Ma la stretta monetaria può schiantare la crescita

Anche la Banca Centrale Europea si è accodata al coro delle altre banche centrali, non escludendo per l’anno in corso la possibilità di un rialzo dei tassi d’interesse. Il mercato stima adesso che ce ne possano essere addirittura due, ponendo fine al periodo di tassi negativi che dura dal 2014. La risposta delle banche centrali pare allinearsi tra Europa (la Banca d’Inghilterra ha annunciato la settimana scorsa il rialzo dei tassi di altri 25 punti) e Stati Uniti, anche se le condizioni delle due economie sono molto differenti.

Negli Usa i consumi e la produzione viaggiano a un ritmo superiore a quello pre-pandemia, la disoccupazione è vicina al tasso di pieno impiego, i salari crescono oltre il 4%. In Eurozona niente di ciò è stato raggiunto e, a differenza di quello che avviene in USA, l’inflazione è ancora esclusivamente legata all’aumento del prezzo dei beni energetici. Questo rende il compito della Bce più complicato. Gli stipendi continuano a stagnare e l’aumento dei prezzi dei beni energetici si sta già trasformando in una diminuzione dei consumi degli altri beni. In quale modo la banca centrale potrà mettere sotto controllo i prezzi dei beni energetici evitando che le sue manovre non amplifichino questo calo dei consumi? In effetti le passate esperienze, anche quella dei rialzi del 2011 da cui si amplificò la crisi dell’euro, hanno dimostrato che è molto complicato per la politica monetaria riuscire a riportare sotto controllo l’inflazione quando è generata dai cosiddetti fenomeni dell’offerta (come il rialzo del prezzo dell’energia), senza impattare sulla crescita. La banca centrale non può immettere più energia nel sistema, ms può ridurre l’attività economica, in modo che più persone disoccupate e meno investimenti delle imprese riducano la domanda di energia e i consumi. Ma ha senso rischiare di distruggere la flebile crescita raggiunta? Avrebbe forse più senso compensare con la tassazione dei redditi più elevati e degli extra-profitti delle società energetiche le fasce più colpite dal caro bollette, lasciando l’azione della banca centrale in stand-by affinché l’economia raggiunga un punto di forza tale da poter sopportare una normalizzazione della politica monetaria. Ma questa è una decisione politica, che spetta ai Governi. Le banche centrali sembrano invece aver già scelto. La speranza è che sia con risultati differenti da quelli ottenuti nel 2011.

MailBox

 

“Gigino” mi ha fatto perdere ogni speranza

A breve compirò 78 anni e mi definisco un uomo senza più illusioni. Nel ‘68 credevo nella possibilità di una nuova società. Poi gli eventi e la politica mi delusero profondamente: passarono i decenni, e vedendo un nuovo orizzonte, fatto di ideali e rinuncia ai privilegi, tornai a crederci. Ma Di Maio è riuscito nuovamente a vanificare miseramente un sogno possibile: ha fatto un danno non a Conte o ai 5 Stelle, ma alla credibilità di chiunque si presenti di nuovo ad annunciare una società più equa giusta.

Gianfranco Signorini

 

Il porcellum fu l’inizio della fine della politica

Ho sviluppato la convinzione che la cosiddetta “crisi della politica” strombazzata dai vari giornaloni ed evidenziata dagli avvenimenti degli ultimi anni provenga da una legge del 2005. Si tratta, a mio parere, del porcellum di Calderoli con le liste bloccate; da quel giorno la maggior parte degli eletti, soprattutto per interessi di bottega, ha iniziato a piegare la schiena al proprio capopartito, giocandosi spesso anche la propria dignità (si veda la votazione su Ruby nipote di Mubarak).

Claudio Vandelli

 

Il Covid ha rafforzato solo la sanità privata

Uno dei danni più pesanti della pandemia è il forte rallentamento dell’assistenza sanitaria per tutte le patologie non-Covid. Ormai le liste d’attesa per visite e interventi sono lunghissime: per le malattie in cui la tempestività d’intervento è importante, questa situazione costituisce un vero problema. Molti medici ospedalieri non si fanno neppure più scrupolo a proporre le prestazioni in privato come alternativa al pubblico sapendo che le persone, disperate e impaurite dalla necessità di fare presto, accettano tutto senza discutere. Basta verificare l’aumento vertiginoso dell’attività nelle strutture private in questi ultimi due anni, per rendersi conto di come si stia compiendo, nel silenzio più assordante e in barba a tutti i dettami costituzionali sul diritto alla salute, uno dei drammi più significativi prodotti dal Covid. Dietro c’è poi un’abbondante speculazione, di cui molti sono vittime. Come dimostrano i profitti vertiginosamente in aumento delle solite grandi multinazionali del web, dovute all’esplosione dell’e-commerce, in questi ultimi due anni anche per la sanità privata si è realizzato un periodo di vacche grasse: mentre il pubblico annaspa fra ondate pandemiche e promesse non mantenute di aumenti significativi della spesa per l’assunzione del personale mancante e per le strutture da ammodernare, il privato si gode questo periodo di fortune economiche, a spese in parte del Ssn, ma anche dei cittadini bisognosi di assistenza sanitaria che non possono aspettare i tempi lunghi del servizio pubblico.

Italo Borini

 

“Con questi dirigenti non vinceremo mai!”

