Direttore de La Stampa, conduttore del telegiornale della prima rete, consigliere di ben due presidenti della Repubblica. Arrigo Levi, figura centrale del giornalismo italiano del ‘900, è morto a 94 anni nella sua abitazione romana. Nato il 17 luglio 1926 a Modena da famiglia ebraica, a 16 anni sbarcò con i genitori in Argentina per sfuggire alle leggi razziali. Si affacciò al mestiere proprio a Buenos Aires, collaborando con L’Italia libera, il giornale del Partito d’Azione.
Nel 1946 tornò in Italia e completò gli studi universitari laureandosi in Filosofia a Modena. Celebri i suoi resoconti da Mosca, nei primi anni’60, per il Corriere della Sera e il Giorno. Fu anche volto televisivo: nel 1966 passò alla Rai, dove condusse per due anni il notiziario del primo canale segnando una svolta: fino a quel momento, infatti, i telegiornali erano presentati da speaker professionisti e non da giornalisti. Poi il trasferimento alla Stampa, prima come inviato e poi (dal 1973 al 1978) come direttore. “Sarà mio impegno mantenere a La Stampa la sua chiara e forte fisionomia di organo indipendente, che con l’ampiezza dell’informazione vuole favorire la crescita di una società italiana illuminata e matura”, disse assumendo l’incarico.
Conclusa la carriera giornalistica, dal 1998 al 2013 è stato consigliere per le relazioni esterne del Quirinale, sotto le presidenze Ciampi e Napolitano. In un messaggio inviato alla figlia Donatella, il capo dello Stato Mattarella lo descrive come un uomo “colto e raffinato, direttore autorevole. Con i suoi libri, le sue corrispondenze dall’estero e le sue trasmissioni televisive, ha raccontato e acutamente interpretato i grandi sommovimenti dell’età contemporanea”. “Mise al servizio delle istituzioni repubblicane la sua vasta cultura e fervida attività, in un crescente rapporto di stima, fiducia e amicizia personale”, è invece il ricordo del presidente emerito Giorgio Napolitano.