Il Piano di rilancio Ue post-pandemia premia l’Italia, ma sacrifica l’ambiente. Nessun rigoroso vincolo ecologico è previsto per il capitolo di spesa Resilience Recovery Facility (Rrf) che rappresenta la fetta più grossa del pacchetto:€672,5miliardi su un totale di 750 di cui l’Italia otterrà la percentuale più alta (il 28%) tra prestiti e sovvenzioni.
L’accordo è caduto sotto il fuoco incrociato degli ambientalisti che lo giudicano un’inversione di marcia rispetto all’impegno di decarbonizzare l’economia europea. A nulla è valso l’appello lanciato la settimana scorsa, alla vigilia del Consiglio europeo, dalle 10 maggiori Ong green europee (G10). In una lettera indirizzata ai governanti dei 27 Stati membri, veniva chiesto un elenco di esclusione che vietasse l’uso dei fondi per le attività dannose per l’ambiente. L’Rrf si limita invece ad affermare che i governi dovranno finanziare progetti di transizione ambientale o digitale, lasciando aperta la possibilità che i soldi non vengano necessariamente spesi in modo sostenibile.
L’assenza di stringenti eco-condizionalità rischia di svuotare di senso la quota complessiva del 25 per cento che il fondo riserva a iniziative a favore del clima. Una soglia che gli ambientalisti avrebbero peraltro voluto portare al 50 per cento. “Potremmo sprecare un’occasione unica per rendere l’economia italiana sostenibile nel lungo periodo”, avverte Veronica Aneris, attività di Transport & Environment, una delle Ong firmatarie dell’appello. “Ci troveremmo a spendere i soldi dei nostri figli, perché loro ripagheranno i debiti contratti tramite il piano di rilancio, per alimentare i cambiamenti climatici che renderanno il loro mondo invivibile”, le fa eco il suo collega Luca Bonaccorsi. Il pericolo è che finanziamenti vengano usati per mantenere l’economia sporca che neanche il Green Deal, presentato dalla Commissione lo scorso dicembre, ha voluto scardinare con decisione.
Il taglio del 50% dei gas a effetto serra entro il 2030, infatti, non accompagnato dall’eliminazione dei sussidi ai carburanti fossili, è ritenuto insufficiente per rispettare l’Accordo di Parigi che blocca l’aumento delle temperature globali a 2° C in più rispetto all’epoca preindustriale. Secondo gli ambientalisti, gli strumenti finanziari introdotti dal Green Deal per combattere il cambiamento climatico, ossia InvestEU e Just Transition Fund, finirebbero per foraggiare attività inquinanti in assenza di un chiarimento terminologico su cosa è veramente “green” o no. Proprio questi due strumenti sono stati penalizzati dal compromesso finale sul piano di rilancio per lasciare invariata la quota dell’Rrf destinata all’Italia nella proposta iniziale della Commissione: agli altri pacchetti del piano sono stati attribuiti solo 77,5 miliardi rispetto ai 190 del piano originario. In particolare, InvestEU è sceso da 30,3 a 2,1 miliardi; Il Just Transition Fund da 30 a 10.
I tagli, in generale, si sono resi necessari anche per strappare il sì dei cosiddetti “frugali” del Nord aumentando la quota degli sconti sui contributi che versano al normale Bilancio Ue.
Quasi 2 miliardi di euro sono stati restituiti al governo olandese, contrario fino all’ultimo agli stanziamenti per i Paesi del Sud, più gravemente colpiti dalla crisi economica.