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Propongo che Luttazzi ci racconti la felicità

Ho sempre amato Luttazzi e leggendo il suo libro La guerra civile fredda ho assaporato a pieno la sua frizzante logica speculativa che ritrovo in molti articoli pubblicati sul Fatto Quotidiano. Adesso che mi offre quotidiano nutrimento per la mente, mi permetto di suggerire un argomento che mi piacerebbe vedere sviluppato, una volta concluso quello sulla comicità; la felicità e la sua, forse, illusoria ricerca. Penso che si presti benissimo a Luttazzi per spaziare con satira, cultura e comicità, pescando e facendo riferimento anche all’attuale politica e culturale italiana.

Mauro Meloncelli

 

“Gomblotto”, la risposta di chi è colto in flagrante

La vicenda della fornitura dei camici che vede coinvolto il governatore Fontana viene definita da Salvini “giustizia a orologeria”, un “gomblotto”. Il leader della Lega non è affatto originale perché tale frase venne utilizzata prima da Berlusconi e poi da Renzi. Comunque, l’uso, o meglio, l’abuso di tale espressione, sia a destra che a manca, ci deve indurre a ricercarne l’autentico significato attraverso l’individuazione delle reali motivazioni psicologiche. Azzardo un’ipotesi: chi viene colto col sorcio in bocca non sa più a che santo votarsi e allora per ridurre l’ansia causata dalla frustrazione subita, può reagire secondo le seguenti modalità: butta la palla in tribuna, si arrampica sugli specchi, oppure mena il can per l’aia. La “giustizia a orologeria” ha lo stesso fondamento psicologico e lo stesso significato delle metafore citate.

Maurizio Burattini

 

Isotta ha ragione: Napoli è diventata “un inferno”

Da napoletano ho letto con dispiacere l’articolo di Paolo Isotta su Napoli perché quello che scrive corrisponde perfettamente alla realtà attuale. Il sindaco De Magistris che aveva improntato tutta la sua campagna elettorale sulla legalità e sul rispetto delle regole ha completamente abbandonato tale visione della vita a Napoli per cedere al lassismo totale e all’anarchia. Oggi gli spazi pubblici sono occupati dai déhor di bar, ristoranti e paninoteche (credo spesso oltre i limiti delle autorizzazioni, se occupano tutto il marciapiede o in corrispondenza dei passaggi pedonali). Non è possibile che una delle più belle città del mondo sia abbandonata all’arroganza e alla sopraffazione di una minoranza (quanto poi tale?) maleducata, sporca, arraffona e anche violenta a volte (se i residenti osano protestare contro i frequentatori della movida o contro i sistematici violatori del codice stradale). E nel resto della città la situazione è simile se non peggiore. Mi auguro che, andato via l’attuale sindaco, non arrivi qualche leghista in chiave sudista a ripetere a Napoli i successi della Regione Lombardia.

Salvatore Griffo

 

Le navi quarantena non sono una novità

Gentile Direttore, cinque o sei anni fa avevo suggerito l’idea di usare “navi quarantena” e anche isolotti abbandonati (un tempo abitati da italiani) per regolare l’afflusso di immigrati ed evitare così i campi di concentramento libici, ma oltre a pesanti insulti ho raccolto solo il silenzio sprezzante dei nostri governanti. Oggi accolgo con gioia la notizia che saranno usate navi quarantena, ma nello stesso tempo provo amarezza nel pensare a tutte le vite che avremmo salvato e a tutti i delinquenti che avremmo bloccato prima che venissero a compiere crimini in Italia. Spero che vengano usate navi di tutte le nazionalità in modo che molti Paesi si dividano il compito di regolare questa immigrazione epocale.

Angelo Casamassima Annovi

 

