Dice Matteo Salvini che “mentre nel 2020 sono sbarcate più di 15 mila persone, il Viminale si vanta di averne ricollocate 878. Incapaci e pericolosi”, attacca il leader della Lega ed ex ministro dell’Interno. È il commento alle dichiarazioni di Vito Crimi, reggente M5S e viceministro degli Interni, che aveva risposto a un’interrogazione del leghista Rossano Sasso, fornendo i dati sui ricollocamenti dei richiedenti asilo. Sono le procedure del preaccordo di Malta del 23 settembre 2019, firmato dall’Italia con Malta, Francia, Germania e Spagna e al quale poi hanno aderito Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Secondo Salvini “un altro bluff del governo”.
I numeri, in realtà, non sono quelli. I richiedenti asilo ricollocati in Europa dopo Malta sono di meno: 689, di cui 189 dopo il 25 giugno quando i viaggi sono ripresi al termine del lockdown che li aveva bloccati. Però prima di Malta, quando Salvini al Viminale e bloccava le navi delle Ong in mezzo al mare rischiando l’accusa (poi arrivata) di sequestro di persona finché qualche governo europeo non accettava di accogliere poche decina di persone, erano stati solo 125 (l’82% di 689). Alcuni dei ricollocamenti successivi nascono dagli accordi del Conte 1, ma la maggior parte no. E soprattutto i 689 non vanno calcolati sui 15 mila, ora 16 mila sbarcati, numeri bassi (nel 2016 erano stati 180mila) e però preoccupanti per il Covid e anche perché Salvini ha indebolito l’accoglienza. Di questi infatti oltre 6.700 sono tunisini, oltre 2.300 bangladesi e tanti altri provengono da Paesi per i quali non c’è protezione internazionale. Sono migranti economici per i quali Malta non prevede ricollocamenti.
Oggi partono soprattutto dalla Tunisia che affronta una grave crisi economica e raccoglie migranti in fuga dalla Libia. Per questo ieri i ministri dell’Interno e degli Esteri, Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio, sono andati a Tunisi. Una visita programmata da Di Maio anche se a Tunisi il governo impiegherà qualche giorno per formarsi, ma di grande rilievo per la presenza dei commissari Ue, la svedese Ylva Johansson e l’ungherese Oliver Varhelji nominato da un governo ostile ai migranti come quello di Viktor Orbán. I rappresentanti di Bruxelles non si vedevano da tempo a Tunisi. E Tunisi vuole soldi, aiuti. Dall’Italia arriveranno 11 milioni di euro per il controllo delle coste, da Bruxelles altri 10. È solo l’inizio. Di Maio vuole dimostrare che chi arriva senza titolo sarà rimpatriato. Fin qui l’accordo con Tunisi, l’unico davvero efficace, prevede 80 rimpatri a settimana. Roma ne vuole di più, il tema è delicato per la Tunisia in crisi. E intanto le partenze si spostano a est, verso la Libia: due flussi migratori si uniscono, controllarli è sempre più difficile.