con nuovi record nazionali di temperatura massima per il mese in Giordania (44,6 °C), Turchia (40,6 °C), Cipro (40,4 °C), Tunisia (44,3 °C) e Brasile (44,5 °C). Con la votazione di mercoledì all’europarlamento prosegue l’iter della nuova legge europea sul clima, che mira a ridurre in modo vincolante le emissioni serra degli Stati membri del 60 per cento entro il 2030 rispetto al 1990, per poi giungere alla neutralità delle emissioni nel 2050. La politica deve fornire strumenti concreti per lottare contro i cambiamenti climatici, mentre scienziati e scrittori hanno il ruolo di diffondere informazione e consapevolezza. Come fa l’attivista islandese Andri Snær Magnason nel libro Il tempo e l’acqua (Iperborea): sullo sfondo di ghiacciai e mari nordici, una variegata narrazione che intreccia storie di famiglia (i nonni partecipavano alle spedizioni sui ghiacciai d’Islanda), aggiornate acquisizioni scientifiche su clima e ambiente, ma anche poesia e mitologia, passando per un arricchente dialogo con il dalai-lama. Una visione trasversale che tutti dovremmo avere per interiorizzare i rischi che corriamo. E reagire subito.