“Licenziamo” chi è eletto ma poi cambia partito
Sono lettrice del Fatto dal primo numero. Per fortuna ci siete voi! Sono per il taglio dei parlamentari a prescindere e a differenza del lettore che ne vorrebbe sapere di più sul Sì, io rispondo chiedendogli cosa ne pensa del rappresentante dell’elettore in Parlamento quando cambia casacca o fonda un altro partito diverso da quello in cui è stato eletto? Anche se solo un centesimo va risparmiato e parecchi li manderei a casa a lavorare per provare come si vive con i miseri salari e la cassa integrazione con l’aggiunta della differenza di stipendio in nero!
Giovanna Fedeli
Sgarbi non può insultare anziché dialogare
Che Sgarbi sia stato sempre fuori dalle righe è cosa risaputa, ma dando più volte in una trasmissione televisiva del coglione al presidente della Camera mi sembra abbia superato ogni limite. Mi sono sentito io in imbarazzo. Chi è Sgarbi per permettersi di fare e dire quel che vuole? I due conduttori non hanno proferito parola, come se niente fosse. Da quando c’è la pandemia ho tolto dalla mia lista giornali, giornalisti, attori e cantanti. Mi rimane ancora Il Fatto Quotidiano.
Salvatore Lolicato
A Lesbo, gravi condizioni per migliaia di migranti
Caro direttore, sull’emergenza migranti, l’Italia governativa sta esortando insistentemente Bruxelles. Piero Fassino (presidente della Commissione Esteri della Camera) ha invitato l’Europa a intervenire: “Servono corridoi umanitari per svuotare i lager libici”. Speriamo, altresì, che le istituzioni internazionali si adoperino su un’altra questione gravissima. Sull’isola di Lesbo, il campo profughi di Moria ospita 20mila persone ammassate inverosimilmente, quando la capienza massima sarebbe 3mila. È vero, siamo alla soglia d’Europa, ma pare che si tratti di un angolo d’inferno, dove uomini, donne e bambini vivono miseramente in tende e baracche costruite con materiali di fortuna. Le condizioni igieniche sono molto precarie, con acqua potabile e bagni che scarseggiano. A Moria sopravvivono a stento centinaia di afghani, pachistani, iracheni, iraniani e palestinesi.
Marcello Buttazzo
DIRITTO DI REPLICA
In merito all’articolo dal titolo “Ministri sparsi. Il partito Gubitosi e quello Starace: così finisce male”, apparso a firma Carlo Di Foggia sul Fatto del 10 agosto si precisa che: 1) Pirelli non acquistò Telecom a debito, ma con mezzi propri e debito assunto da Olimpia. Il capitale proprio iniziale dei soci ammontava a circa 5,2 miliardi di euro; 2) Olimpia, per rafforzare la struttura finanziaria di Olivetti, promosse subito un aumento di capitale e un’emissione obbligazionaria in Olivetti, contribuendo con risorse proprie per circa 1 miliardo di euro. In totale l’aumento di capitale fu di circa 4 miliardi di euro, metà in azioni metà in convertibili; 3) Il debito, sotto la gestione Pirelli, scese dai circa 43 miliardi di euro (dato al 30 settembre 2001) ai 37,3 miliardi a fine dicembre 2006; 4) Nel corso della gestione di Marco Tronchetti Provera, inoltre, Telecom Italia fu l’operatore che dedicò agli investimenti una quota maggiore del fatturato fra gli ex monopolisti europei (pari a oltre il 17%) e i collegamenti in banda larga passarono dalle 390mila linee del 2001 ai 6,7 milioni di linee di fine 2006. Tutto questo fu riconosciuto anche dall’Agcom nella sua relazione annuale del 2006. Quanto allo scorporo forzoso della rete che – contro ogni logica industriale – avrebbe trasformato anche allora Telecom in un enorme rivenditore di servizi tipo Tiscali, ma con 30mila dipendenti, si arrivò a uno scontro con la politica che costrinse l’allora vertice dell’azienda a lasciare la guida della società.
Ufficio Stampa Pirelli
Ringrazio il dott. Tronchetti Provera per la sua cortese rettifica, che però non rettifica nulla. Pirelli e compagnia decisero di scalare Telecom passando – tramite Olimpia – per la Olivetti. In questo modo, con 5,3 miliardi, si presero un’azienda che quotava in Borsa quasi 70 miliardi. Attraverso il sistema di scatole cinesi, Tronchetti Provera ha guidato Telecom avendo personalmente meno dell’1 per cento del capitale, mentre alla Pirelli l’avventura è costata cara. Nel 2001, il debito di Tim non era di 43 miliardi di euro, a quella cifra si arriva sommando anche i debiti della controllante Olivetti, che nel 2003 la gestione Pirelli decise di “fondere” con Telecom scaricandoglieli addosso. La dissanguante Opa su Tim del 2005 lo portò poi a 46 miliardi.
A fine gestione Pirelli, si contavano 13 miliardi di debiti netti in più. Sugli investimenti, vale la pena ricordare che un anno prima dell’arrivo di Tronchetti Provera, ammontavano al 25 per cento del fatturato.
Carlo Di Foggia
In riferimento a quanto scritto l’8 agosto a pagina 14 del Fatto Quotidiano a firma di Gianluca Roselli nell’ articolo “Allarme azzurro, Berlusconi teme Calenda”, l’autore mi fa l’onore di una citazione, come “new entry” e presunto “ghostwriter” di Silvio Berlusconi. Gliene sarei grato, se la cosa rispondesse al vero. Purtroppo non è così. Sorvolo sulla “new entry” (sono in Parlamento, con intervalli, dal 2001, ma questo non è così memorabile, non saperlo è del tutto legittimo) ma devo darle una notizia importante. Il Presidente Berlusconi non ha unghostwriter, per la semplice ragione che non ne ha bisogno. È solito preparare personalmente (spesso nelle ore notturne, avendo le giornate piuttosto impegnate) i suoi interventi e le sue interviste.
Andrea Orsini