Per liberare Zaki occorre fare un passo indietro

Gentile Direttore, il presidente della Camera dei deputati Fico ha proposto un cambio di strategia per quanto riguarda il caso Regeni. La mia proposta, per il caso Regeni e quello di Zaki, è di non comportarsi come una nazione (senza colpe) che si considera superiore all’Egitto ma di ammettere di aver fatto errori anche noi. Inoltre dovremmo fare un dono al popolo egiziano per dimostrare la nostra amicizia. Il dono, senza condizioni, potrebbe essere materiale sanitario anticovid necessario per proteggere lo staff medico egiziano in questo momento molto difficile e pericoloso. In più, il governo italiano potrebbe negoziare un accordo con quello egiziano in cui l’Italia chiederà scusa all’Egitto, per certi reperti egiziani nel Museo Egizio di Torino di dubbia provenienza, (visto che sono stati ottenuti durante le depredazioni napoleoniche), che saranno poi restituiti al popolo egiziano, ma a condizione che il governo egiziano chieda scusa per la morte di Regeni (con chiarimenti sulle responsabilità) e che Zaki venga finalmente liberato. Se questo non dovesse funzionare, dovremmo disinvestire in Egitto vendendo gli asset Eni egiziani a terzi e investendo i proventi della vendita in energie rinnovabili in Italia.

Claudio Trevisan

 

Solidali col Fatto contro la disonestà intellettuale

Siete l’ultima trincea contro la coltivazione dell’ignoranza e contro la disonestà intellettuale. Vi esorto a combattere con tutte le vostre forze per difendere voi stessi, i vostri lettori e tutti i cittadini onesti.

Stefano Giannini

Scuola. La distinzione tra buoni e cattivi che non fa bene a nessuno

 

Gentilissima redazione, la scuola vive spesso condizioni paradossali. Ecco la semplificazione attuata: 1. sbagli un’inezia nel compilare la domanda al pc? Non puoi connetterti perché il sito del Miur non riesce a sopportare 1 milione di accessi? Hai investito la vita per formarti e studiare? Via! 2. Sei una persona che per anni ha usato la scuola come puro stipendificio, fregandosene di colleghi e soprattutto dei ragazzi, senza mai aggiornarsi? Sei studente a metà corso di studi, senza titolo? Prego, benvenuto! Il ministro (ex precaria? Suvvia!) sbandiera la “rivoluzione” priva del necessario: idee chiare, mezzi e buonsenso nell’ascoltar voci critiche. In più, i sindacati non si oppongono: accettano. Perché? Si prospetta nella scuola un horror mai visto. L’eredità di una pessima situazione non è scusa per rovinar la vita ancor più al sistema scuola e ai martiri che, comunque, ancora lo sostengono.

Gabriele Andreotti

 

Gentile Gabriele, non mi stancherò mai di dirlo (tanto che a volte mi sembra di essere molto ripetitiva): la scuola è un ambito così fondamentale e soprattutto che ingloba così tanti interessi, da portarci tutti a credere che quel problema che ci tocca direttamente sia il più importante. Come se non esistessero centinaia di altre questioni che toccano milioni di persone legate all’istruzione. I docenti, gli alunni, il personale, i genitori, i ministri, i costruttori di banchi, gli autisti degli scuolabus, i supplenti, i precari, i laureandi, e i negozi di grembiuli, i datori di lavoro, il Pil, coloro che scelgono l’insegnamento come alternativa… Insomma: come è possibile immaginare che tutto questo enorme sistema, sul quale spesso si vincono e perdono le elezioni, si regga su quel semplicistico dualismo di cui parla nella sua lettera? Davvero ci sono solo martiri e approfittatori? Davvero i meritevoli sono sempre penalizzati e i cattivi vanno sempre avanti? Non credo. Da anni i sindacati e le associazioni di categoria si fanno portavoce delle singole istanze e fa bene a chiedersi quali siano i motivi dietro le loro scelte. Certo, nel delicato momento storico in cui siamo, la collaborazione è tutto, ma ci sarà tempo per approfondire. E magari per chiedere, più che in base a cosa si prendano le piccole decisioni in emergenza, quale sia l’idea di scuola che si vuole portare avanti, senza slogan.

Virginia Della Sala

La mascherina è roba per il popolo

Mascherina. Una volta voleva dire carnevale. Oggi no. Oggi vuol dire altre cose. Protezione. Rispetto per il prossimo. Molti l’hanno presa anche un po’ sul ridere. Perché no. Girano con mascherine colorate, magari griffate. Ma alcuni l’hanno presa come una offesa. Alcuni, per fortuna pochi, fanno i bulletti. Soprattutto tre, che in realtà sono proprio dei bulletti, Sgarbi, Salvini e Di Battista. Loro tre sono vip, anzi vips. Sono egocentrici, esibizionisti, sono la controfigura del Marchese del Grillo, io so’ io e voi non siete un cazzo. Loro sono politici e i politici non sono quelli che fanno le leggi, sono quelli che non le rispettano. Sgarbi in commissione si rifiuta di indossarla, fa un gesto “politico”. Dice: “Sono malato” e quasi gli viene da ridere se non fosse impegnato a urlare.

