Aspettando Godot, cioè il congresso, il M5S esplode. Gli Stati generali non hanno ancora data e forma, però i 5Stelle vincitori del referendum ma anche sprofondati nelle urne locali sono già un campo di battaglia. Quello dei tre big, Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico, che scendono in campo proprio per il congresso e quasi si rincorrono, con accuse, proposte e verità diverse. “Da stasera sarò sui territori per sostenere i nostri candidati ai ballottaggi delle Comunali” scandisce in diretta Facebook Di Maio, ex capo per modo di dire. E i suoi che diffondono un’agenzia: “Avanza il modello di coalizione con il Pd lanciato da Di Maio”. Un modello che pare mozione. Mentre il ministro se ne va nella sua Pomigliano, ma prima precisa: “Gli Stati generali prima si fanno meglio è”. Passa qualche minuto, e su Facebook ecco Di Battista. “Le Regionali sono state la più grave sconfitta del M5S” afferma in un video, con l’aria imbronciata di chi non voleva il voto disgiunto o utile del popolo 5Stelle. “Abbiamo perso voti e identità, da soli e in alleanza” sostiene. Insiste sui dati della Campania, perché ce l’ha con Di Maio e un po’ pure con Fico: “In Regione siamo passati dal 17 al 10 per cento, due anni fa alle Politiche abbiamo sfiorato il 50 per cento. È campano il ministro degli Esteri, lo è il presidente della Camera, il ministro dell’Ambiente, il ministro dello Sport (Spadafora, ndr) eppure abbiamo preso il 10”. E ancora: “Una leadership forte l’abbiamo avuta (sempre Di Maio, ndr) ma alle Europee abbiamo dimezzato i voti”. Il congresso? “Gli Stati generali vanno fatti il prima possibile, ben partecipati, con un’agenda per uscire dal buio”.
L’ex deputato non fa in tempo a finire che a Montecitorio si manifesta Fico, il presidente della Camera. E parla soprattutto di Movimento: “Il M5S ha perso le Regionali, ma la sua crisi di identità non va collegata al voto, viene da molto prima”. Ora “non è tempo di guerra per bande, non vanno date colpe”, e neppure di un congresso veloce: “Niente eventi spot, servono Stati generali permanenti”. Elenca errori, “temi identitari che non sono stati portati avanti”, cioè la legge sull’acqua pubblica, quella sul conflitto di interessi, la riforma della Rai. Sembrano punti dell’agenda di un capo politico, di un coordinatore, e Fico mica si sottrae: “Se entrerei in una segreteria? Io ci sono sempre per dare una mano al Movimento, e sono per un organo collegiale”.
Le carte sono sul tavolo, ognuno è pronto a giocare. Di Maio da leader di fatto che vuole cementare gli accordi con il Pd ed essere stabilizzatore di governo. Di Battista che rivendica l’identità perduta nei Palazzi e indica un’altra strada per un M5S terzo. Fico, come Di Maio per un’intesa stabile con i dem ma critico sui temi, che vuole fare il pacificatore. E rilancia: “Eravamo post-ideologici, ma il mondo cambia e forse ora dobbiamo essere ideologici”. Tutti gli altri ragionano di truppe, mentre Vito Crimi, nel ruolo improbo di capo politico reggente, attende l’assemblea congiunta di domani sugli Stati generali per decidere tempi e modi.
Ha capito che farli online è impossibile. Per molti sarebbe un favore a Davide Casaleggio e alla sua piattaforma web Rousseau. Non è un caso che Paola Taverna, da cui tutti dovranno passare per reggere il Movimento, invochi riunioni sui territori per coinvolgere gli attivisti nell’organizzazione del congresso. Vuole impedire che ci siano “delegati calati dall’alto”, toccando un nodo centrale. Ma anche rafforzare il carattere “fisico” degli Stati generali, così da ingabbiare il signore del web, Casaleggio, inviso a big ed eletti (ma non a Di Battista). In questo quadro Crimi, infilzato da Di Maio (“le Regionali le avrei organizzate diversamente”) cerca una via. Tutti dicono di volere una segreteria, ma sul come è buio. Circola uno schema con dieci membri. Ma quando vararla? Di Maio la vorrebbe prestissimo, Di Battista pretende prima gli Stati generali, e di nomine non ha urgenza neppure Fico.
Fuori, occhi preoccupati. “Il territorio non ci percepisce e sceglie altro, vengono prima le idee e l’organizzazione poi le facce” sostiene Carlo Sibilia. Ma le facce già si agitano.