Napoleone & C. Tutte le regole dello “scambio”

Proseguiamo l’esplorazione degli argomenti divertenti (metalogismi). Velocemente, perché sono in ritardo per la mia lezione di kung fu.

ARGOMENTI QUASI-LOGICI

IDENTIFICAZIONI E SOSTITUZIONI

La reciprocità. Un giovane, sorpreso dal padre a letto con la nonna, si giustificò dicendo: “Tu vai a letto con mia madre, io vado a letto con la tua”. (Ierocle, ripreso poi da Sterne)

NAPOLEONE: Andrò nella tua stanza dopo cena. SONIA: E io andrò nella tua. (Woody Allen)

NAPOLEONE: Chiamami Napoleone. SONIA: Bene. Anche tu puoi chiamarmi Napoleone. (Woody Allen)

La reciprocità assurda. SONIA: Facciamolo per i nostri figli. BORIS: Noi non abbiamo figli. SONIA: Allora per i nostri genitori. BORIS: Neanche loro hanno figli. (Woody Allen)

Il cambiamento del punto di vista operato dall’argomento di reciprocità, in cui realtà e apparenza si scambiano di posto a turno, fa assumere al discorso il ritmo piacevole di un balletto intellettuale:

NAPOLEONE: Questo è un onore per me.

BORIS: No, è un onore più grande per me.

NAPOLEONE: No, è un onore più grande per me.

BORIS: No, è un onore più grande per me.

NAPOLEONE: No, è un onore più grande per me!

BORIS: Bè, forse hai ragione, forse è un onore più grande per te.

NAPOLEONE: Lei dev’essere la sorella di Don Francisco.

SONIA: No, lei dev’essere la sorella di Don Francisco.

NAPOLEONE: No, lei dev’essere la sorella di Don Francisco.

SONIA: No, lei dev’essere la sorella di Don Francisco.

BORIS: No, è un onore più grande per me.

NAPOLEONE: I nostri ospiti spagnoli hanno il senso dell’umorismo.

BORIS: Lei è una spiritosona.

SONIA: No, tu sei uno spiritosone.

BORIS: No, tu sei la sorella di Don Francisco. (Woody Allen)

La definizione al contrario. Piccione: volatile preferito dalle statue.

La definizione inventata. Affcot: il tipo di scoreggia di cui speri la gente parlerà dopo. (Douglas Adams)

La tautologia apparente. Un reazionario è in pace solo quando è in guerra.

L’antitesi apparente. Una volta avevo l’abitudine di bere fino all’ultimo goccio; adesso invece non lascio indietro più niente. (Rabelais)

La somma ingannevole. Un salumiere vantava il suo paté metà cavallo e metà allodola, giurando d’averci messo un cavallo e un’allodola.

La transitività. Il tonto ai novelli sposi: “Cento di questi giorni!” (Ierocle, V sec. a. C.)

L’interpretazione. “Lavoro in tv”. “Cosa fai?”. “Imitazioni, pubblicità, presento programmi…”. “Sei quello che va a prendere il caffè, giusto?”. “Giusto”.

IL TUTTO E LE PARTI

La divisione arbitraria. “Le vacanze? Meravigliose. In un mese è piovuto solo due volte”. “Solo due?”. “Sì. Una volta otto giorni, l’altra tre settimane”.

La divisione pseudo-esperta. SONIA: Dammi un bacio. BORIS: Quale? SONIA: Il numero otto. BORIS: Il numero otto? Sono due numeri quattro. È facile. (Woody Allen)

L’equivalenza apparente. Un tale in partenza per un viaggio dice all’amico: “Per favore, va’ a comprarmi due schiavetti di 15 anni”. L’amico: “Va bene. Se non li trovo, te ne compro uno di 30”. (Ierocle)

Un bambino si lamenta che la sorella è una maleducata perché ha preso la fetta di torta più grande. La mamma: “Tu cosa avresti fatto al posto suo?” Il bambino: “Avrei preso la fetta più piccola!” La sorella: “E non è quella che hai avuto?”

La doppia equivalenza apparente. Protagora si accorda con un allievo: gli darà lezioni di retorica, e lui lo pagherà quando vincerà la sua prima causa. L’allievo segue le lezioni, ma poi non assume alcun processo e quindi non paga il maestro. Protagora decide di costringerlo facendogli causa. “Così” gli spiega “se vinco la causa, mi paghi la penale; e se la vinci tu, essendo la tua prima causa, mi paghi le lezioni.” L’allievo: “Ti sbagli. Se vinco la causa, mi paghi la penale. Se perdo, non pago le lezioni.”

