Ricordiamoci di mettere sempre la mascherina
Il finale dell’articolo di M. Rita Gismondo del 6 ottobre, nella rubrica “Antivirus”, termina con la frase: “Le mascherine all’aperto non hanno alcun fondamento scientifico e un negativo impatto psicologico”. Ora credo che qualcuno in redazione, ancora meglio, il Direttore, avrebbe dovuto – pur rispettando il diritto di opinione – intervenire per prenderne le distanze. Infatti l’impatto psicologico sarebbe (e sarà dopo l’auspicabile Dpcm) del tutto positivo, rendendo finalmente consapevole e responsabile tutta la popolazione del grave momento che stiamo attraversando.
Gianni Girotti
Gismondo è stata molto superficiale
La dottoressa Gismondo cavalca argomenti con sorprendente superficialità: oggi (6 ottobre) ha scritto che “le mascherine all’aperto non hanno alcun fondamento scientifico e un negativo impatto psicologico” ça va sans dire…
Roberto Censi
Caro Roberto, e Gianni, anch’io penso che la mascherina all’aperto quando si è soli serva a poco. Ma rispetto la nuova misura che la rende obbligatoria; i divieti in emergenza non possono sottilizzare e distinguere troppo tra le varie situazioni, perché poi la gente più disinformata e imprudente non lo fa. Meglio un divieto troppo generalizzato, ma chiaro e netto, che una serie di prescrizioni dettagliate ma facili da aggirare o da fraintendere.
M. Trav.
Consiglio una lettura al grillino Di Battista
Ascoltando Di Battista ad Accordi & Disaccordi non ho potuto fare a meno di pensare che, se il grillino “rivoluzionario” avesse letto il saggio di Lenin L’estremismo, malattia infantile del comunismo, avrebbe già fatto pace con i propri tormenti interiori. Il capo della Rivoluzione d’Ottobre, nell’opera, attaccava l’ala sinistra dei bolscevichi, i quali, come Di Battista, si sentivano “duri e puri”, dimostrando la debolezza dello slogan “niente compromessi”. Accettare tale assioma significherebbe interpretare l’attività politica come “un dogma”, piuttosto che come una “guida all’azione”. Con riferimento, inoltre, alla Gran Bretagna, Lenin proponeva a tutti i principali gruppi socialisti britannici di formare un unico Partito Comunista al fine di presentarsi alle elezioni alleati dei Laburisti. In un passo famoso del saggio, infatti, scrive che i comunisti inglesi avrebbero dovuto sostenere il Segretario nazionale dei Laburisti “allo stesso modo nel quale una corda sostiene un impiccato”. È passato esattamente un secolo dalle parole di Lenin, ma ancora oggi l’alleanza politica tra il M5S e il Pd “impiccherebbe” Zingaretti obbligandolo a seguire politiche di sinistra, emancipandosi dalle derive destrorse del renzismo.
Carmelo Sant’Angelo
Mancini fa soltanto speculazione sullo sport
Ho letto la dichiarazione di Roberto Mancini: “Anche lo sport è un diritto come la scuola”. Questa farneticante dichiarazione da uno che arriva da Bologna con le pezze nel culo, di gamba buona ma con poco cervello, ha la fortuna di arrivare dove è arrivato o permettendosi barche di grande stazza, pieno di milioni, racimolati in quello che lui chiama sport inteso come calcio, una fogna di speculazioni e intrallazzi potendola definire una succursale della borsa. Lo sport a cui tutti hanno diritto è altra cosa, dove non esiste speculazione.
Ennio D’Altri
La storia di “Irishman” può insegnare molto
Uno degli episodi più oscuri, drammatici e inquietanti del XX secolo è stato, senza dubbio, quello della sparizione di J. Hoffa il 30 luglio 1975. Premesso che su questo caso non c’è ancora nessuna verità “ufficiale” e “definitiva”, né di carattere processuale né di altre dimensioni. La ricostruzione fu fornita dal libro I heard you paint houses del 2004. In quel libro, preso poi a fondamento per la realizzazione del bellissimo The lrishman di Martin Scorsese, viene data da Sheeran una versione dei fatti che è entrata nell’immaginario collettivo. A parer mio diventa fondamentale la lettura del libro The Hoffa Wars, del 1978, di D. Moldea, il più grande esperto al mondo sul “caso Hoffa”. Leggendo quel testo si capisce come le cose andarono diversamente.
Marco Scaroponi
La sanità è in stallo, il Covid-19 è solo un alibi
Ho constatato, sulla mia pelle, che la sanità pubblica, laddove non ci siano esperti di uveite degenere, è in stallo e il coronavirus è solo un alibi. Tanti operatori si nascondono dietro “protocolli” per evitare le incombenze di base, tra questi non includo gli infermieri e i medici in prima linea, ma sicuramente molti amministrativi, che rendono difficile la convivenza degli altri settori. Sono dovuto scappare da un ospedale del Lazio dopo esser rimasto ad aspettare per una giornata intera, a vuoto. A Terni è andata meglio, ma mi sono dovuto misurare con protocolli kafkiani, soprattutto di domenica, giorno sacro della medicina: il giorno in cui non devi ammalarti, altrimenti sono razzi, ovvero il giorno in cui Ippocrate si gratta la panza.
Massimo Caprabianca