Salvini, al Senato per un convegno, dice che lui la mascherina non ce l’ha e anche se ce l’avesse non la indosserebbe. Infatti qualcuno gliela dà e lui se la mette in tasca. È anche recidivo (almeno un migliaio di volte): abbraccia chiunque gli capiti a tiro per farsi un selfie, guancia a guancia. Senza mascherina. Dibba fa il cameriere a Ortona, gira fra i tavolini portando cocktail e fritture di pesce, con la mascherina elegantemente sul collo, come un foulard. Così la portano i paraculi, quelli che la legge è fatta per il popolo. A loro la mascherina non serve. Loro sono immuni. A loro il Covid, quello degli altri, li scansa. E quello loro non lo cedono a nessuno. Ci sarebbe la storia del buon esempio. Salvini, Dibba e Sgarbi che danno il buon esempio? Ma allora sapete che vi dico? Se loro non danno il buon esempio, noi diamogli la multa.

Non si può multare il Marchese del Grillo?

Vacanze sicure, in Italia è meglio

Mi arrivanodiverse email con richieste di consigli per le vacanze. Mi limito a qualche consiglio di ordine sanitario generale e più specificamente, come molti si attendono, infettivologico. Comincio, ovviamente, dal Covid. Mi spiace per chi sta prendendo un aereo per una meta internazionale, ma io penso che le migliori e più sicure vacanze, quest’anno, siano quelle italiane. Stiamo infatti vivendo la condizione più felice in termini di diffusione del virus. La situazione non stabile di altri Paesi, anche europei, rischia di trasformare le nostre vacanze in un periodo di quarantena. La chiusura delle frontiere con la Catalogna dovrebbe farci riflettere. In tutte le nostre Regioni, invece, al momento il rischio di infezione è vicino allo zero (la malattia grave è praticamente inesistente). Pur tuttavia, poiché ci saranno molte persone in movimento e poiché il pericolo, seppur quasi irrilevante, non è ancora nullo, nei locali affollati sarà buona norma indossare la mascherina. In caso di febbre o di sintomi che possano far temere di essersi ammalati, recarsi al più vicino presidio medico. Una particolare raccomandazione ad anziani e soggetti con malattie croniche: un livello di attenzione in più. Niente ambienti affollati, rispettare sempre la distanza sociale, usare la mascherina in ambienti chiusi.

Stiamo attenti, però, a non lasciare che l’attenzione per Covid ci distragga dalla prevenzione di altre infezioni che potrebbero essere anche più gravi. Mi riferisco alle epatiti che si contraggono per via alimentare (frutti di mare crudi, mai!) e alle infezioni sessualmente trasmesse (HIV, epatite B e C, sifilide). Mai rapporti sessuali non protetti a esclusione del partner stabile (se controllato dal punto di vista sanitario). Non dimentichiamo le infezioni micotiche della pelle (non sdraiamoci senza interporre un nostro telo). Un consiglio per la salute mentale. Abbandoniamo il panico. Abbiamo già dato tanto (o troppo). Godiamoci un po’ di serenità. Ci sarà una seconda ondata in autunno? La cautela impone di non sbilanciarci, ma il direttore generale dell’Oms ha appena dichiarato che non ci sarà. Solo, invece, un’altalenante presenza del virus. Incrociamo le dita e buone vacanze a tutti.

direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

Lo stato d’emergenza non è dittatura. Ma salvaguardia

Con dl 83/2020 sono prorogati al 15 ottobre i termini previsti nei dl 19 e 33/2020. Quella protrazione è stata interpretata da alcuni politici e costituzionalisti come esorbitante rispetto a finalità anticontagio e capace di ledere l’ordinamento democratico. Sul primo profilo è agevole rilevare che qualità e congruenza della misura non possono essere decise a priori, come sanno sindaci e amministratori lombardi propensi a continuare nell’asserita normalità e subito dopo costretti a combattere la virulenza dell’epidemia. Si accerterà solo a posteriori se la misura è proporzionata e idonea allo scopo. Da un lato, infatti, vi sono i dati non incoraggianti di un aumento di contagi anche per l’ingresso di stranieri, dall’altro non risultano evidenze su una rapida e positiva evoluzione del fenomeno. Il 15 ottobre si verificherà in quale senso si è risolta la fluidità degli attuali casi. L’incertezza giustifica l’approntamento di cautele per impedire il formarsi di situazioni simili al periodo di feroce contagio. Da qui l’esigenza per il governo, di qualunque colore e composizione, di predisporre una rete di protezione che solo un pronto intervento delle autorità pubbliche può attivare. A questa stregua il decreto legge, che indica nelle premesse l’incertezza sullo stato dell’epidemia, si colloca tra gli atti dovuti e non tra quelli politicamente discrezionali. Sulla funzione cautelare, peraltro, non possono sorgere dubbi, poiché, quasi contestualmente, si ampliano le facoltà dei cittadini consentendo le crociere e la riapertura delle discoteche. La coerenza delle previsioni con il sistema democratico trova nell’esigenza cautelare una prima giustificazione. Va poi sfatata la teoria che il metodo utilizzato in Italia sarebbe un unicum. L’art. 16 Cost. prevede limitazioni al diritto di libera circolazione e soggiorno stabilite in via generale dalla legge “per motivi di sanità o di sicurezza” ed è a questo parametro che si sono adeguati i decreti legge su indicati. Norma analoga si legge nel c. 2 dell’art. 11 della legge fondamentale tedesca che consente di limitare quel diritto “con una legge o in base a una legge” per combattere contro i pericoli derivanti da epidemie. Resta il tema dei Dpcm, cioè del potere d’ordinanza connesso alla gestione dell’emergenza. Bisogna riconoscere che, nei mesi scorsi, è stato giocoforza comprimere fortemente anche diritti soggettivi di rilievo, come quello di riunione e perfino di esercizio del culto con provvedimenti eccezionali e proporzionali allo stato delle cose. La legittimità di quelle misure è assicurata dalla peculiare operatività dell’art. 32 Cost., centro nevralgico di giuntura e correlazione tra diversi parametri costituzionali. La tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività si interseca necessariamente con buona parte dei principi fondamentali e dei diritti del cittadino quale presupposto e matrice dinamica per la realizzazione della dignità della persona. Il potere d’ordinanza è al servizio del diritto alla salute e, per questo, va posto in sintonia con le comunità di riferimento rappresentate dalle Regioni, come previsto nel dl 83/20. Il Dpcm, cioè, trova sbocco democratico attraverso il dialogo con gli esponenti delle collettività interessate e nei limiti delle istanze rappresentate. Va inoltre chiarito che il Dpcm non può in alcun modo operare sui diritti politici e soggettivi pubblici (ad esempio quelli elettorali), tutelabili fin dal 1865 solo avanti il Giudice civile. L’impugnabilità del Dpcm solo avanti il giudice amministrativo ex art. 25, c. 9 d.lgs. n. 1/2018 implica che l’atto non ha titolo a incidere sui diritti propri della cittadinanza democratica. Il che smitizza ipotesi di tentativi dittatoriali e consimili facezie.

 

Non facciamo regali a quel povero martire di Salvini

 

“Quando finiamo per considerare amici i nostri nemici?”

(da Blanche e Claude di Melanie Benjamin – Neri Pozza Editore, 2020 – pag. 104))

 

Nella manipolazione mediatica ordita da Matteo Salvini e dai suoi difensori d’ufficio sul “caso Open Arms”, e sul voto parlamentare che l’ha mandato a processo, potrebbe esserci un solo elemento di verità. Ed è che questa vicenda rischia di trasformarsi in un “regalo”, come lui stesso ha detto, per effetto di una mistificazione che tende a farne un martire della cosiddetta “giustizia politica”. Sarà assai difficile che il capo della Lega riesca a recuperare così i dieci punti di consenso che secondo i sondaggi ha perso nell’ultimo anno. Ma, a ben vedere, già questo argomento gli si può ribaltare contro: se avesse un fondamento, i suoi avversari un tale “regalo” non gliel’avrebbero mai fatto. La verità è che l’iniziativa proviene legittimamente dai magistrati ai quali spetta esercitare l’obbligatorietà dell’azione penale e ai quali l’ex ministro dell’Interno dovrà rispondere in un Tribunale della Repubblica. Vediamo, allora, di smontare il martirologio per evitare magari che il processo giudiziario diventi un processo di beatificazione.