Il contrario apparente. LA MAMMA: “Se dei ragazzi cattivi ti mettono le mani addosso, urla e scappa”. LA FIGLIA: “E se me le mettono addosso dei ragazzi buoni?”.

L’unificazione assurda. NAPOLEONE: Sei sola? SONIA: Naturalmente. NAPOLEONE: Mi è parso di sentire delle voci. SONIA: Stavo pregando. NAPOLEONE: Erano due voci! SONIA: Facevo entrambe le parti. (Woody Allen)

I PESI E LE MISURE

Il paragone squalificante. BORIS: E adesso, se vuoi scusarmi, sono morto. SONIA: Com’è? BORIS: Com’è? Hai presente il pollo da Tretsky? SONIA: Sì. BORIS: È peggio. (Woody Allen)

Il paragone preso alla lettera. NAPOLEONE: Mi chiedo se sarai più difficile da conquistare della Russia. SONIA: Bè, peso di meno. (Woody Allen)

La pesatura alternativa. “Perché Fontana viene pagato così tanto per governare la Lombardia?” “Bè, perché un lavoro è molto più difficile quando non si sa come farlo”.

“Il Papa guida la Chiesa cattolica.” “Eh, cosa non farebbe per i soldi, quello…”

La probabilità. Non ho mai avuto la fortuna di perdere un aereo che poi è precipitato.

ARGOMENTI DI SUCCESSIONE/COESISTENZA

Questi argomenti colgono legami fra gli elementi: del tipo causa/effetto quelli di successione, del tipo atto/persona quelli di coesistenza. Ne sono un esempio vari tipi di paradosso:

Un intelligentone, volendo vedere se fosse bello quando dormiva, si guardava nello specchio a occhi chiusi. (Ierocle)

SANCIO PANZA: “Vorrei non essere così contento come sembro”. (Cervantes)

I LEGAMI DI SUCCESSIONE

Il ragionamento per assenza di indizio. “Mia moglie non riusciva a dormire per paura dei ladri. Sentiva di continuo dei rumori inesistenti. L’ho convinta che non possono essere i ladri, perché i ladri non fanno rumore.” “Adesso è tranquilla?” “No, ha più paura di prima perché non sente alcun rumore”.

Il fatto trasformato in indizio. Una donna in barca con il marito sul lago di Lochness. Dalle acque spunta il mostro. La moglie: “Caro, devi smettere di bere”

(23. Continua)

Mascherin (Cnf) è “abusivo”: per gli avvocati elezioni da rifare

Del divieto previsto dalla legge se ne erano impipati bellamente. E avevano persino accusato chi ne aveva contestato l’elezione di voler danneggiare l’intera categoria. Ma alla fine il Tribunale di Roma ha deciso che, per quanto abbiano lottato per rimanere in sella, nove membri del Consiglio nazionale forense (Cnf), a partire dal suo presidente Andrea Mascherin nemico giurato del “populismo giudiziario”, sono abusivi: nel 2018 non avrebbero dovuto ricandidarsi a rappresentare le oltre 250 mila toghe italiane in ossequio al principio di alternanza ai vertici dell’Avvocatura necessaria a evitare che l’imbullonamento alle poltrone alteri la par condicio tra i candidati. E che le rendite di posizione finiscano per spalancare le porte a un esercizio di potere opaco da parte del Consiglio che ha funzioni organizzative e anche poteri disciplinari nei confronti di tutti gli iscritti. A parte la pagina buia delle elezioni che ora dovranno essere ripetute per sostituire i consiglieri dichiarati ineleggibili e ripristinare la legalità violata, ormai il vaso di Pandora è stato scoperchiato. E chi ha fatto ricorso, tra tutti il Movimento forense, Nuova Avvocatura Democratica e Unione Italiana forense, vogliono andare fino in fondo sulle spese e i gettoni di presenza decisi da Mascherin&Co. Accusati di una gestione autoreferenziale anche per quel che riguarda i conti del quotidiano Il Dubbio della Fondazione dell’Avvocatura, che ha chiuso l’anno con l’ennesima perdita: nel 2018 il rosso era stato di 654 mila euro mentre nel 2019 sfiora 1,1 milioni. Una forchetta di oltre 400 mila euro dovuta a una calo dei ricavi di 200 mila euro e un aumento altrettanto vistoso dei costi del personale del quotidiano. Su cui gli avvocati hanno un solo dubbio, fin dall’epoca in cui era diretto da Piero Sansonetti: ma quanto vende?

