È il 31 dicembre 2019 quando le autorità cinesi segnalano all’Oms un cluster di casi di “polmonite ad eziologia ignota” a Wuhan, provincia di Hubei. I sintomi più comuni: febbre, tosse secca, mal di gola e difficoltà respiratorie. Una settimana dopo, verrà identificata la causa: un nuovo virus, appartenente alla famiglia dei coronavirus. È così che il mondo conosce “2019-nCoV”.
9 GENNAIO. La Cina conferma di aver identificato il patogeno sconosciuto: è SarsCov2, strettamente correlato al coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS). In Italia, il ministero della Salute invia una nota: “Polmonite da nuovo coronavirus in Cina”. Qualche giorno prima, Pietro Poidomani, medico di base di Cividate Al Piano (Bergamo), rientra dalle vacanze di Natale: su 50 pazienti visitati, 12 presentano febbre, tosse secca e affanno. Prescrive loro una radiografia al torace: per tutti, risultano complicazioni da polmonite, con marcati addensamenti interstiziali. A fine gennaio, nei territori dell’Asst Bergamo Est, le radiografie al torace prescritte nei pronto soccorso e ospedali, sulla base di polmoniti anomale, saranno 2.099.
10 GENNAIO. L’Oms, dopo aver diffuso la notizia dell’epidemia in corso, pubblica un pacchetto di linee-guida.
22 GENNAIO. Riunita per la prima volta al ministero della Salute la task force che coordina le iniziative “2019-nCoV”. Emanata una circolare con indicazioni sui casi sospetti.
FINE GENNAIO. Il professor Antonio Pesenti, dell’Unità di crisi-task force Regione Lombardia, partecipa a una riunione a Roma all’Iss. Vengono sottoposte simulazioni dell’andamento del virus. E si appronta informalmente un piano per le terapie intensive.
26 GENNAIO. È in questa data, secondo lo studio che poi pubblicherà il virologo Massimo Galli, che il virus entra in Italia, nella zona del Basso lodigiano.
31 GENNAIO. Due turisti cinesi, provenienti dall’Hubei, sbarcati a Malpensa una settimana prima e ricoverati all’Istituto Spallanzani, risultano positivi al Covid-19. L’Italia blocca i voli diretti da e per la Cina. E il governo dichiara lo stato d’emergenza nazionale per 6 mesi.
3 FEBBRAIO. Viene istituito il Comitato tecnico scientifico.
18 FEBBRAIO. Mattia M., 38 anni, con sintomi influenzali si presenta all’Ospedale di Codogno (Lodi). Non era mai stato in Cina.
19 FEBBRAIO. Allo Stadio San Siro, in 45.792 assistono alla partita di Champions: Atalanta-Valencia.
20 FEBBRAIO. Mattia torna in Pronto soccorso. L’anestesista Annalisa Malara infrange il protocollo per i casi Covid-19 ed effettua il tampone. È il paziente 1.
21 FEBBRAIO. Muore Adriano Trevisan, 78 anni, di Vo’ (Padova): è la prima vittima accertata di Covid-19.
Il ministero della Salute emana un’ordinanza che dispone la quarantena di 14 giorni per chi sia venuto a contatto con un positivo al Covid e la “permanenza domiciliare fiduciaria” per chi rientrato dalla Cina.
Insieme al governatore Attilio Fontana, il ministero firma le prime restrizioni per 10 Comuni del Lodigiano (tra cui Codogno): scuole chiuse, niente manifestazioni pubbliche, stop alle attività non essenziali.
22 FEBBRAIO. Nuova circolare del ministero della Salute: definiti i vari casi (sintomatico, paucisintomatico, asintomatico) e indicato il triage separato per i sospetti.
23 FEBBRAIO. Entra in vigore il primo Dpcm: sancita l’istituzione della zona rossa intorno ai 10 comuni del Lodigiano e al comune di Vo’ Euganeo. Intanto, le Regioni e i Comuni iniziano a muoversi in ordine sparso.
In mattinata, in una riunione tra Attilio Fontana, il prefetto di Lodi, funzionari del ministero e il capo della Protezione civile Angelo Borrelli era emersa la necessità di allargare la zona rossa ad almeno 20 comuni del Lodigiano. Allargamento che non avverrà mai, nonostante l’ordinanza con cui alla Regione Lombardia venivano riconosciuti i pieni poteri per inasprire le disposizioni.
Anche a Bergamo c’è una riunione in prefettura: presente anche il sindaco Giorgio Gori. Si parla della sospensione delle manifestazioni per il Carnevale. Così come anche in una riunione serale coi vertici della Regione e oltre 200 sindaci della Bergamasca. All’alba, dall’ospedale di Alzano Lombardo erano stati trasferiti a Bergamo i primi due casi positivi della Val Seriana: uno dei due, era un paziente ricoverato da metà febbraio e poi dimesso. Nel corso della domenica pomeriggio, il “Pesenti Fenaroli” verrà chiuso per qualche ora e poi riaperto, senza tracciamento nè isolamento dei sospetti, tra pazienti e parenti degli stessi.
25 FEBBRAIO. Secondo Dpcm per i Comuni di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Liguaria, Piemonte, Friuli Venezia Giulia. Sospese tutte le attività sportive. Si fermano i viaggi di istruzione e le visite ai musei a partire dall’1 marzo. Le Marche chiudono le loro scuole, ma il governo si oppone.