La difesa di Salvini s’incentra sulla presunta “difesa dei confini dello Stato”. E francamente fa specie che a sostenere questa tesi si sia prestata anche un’avvocata di valore come Giulia Bongiorno, ancorché senatrice della Lega ed ex ministra della Pubblica amministrazione. Ma di quali confini nazionali stiamo parlando? E da quali nemici avrebbero dovuto essere difesi? Da 151 profughi, tra cui numerose donne e minori, soccorsi in mare aperto da una nave spagnola che aveva chiesto più volte il permesso di attraccare in un porto sicuro? O si trattava, forse, di un “commando” terroristico o di truppe da sbarco che volevano invadere il territorio italiano?

Qui non era e non è in gioco, dunque, un “interesse nazionale”. E infatti, Salvini non è accusato di non aver difeso i confini o la sicurezza, bensì di “sequestro plurimo di persona aggravato” e “abuso di atti d’ufficio”. Di questo, dovrà rispondere alla giustizia. La sua chiamata di correo nei confronti del presidente Conte (allora gialloverde), e di altri ministri, non solo è smentita per tabulas dalle comunicazioni intercorse in quei giorni all’interno del governo, a cominciare dalla lettera aperta su Facebook (Ferragosto 2019) con cui il premier gli intimò pubblicamente di far sbarcare i migranti; ma non lo esime comunque dalle sue responsabilità ed è irrilevante ai fini del rinvio a giudizio: se nel dibattimento emergeranno complicità, saranno i giudici eventualmente a estendere l’accusa ad altri imputati.

Perché, allora, in preda a un raptus di vittimismo tanto sospetto quanto strumentale il capo leghista dice adesso che dovrà spiegare ai suoi figli di essere “un delinquente”? Pensa che la sentenza sia già scritta? O ritiene di essersi comportato come tale? Non ha fiducia nei suoi legali? Il fatto è che questa non è la prima volta che Salvini si ritrova sotto accusa e, se la magistratura accerterà i reati di cui è imputato, rischia fino a 32 anni di carcere. Ma, ciò che per lui forse è peggio, a norma della legge Severino rischia anche di essere dichiarato incandidabile e quindi ineleggibile.

Tutto ciò accade mentre i suoi decreti, censurati un anno fa dal capo dello Stato, sono stati appena archiviati. I barchini hanno sostituito i barconi. I porti non sono stati mai chiusi e le nostre coste restano aperte agli sbarchi quotidiani, più o meno clandestini.