Torte, pannolini e detersivi: nella Perugia leghista la donna può essere solo mamma

L’Umbria è un paese per mamme. Non per donne, solo per mamme. Nella Regione in cui, nonostante le nuove linee guida ministeriali, non è ancora stata cancellata la delibera del 10 giugno 2020, con la quale la giunta Tesei aveva reintrodotto il ricovero ospedaliero di tre giorni per praticare un’interruzione di gravidanza farmacologica, l’orgoglio è quello di avere 43 figli in sette. Ieri pomeriggio, nella Perugia leghista, è andato in scena un appuntamento, anzi una fiera, che in molti hanno definito “medievale”. Solo che, al posto dei costumi d’epoca, l’Associazione Famiglie numerose ha sfoggiato l’enorme massa di prole (e fin qui, scelte individuali che nessuno deve né può giudicare), ma soprattutto ha sbandierato quella che considera la “professione” per eccellenza: fare la mamma. Naturalmente con corred(in)o di pannolini di stoffa, torte e altre prelibatezze, detersivi ecologici, abiti realizzati con stoffe di recupero, profumi per la casa, consigli su come rimettersi in forma dopo la gravidanza. E, del resto, cos’altro potrebbe volere una donna per sentirsi realizzata? Infatti le organizzatrici, forti probabilmente del rapporto di collaborazione con il senatore leghista Pillon (quello del ddl che andava a riformare il diritto di famiglia e dei Family Day, che pur essendo di Brescia vive a Corciano, Perugia), hanno rinviato al mittente le accuse di oscurantismo, sostenendo che le loro mamme sono orgogliose di tenere insieme lavoro – quando ancora se lo possono permettere – e famiglia e che hanno l’energia di una squadra di rugby. Con undici figli sarebbe difficile essere mosce… E i papà? Oh, “ovviamente” c’è un posticino pure per loro, con tanto di manifesto che richiama all’avventura, al fai da te e all’economia (ma come, non era la donna l’economa di casa?). “La Regione Umbria ci vorrebbe mamme per forza – replica Marina Toschi, ginecologa di Pro-choice Rica e parte della Rete umbra per l’autodeterminazione, che lunedì tornerà con un flash mob in ciabatte e vestaglia all’ospedale Silvestrini –, ma si rifiuta di occuparsi della salute riproduttiva; non assicura la contraccezione gratuita, non si rimangia la delibera sulla IVG farmacologica. Non vogliamo tornare a consigliarci tra donne gli infusi di prezzemolo. Vogliamo consultori che funzionano e garantito l’aborto medico come da linee d’indirizzo ministeriali”. Ora, il punto non è criticare una donna che vuole sette figli. Il punto è continuare a riproporre un modello familiare che era sbagliato già ai tempi delle nostre nonne. Primo perché la maternità è una scelta anche per chi non la vuole, secondo perché, care famiglie numerose, non è una professione. La professione è quella retribuita fuori di casa. Per tutto il resto, ci sono le tate.

Lega Calcio: primo stop alla vendita ai fondi stranieri

La Serie A è in vendita, ma si può vendere? Il dubbio circola nella Lega calcio, in trattativa coi fondi d’investimento stranieri per cedere il 10% della società che controllerà i diritti del campionato. L’obiettivo è fare cassa: un miliardo e mezzo per salvare il pallone italiano, che già se la passava male e dopo il Covid traballa pericolosamente. Soldi che nei sogni dei patron dovrebbero finire nelle loro tasche. È proprio questo il problema.

Un parere legale dello studio Gop, advisor della Lega, evidenzia i rilievi che potrebbero sorgere con la nuova “Media Company”. Sul tavolo ci sono due offerte, più strutturata quella di Cvc, più nebulosa l’altra di Bain (dietro cui paiono essersi affacciati gli spagnoli di MediaPro, con l’aiuto di Bogarelli, vecchia conoscenza del nostro calcio). Le proposte, leggermente diverse, sono simili nella sostanza e pure nelle incognite. Riguardano la spartizione della torta. I presidenti pretendono soldi ma il ricavato della vendita sarà della Serie A, non dei club: andrà chiarito – sottolineano i legali – “il titolo giuridico di attribuzione”. Senza dimenticare gli esclusi: non è chiaro “il coinvolgimento” delle future neopromosse dalla Serie B, che infatti è sul piede di guerra. Infine il tema fiscale (la società sarebbe soggetta all’Iva) e le possibili incompatibilità con la Legge Melandri, specie sulla governance della società e il controllo da parte dei fondi.

Sono i nodi sollevati già dagli oppositori che fanno capo a Lotito; messi nero su bianco dall’advisor, l’effetto è diverso. Soprattutto, l’elenco non dà l’impressione di un progetto in dirittura d’arrivo. La Lega del n.1 Paolo Dal Pino assicura che proprio su questi punti si è lavorato e che alla prossima assemblea i rilievi verranno superati: la distribuzione delle risorse sarà legittima, equa, proporzionata nel tempo. Quando i presidenti lo scopriranno, chissà se il progetto gli andrà ancora bene.