Venti anni fa Nanni Moretti, rivolto alla sinistra, diceva a Piazza Navona: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!”. Quella esclamazione, purtroppo, è tuttora valida. Lo vediamo con Letta, che si barcamena nel gestire un Pd ancora infiltrato di renziani; Leu e altre microforze di sinistra non incidono; Renzi, invece, ha ormai traslocato a destra. Perché c’è tanta inadeguatezza nel Pd? Nessuno dica che ormai la sinistra perde ovunque, perché Cile e Portogallo dimostrano il contrario. Il limite della nostra sinistra è la sua timidezza su temi sociali: non sa, e non vuole, essere netta sulla lotta alle disuguaglianze, che poggia le sue basi nel contrasto all’evasione fiscale. Oltre a non far nulla per porre fine alla iniqua pressione su salariati e pensionati, che pagano tasse pesantissime anche per chi le evade. La sinistra selezioni nuovi dirigenti nel volontariato, dove ci sono persone non solo in gamba, ma con ideali, indispensabili per servire la comunità con disciplina e onore.

Massimo Marnetto

 

Quella volta che avevamo visto “Italia K2” a scuola

La lettura della pregevole recensione di Federico Pontiggia del film Italia K2 mi ha riportato alla memoria che, nel lontano 1955, la scuola elementare che frequentavo condusse tutti gli alunni in un cinema cittadino alla sua visione. Naturalmente le maestre prima ci introdussero all’argomento: mi ricordo che noi alunni ne fummo favorevolmente impressionati e affascinati, soprattutto per la fotografia così realistica e per l’immane fatica degli scalatori. Ecco un esempio di una scuola che organizzava e partecipava a eventi culturali stimolanti, come un documentario ricco di riflessioni. Mi fa piacere che sia stato restaurato, e che anche gli spettatori di oggi ne possano godere.

Elena Monarca

Presidenzialismo. Dal complesso del tiranno al mito dell’uomo forte

 

Siamo sicuri che la P2sia stata sciolta per davvero? Durante queste elezioni per il presidente della Repubblica è stata fortissima la sensazione (grazie ai media) che sia stato usato il nome di Draghi per creare un presidenzialismo di fatto. Un modo per poter dire che “si può fare!” e per giustificare la trasformazione in una Repubblica presidenziale. Leggere che Renzi propone il presidenzialismo per il 2029 suona come una sparata, ma, a volte, scenari come questo non poi così lontani dal vero.

Marco Schiavetti

 

Ormai è piùche una sensazione, caro Schiavetti, quella sul presidenzialismo di fatto. Le faccio un esempio che può sembrare fuori luogo, trattandosi del mite Sergio Mattarella, democristiano di sinistra. Subito dopo il discorso d’insediamento per il bis, in Transatlantico a Montecitorio, ho raccolto questa battuta di Gianfranco Rotondi, altro dc ma di matrice berlusconiana: “Mi è sembrato un discorso da elezione diretta del presidente della Repubblica, rivolto interamente al Paese”. Detto questo, l’elezione del capo del Stato è stata preceduta da settimane di campagna incessante del “partito” a favore di Draghi al Colle. Al punto che due esponenti della destra moderata anti-sovranista quali i ministri Renato Brunetta e Giancarlo Giorgetti sono arrivati a teorizzare che Supermario – se eletto al Quirinale – avrebbe potuto “dirigere” l’esecutivo con un premier fantoccio. Questa voglia matta di presidenzialismo emerge a fasi cicliche nella nostra Repubblica. E più che alla P2 (nel Piano di rinascita di Gelli era paradossalmente prevista l’ineleggibilità del capo dello Stato) va attribuita al mito italiano e intramontabile dell’uomo forte o della Provvidenza. Ecco perché i padri costituenti si espressero contro il presidenzialismo nel 1946, sulle macerie del fascismo. Il liberale Aldo Bozzi disse che la scelta del parlamentarismo fu frutto del complesso del tiranno: quello appena ucciso e quello futuro che aspira a conquistare tutto il potere, nascosto da una maschera perbenista e finto-democratica. Non a caso i presidenzialisti di casa nostra sono stati, nell’ordine: Almirante, Craxi, Berlusconi. Un uomo solo al comando, appunto. E aver schivato il presidenzialismo draghiano di fatto, significa solo che la questione è rinviata.

Fabrizio d’Esposito

La satira non è la politica. Ma Anche Cirinnà cade nel “tranello” di Checco

 

