Iporti semi-aperti, le piazze del tutto chiuse. Potremmo riassumere così le modifiche ai decreti Sicurezza del Conte 1 nel 2018 e 2019 varate lunedì sera dal Conte 2: alcune modifiche hanno cioè riguardato le scelte sull’immigrazione, nessuna quelle sulla repressione del dissenso e della conflittualità sindacale che erano l’altro cuore delle norme predisposte da Matteo Salvini (ma certi decreti di Marco Minniti e alcune parti di quello di ieri dimostrano che c’è una certa continuità sul tema nei governi italiani d’ogni colore).
Le vittime. Per capire di che si parla, serve qualche esempio. Lunedì prossimo, davanti al Tribunale di Nuoro, ci sarà un presidio convocato dall’associazione “Libertade”; dentro invece il gup deciderà se rinviare a giudizio 12 pastori accusati di blocco stradale (durante una manifestazione di febbraio 2019 avevano versato latte per strada dai loro camion). A Prato, a dicembre 2019, 21 operai della tintoria industriale Superlativa hanno ricevuto multe fino a 4mila euro sempre per blocco stradale: lavoravano in condizioni assurde e non ricevevano stipendio da 7 mesi. Dopo le sanzioni ci furono scontri con la polizia durante un corteo di solidarietà coi lavoratori multati: per quello la questura diede il foglio di via a due sindacalisti dei Cobas sulla base di una legge del 1931 inasprita dal governo Gentiloni (i Daspo urbani cari a Minniti e poi a Salvini). Il Tar toscano, fortunatamente, annullò poi il provvedimento, come fece in un caso analogo il Tribunale di Bologna: è un pezzo, uno dei meno inquietanti, della vertenza Italpizza di Modena, dove sulla base dei decreti sicurezza – ma non solo, va detto – vanno a processo 67 lavoratori (il conto arriva ben oltre 300 se si aggiungono i processi per le vertenze Alcar Uno, Emilceramica, Bellentani, Gls, eccetera).
Dl Sicurezza/1. E allora cosa c’era nei decreti Sicurezza di Salvini che non è stato toccato? Intanto la reintroduzione nel 2018 del reato di blocco stradale su strada ordinaria (da uno a sei anni), che era stato depenalizzato negli anni Novanta: per questo vanno a processo i pastori sardi. Per di più il leghista s’inventò di sana pianta le multe per il blocco stradale realizzato “con il proprio corpo” (è il caso di Prato). Di fatto, può diventare reato improvvisare un picchetto fuori da una fabbrica. Sempre nel primo decreto Sicurezza c’erano anche un aumentone delle pene per l’occupazione di edifici e terreni, a non dire – alla voce “decoro” – la resurrezione del reato di “esercizio molesto di accattonaggio” depenalizzato nel 1999 dopo una parziale dichiarazione di incostituzionalità.
Dl Sicurezza/2. Nel decreto Sicurezza bis (estate 2019) la componente anti-sindacale è persino più estesa. Quel testo, ad esempio, ha trasformato una serie di comportamenti finora puniti con contravvenzione in “delitti”: rischia fino a 12 mesi di galera il promotore di un corteo in cui qualcuno compia i reati di devastazione e danneggiamento e la stessa condanna pende sul capo di chi partecipa a un corteo non autorizzato. Di più, si arriva al paradosso che diventa “delitto” usare caschi o altri mezzi per non farsi riconoscere, ma solo durante una manifestazione: se succede altrove resta contravvenzione. Tra le altre cose, il decreto Sicurezza bis ha creato pure un nuovo reato: il lancio di “cose, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo (…) ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere” (cioè tutto quel che si può lanciare) è oggi punibile anche con due anni di carcere.
Il dl giallorosa. Tra i provvedimenti del genere “viva la repressione” ce n’è solo uno modificato dal Conte 2. Un articolo del decreto Sicurezza bis (peraltro peggiorato in Parlamento) esclude a priori – dio solo sa perché – il fatto che i reati di violenza, minaccia o oltraggio a “un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni” possano essere “non punibili per la lieve entità del fatto” come moltissimi altri reati, furto compreso. Di questa previsione, che era al vaglio della Consulta, si lamentò Sergio Mattarella al momento della promulgazione. Ebbene da ora la tenuità del fatto resta comunque esclusa a priori, ma solo in caso quei reati siano rivolti a “un ufficiale o agente di pubblica sicurezza” o a “un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni”. Insomma, dire “cretino” a un carabiniere o a un poliziotto in servizio (e a “un magistrato in udienza”, categoria negletta nella prima formulazione) sarà sempre reato, mentre restano senza questa fondamentale tutela i controllori delle FS, i vigili urbani e altri occasionali pubblici ufficiali assortiti, tra cui ci piace citare i parlamentari.