Roma: ballottaggio Bongiorno-Raggi e scontenti in calo

Non ci sono ufficializzazioni in casa Lega, ma se Giulia Bongiorno fosse la sfidante di Virginia Raggi alle comunali 2021 di Roma, le due andrebbero al ballottaggio. È questo il principale dato che emerge da una rilevazione di Noto Sondaggi commissionata dal think tank RiCostruiamoRoma, in occasione del lancio del progetto RomaSmart2050. Secondo il sondaggio, il 37% degli intervistati prenderebbe in considerazione l’idea di votare per l’ex ministro della Pubblica Amministrazione, al momento la candidata più accreditata per la coalizione di centrodestra, mentre il 33% per Virginia Raggi, terzo Fabio Rampelli di Fratelli d’ Italia con il 27%. Più indietro, secondo la rilevazione, tre esponenti del Pd: Monica Cirinnà (27%), Roberto Morassut (26%), Michela Di Biase (22%).

I democratici non hanno ancora deciso chi sfiderà Raggi. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio recentemente ha parlato di “un patto delle cinque città”; esplicitando la volontà del Movimento di fare accordi con l’alleato di governo per le amministrative 2021 di Bologna, Napoli, Milano, Torino, oltre che Roma. Il Pd non ha ancora risposto a questo appello ma, più volte il suo segretario Nicola Zingaretti ha detto di essere fermamente contrario ad appoggiare la ricandidatura di Virginia Raggi. “Ho un nome in testa per la Capitale”, si è limitato a dire Zingaretti, la scorsa settimana, intervistato da Bruno Vespa a Porta a Porta. Rumors parlano dell’attuale presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Candidatura però più volte smentita dal diretto interessato. Da nessuno è stata ancora esclusa l’ipotesi primarie, processo dal quale quattro anni fa emerse il nome di Roberto Giachetti. Noto Sondaggi è andato a rilevare anche la soddisfazione per la qualità della vita nella Capitale. Su questo aspetto il 48% degli intervistati la ritiene molto-abbastanza positiva, mentre il 46% esprime insoddisfazione (poco-per nulla positiva).

Mediaset vuol lasciare la sede di Roma. Quindici trasferimenti forzati a Milano

Se finora Mediaset aveva la fama di essere un’azienda che non licenzia e tratta bene i suoi dipendenti, in questi giorni sta smentendo la sua buona reputazione. Quindici giornalisti della sede romana dovranno accettare di lasciare le famiglie e trasferirsi a Milano per non perdere il posto, nonostante lo stato di emergenza in corso. La chiusura della redazione capitolina di cronaca, esteri e sport, annunciata dal Biscione lo scorso anno, all’inizio riguardava 29 persone, poi scese a 15. Prevista per il 31 agosto, con l’emergenza è stata rinviata di un mese. Cambierà poco. Perché tanta fretta ora che si fa tanto smart working? Pare che Mediaset voglia lasciare progressivamente Roma. Due anni fa saltò il trasloco del Tg5, solo perché il direttore Clemente Mimun voleva restare a casa. Così si è deciso di smembrare News Mediaset. Alcuni giornalisti si sono già dimessi, ora sono precari in altre reti. A chi è rimasto è stato chiesto di firmare un accordo in cui si rinuncia a fare causa all’azienda. Hanno chiesto l’intervento di Silvio Berlusconi, senza riuscirci.

Mail Box

 

Serve più stabilità. Basta fibrillazioni

Esiste un vocabolo, isteresi, sconosciuto al mondo della politica. Nella teoria dei sistemi reazionati l’isteresi è essenziale per la stabilità del sistema stesso. Un sistema reazionato senza isteresi è destinato ad oscillare continuamente, cioè alla fibrillazione. Fuori dalla metafora penso che esista un Parlamento liberamente eletto. Questo Parlamento deve lavorare fino alla fine della legislatura, ovvero fino al 2023, per completare un ciclo. Non si può cambiare tutto tutte le volte che gli umori del popolo cambiano. È necessaria un’isteresi.