PROMOSSI

CI SIETE CASCATI DI NUOVO” L’unica cosa atroce qui è la psicosi del politicamente corretto. C’è sempre qualche comunità, o qualche gruppo di interesse, che si offende. Se riproponessi certe imitazioni di dieci anni fa, mi arresterebbero. Oggi non potrei scherzare come facevo, che so, su Tiziano Ferro, o sugli uominisessuali”: era dicembre del 2019 quando Checco Zalone rispondeva così ad un’intervista del Corriere. Cos’era accaduto? Esattamente quello che è successo questa settimana, in occasione della sua partecipazione al Festival di Sanremo. Allora in molti si erano scandalizzati (o compiaciuti) nell’ascoltare il singolo “Immigrato”, che precedette l’uscita di “Tolo tolo” al cinema: la comicità in merito a tutti i luoghi comuni che accompagnano la figura del migrante, fraintesa, gli costò l’accusa di razzismo o, peggio ancora, di sovranismo di circostanza (erano i tempi in cui il sovranismo si portava su tutto). Se allora Zalone si arrabbiò, c’è da credere che questa volta arrivando al festival con la sua favola calabro-brasiliana sulla transfobia, si aspettasse esattamente quello che poi è avvenuto. In molti infatti sono immediatamente saliti in cattedra spiegando al comico come si comunica, e come il suo intento, ammesso che fosse buono, sia fallito. “L’omotransfobia è un dramma che attanaglia la vita di tante persone e bene ha fatto Zalone a sceglierlo come tema del suo intervento. Purtroppo, però, il risultato è stato disastroso. E non lo dico io. Lo dicono autorevoli voci della comunità trans che da quel pezzo si sono sentite offese, derise e ridicolizzate. Quello a cui bisogna prestare attenzione quando si toccano argomenti così delicati è la scelta delle parole e degli esempi che rischiano di non passare al pubblico per come sono stati pensati dall’autore. Stimolare la riflessione è una spinta positiva che deve accompagnare tanto il pubblico quanto i comici”: così Monica Cirinnà si è avventurata in una lezione di public speaking a Checco Zalone. Quello che la senatrice dem non ha tenuto nella debita considerazione è che lei e Zalone svolgono mestieri differenti: la senatrice democratica è una rappresentante delle istituzioni, il comico pugliese è, per l’appunto, un comico. Se fosse una senatrice della Repubblica a raccontare la storia di un trans brasiliano che si trasforma in Cenerentola per spiegare la questione della transfobia, ci sarebbe decisamente qualche problema. Ma se a farlo è un comico, ‘la scelta della parole’ passa per tutt’altri canali, creativi prima, interpretativi poi. Quello che preoccupa è che ci sia bisogno di ribadirlo ancora una volta.

VOTO 4

 

BOCCIATI

GIUSTI PRONOSTICI Con il naso che lo contraddistingue per le polemiche in arrivo, Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, individua già il futuro pomo della discordia, che darà la stura ad infinite discussioni sulle discriminazioni: “Impossibile oggi definire scadenza #supergreenpass secondo criteri scientifici. La decisione politica dovrà essere rivalutata in base a nuove evidenze, ma la durata non può essere illimitata #GIMBE”. Converrebbe pensarci per tempo.

VOTO 7

 

Club Aniene, la tribù degli uomini (ricchi) che scansano le donne

 

BOCCIATI

La tribù dei maschi Al Circolo canottieri Aniene, disteso sul Tevere nel centro storico di Roma, l’importante è non essere donna. Nell’esclusivo salotto dell’élite – dove si attovagliano politici, manager e sportivi – i soci che contano sono solo uomini e quasi nessun maschietto lo trova strano. Mischiare i sessi mica è semplice, dice il presidente Massimo Fabbricini: “Certe cose non si possono risolvere (…). Avremmo problemi per spogliatoi e saune, servirebbero nuove docce”. Perciò niente donne tra i soci, tranne 5 ma solo perché medagliate: Federica Pellegrini, Flavia Pennetta, Josefa Idem, Caterina Banti e Simona Quadarella. Le altre fuori. Massimo Malagò, numero uno del Coni ed ex presidente del club, elenca difficoltà insormontabili ad ospitare le signore: “Ci sono dinamiche statutarie, logistiche, di spazi”. Chiarissimo: la tradizione patriarcale non si tocca e ristrutturare i bagni costa troppo. Conosciamo l’altra obiezione, implicita: le donne frequentino i loro circoli senza mescolarsi e – perché no – chi ha gli occhi verdi e i capelli lunghi stia coi propri simili. Ottimo, il sole dell’avvenire è la società tribale.

Ornella stupefacente Guai a citare la cannabis a Sanremo altrimenti parte il predicozzo dell’arco parlamentare: si inizia con le canne e si finisce con l’eroina. Da quale pulpito: tempo fa Millennium, il mensile del Fatto Quotidiano, raccolse tracce di cocaina a Montecitorio, nel bagno dei deputati. Forse Ornella Muti avrebbe dovuto promuovere l’uso della polvere bianca? Invece l’attrice ha sposato da tempo la causa della foglia verde e non lo nasconde. Nemmeno il giorno del debutto all’Ariston: infatti a poche ore dal via spopola su Instagram una foto di lei e Naike (sua figlia), mentre sfoggiano ciondoli e orecchini con il logo della pianta “stupefacente”. Apriti cielo. Giù ramanzine dalla Commissione di vigilanza Rai. Gasparri invoca l’espulsione di Ornella da Sanremo. Lei para i colpi in conferenza stampa: “Non giro per il backstage distribuendo canne, mi riferisco alla cannabis terapeutica”. Però il disco rotto di Matteo Salvini era già in onda: “La droga è morte, e sempre e comunque la combatterò”. Forse non sa che la cannabis serve anche per curarsi. I farmaci sono legali, ma introvabili dai pazienti. Per via del pregiudizio dei medici e di certi politici bigotti.

