Liti temerarie: solidali col Fatto, ma serve legge
Leggo che un lettore propone di aprire una raccolta fondi per sostenere il Fatto e il direttore Travaglio durante gli eventuali processi motivati dalle querele pretestuose dell’Innominabile. Pur comprendendo le motivazioni del gesto da parte del lettore, e ove occorra allineandomi nel sostegno a Travaglio e al Fatto, io credo che sia ora di porre fine a questo andazzo e ai pretesti che molti politici utilizzano per tappare la bocca ai giornalisti scomodi. La mia proposta è una raccolta di firme per arginare il fenomeno delle liti temerarie: in questo modo i querelanti seriali si darebbero una buona calmata e anche i tribunali civili verrebbero alleggeriti di gran parte del lavoro.
Tiziana Gubbiotti
Il Parlamento discuta seriamente sul fine vita
Lunedì la Corte d’Assise di Massa Carrara ha assolto Marco Cappato e Mina Welby, imputati del reato di istigazione e aiuto nel suicidio di Davide Trentini. In Parlamento, diversi politici della maggioranza si stanno adoperando per discutere un testo unificato sul suicidio assistito e sull’eutanasia. Del resto, sollecitazioni sono giunte già, due anni fa, dalla Corte costituzionale. La dialettica politica su una dirimente e delicatissima tematica eticamente sensibile non dovrebbe spaventare più di tanto, a condizione che sia condotta nel rispetto reciproco.
Marcello Buttazzo
Quanti pasticci e fretta per tornare a scuola
Sulla scuola si rischia grosso. Con un virus ancora aggressivo, sarebbe stato utile non combinare pasticci all’italiana in fretta e furia. La mia proposta in istituto superiore e con il sindaco della mia città è stata quella di continuare fino a gennaio con la didattica a distanza, per medie e superiori, e distribuire gli spazi lasciati liberi da questi istituti alle elementari e altre scuole di grado inferiore, che hanno maggiore esigenza di relazioni in presenza. Ma niente da fare. Bisognava dimostrare un improbabile ritorno alla normalità. Di quale normalità non si comprende: con ingressi, uscite, ricreazioni contingentate, classi divise a frequenza settimanale alternata in presenza, protocolli di igiene serrati, percorsi obbligati, segnaletiche, addirittura mini-banchi singoli a rotelle, adatti agli appunti di una conferenza, non certo a ore di lezioni. Quale normalità con queste limitazioni? Semmai ulteriori fonti di ansia per tutti, docenti anziani a rischio salute e sanzioni; ansia per le famiglie preoccupate per i figli; ansia per eventuali nuovi focolai. Serviva una politica di cauto attendismo, non di frettolose, tardive e pasticciate soluzioni logistiche, spacciate per efficienza.
Prof. Livio Braida, Itc Antonio Zanon, Udine
DIRITTO DI REPLICA
A causa di numerose e gravi falsità riportate, le Gallerie degli Uffizi smentiscono categoricamente, a partire dal titolo offensivo e dalla foto scorretta, i contenuti dell’articolo “Belli gli Uffizi, ci si ammucchia”, pubblicato a firma di Luca Ricci sul Fatto Quotidiano di ieri. È totalmente infondata l’affermazione secondo cui all’ingresso “nessuno si degna di misurare la febbre”: come riportato in tutti i comunicati stampa pubblicati dal museo a proposito delle misure anti-Covid adottate, i termoscanner all’accesso sono fotocellule non immediatamente visibili al visitatore. Sarebbe stata sufficiente una piccola verifica per evitare di scrivere questo sfondone. È totalmente infondata anche l’asserzione “agli Uffizi ci si ammucchia”, tesi centrale del pezzo, così come destituita di ogni fondamento, oltre che insultante nei confronti del personale, è pure la frase sui custodi “che non controllano alcunché”: in Galleria non ci si ammucchia affatto – provare per credere – proprio perché i custodi sono sempre pronti a intervenire al minimo accenno di assembramenti non consentiti da parte dei visitatori. Se proprio si intendesse sostenere il contrario, occorrerebbe esibire idonea documentazione video-fotografica: al contrario, a corredo dell’articolo, viene usata in modo scientemente distorto e fuorviante una foto di repertorio scattata a museo chiuso, la mattina del 3 giugno scorso, prima dell’apertura al pubblico.
Tommaso Galligani, ufficio stampa Gallerie degli Uffizi
Cari Uffizi, maestri di bellezza, il termoscanner lo davo per scontato ma in genere è utilizzato negli aeroporti e nelle stazioni, dove il flusso di persone è costante e bisogna misurare un tanto al chilo (sì, lo so, c’è il riconoscimento facciale, ma può scappare qualcuno): avrei preferito una misurazione ad personam, certamente più accurata. Per quanto riguarda gli assembramenti, non essendoci nessuna parcellizzazione dello spazio nelle sale è chiaro, perfino ovvio, che la gente si ammucchi e schiacci sulle opere. La gente si muove liberamente all’interno del museo, e mi pare sia inutile scaglionare e contingentare all’ingresso se poi non si scagliona e contingenta anche sopra. Quanto ai guardiani, massimo rispetto per loro, non è mai colpa del singolo ma della situazione che si è costretti a gestire. Fotodocumentare poi perché? Non era mia intenzione, perché volevo solo farmi un giro nel museo più bello del mondo, attratto dalla vostra comunicazione social. Viva la bellezza, sempre.
Luca Ricci