Benedetto Altieri

 

Crimi è una persona seria e sta facendo bene

Che qualcosa non vada bene nel M5S ormai è evidente ma non tocca a me dare giudizio. Ma devo dire che ho conosciuto Vito Crimi capo politico e viceministro dell’interno con delega alla presidenza della commissione centrale ex art dieci sui testimoni di giustizia. E a dire il vero è una persona seria e da lui sono stato accolto al Viminale ben due volte . Ha lui stesso detto che per i testimoni di giustizia andavano cambiate molte cose a partire dalle assunzioni nella Pubblica Amministrazione . Ho personalmente provato che la parola di Crimi viceministro dell’interno non è aria fritta come tanti fanno sui testimoni di giustizia. Ed è per questo che voglio ringraziarlo anticipatamente e pubblicamente anche in attesa che porti avanti ciò che ha promesso di fare per chi ha denunciato la criminalità organizzata.

Luigi Coppola, Presidente dell’associazione Antiracket Movimento per la lotta alla criminalità organizzata

 

Aboliamo le Regioni e la panzana federalista

A cosa servono le regioni coi cosiddetti “sgovernatori” che tanta prova di sé hanno dato durante l’emergenza Covid? Mi pare che uno dei fulcri e dei maggiori falsi storici su cui si regge l’enorme panzana del “federalismo” e dell’ “autonomia” si regga proprio su queste istituzioni, molte delle quali sono solo carrozzoni drena-quattrini pubblici di cui neppure società di revisione riescono a spiegare alcune delle poste in bilancio (vedi la Lombardia). Andando a spulciare i costi si vede che perlopiù i bilanci regionali servono per la Sanità che in altrettanto massima parte deve essere ripianata dal bilancio dello Stato, tanto è attivo! Insomma, il modello è un po’ quello argentino, dove la periferia spende allegramente, tanto qualcuno poi pagherà, e ogni 20 anni si fa default. Una seria riforma che miri a ridurre gli sprechi dovrebbe partire da qui. Togliamo le Regioni, incluse quelle con benefici ancestrali come quelle con lo statuto speciale.

Marco

 

Continuate così, grazie per la vostra obiettività

Essendo ormai un ultrasessantenne con una vita interamente spesa a scuola, prima come studente, poi come docente e infine come dirigente scolastico, ho sempre ritenuto la lettura dei quotidiani assolutamente fondamentale. Da un po’ di tempo (forse da molto tempo) mi è tuttavia davvero difficile trovare un giornale obiettivo. Ad esempio sul referendum è stato davvero scandaloso lo schieramento unanime a favore del No di tutti i “giornaloni” come spesso li ha definiti Lei. Una scelta di campo motivata soltanto dal viscerale odio anti 5 Stelle. Penso che tutto questo sia scandaloso e, me lo si lasci dire, intellettualmente disonesto. Ma per fortuna, mia e penso di tanti cittadini, c’è il vostro quotidiano, che sempre di più sento anche mio, perché si sforza di essere obiettivo e di dare voce alle più diverse opinioni. Continuate a lavorare così.

Luigi Roselli

 

Pd e 5 Stelle, il patto per Roma è necessario

Per quanto insensate e irrealistiche possono essere, è necessario dare una sorta di onore delle armi anche alle istanze più, diciamo, estreme, come quelle dei grillini intransigenti, perciò ho pensato ai patti di desistenza: si fonderebbero su un patto di fiducia su cui forse chi l’ha persa nei confronti degli altri potrebbe convergere. Oltre al fatto che, entro questo limiti, Pd e M5S penso davvero non si debbano mescolare troppo. Potrebbe funzionare a Roma e in Sicilia. Di Battista ha dimenticato uno dei fondamenti del M5S: è post-ideologico. Al contrario di far proprio quel pragmatismo di mio gradimento che ho sempre sperato i 5Stelle potessero rappresentare, ha perso tempo a rendere i concetti di “alleanza” e di “establishment” più che semplici idee, delle ideologie, e dunque non fa che contrastarle nel loro senso astratto, senza badare al caso per caso.

I 5Stelle dovrebbero invece darsi una struttura e un programma per i prossimi dieci anni. Il Pd di Zingaretti è molto meno invotabile di quello di Renzi. Intanto vorrei far notare che, per i notiziari in radio, Matera non esiste. Forse perché è l’unica città dove il M5S è arrivato al ballottaggio? Non posso far altro che credere nell’alternativa: Matera è come il Molise, non esiste e l’è inventata il direttore, noto leader segreto dei putridi grillini.

G. C.

Parabola della vigna. Conta più quello che fai che quello che dici

“Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: ‘Figliolo, va’ a lavorare nella vigna oggi’. Ed egli rispose: ‘Vado, signore’; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: ‘Non ne ho voglia’; ma poi, pentitosi, vi andò. Quale dei due fece la volontà del padre?” (Matteo 21,28-31).

