I numeri fanno paura: ieri sono stati registrati 2.257 contagi a fronte di appena 60 mila tamponi, cioè la metà dei 120 mila di venerdì 2 ottobre quando i positivi erano 2.499. Il 3,7 per cento di tamponi positivi preoccupa, dalla fine del lockdown non ci si era mai arrivati. In 24 ore 16 morti (totale 36.002), 200 ricoverati in più nei reparti ordinari (sono in tutto 3.487), altri 20 in terapia intensiva (totale 323).
Il governo prepara il nuovo decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) che non conterrà misure da “coprifuoco”, non ci sarà la chiusura anticipata dei locali alle 22 o alle 23 e nemmeno l’invio dell’Esercito contro gli assembramenti della movida. Dovrebbe invece prevedere la generalizzazione dell’obbligo di mascherina all’aperto, con multe da 400 a 3.000 euro come nelle Regioni che l’hanno già introdotta come il Lazio. Non piace ai presidenti di centrodestra di altre Regioni, dal ligure Giovanni Toti al lombardo Attilio Fontana e al molisano Donato Toma. Tace il veneto Luca Zaia, il meno salviniano dei leghisti. Ma anche Stefano Bonaccini, il presidente dem dell’Emilia-Romagna e della Conferenza Stato-Regioni, vorrebbe l’obbligo di mascherina all’aperto solo quando non è possibile il distanziamento, come è già previsto nella sua Regione e soprattutto nell’intero nazionale per effetto del Dpcm del 7 agosto prorogato a settembre, che scade domani. E vorrebbe allargare le maglie per gli impianti sportivi, superando l’attuale limite di mille in favore di presenze calcolate sulla capienza degli impianti. Fonti del governo negano di aver mai pensato al “coprifuoco”, nella bozza circolata ieri si legge di possibili “chiusure selettive di alcuni settori” se i contagi aumenteranno ancora.
Le misure in scadenza saranno confermate, si farà il possibile per intensificare i controlli su assembramenti e movida, ma secondo le disposizioni del capo di gabinetto del Viminale tocca soprattutto alle polizie locali, mentre polizia e carabinieri se ne occupano solo nell’ambito dell’ordinario controllo del territorio. Anche questo è un tema di frizione con gli enti locali. Alle Regioni, peraltro, il governo intende togliere il potere di allargare le maglie rispetto ai divieti nazionali, come è stato possibile durante l’estate in particolare per le discoteche, riportandole ai tempi del lockdown quando potevano solo introdurre restrizioni ulteriori. Lo stato d’emergenza disposto il 31 gennaio scorso, prorogato a fine giugno e in scadenza il 15 ottobre sarà prolungato, a quanto pare, fino al 31 gennaio prossimo, con tutto ciò che comporta dal ruolo della Protezione civile al Comitato tecnico scientifico e ai poteri speciali del commissario Domenico Arcuri.
Oggi le misure saranno illustrate alla Camera dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Grande fiducia ripone il governo nella campagna per la app Immuni, che starebbe dando alcuni frutti: altri 350 mila smartphone l’hanno scaricata negli ultimi giorni, superando i 7 milioni di download, anche se, secondo gli esperti, non tutti la usano. Siamo però ancora molto lontani dall’obiettivo di farla utilizzare dal 60/70% degli italiani, 35-40 milioni di persone. Nel frattempo il governo dovrà rafforzare anche la sanità territoriale che si occupa del tracciamento dei contatti dei positivi: le difficoltà della Campania e del Lazio, dove gli ospedali hanno già qualche affanno, nascono soprattutto da lì.
I contagi si moltiplicano anche nelle istituzioni e nell’informazione. Alla Camera è risultata positiva Beatrice Lorenzin, ex ministra della Salute, già forzista, poi alfaniana, infine approdata al Pd. Contagiato il sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo. Il virus ha colpito anche quattro giudici della Corte costituzionale e il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, con evacuazione della redazione di Torino.
Per la prima volta dalla riapertura delle scuole, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha diffuso qualche dato sui contagi nelle scuole. Numeri rassicuranti, benché riferiti solo alle prime due settimane, peraltro spezzate dal voto referendario/regionale, cioè dal 14 al 26 settembre e limitati alle 13 Regioni che sono ripartite subito. “Il personale docente che risulta contagiato – ha scritto Azzolina su Facebook – è lo 0,047% del totale (349 casi di positività), si parla dello 0,059% (116 casi) per il personale non docente, per gli studenti la percentuale è dello 0,021% (1.492 casi)”. Meno di duemila in tutto. Almeno fino al 26 settembre, ha affermato la ministra, “la scuola non ha avuto un impatto sull’aumento dei contagi se non residuale”, ma è altrettanto vero che la gestione delle quarantene, dei test e del doppio tampone negativo per il rientro in classe degli allievi con sintomi simil Covid sta creando non poche difficoltà alle famiglie, anche per i ritardi delle Asl e qualche cortocircuito con la medicina di base.