Nazisti, mica razzisti Whoopi Goldberg, l’attrice e diva paladina delle minoranze, è inciampata sulla razza. Nel programma “The View” in onda sulla Abc, ha detto che lo sterminio degli ebrei per mano dei nazisti fu solo il frutto della disumana cattiveria: “Gente bianca contro gente bianca, e quindi voi che combattevate tra voi”. L’emittente l’ha sospesa per due settimana (quanta severità…), lei ha chiesto scusa e ringraziato i suoi critici: “Sono profondamente grata, le informazioni che ho ricevuto mi hanno aiutato a capire che si trattava davvero di razzismo, perché Hitler e i nazisti consideravano gli ebrei una razza inferiore”. Bastava leggere un manuale per adolescenti. Oppure cliccare su Wikipedia in camerino, prima di parlare a vanvera in televisione. Fa niente, l’importante è lo show. Tanto sul piccolo schermo la competenza è solo dei virologi (forse) e la Storia è un’opinione.

 

PROMOSSI

Auguri, Vecchio continente Oggi l’Unione europea compie 30 anni e forse sta meglio del previsto. Il 7 febbraio 1992 fu approvato il Trattato di Maastricht. Pose le fondamenta della moneta unica, istituì la Bce, impose discutibili regole di bilancio: il deficit al 3 per cento e il debito al 60 per cento del Pil. Poi la crisi del 2008, l’austerità come fede, la Grecia strangolata dai creditori. Oggi la tassonomia verde: per curare l’ambiente l’Europa abbraccia nucleare e gas. Nella primavera 2020 un italiano su due (il 48%) sposava l’Italexit. Oggi solo uno su tre (il 32%) lascerebbe l’Unione, secondo uno studio dell’Università di Siena. Merito forse del diluvio di miliardi del Pnrr?

 

Ascolti taroccati. Ecco perchè la bomba Agcom su Dazn può far saltare il palazzo

Nei giorni in cui l’Uefa rende noto, nel suo rapporto sullo stato del pallone in Europa, che causa Covid nella stagione appena trascorsa gli spettatori negli stadi, e quindi i ricavi da botteghino, hanno avuto un calo del 90,8% (!), che il calo di fatturato (- 7 miliardi) è stato del 25% e che a dispetto di ciò il 91% dei ricavi dei club se n’è andato in stipendi per giocatori, stipendi per dirigenti e spese di mercato (commissioni ai procuratori comprese: vedi gli 11,6 milioni finiti nelle tasche degli agenti di Vlahovic dopo il passaggio dell’attaccante dalla Fiorentina alla Juventus), nei giorni in cui l’Uefa preconizza un ulteriore, sensibile calo dei fatturati anche per la stagione in corso, in Italia ci sono una Lega di Serie A che avanza una mozione di sfiducia verso il presidente federale Gravina, una Figc che minaccia la Lega di commissariamento e un presidente di Lega, Dal Pino, che se ne va sbattendo la porta ringraziando non i suoi sottoposti, cioè i presidenti dei 20 club di A, accusati di resistenza al cambiamento e intelligenza col nemico, ma il presidente FIGC Gravina (sic).

E mentre dirigenti di club importanti come Inter e Milan, al secolo Marotta e Scaroni, piangono miseria e pietiscono ristori al governo proprio nei giorni in cui la Juventus, dopo aver chiuso l’ultimo bilancio col passivo più alto della storia del calcio italiano, 209,9 milioni, acquista Vlahovic in un’operazione da 154,6 milioni, l’Agcom accende la miccia di una bomba che potrebbe far saltare il Palazzo: quella degli ascolti-tv. Che anche se nessuno lo dice sono precipitati alla metà rispetto a quelli dell’anno scorso.

Riassumendo: al termine di una istruttoria durata mesi Agcom ha stabilito (delibera 18/22 del 20 gennaio 2022) che i dati d’ascolto resi noti fino ad oggi, e forniti a Dazn da Nielsen, istituto non certificato, non sono veritieri. I dati cui occorre fare riferimento sono quelli di Auditel: e come si legge nella delibera, “la variazione percentuale complessiva dell’audience tra le due rilevazioni è pari a oltre il 50% per il girone di andata”. Ciò significa che quando Dazn parla di 1 milione di ascolti, il dato reale è 500 mila. Sempre Agcom scrive che addirittura nelle ultime 4 giornate del girone d’andata lo scostamento tra i dati forniti da Dazn/Nielsen (fasulli) e quelli di Auditel (autentici) ha toccato il 60%. Come forse non tutti sanno i diritti-tv, che sono la principale fonte di sostentamento del calcio italiano, sono già stati venduti in calo (930 milioni: 840 da Dazn e Tim, 90 da Sky) rispetto a quelli del triennio 2018-21 (973,3 milioni: 780 da Sky, 193,3 da Dazn). Ebbene, il drammatico crollo di audience verificatosi nel passaggio dall’era-Sky all’era-Dazn, e che è costato la poltrona all’Ad di Tim Gubitosi, determina chiare e angosciose conseguenze: dalle più immediate, come la rivolta degli investitori pubblicitari (Upa) ai quali fino ad oggi sono stati forniti dati drogati del 50% e che hanno speso 100 per una resa di 50, alle più lontane anche se inevitabili, visto il deprezzamento del prodotto, come l’asta dei diritti che avverrà nella primavera 2024: se è vero che la stessa Tim sta già rinegoziando al ribasso l’intesa con Dazn (chiede uno sconto di 90 milioni l’anno per i 3 anni dell’accordo) e minaccia di passare armi e bagagli con Sky, pensare di rivendere i diritti alle già esigue cifre attuali è a dir poco folle. Siamo sul baratro.