La parabola di Gesù richiama un insegnamento che conosciamo assai bene: conta più quello che fai che quello che dici. Un insegnamento che si applica anche al fare della fede e del discepolato: essere figli e figlie di Dio, e quindi entrare nel regno di Dio, significa fare la volontà del Padre, non limitarsi a parlarne (“Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”). Ma qual è la volontà del Padre? Gesù la descrive così: “Va’ a lavorare nella vigna oggi”. Nella Bibbia, l’immagine della vigna, come quelle della messe di grano, rappresenta sempre il campo della testimonianza, dell’annuncio esplicito della fede. Perciò l’imperativo di andare e di andare subito – oggi stesso, non domani o dopo – è semplicemente l’appello a vivere la fede. Il primo figlio della parabola, quello che professa obbedienza solo a parole, rappresenta una religione fatta di credenze formali, di verità astratte che non si sanno argomentare, una religiosità senza responsabilità e che neppure si accorge della propria inerzia. Gesù, alla fine, dice una cosa scandalosa ai formalisti religiosi che lo contestano: “Io vi dico in verità: I pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni (il Battista) è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui”.

Come può una persona che si ritiene religiosa e per bene a non sentirsi offesa nel sentire anteporre a sé ladri e prostitute, cioè persone da disprezzare ed emarginare proprio per il loro stile di vita contrario alla volontà di Dio? Perché mai Gesù opera questo capovolgimento scandaloso? Perché è così sferzante? Troviamo la risposta nell’esempio del secondo figlio, quello che prima dice no ma poi va. Con il suo “non ne ho voglia” dimostra di aver capito perfettamente come la parola del padre si ponga su un piano non di parole ma di fatti, non di dogmi o di riti ma di azioni vitali. E vediamo anche chiaramente che la volontà ribelle, il no della trasgressione, ha davanti a sé la possibilità di rivedere la propria decisione, come dice Gesù: “Ma poi, pentitosi, vi andò”.

Certo, purtroppo non accade sempre che le volontà ribelli tornino sui propri passi. Ma in questo caso, come in altri, il no del dubbioso, diversamente dal sì del formalista religioso, ha davanti a sé il mondo delle possibilità, che è il mondo della resurrezione. Il no del dubbioso, in questo caso, ha un futuro che il sì dell’ubbidiente-solo-a-parole non ha, o ha perduto. La fede, dovremmo saperlo, non è una tessera d’appartenenza, è un “vivere per”. Esiste solo nelle azioni che la esprimono, non ha altro luogo. Azioni che nascono dalla conversione (“ma poi, pentitosi, vi andò”) e includono meditazione, preghiera, contemplazione, ascolto, sia personali sia comunitarie, che nutrono la fede e la speranza, che qualificano l’esistenza dandole significato e scopo. Ma includono anche amore conseguente, azioni di servizio per il prossimo, ricerca di una giustizia più grande. Insomma, il lavoro nella vigna di cui parla Gesù.

* Già moderatore della Tavola Valdese

 

La sacra alleanza contro gli alieni

Nonostante la vittoria ottenuta al referendum sul taglio dei parlamentari, il M5S sembra aver pienamente soddisfatto la Sacra Alleanza che da anni spera nella devastazione del movimento fondato da Grillo. La prima Alleanza nacque dopo la sconfitta di Napoleone, nel 1815, e fu presentata da Metternich come il più efficace bastione contro la democrazia, il secolarismo, gli effetti della rivoluzione francese (anche se Metternich stesso ebbe a definire la coalizione una “clamorosa nullità”).

La Sacra Alleanza del tempo presente nasce per proteggere da incursioni aliene gli interessi, le ideologie e il potere tuttora agguerrito di chi per decenni ha fatto quadrato attorno al neoliberismo e ha guardato con crescente fastidio le sconfessioni che venivano dal suffragio universale, oltre che dalla realtà. Tutti costoro sanno che la crisi (prima dei subprime e poi del Covid) ha messo in luce la “clamorosa nullità” delle ricette neoliberali, e si consolano oggi con le disfatte dei Cinque Stelle alle regionali e comunali.

La Sacra Alleanza contro gli avversari del neo-liberismo e della nuova guerra fredda ha un suo vocabolario, un blocco di luoghi comuni e di insulti automatici. I Cinque stelle sono regolarmente bollati come populisti, ideologici, segretamente sovranisti. Non sono un partito, si dice ancora, ma una mera opinione: sono capaci solo di espirare il loro inconsistente flatus vocis. Quando parlano o criticano o propongono o legiferano, le loro voci sono solitamente liquidate come prodotto di un’ideologia: è l’accusa ricorrente espressa da chi è immerso nell’ideologia fino al collo. (Tanto per fare un esempio sull’uso sempre più vacuo di quest’epiteto: qualche giorno fa un inviato del telegiornale di Mentana ha detto, a proposito dei Palestinesi piantati in asso dall’accordo Israele-Emirati: “È passato il periodo della battaglie ideologiche!” Come se reclamare uno Stato palestinese fosse una delle tante ideologie destinate al macero da chissà quale storia progressista).

