Dopo tante discussioni e i lavori di un gruppo di studiosi, finalmente il primo Museo della lingua italiana prende corpo. Ci sono il finanziamento e la sede. Si passa dall’astrattezza di un bel progetto sulla carta (G. Antonelli, Il Museo della lingua italiana) alla concretezza della sua fattibilità in un luogo strategico. L’Italia, come molti altri Paesi, avrà il suo Museo della lingua (Museums of Language and the Display of Intangible Cultural Heritage, a cura di Sönmez, Wellington Gahtan, Cannata).
I luoghi hanno un forte potere evocativo. Il Museo nascerà a Firenze nel complesso di Santa Maria Novella, davanti alla Stazione ferroviaria. La prima pietra della Basilica è stata posta, pare, nel 1279, poco dopo la coniazione del fiorino d’oro, emblema della potenza economica della città, alla quale è strettamente legata una civiltà della scrittura volgare unica in Europa. La facciata della Basilica si deve a Leon Battista Alberti, autore della prima grammatica del toscano parlato. La Stazione ferroviaria è il capolavoro razionalista di un altro grande architetto, Giovanni Michelucci, costruita negli anni Trenta del Novecento, in un periodo di grande fervore culturale di Firenze. Medioevo, Rinascimento, Contemporaneità sono dentro e fuori il nuovo Museo.
Ma sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco. Se Firenze è stata fondamentale nella storia della nostra lingua (basti pensare a Dante), il Museo avrà certamente carattere nazionale e internazionale. L’italiano nel mondo continua a essere amato e studiato. Tuttavia la nostra lingua ha bisogno di essere conosciuta e valorizzata oggi più che mai con la globalizzazione. Per questo il Museo rappresenta un atto rilevante di politica linguistica, tanto più apprezzabile vista la poca attenzione finora riservata dallo Stato alla nostra lingua.
Molti hanno scritto di un Museo interattivo, con laboratori didattici d’avanguardia. Certo. Sappiamo che ogni lingua è un bene immateriale in movimento, che tuttavia ha lasciato nel tempo e nello spazio tracce materiali consistenti. Le tracce dell’italiano le troviamo ovunque, nella toponomastica, nel visibile parlare, in manoscritti e libri, nelle scritture private, nelle registrazioni del parlato pubblico (cinema, radio, tv, teatro). Si studierà il modo per collegare queste tracce, creando una rete di applicazioni diffuse. Il Museo guiderà ogni visitatore a ritracciarle, osservarle, conoscerle. Da Firenze al mondo, dal mondo a Firenze, perché nel Museo si esporranno naturalmente anche molti beni materiali significativi.
Si è insistito anche su un Museo aperto a tutte le varietà: l’italiano della scienza, della letteratura, del diritto, dell’arte, della musica, della predicazione, della cucina. Certo. Tuttavia sarà essenziale non perdere di vista un obiettivo prioritario: valorizzare le due caratteristiche fondamentali della nostra storia, il multilinguismo accentuato (volgari medievali e poi italiano, dialetti, lingue minoritarie, lingue straniere, lingue immigrate) e la grande continuità storica di tutte le lingue d’Italia, in particolare dell’italiano. Entrambi questi elementi, multilinguismo e continuità, che ci distinguono nel mondo, rappresentano una ricchezza della nostra storia e insieme una straordinaria potenzialità verso il futuro, contro le troppo pessimistiche previsioni della morte della nostra lingua. Il Museo sarà il luogo ideale per far conoscere a un pubblico largo un patrimonio in gran parte sconosciuto e per far crescere la consapevolezza del suo enorme valore. In questo particolare momento, in cui è urgente avviare imprese culturali innovative, la creazione del primo Museo della lingua italiana credo abbia un valore incontestabile.