 

Suoni, igiene e odori. Il virus ha modificato molti dei nostri costumi quotidiani minimi

De minimis non curat praetor. Ma il sociologo sì. Eccomi dunque a segnalarvi la microfisica più oscura del nostro cambiamento antropologico nell’era del Covid. Ovvero alcuni minuscoli e però significativi effetti prodotti da due anni di pandemia. Ma preparatevi bene. Non di alate cose psicanalitiche si parlerà. Bensì di cose che hanno perfino a che fare, come diceva il professor Vito Muciaccia, gigante del greco e del latino, con quel- l’imbarazzante lato della nostra vita fatto di odori e di rumori.

I rumori, anzitutto. Sono più forti, più goduti, più inutili e insieme liberatori di prima. Se l’isolamento non ti fa parlare con nessuno, o se parli con qualcuno solo attraverso teams, skype o iphone, perché i fiati non si possono mescolare, poi la voglia di usare la voce in un meraviglioso corpo a corpo con chiunque ti passi a tiro cresce in forme dirompenti. Fateci attenzione. Locali un dì sobri e poco rumorosi ora rimbombano letteralmente. E mica perché pieni. Si urla, si sghignazza senza senso.

Due persone che una volta si sarebbero scambiate racconti e opinioni con qualche intimità ora li gridano. In gruppo ci si corteggia alzando i toni, cercando disperatamente la battuta strepitosa che renda fascinosi e vincenti o, simmetricamente, starnazzando compiacenti per le non strepitose battute in arrivo permanente dalla tavolata. È la saga dei decibel, in un popolo già rumoroso per indole, che urla al telefono come nella celebre gag di Walter Chiari sulle chiamate per l’America.

Ma il guaio è che poi c’è l’umana filiera, quella che va dai ristoranti o dalle tavolate ai luoghi in cui il cibo finisce. È cambiata l’estetica di quei luoghi. Il contagio fa paura. Hai un bel dire che dopo la terza vaccinazione il virus è fiacco. C’è sempre una paura fottuta a schiacciare col polpastrello il pulsante dell’ascensore. Solo che dell’ascensore hai bisogno, sicché trovi lo stesso come farlo salire e scendere: un gomito, il dorso della mano, una nocca. Ma se hai paura del bottone dell’ascensore, figurarsi del pulsante dello scarico in bagno. Che dita, che mani l’avranno schiacciato decine e decine di volte prima che tu arrivassi? E con che potenzialità di contagio? Qui però non hai necessità di schiacciare comunque. Puoi andartene senza fatica. In ogni water che si rispetti c’è dunque carta igienica galleggiante. Mica solo in autogrill. Ma anche nei bagni delle università, anche nella business class della Freccia rossa, anche nei ristoranti che se la tirano. Per non parlare degli assi di legno. E chi li tocca per rimediare ai frutti della propria o altrui imprecisione o distrazione? Questa forma elementare di igiene pubblica non conta più. Perché il virus è peggio. Così cambia il micropaesaggio della vita quotidiana in un suo luogo simbolico (e obbligato).

Vita quotidiana che, sempre a causa del cibo, presenta poi un ulteriore problema, fatto proprio di odori. Posso qui testimoniare che mai in vita mia mi sono imbattuto in così ubique emissioni sulfuree umane come in questo periodo. In coda alla posta, alla riunione dei ricercatori universitari, in treno (area business silenzio), all’ostello, alla Casa della cultura, in taxi, praticamente ovunque. Con sconcerto, rabbia mia. Ma con naturalezza estrema da parte degli autori/autrici. Zitti, serafici, sfacciatamente impuniti (anche quando si è in due: o io o lui). Le persone si sono abituate a stare sole, o a vivere la più permissiva socialità casalinga, perdendo con ogni evidenza le forme più elementari di autocontrollo. Scrutiamo i macro-processi indotti dalla pandemia ma intanto qualcosa è cambiato nei nostri costumi quotidiani minimi. Ah, se ci fosse il professor Muciaccia a spiegarci, tra un carme di Catullo e una lirica di Saffo, che ognuno di noi è purtroppo riconducibile a un’esperienza di odori, forse almeno sentiremmo l’imbarazzo…

 

Chiesa. Colle e Conclave: ora è la Comunità di Sant’Egidio a spaventare la destra clericale

Quando il nome di Andrea Riccardi, storico e cattolico, è uscito fuori alla vigilia delle votazioni per il Quirinale – era due settimane fa – il segretario del Pd ha tratteggiato così la figura dell’ex ministro del governo di Mario Monti: “È il nostro candidato ideale. Non è un candidato di bandiera”.

Poi il nome di Riccardi non è stato in gioco negli scrutini cominciati il 24 gennaio ma questo per i critici della destra clericale e antibergogliana conta poco. Ha annotato sul suo sito Corrispondenza Romana il professore Roberto de Mattei, già consulente di Gianfranco Fini indi cattolico crociato alla Lepanto: “Poco importa a questo punto che Andrea Riccardi non sia stato eletto presidente della Repubblica. Ciò che conta è che lo schieramento di sinistra si è riconosciuto nel suo nome, anche solo come ‘candidato di bandiera’. Ciò conferma il ruolo di questo Professore pan-ecumenista dalle smisurate ambizioni”. Non solo: una personalità dalle “relazioni trasversali che tiene a sinistra e a destra, proprio come fa il cardinale Matteo Zuppi, un membro di Sant’Egidio con cui da anni opera in tandem”.

