“Ho 25 anni e sogno gli amori estivi, ma la pandemia fa paura”
Cara Selvaggia, partirò per il mare fra pochi giorni dopo aver passato la quarantena (e la fase due, e pure tutta la fase tre) in un monolocale con vista su uno dei paesi più colpiti dal Covid. Uno di quelli dove ancora oggi stringersi la mano è un gesto scellerato, dove la mascherina non sarà più obbligatoria ma è difficile vedere due persone a passeggio che non la indossino anche fuori dai locali. Non ho ancora smesso di disinfettare le melanzane e i tubetti di dentifricio presi al supermercato, di lasciare le scarpe fuori dall’uscio, di lavare i vestiti una volta rientrata a casa. Ho prenotato una vacanza al mare con pochi amici per pura sopravvivenza, ma anche per abitudine. Sono single e ancora in quella fase della vita in cui l’estate è la stagione degli amori, di una notte o anche di qualche settimana, da riporre poi in valigia come un souvenir dell’anima. Ho venticinque anni e la stessa voglia di vivere quell’estate adolescenziale, di muretti e vasche per il corso di una piccola città sulla riviera adriatica. Eppure, so che non sarà così. Perché ho ancora paura di fare due chiacchiere con la vicina di casa sul pianerottolo, senza mascherina, figurati con uno sconosciuto in un locale affollato. Non bevo più dai bicchieri dei miei amici, e non vedo come riuscirò a condividere un’eventuale intimità con un ragazzo conosciuto in spiaggia. Ho ancora paura di vivere, e vedere che per tutti la normalità sembra tornata di casa non riesce a convincere anche me, non ho nessuno spirito di emulazione. Le cose che il Covid ci ha portato via hanno riempito liste, classifiche, articoli di giornale. Ha portato via parenti, amici, vicini. Ha portato via il lavoro a molti, la casa a qualcuno, ha portato via il sole a chi non ha un terrazzo e l’ossigeno a chi non ha un tapis roulant. Ha portato via un anno di vita a tutti i sopravvissuti, bambini e anziani, giovani e vecchi ma, con tutto il rispetto, perdere i venticinque anni non è come perdere i sessantadue. Perdere uno degli anni che, per antonomasia, “nessuno indietro riporterà” è una perdita atroce che, nel più grande dolore dei morti, scompare, ma nei baci che non darò, negli sguardi che non lancerò, nell’amore che non farò quest’estate io sento che sia morta una parte di me.
Serena
Cara Serena, capisco il tuo dolore ma quest’anno, noi che abbiamo la fortuna di vivere ancora, abbiamo tutti perso un anno. Basta mettersi d’accordo, non aprire la carta d’identità e ripartire da venticinque anche il prossimo agosto.
“In Puglia il virus non è mai esistito”
Ciao Selvaggia, vedo che sei in Puglia come me. Non so come tu sia arrivata alla tua meta di vacanze, ma ti dico come ci sono arrivato io. In macchina, dopo tanti anni, per ridurre al minimo i rischi di contagio e anche per godere di maggiore autonomia. Eppure, attraversando l’Italia, non mi sembra di essermi spostato tanto nello spazio, quanto nel tempo. O meglio, da Torino a Brindisi devo essere incappato in un tunnel nello spazio-tempo capace di portarmi in una dimensione parallela, in cui questa pandemia non è mai esistita e la vita è uguale a prima. Nella prima sosta in autogrill, appena dopo Bologna, in realtà il virus c’era ancora. Mia moglie è stata subito richiamata all’ordine quando, distratta, si è avvicinata alla cassa senza mascherina, e lo scaffale dei prodotti igienizzanti era ben rifornito a fianco dell’uscita. Più tardi, nei pressi di Pescara, una situazione decisamente più rilassata: portatori di mascherina e persone a volto scoperto in una percentuale di 80-20, ma senza che a nessuno desse troppo fastidio. Usciti dall’autostrada nei dintorni di Bari per una piccola deviazione legata al traffico le mascherine erano sempre meno, fino ad arrivare alla nostra destinazione nell’entroterra tra Brindisi e Lecce. Intanto, una bella stretta di mano con il proprietario di casa e poi, il giorno dopo, la nostra prima passeggiata in centro. Affollata come può esserlo di sabato sera in una regione letteralmente presa d’assalto, e noi e gli altri sparuti portatori di mascherina quasi a salutarci come adepti di una setta. Il cartello con l’obbligo di mascherina e igienizzante per le mani è appeso all’ingresso di ogni negozio, ma nessuno sembra farci troppo caso. Qualche negoziante più serio redarguisce i clienti negligenti, ma altri abbozzano solo un timido richiamo, mentre qualcuno proprio lascia direttamente perdere. Vedo incontri tra compagnie di amici suggellati da baci e abbracci, panini afferrati senza incarto e sbranati dopo aver toccato ben bene la mascherina per togliersela, e non ti racconto la prima mattinata in spiaggia, che immagino tu sappia bene come funziona. Io, quando vedevo i video delle discoteche, pensavo fossero casi isolati e negligenze occasionali. Ora, purtroppo, mi devo ricredere. Sono arrivato in un posto in cui il Covid non è mai esistito, a quanto pare. Ma se da un lato sono preoccupato, dall’altro, un po’, mi sembra di tornare a respirare, e di essermi preso una vacanza, più che dal lavoro, da un presente cupo e asfissiante. Qui tutto è vita, e non pensavo che esistesse più.
Giuseppe
Mi piacerebbe condividere il tuo senso di liberazione, Giuseppe, ma da quello che vedo temo che sarà un sollievo ad orologeria. Speriamo che il sud non diventi il nuovo nord, quest’inverno, perché ho come l’impressione che nessuno, stavolta, si fermerà ad aspettarlo.