Essere influencer è un lavoro: se a instagrammer e tiktoker si prova a dire il contrario si arrabbiano. Marketing, piazzamento dei prodotti, foto, balletti, stories e canzoni. Contratti e monetizzazioni. Sono regole e strategie delineate. Ma che accade se l’influencer è un sacerdote? Come si mostrano e diffondono Chiesa e Vangelo sui social media? Si può sponsorizzare Dio?
Vincenzo Corrado è il direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, laico, e il suo libro Social media: uso o ab-uso? (Libreria editrice vaticana) è un decalogo per coniugare mondo digitale e fede. Punto di partenza: i social media sono parte integrante della realtà. “Con la pandemia hanno accorciato le distanze e risposto all’esigenza di sentirsi ancora comunità”, ci spiega. Così, di fronte alla creatività di sacerdoti e diocesi che hanno iniziato a postare, ha pensato potesse essere utile dare dieci piccoli consigli “perché questa presenza non diventasse insignificante o addirittura inficiasse il messaggio”. Evitare la logica degli influencer è il consiglio principe: “Raccogliere migliaia di like con citazioni mal attribuite o foto scomposte non contribuisce a una narrazione vera – si legge – meglio essere voci che gridano nel deserto, che urlatori della Rete”. L’esposizione di sé deve lasciare il posto alla creazione della comunità senza sottovalutare l’importanza del linguaggio: “La sua banalizzazione è una malattia grave”. Il rimedio sono ricerca e cura per rendere il messaggio comprensibile ed efficace. Come il Vangelo: scritto semplicemente ma con un messaggio importante, che si comunica da solo. “Se il messaggio è efficace e non viene tradito – spiega Corrado – troverà il modo di emergere anche nelle dinamiche, spesso oscure, del funzionamento dei social e dei loro algoritmi”. L’importante è conoscere il funzionamento del mezzo, continua l’autore, che nel libro inserisce anche un breve glossario: “Spesso o si rifiuta completamente una novità per timore oppure ci si tuffa veicolati dalla meraviglia ma impreparati: bisogna trovare il giusto equilibrio”. Insomma, non è che la Chiesa ha bisogno dei social: c’è già dentro ed è in pieno allenamento. “Papa Francesco ha parlato di dialogo generazionale e il terreno dei social è proprio quello su cui si potrebbe tessere una trama educativa tra generazioni. La Chiesa ha già tante iniziative in campo”. E cosa pensa dei preti influencer? “Abbiamo degli influencer che appartengono alla nostra fede e alla nostra dimensione di senso. Se ne diventiamo annunciatori, questi strumenti potranno incidere sulla vita delle persone. Il Papa, poi lo ha già detto: la Madonna è stata la prima influencer della Storia”.