Dunque: Riccardi e don Matteo Zuppi, entrambi della Comunità di Sant’Egidio. Il primo ritenuto all’altezza del Quirinale, il secondo cardinale e arcivescovo di Bologna nonché dato per superfavorito nel futuro Conclave, quando sarà (lunga vita a papa Francesco!). In questi giorni, il più lesto a cogliere il significato politico della comune appartenenza di Riccardi e Zuppi è stato Sandro Magister, sul suo blog Settimo Cielo. Per l’autorevole vaticanista, la mancata candidatura al Colle dell’ex ministro montiano (una curiosità: quando era al governo suo portavoce era Giovanni Grasso, attuale consigliere per la stampa di Mattarella) può lanciare definitivamente l’arcivescovo di Bologna. Non solo come successore di Francesco ma anche come futuro presidente della Cei, la conferenza episcopale italiana.

Scrive Magister: “Sfumata la salita al palazzo già pontificio del Quirinale, per la Comunità di Sant’Egidio restano comunque intatte, se non rafforzate, le chance d’accedere alla cattedra di Pietro. Zuppi e Riccardi hanno fama di voler proseguire il cammino iniziato da Francesco in forma più ordinata e senza gli squilibri caratteriali che danneggiano l’attuale pontificato”. Insomma, la battaglia per il Colle ha riportato in auge la Comunità di Sant’Egidio, descritta come una lobby potente e influente a livello italiano e internazionale.

Era il il 1968, quando il diciottenne ciellino Andrea Riccardi andò via dal movimento di don Giussani e fondò la Comunità. Il giovane Riccardi studiava al liceo Virgilio di Roma, lo stesso di Zuppi e di David Sassoli, esponente di punta del cattolicesimo democratico morto nel gennaio scorso. Nel 1973, poi, il trasferimento a Sant’Egidio, a Trastevere, da cui prese il nome. Movimento nato sulla spinta del Vaticano II oggi è diffuso in tutto il mondo ed è considerato una sorta di ministero degli Esteri parallelo. Da quasi un ventennio il presidente è Marco Impagliazzo.

 

La sai l’ultima?

 

Bari Mette sui social foto e video mentre viola i domiciliari, ma tra i follower ha i carabinieri

Splende forte il sole quando un cretino passa dei guai per via del suo esibizionismo. Stavolta è capitato a Giovanni Cassano, detto “u curt”, fratellastro del più famoso Antonio, ex stella incompiuta del calcio italiano. Il suo problema “è stata la voglia sfrenata di mettersi in mostra sui social network, che lo ha indotto a postare decine di video, nei quali risulta evidente che ha violato gli arresti domiciliari, ricevendo in casa persone estranee al nucleo familiare”, scrive Repubblica. O ancora meglio, come riporta l’Agi: “Postava i suoi incontri sui social, in cui mostrava la violazione degli obbligi imposti dagli arresti domiciliari, ma tra i suoi follower c’erano anche i carabinieri”. Sono i contrattempi dell’essere famosi, uno status che ormai non si nega praticamente a nessuno e purtroppo più a lungo dei 15 minuti profetizzati da Andy Warhol. Cassano è tornato in carcere – per questo non si esulta mai – ma forse è ora di introdurre nel codice penale il reato di mitomania.

Stati Uniti Una gallina prova a espugnare il Pentagono e viene chiamata Ethel Rosenberg, come la spia comunista

La sicurezza nazionale degli Stati Uniti è finita sotto minaccia la scorsa settimana, quando una gallina ha provato a introdursi furtivamente all’interno del pentagono. “È diventata virale sui social media – scrive, tra gli altri, Rai News – la foto di una gallina sorpresa dalla sicurezza mentre cercava di entrare in uno degli edifici più blindati al mondo, il Pentagono. Non è chiaro da dove sia arrivata la pennuta, ma adesso se ne sta occupando l’associazione animal welfare league che ha postato la sua foto su facebook e ha chiesto agli internauti di darle un nome. Tra i più quotati ‘Henny Penny’ (dai due vezzeggiativi di ‘hen’, gallina, e pentagon) e Ethel Rosenberg, che fu arrestata e condannata a morte con il marito Julius negli anni ‘50 con l’accusa di essere spie dell’Unione sovietica. ‘Si è persa per strada? O è una spia specializzata in segreti militari? Per ora tiene il becco chiuso’, ha scherzato il sito Military Times che per primo ha dato la notizia”. Ogni democrazia ha i nemici che si merita.

 

Whatsapp Addio parole, arrivano nuove imperdibili emoji: dalla faccia che si scioglie ai fagiolini erotici

Ottime notizie da Whatsapp. Nel dubbio che le vostre conversazioni non fossero già abbastanza scarnificate e il nostro linguaggio impoverito e infantile, nella chat più usata del mondo arrivano delle faccine nuove di zecca. Non c’è più bisogno di riflettere per comunicare! Le vostre emozioni si possono affidare a queste innocenti, ironiche, inquietanti, stupidissime emoji. Ce ne rende partecipi Mashable Italia: “C’è la faccina che si scioglie sorridendo, considerata una chiave di lettura dello stato d’animo della pandemia – persino il New York Times ci ha dedicato un articolo. O l’emoji per rispondere a qualcosa di cringe, come lo smile neutro tratteggiato che vorrebbe scomparire nel nulla. Un’apertura oltre le connotazioni di genere è quella della persona incinta”. Non tutte le faccine sono innocenti: “Molte di queste emoji rappresentano doppi sensi erotici”. I fagiolini, per esempio, “si riferiscono alla masturbazione femminile”. Cosa ci si inventa pur di non dirlo con le parole.