La Merkel “caccia” gli Usa. L’Italia invece li subisce

Gli Stati Uniti stanno ritirando 11.900 militari dalla Germania per redistribuirli in vari Paesi europei, Belgio, Polonia e Italia fra gli altri. Gli americani si credono ancora i padroni d’Europa e in effetti lo sono. Fanno e disfanno a loro piacimento. Ci piacerebbe sapere se il nostro governo è stato almeno consultato sui circa mille uomini che dovrebbero essere trasferiti ad Aviano. In realtà, richiesto o no, il nostro consenso è dato per scontato. Di tutti i Paesi europei l’Italia è forse quello più appecoronato ai voleri yankee. Gli americani decidono, non si capisce bene in base a quale legittimità, che alcuni Paesi, fra cui l’Italia, non devono avere rapporti commerciali con l’Iran e noi, che questi rapporti li abbiamo, e ottimi, ci adeguiamo subito danneggiando così alcune nostre aziende. I nostri interessi nazionali non esistono, esiste solo l’America first di Donald Trump. Gli americani se ne stanno andando a gambe levate dall’Afghanistan, dalla “guerra che non si può vincere”, in realtà perduta, perdutissima dopo 19 anni di un’odiosa quanto devastante invasione. Hanno già ritirato 8.600 uomini dei circa 14mila presenti. Noi invece rimaniamo ancora là, a Herat e Kabul, con 800 uomini, inutili, costosi ed esposti anche se solo virtualmente perché è da tempo che abbiamo un tacito accordo di non aggressione con i Talebani. A Franco Venturini che sul Corriere (20.7) si chiedeva, e chiedeva, appunto che cosa ci restiamo a fare in Afghanistan quando i principali interessati, gli americani, se ne stanno andando, il nostro ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha replicato sullo stesso Corriere: “In together, out together, adjust together, siamo arrivati insieme, ce ne andremo insieme”. Falso. Gli olandesi, che si erano battuti bene in una delle aree più pericolose dell’Afghanistan, la provincia di Urozgan, perdendo anche il figlio del loro comandante van Uhm, si sono ritirati nell’agosto del 2010. E l’Emirato Islamico d’Afghanistan con una nota ufficiale si felicitò “con il governo e la popolazione olandese per la scelta”. Si è scritto (Sarcina, Corriere, 30.7) che il ritiro parziale dei militari americani da alcune basi tedesche è un atto di ostilità nei confronti della Germania perché, come anche noi, non ha ancora rifinanziato col 2% del Pil la Nato, questa alleanza sperequata totalmente in mano agli Usa (il termine di pagamento scade nel 2024). Niente di più inverosimile di questa versione ufficiale: se c’è una cosa che i tedeschi desiderano è che i militari americani se ne vadano. La verità è che il rapporto gelido fra Angela Merkel e Donald Trump, di cui si è avuta riprova negli ultimi vertici internazionali in cui i due si sono trovati insieme, ha radici molto profonde. Trump, che sarà anche folcloristico ma non è uno stupido, ha capito che Merkel porta avanti da tempo una politica antiamericana, simmetrica a quella antieuropea degli Usa (decisiva è in questo senso la dichiarazione di qualche anno fa della Merkel, pesantissima in rapporto al linguaggio solitamente flautato della diplomazia: “Gli americani non sono più i nostri amici di un tempo. Dobbiamo imparare a difenderci da soli”). Gli interessi dell’Europa e degli Stati Uniti divergono su ogni piano, economico, militare, politico. L’Europa ha un bisogno vitale di restare saldamente unita, perché nessun Paese europeo, Germania compresa, può fronteggiare da solo colossi monolitici come Stati Uniti appunto, Russia, Cina e anche quella finanza internazionale che è sovranazionale e non risponde ad alcuno Stato. Gli Stati Uniti, per ragioni simmetriche, hanno l’interesse opposto: minare l’unità europea. Per mantenere questa unità Angela Merkel ha fatto un autentico capolavoro col Recovery Fund tenendo insieme i Paesi più in difficoltà (Italia, Spagna, Portogallo) permettendo l’erogazione di cospicui fondi e tenendo buoni i cosiddetti Paesi “frugali” con un contentino. Ma in prospettiva il programma di Angela Merkel va molto più in là. La Cancelliera vorrebbe tenere l’Europa in una posizione di equidistanza fra Russia e Stati Uniti, per la verità più vicina alla prima che ai secondi per ragioni di contiguità geografica, energetiche e in fondo anche culturali: milioni di europei si sono formati leggendo i grandi scrittori russi, Dostoevskij, Tolstoj, Gogol. Ma non ci sarà mai un’Europa forte senza un armamento militare autonomo (il “dobbiamo imparare a difenderci da soli” di Merkel). Per questo è necessario togliere alla Germania democratica l’anacronistico divieto di dotarsi dell’Atomica, arma decisiva, benché solo in termini di deterrenza, che oltre a Stati Uniti, Russia e Cina, hanno Paesi come l’India, il Pakistan, il Sudafrica, Israele, la Corea del Nord. “Vasto programma” avrebbe detto De Gaulle. Angela Merkel avrebbe avuto le palle per attuarlo. Il suo successore non so.

Attenzione, Iva Zanicchi ora medita vendetta contro Gianni Morandi

E per la serie “Chiudi gli occhi e apri la bocca”, eccovi i migliori programmi tv della settimana:

Rai 1, 21.45: Grazie a tutti, varietà. Rivediamo i momenti migliori dello show condotto nel 2009 da Gianni Morandi con la partecipazione di ospiti straordinari come Fiorello, Renato Zero, Laura Pausini e Al Bano. Ma non Iva Zanicchi, che, fuori di sé, medita vendetta…

Rete 4, 19.35: Tempesta d’amore, soap. I pompieri spengono l’incendio, ma Susan è dichiarata inagibile.

Rai 1, 10.55: La Santa Messa, fiction. Gesù viene invitato a una cena, ma si trova coinvolto in un pericoloso gioco di terrorismo internazionale e dovrà lottare per sopravvivere.