Con questo non si vuol affermare che il M5S gode di buona salute, e ha davanti a sé verdi praterie. La sua sconfitta è chiara, la sua incapacità di costruire alleanze è evidente, e se il governo Conte esce rafforzato dalla prova delle regionali e del referendum è perché l’elettorato Cinque Stelle ha con le proprie forze scelto di proteggerlo, con il voto disgiunto o utile: un’operazione voluta dalla base più che dal lacerato gruppo dirigente. Vogliamo solo affermare che fare alleanze territoriali o nazionali è una soluzione solo se Cinque Stelle non si dissolvono completamente nel campo dominato dal Pd. Qui è il dilemma in cui sono oggi impelagati, ed è dilemma serio. Il Pd che dà volentieri lezioni di savoir-vivre ai propri alleati di governo dovrebbe essere più umile, e riconoscere che l’alleanza “strategica” stretta dalle sinistre classiche con gli estremisti del centro che sono i neoliberisti, negli anni ‘70 e ‘80, polverizzò durevolmente l’idea stessa di sinistra. Un modello suicida che il M5S vorrebbe evitare, sia pure in maniera del tutto confusa.

In genere si fa poca attenzione all’attività dei suoi europarlamentari, che in questi anni si sono mostrati tenaci, ben preparati e nelle grandi linee coerenti. Non sono giudicati interessanti, se si esclude il momento in cui hanno permesso con i propri voti l’elezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. Prima ancora che si formasse la coalizione fra 5 Stelle e Pd, gli europarlamentari pentastellati hanno mostrato che le loro preferenze di voto andavano ben più spesso ai Verdi e alle sinistre che alla Lega. Nei loro comportamenti sono paragonabili all’elettorato 5 Stelle: tendono a correggere e riaggiustare, a Bruxelles, quel che a Roma si sfilaccia o si rompe.

Ma non sono perdonati, se non si limitano ad appoggiare i gruppi di centro sulle nomine o sul Recovery Fund e osano emettere qualche idea propria. Per esempio sulla democrazia diretta, che gli eurodeputati Cinque Stelle hanno difeso di frequente a Bruxelles per rendere più credibile e forte la rappresentanza democratica, non per sostituirla. Da questo punto di vista l’uscita di Grillo contro la democrazia rappresentativa è stata non poco nociva.

Altro punto di forza, a Bruxelles: il reddito minimo di cittadinanza, approvato nell’ottobre 2017 da una maggioranza spettacolare (451 voti in favore, 147 contrari, 42 astenuti). Relatrice della risoluzione era l’eurodeputata 5 Stelle Laura Agea. I commentatori invitati nei salotti televisivi tendono a far risalire la svolta europea del Movimento al secondo governo Conte e alle pressioni del Pd. Chi ha visto i deputati 5 Stelle legiferare a Bruxelles, e distinguersi più volte dalla Lega, sa che la notizia è falsa. Una notizia falsa non diventa vera perché nessuno la contraddice.

Le relazioni europee con la Russia sono un altro tema che vede i Cinque Stelle esprimere idee che indispongono la Sacra Alleanza. La recente risoluzione sull’avvelenamento di Navalny è stato un ennesimo esercizio di riattivazione della guerra fredda, voluto ancora una volta – come nella sbilanciata e sconclusionata risoluzione sulla memoria europea di un anno fa– dai deputati e governanti polacchi. Il Pd ha votato ambedue le risoluzioni, salvo qualche pentimento ex post sulla memoria europea. I 5 Stelle si sono prudentementee fortunatamente astenuti nelle due circostanze.

Non per ultima: la migrazione. Anche qui il PD non ha speciali lezioni da dare. Si accusa legittimamente Di Maio di aver parlato delle navi Ong come di “taxi del mare”, ma si dimentica che il patto della vergogna con la Libia fu negoziato dal ministro Minniti e dal governo Gentiloni. Così come fu concepito da Minniti il codice di comportamento che complica le operazioni di Ricerca e Salvataggio in mare delle navi Ong.