 

Virginia Il levriero Eris è il cane con il muso più lungo del mondo: 31 centimetri (ed è una star di Instagram)

Uno strano quadrupede che sembra uscito da una fantasia di Picasso spopola sui social network: è Eris, il levriero (a quanto pare) con il muso più lungo del mondo. Il cane ha un aspetto peculiare, sembra gli abbiano montato un collo di giraffa al contrario. I suoi proprietari hanno decretato la ragguardevole misura di 31 centimetri. Secondo LaZampa.it è appunto il muso più lungo del globo: “Eris vive a Richmond, in Virginia, ed è diventata popolare sui social già da alcuni anni, per poi conquistare sempre più fan in rete dagli Stati Uniti all’Europa. All’inizio alcune persone non credevano che le fotografie fossero vere, e sostenevano che fosse impossibile per un cane avere un muso così lungo. E invece alla fine tutti si sono dovuti ricredere, e oggi è diventata una celebrità su Instagram. Questa razza ha infatti tipicamente il muso allungato e magro, che nel suo caso è cresciuto un po’ di più rispetto agli altri suoi simili”. Fino ad avere una vaga somiglianza con Pippo Franco.

 

Canada Una passeggiata al mese toglie l’analista di torno: i medici prescrivono gite nella natura per la salute mentale

Stare all’aria aperta è terapeutico, letteralmente. Il Canada ha deciso di inserire le visita ai parchi naturali tra i trattamenti per la salute mentale che i medici possono prescrivere gratis. Lo spiega il Guardian: “Parks Canada, l’agenzia che gestisce i 38 parchi nazionali e le dieci riserve dei parchi nazionali, sta collaborando con il programma nazionale canadese di prescrizioni naturali PaRx per consentire agli operatori sanitari registrati di fornire abbonamenti annuali gratuiti ai pazienti. L’abbonamento costerebbe normalmente 72 dollari canadesi (circa 50 euro) all’anno per l’accesso illimitato ai parchi nazionali, ma questa iniziativa consentirebbe ad alcuni medici di prescriverli gratuitamente”. Malgrado i danni per la salute mentale collettiva derivati due anni e mezzo di pandemia, il governo italiano ha escluso il “bonus psicologo” dalla legge di bilancio. Il Canada intanto prescrive passeggiate gratuite nei parchi nazionali. Trovate qualche differenza nel grado di maturità delle politiche pubbliche di queste due democrazie?

 

Parenti serpenti La simpatica suocera aiuta la cognata ad arredare casa e appende la foto del figlio con l’ex moglie

Avere problemi con la suocera è talmente frequente da essere diventato un cliché assoluto. Nel caso in questione si è andati un po’ oltre. “Una donna su Reddit ha spiegato di aver recentemente preso casa con suo marito, che era già stato sposato in passato con un’altra – scrive Today –. Ad aiutare la protagonista di questa storia a fissare mobili e quadri, è la suocera, in uno slancio di generosità. Tutto bene, ma a un certo punto lei è tornata a casa e ha scoperto che l’anziana donna aveva appeso una bella fotografia di suo figlio in compagnia della ex moglie proprio nel giorno del matrimonio”. Un sottilissimo, impercettibile gesto di ostilità. “Le ho detto di staccarla subito – racconta la sfortunata protagonista – ma lei si è messa sulla difensiva e ha detto che era parte della vita di mio marito e che io non potevo cancellarla. Poi mi ha rinfacciato tutte le ore spese a lavorare per decorare quel muro, dicendo che dovrei cercare di apprezzare un po’ di più il suo aiuto”. Davvero apprezzabilissimo.

 

Usa L’autista di Uber viene prenotata dal suo fidanzato ignaro, che sale in macchina insieme a un’altra donna

Se la tua fidanzata fa l’autista su Uber e tu esci con l’amante, forse per una volta sarebbe il caso di prendere un taxi. “Un’autista part-time di Uber è rimasta inorridita – scrive il Mirror – quando il suo ragazzo è salito sul sedile posteriore con un’altra donna”. Jen, l’autista tradita, ha raccontato tutto su TikTok. “Le cose stavano andando bene con questo ragazzo, anche se ci eravamo conosciuti da poco. Gli avevo chiesto cosa stesse facendo durante il fine settimana perché volevo uscire e lui ha detto che sarebbe andato a una partita venerdì ma potevamo uscire sabato. Per me era perfetto perché venerdì potevo guidare per Uber e fare un po’ di soldi e poi vederlo sabato. Quindi venerdì ricevo una richiesta da una ragazza, vado a prenderla e lei si siede sul sedile posteriore insieme a lui, che è proprio dietro di me. Per tutta la corsa non dice una parola, quando li lascio mi chiama immediatamente per dirmi che gli dispiace”. Troppo poco, troppo tardi. Una corsa su Uber indimenticabile.