Canale 5, 21.20: Paolo Borsellino, telefilm. Nel 1980, il giudice Borsellino viene assegnato all’indagine su Totò Riina e chiama accanto a sé il collega e amico d’infanzia Giovanni Falcone, col quale forma il pool antimafia. I due lavorano fianco a fianco fino alle stragi in cui vengono assassinati. Il film è trasmesso da una rete tv di Berlusconi, di cui Totò Riina disse in carcere: “A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi”. (“Mubarak Mubarak”, ride Riina durante la consueta passeggiata pomeridiana, riferendosi alla versione data dall’ex premier su Ruby, nipote del presidente dell’Egitto. “Che disgraziato, è un figlio di puttana che non ce n’è”. Repubblica, 30 agosto 2014) (Gli ultimi anni di presidenza, Berlusconi era ormai un mandrillo fuori controllo. Era un mandrollo).

Rai 1, 21.25: Superquark, documentario. Fra i servizi proposti questa settimana da Piero Angela, un viaggio alla scoperta del mondo della lirica. José Carreras: “Era un mio allievo, gli ho insegnato a cantare l’opera” “In che modo?” “L’ho colpito con una vanga finché non c’è riuscito” “E che fine ha fatto?” “Oggi quell’uomo è Anna Netrebko. Domani, potrebbe essere…”.

Tv2000, 21.10: Psycho, film. Non ricordo mai se Psycho è un film di Hitchcock oppure mio.

La7, 14.00, Balla con me, film-musicale. Il trucco con cui Fred Astaire inventava tutti quei favolosi passi di danza? Prima del ciak, s’infilava un’ape nelle mutande.

Rai 1, 11.25. Don Matteo, fiction. Il maresciallo Cecchini (Nino Frassica) guarda nel vicolo presso Rocca Salimbeni dove David Rossi giace esanime. Poi si reca da Don Matteo rassicurandolo: è andato tutto bene.

Rai 3, 21.20: A raccontare comincia tu, talk-show. Replica di una puntata del programma condotto da Raffaella Carrà (98 anni).

Tv8, 21.30: Gomorra, fiction. I capi clan sono entusiasti della nuova collezione primavera-estate disegnata da Genny.

Canale 5, 0.15: Station 19, telefilm. Jack torna in servizio dopo mesi di terapia, ma è ancora arrabbiato con Dean perché si è scopato sua moglie quando stava male. “Ti sei scopato mia moglie? Ti sei scopato mia moglie?” “Io sono tua moglie!” “Fa lo stesso. Ti sei scopato mia moglie?” “Ok. Sono tua moglie e mi sono scopato tua moglie. Contento?”.

Sky Cinema Comedy, 14.35: Il medico della mutua, film-commedia. Capolavoro di Alberto Sordi. Poi, a differenza di Charlie Chaplin, che si ritirò con stile quando il suo carisma era ancora intatto, Sordi preferì percorrere fino in fondo il penoso viale del tramonto che conosciamo.

Rai 3, 14.15: Passato e presente, documentario. Paolo Mieli e Lucio Villari riassumono la storia della Prima Repubblica. I politici non possono dirci tutte le marachelle che combinano. Perché poi le sapremmo.

Le linee guida per gli asili: la paura frena la socialità

Meglio tardi che mai. Alla fine le linee guida per i nidi e le scuole dell’infanzia sono arrivate. Le avevano invocate i titolari di questi servizi, che spesso riaprono con anticipo rispetto al calendario ministeriale, per andare incontro ai genitori che tornano al lavoro. A dire il vero, il Piano per la ripresa della scuola, presentato a giugno dalla ministra dell’Istruzione Azzolina già dedicava un capitolo all’infanzia ma i soliti detrattori avevano iniziato con il mantra del “hanno dimenticato i più piccoli”. Ora abbiamo il documento che servirà ai maestri e agli educatori. Ancora una volta in nome della sicurezza il ministero, con il parere positivo del Comitato tecnico scientifico e della Conferenza Stato Regioni, ha dovuto sacrificare la socialità. Addio alle sezioni che lavorano insieme magari per uno spettacolo: ogni gruppo avrà i suoi docenti e non potrà incontrare i bambini delle altre sezioni. Addio all’utilizzo degli spazi comuni. Addio anche a quei “clandestini” ritrovi tra bambini al bagno: si andrà uno o pochi alla volta. La paura del Covid-19 ha costretto a sacrificare in parte l’elemento essenziale di nidi e infanzia: l’alfabetizzazione relazionale. La musica cambia anche per i genitori: niente capannelli davanti alla scuola (per fortuna). I bambini potranno essere accompagnati da un solo genitore, munito di mascherina.