26 FEBBRAIO. Attilio Fontana annuncia in diretta Fb che si metterà in isolamento domiciliare: una sua collaboratrice è risultata positiva. Qualche centinaio di chilometri più in là, a Bergamo, il dem Giorgio Gori si dice sereno: “Il clima di preoccupazione è andato molto aldilà del necessario”. Inizia la campagna #Bergamo non si ferma, seguita qualche giorno dopo da quella della Confindustria locale “Bergamo is running”.
L’assessore regionale al Welfare e Sanità Giulio Gallera dice: “Dalla Val Seriana arrivano numeri non trascurabili, ma è presto per dire se i casi siano tutti legati al contagio di un medico di Alzano. Situazione che abbiamo individuato e circoscritto”.
27 FEBBRAIO.La paura sembra già passata. Il sindaco di Milano Beppe Sala lancia #milanononsiferma. Intanto chiede al governo di riaprire i musei, di “sconfiggere il virus della sfiducia”: “Ci sono finalmente le condizioni per un graduale ritorno alla normalità”. Nicola Zingaretti arriva a Milano per un aperitivo a favor di telecamere. Da destra, anche Matteo Salvini lancia la sua ricetta su Fb: “Riaprire tutto quello che si può riaprire! Riaprire! Tornare a correre, a lavorare!”.
28 FEBBRAIO. Anche i giornali di destra sono spazientiti. Libero: “La normalità è vicina. Si torni a vivere”. Il Giornale: “Basta psicosi. Isolato Conte, il Nord riparte”. Intanto si riunisce il Cts che chiede per Lombardia, Veneto ed Emilia lo stop alle manifestazioni sportive (ma ok alla Serie A a porte chiuse), ma anche la “soppressione dell’obbligo di chiusura di tutte le attività commerciali”, ferme restando le misure per la zona rossa.
29 FEBBRAIO.Giorgia Meloni in un video-appello ai turisti di tutto il mondo: “Le immagini e le notizie che vi arrivano della nostra Nazione non raccontano il vero”. Nella provincia di Bergamo i casi passano da 103 a 209 in poche ore. Ma l’assessore Gallera ripete: “Nonostante i numeri importanti, non riteniamo di gestire con ipotesi di zona rossa Alzano. Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno”.
1 MARZO. Terzo Dpcm che rafforza e proroga le disposizioni già prese per i comuni interessati. Resta la zona rossa nel Lodigiano e a Vo’, ma anche altre province vengono messe sotto osservazione (zone gialle). In Lombardia e a Piacenza si sospendono palestre e centri benessere; a Bergamo, Lodi, Piacenza e Cremona si stabilisce la chiusura dei centri commerciali nel weekend. Raccomandato lo smart-working. Nella sua riunione, il Cts chiede che le Regioni aumentino del 50% i posti letto in terapia intensiva.
2 MARZO. In una nota riservata, l’Iss chiede al governo di istituire una zona rossa per i Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. In un’intervista a Radio popolare, l’assessore Gallera: “Ad Alzano c’è una situazione sicuramente complicata. La strategia che abbiamo deciso di adottare, più che quella di fare un’altra zona rossa, è quella di collocare in isolamento tutti i contatti diretti e i positivi asintomatici”.
3 MARZO. Il Cts indica al governo la necessità di procedere a una seconda zona rossa per Alzano e Nembro. Quando il premier Conte verrà sentito dai pm di Bergamo sul punto, metterà a verbale che il parere del Cts gli è materialmente giunto il 5 marzo. Il governo valuta se allargare la zona rossa ai due Comuni o se, visto il trend dei contagi in tutta la Lombardia, non sia più opportuna una misura più generalizzata. In una intervista al Fatto, Conte ricostruirà: “Chiedo agli esperti di formulare un parere più articolato: mi arriva la sera del 5 marzo e conferma l’opportunità di una cintura rossa per Alzano e Nembro. Il 6 marzo, con la Protezione civile, decidiamo di imporre la zona rossa a tutta la Lombardia. Il 7 marzo arriva il decreto”. Libero non ne può più: “Pressante richiesta al governo: ‘Lasciateci lavorare’”.
4 MARZO. Il governo incontra le parti sociali e gli enti locali. In serata, un nuovo Dpcm con cui si chiudono le scuole in tutta Italia fino al 15 marzo e si prorogano ed ampliano restrizioni già attive per cinema, musei, sport.
5 MARZO. Il governo è pronto a chiudere Alzano e Nembro. All’imbocco della Bassa Val Seriana arriva un contingente di alcune centinaia di uomini, tra carabinieri e polizia per cinturare Nembro e Alzano. I check point sono venti, sulla carta. L’ordine però non arriverà mai. Il Giornale torna a lamentarsi: “Sanno solo chiudere”.
6 MARZO. Il Governo valuta l’allargamento della zona rossa a tutta la Lombardia.
7 MARZO. Il Cts, dopo essersi riunito a lungo, propone l’adozione di misure differenziate. Segue un Consiglio dei ministri che durerà fino a tardi. Trapelate le prime misure restrittive, i treni, principalmente da Milano e diretti verso il Sud, vengono presi d’assalto. Nel cuore della notte il premier in una conferenza stampa annuncia le restrizioni.
8 MARZO. Quinto Dpcm: la Lombardia è ufficialmente una zona rossa, allargata anche a 14 province tra Piemonte, Emilia Romagna, Marche e Veneto.
Con una delibera, la Regione Lombardia chiede alle strutture delle Rsa e hospice di valutare di accogliere pazienti a bassa intensità Covid, per liberare posti letto negli ospedali al collasso.
9 MARZO. Sesto Dpcm con cui viene deciso il lockdown per l’intera Italia che diventa tutta una grande zona “arancione”: #ioRestoACasa.
Ha collaborato Giacomo Salvini