Quei veleni nei terreni affittati alle ditte “bio”. Il Comune alla sbarra

C’è veleno, nei terreni agricoli di Milano. Proprio in quelli del Parco Sud, dove si coltivano prodotti biologici poi venduti nei migliori negozi bio della città. Metalli pesanti, zinco, piombo, arsenico, rame, forse idrocarburi, forse diossina. Il Comune di Milano – proprietario dei terreni – lo sa e, non solo non fa niente per bonificare, ma cerca di scaricare le conseguenze sulle aziende agricole che hanno preso in affitto quelle aree.

La vicenda si trascina silenziosamente da anni sottotraccia, ma affiorerà alla superficie domani, 8 febbraio, quando in un’aula del palazzo di giustizia milanese si aprirà un processo civile intentato dall’azienda agricola La Vitalba, assistita dall’avvocato Veronica Dini e appoggiata da un comitato di consumatori e dall’Aiab (l’Associazione italiana dei produttori agricoli bio), contro il Comune di Milano e CasciNet, la società che per conto del Comune affitta i terreni ai produttori. La contesa riguarda un’area di circa 30 ettari, ma i terreni agricoli attorno sono di oltre 100 ettari e il Parco agricolo Sud Milano si estende per ben 47 mila ettari.

Per capire questa storia, bisogna innanzitutto sapere che Milano non è soltanto la metropoli dei grattacieli e del cemento, ma è – inaspettatamente – il secondo Comune agricolo d’Italia, subito dopo il vastissimo Comune di Roma. Soprattutto a sud della città, si estendono grandi aree ancora verdi, che hanno resistito all’urbanizzazione e al cemento. Un tempo erano le “marcite”, irrorate, fin dai tempi dei monaci Cistercensi, dall’acqua delle risorgive per ottenere sei tagli di foraggio all’anno. Nel Parco Sud defluiscono però anche le acque del Lambro e della Vettabbia, dopo essere passate per aree fortemente urbanizzate e piene di insediamenti industriali. Negli anni Settanta e Ottanta, i terreni a sud di Milano furono in gran parte conquistati dall’immobiliarista Salvatore Ligresti, che tentò di farle diventare edificabili. Ci riuscì solo in parte, perché nel 1985 scoppiò lo “scandalo delle aree d’oro”, un anticipo di Tangentopoli che bloccò le edificazioni.

Dopo un lungo contenzioso giudiziario, le aree furono incamerate dal Comune, che le affitta alle aziende agricole. Così a Vaiano Valle, al Parco della Vettabbia, i terreni sono stati affittati alla società CasciNet, che li ha poi girati a società agricole come La Vitalba che coltivano prodotti biologici, anche con progetti finanziati dalla Commissione europea (come OpenAgri) e in collegamento con un’associazione prestigiosa come Slowfood e con catene distributive come NaturaSì. Ma nel luglio 2019 suona un primo campanello d’allarme: a un convegno scientifico qualche professore ricorda ai partecipanti che i terreni a sud di Milano sono contaminati. Per cause antiche: forse proprio per le marcite che facevano scorrere acque che hanno diffuso nel terreno, a macchia di leopardo, metalli pesanti e altri inquinanti. Del resto, la prima metropoli italiana non ha avuto un depuratore delle acque fino al 2003, quando è entrato finalmente in funzione l’impianto di Nosedo.

Dopo i primi segnali di pericolo, le aziende bio si allarmano. “Nel 2019, preoccupati per le notizie che arrivavano, facciamo realizzare alcune analisi dei terreni”, racconta Angelo Marchesi, che allora era a capo della società agricola Zappada e oggi è presidente dell’associazione bio Aiab. “Hanno rivelato la presenza di veleni. Abbiamo mandato i risultati al Comune, alla Regione, all’azienda sanitaria. Non è successo niente. Noi abbiamo rinunciato al progetto di coltivare e ora sosteniamo la causa civile contro il Comune”.

Sono poi state realizzate analisi anche sui prodotti, che hanno appurato che alcune colture assorbono i veleni, altre no. Qualcuno comincia comunque a protestare con chi affitta i terreni, cioè il Comune (che con il sindaco Giuseppe Sala si dice verde e all’avanguardia della transizione ecologica). Qualcun altro – come Angelo Marchesi – abbandona l’area. Tra chi se ne va, c’è anche chi racconta di essere stato “risarcito” dal Comune con pagamenti per altre attività: nelle carte del processo c’è una fattura della società Food Partner srl al Comune di Milano per non meglio precisate “Attività svolta a vostro favore come da lettera d’incarico”.

Chi è restato, ha avuto nel 2020 un cambio del contratto d’affitto, all’articolo 9, che solleva il Comune da ogni responsabilità sui prodotti coltivati. Con qualche reazione pittoresca, come quella della funzionaria comunale Paola Viganò che, ai coltivatori preoccupati che chiedevano rassicurazioni, ha risposto più o meno così: “Se non vi va bene, lasciate i terreni, li chiudiamo con un cancello o ci facciamo un bel bosco”. Recentemente, la Città metropolitana ha riconosciuto che nei terreni agricoli a sud di Milano c’è un inquinamento storico, di cui è impossibile risalire ai responsabili. Spetta al Comune, dunque, bonificare. E magari anche risarcire le aziende che non vogliono produrre frutta e verdura bio su terreni contaminati. Ma a deciderlo ormai sarà il giudice, nella causa che inizia domani.