Ma ora la bomba dei licenziamenti rischia l’esplosione

Non esploderà il 18 agosto, perché il governo prorogherà ancora il blocco dei licenziamenti economici. Ma una volta rimosso il divieto, la bomba sociale delle ristrutturazioni aziendali rischierà di mandare a casa altri 200 mila lavoratori. Da aggiungere ai 600 mila che – dice l’Istat – hanno già perso il posto da marzo a oggi nonostante la moratoria. Diverse imprese stanno già programmando tagli di personale da perfezionare alla prima data utile. La catena di calzature Scarpe & Scarpe vuole chiudere 16 punti vendita in tutta Italia e mettere alla porta 120 persone. H&M, marchio di abbigliamento con negozi in tante città, vuole abbassare le saracinesche di 8 negozi nei quali lavorano in 250, che potranno salvarsi solo accettando trasferimenti. L’operazione è parte di una manovra internazionale che il colosso sta mettendo in atto per salvare gli utili. AirItaly era stata posta in liquidazione l’11 febbraio. Una complicata trattativa dovrà scongiurare 1.500 licenziamenti.

Nell’agroalimentare, la Columbus – che opera a Parma nella trasformazione dei pomodori – dopo una “quarantena” al lavoro, vuole chiudere e non avviare la prossima stagione. Tremano 60 lavoratori stabili e 150 stagionali. Guai anche nell’industria. Stanno per lievitare i tavoli di crisi al ministero dello Sviluppo economico, che già prima del virus erano circa 150. Per affrontarli “sarà fondamentale la revisione completa degli ammortizzatori sociali”, fa notare Paolo Andreani, segretario nazionale Uiltucs.

Già in questi mesi, imprese piccole e grandi si sono ingegnate per sfoltire gli organici. In tante hanno ignorato il divieto di licenziamenti economici i quali – a marzo 2020 (con il blocco intervenuto già dal 17 e retroattivo per le procedure non completate) sono stati ben 40 mila; diminuiti solo per i dipendenti a tempo indeterminato, mentre sono rimasti uguali per i precari e quasi quadruplicati per gli stagionali.

A questi si aggiungono le scappatoie legali come disciplinari pretestuosi, dimissioni indotte e trasferimenti sospetti. I licenziamenti per giusta causa (non vietati) di lavoratori stagionali, per esempio, sono sestuplicati a marzo: da soli 90 a 606. All’aeroporto di Ciampino un operaio è stato mandato a casa per mancato superamento del mese di prova, ma il suo datore ha ammesso in una telefonata che si trattava di una scappatoia per aggirare il divieto di licenziamenti economici. Il lavoratore ha presentato ricorso con la Cgil e l’avvocato Carlo De Marchis. Una ditta in appalto per un albergo del centro di Roma ha sospeso dal lavoro e dalla retribuzione un gruppo di addetti che ora possono solo dimettersi e almeno aggrapparsi al sussidio di disoccupazione, sempre meglio che restare in un’azienda che non ti paga. “C’è capitato di lavoratori che nei nostri uffici hanno chiesto di accedere alla Naspi, presentandosi con la lettera di licenziamento per giusta causa, in alcuni casi debole e poco fondata, che di solito verrebbe impugnata e ci sembra anomalo che non venga fatto – spiega Giovanni Esposito, responsabile uffici vertenze Cgil Rieti-Roma Est-Valle dell’Aniene –. È solo una mia sensazione, ma sembra che i datori di lavoro e i dipendenti si siano accordati per il licenziamento”.

Un’altra storia riguarda una nota azienda del settore della moda, che ha chiuso una sede su tre a Roma e spostato i dipendenti in Piemonte. “Stiamo impugnando il trasferimento, lo riteniamo pretestuoso, era possibile trovare un posto nella stessa città e non in una Regione ad alto rischio Covid”, spiega l’avvocato Damiano Dell’Ali, che si occupa di diritto del lavoro. In attesa di essere autorizzati a scagliare il colpo finale, c’è chi si è arrangiato come poteva.