Il buon lavoro svolto in Europa dai Cinque Stelle ha tuttavia poco peso sui dibattiti italiani. Nei salotti del potere i rappresentanti pentastellati continuano a essere trattati come quadrupedi che ancora ignorano l’incedere dei bipedi. Ossessivamente sono chiamati a dirci “cosa faranno da grandi”. Lo chiedono imperiosamente i giornali mainstream, gli estremisti del centro come Renzi o Calenda, il Pd che si muove sul palcoscenico come se non avesse nulla da rimproverarsi nell’evaporare della sinistra italiana. Con supponenza sfoderano il monotono verdetto: “È passato il periodo della battaglie ideologiche!” È passato per tutti tranne che per loro: benvenuti nel deserto del reale!

Gli oceani saliranno di oltre 6 metri: bye bye New York

In Italia – Con quasi un mese di ritardo sul calendario meteorologico stavolta l’estate è finita per davvero. Ci è voluto un intenso fronte freddo nord-atlantico a spegnere una fase di calura tardiva che stava lanciando questo settembre in posizioni da record (2-3 °C sopra media nelle prime due decadi) e che in ogni caso, nonostante la fresca sterzata finale, resterà tra i più caldi in due secoli. L’anticiclone nord-africano ha ceduto un po’ fin dallo scorso weekend permettendo temporali quotidiani e spesso dannosi: martedì 22 ad Altamura (Bari) allagamenti per 59 mm di pioggia in un’ora, più della media di tutto il mese; grandine grossa mercoledì presso Latina, Enna e Catania, con rovina di agrumenti e uliveti, e in serata violento temporale anche a Roma. Ma a determinare l’improvviso passaggio dall’estate all’autunno è stata soprattutto la perturbazione “equinoziale” di giovedì-venerdì. Seguita da aria 10 °C più fredda giunta su un Mediterraneo surriscaldato (3 °C in eccesso), non poteva che innescare fenomeni burrascosi, tra cui: intensi rovesci tra Lombardia e Nord-Est, Toscana e Umbria, straripamento di torrenti e una vittima presso Varese (159 mm piovuti in 24 ore a Porto Valtravaglia); altre grandinate in diverse zone padano-venete, molti danni per una tempesta di pioggia e vento a 120 km/h su Napoli e trombe marine a Salerno e Rosignano (Livorno), qui due feriti gravi. Prima neve sulle Alpi interne a 1.500 metri, 40 cm in quota in Alto Adige. Precoci scenari d’inverno di per sé non nuovi a fine settembre (nel 2002, fiocchi a 1.000 m intorno a Bolzano e 60 cm allo Stelvio), ma erano più comuni fino a trent’anni fa, e ora stupiscono soprattutto in relazione al troppo caldo precedente.

Nel mondo – In Francia, proprio sul finire dell’estate più secca in sessant’anni a scala nazionale, nonché della seconda decade di settembre più calda (anomalia +5 °C, superati i casi del 1947 e 1987), piogge torrenziali in risalita dal Mediterraneo hanno colpito il Midi sabato 19 settembre: una situazione ricorrente in autunno (si parla di “épisode cévenol”, poiché interessa i rilievi delle Cévennes retrostanti Montpellier), tuttavia capita solo un paio di volte al secolo di registrare oltre 500 mm d’acqua in meno di 24 ore! Piene fluviali-lampo, due vittime, devastato il paese di Valleraugue. L’Atlantico è finalmente tranquillo dopo l’affollamento di tempeste tropicali dei giorni scorsi. “Beta”, l’ultima della serie almeno per ora, ha alluvionato l’area di Houston (Texas) con diluvi da 365 mm. Lo stesso ha fatto “Noul” in Cambogia, ma inondazioni continuano a colpire diversi altri Paesi africani e asiatici tra cui Nigeria, Etiopia, Iran, Nepal e India occidentale, qui con 286 mm caduti su Mumbai il 23 settembre. Neve precoce a bassa quota (1.000 m) e passi chiusi anche al Nord delle Alpi, ma straordinarie ondate di caldo in zona caraibica e in Sud Africa: record settembrino di 35,3 °C giovedì 24 a St-Barthélémy (Antille) e primato mensile nazionale di 42 °C in Botswana. Il 15 settembre la banchisa artica ha toccato un marcato minimo stagionale di estensione, il secondo più negativo in 42 anni di sorveglianza satellitare dopo il caso record del 2012, con una carenza di 2,6 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio rispetto alla media (nove volte l’area dell’Italia). Ma ancor più preoccupa la fusione della calotta antartica: stando a un nuovo studio apparso su Nature (The hysteresis of the Antarctic Ice Sheet), che ha richiesto un milione di ore di lavoro dei calcolatori, l’aumento termico di 4 °C che si profila con l’attuale scenario di emissioni incontrollate farebbe salire i livelli marini di oltre 6 metri cancellando metropoli costiere da New York a Shanghai. Siamo pronti a tutto questo?