D’accordo, il “Pallone d’Oro” esiste da più di mezzo secolo ed è famoso nel mondo: ma volete mettere il “Piagnone d’Oro” made in Italy giunto anche quest’anno alle battute conclusive con lo sprint lanciato tra i quattro fuoriclasse della specialità, guarda caso gli allenatori delle quattro squadre prime in classifica e cioè Maurizio Sarri (Juventus), Antonio Conte (Inter), Gian Piero Gasperini (Atalanta) e Simone Inzaghi (Lazio)? “Piagnóne: chi piange o si lamenta in continuazione”, recita il dizionario Treccani. Frignare. Piagnucolare. Gnaulare. A 4 giornate dalla fine, chi è il favorito per il “Piagnone d’Oro” 2020? Analizziamo i pretendenti uno ad uno.
Sarri (Juventus). Quand’era al Napoli e ancora faceva l’allenatore, nel senso che non era un sottoposto di Cristiano Ronaldo, inventò svariate litanie tra le quali si ricordano la litania del Fatturato (se il Napoli perdeva contro Juventus o M. City o Shakthar era perchè fatturava meno), quella della Non Contemporaneità (spesso la Juve anticipava mettendo in ambasce il suo Napoli), quella dei rigori generosamente assegnati ai club con maglie a righe (leggi Juventus). Oggi che sulla panchina di Madama siede lui, ma la Juve perde la Supercoppa contro la Lazio e la Coppa Italia contro il Napoli, la sua nuova litania è quella delle Fette di Prosciutto (sugli occhi): il Napoli, dice, ha vinto perchè ha tirato i rigori meglio di noi. Dimenticandosi due pali a portiere battuto, due palle gol fallite e le mostruose parate di Buffon. Negazionista.
Conte (Inter). Come già alla Juve quando voleva Aguero e gli compravano Matri, anche all’Inter ha messo in scena, sin dal giorno della presentazione, il suo famoso recital intitolato, alla Lina Wertmüller, “Allenatore bravo ma incompreso chiede buoni giocatori ma il club gli rifila solo pippe”. Se in campo non si discosta mai dal 3-5-2, in sala-stampa non cambia mai disco: se l’Inter ha vinto “stiamo lavorando bene”, se l’Inter ha perso “i giocatori sono quel che sono”, che sarebbe un po’ come dire armiamoci e partite. E che l’Inter si sia dissanguata per dargli Lukaku, Barella, Godin, Sanchez ed Eriksen conta zero: lui frigna comunque, e se domani gli comprano Messi, dopodomani frignerà più di prima. Incontentabile.
Gasperini (Atalanta). Se Fosbury rivoluzionò la specialità del salto in alto introducendo la tecnica del salto dorsale con cui si laureò campione olimpico a Mexico 68, Gasperini ha rivoluzionato la figura del “piangìna” mettendo a punto la tecnica del “pianto a giorni alterni”: e cioè, pur lagnandosi sempre, non stringendo la mano ai colleghi a fine match (Maran) e dolendosi per esoneri patiti anche a distanza di 10 anni (Inter), se è reduce da una sconfitta contro la Juventus, il club che sogna di allenare, lui sorride. E anche se ha perso per clamorosi torti arbitrali (vedi Rocchi nel match d’andata), va in tv e si scusa, contrito, per un rigore assegnato a favore. Mefistofelico.
S. Inzaghi (Lazio). Non capita spesso, ma il 15 gennaio 2017 durante Lazio-Atalanta 2-1, l’arbitro Pairetto jr. cacciò dal campo sia Gasperini (Atalanta), sia Inzaghi (Lazio). Rivale di Gasp nella specialità “pianto a giorni alterni” (evita il mugugno solo se a danneggiarlo è stata la Juventus, vedi Lazio-Juve 0-1 del 3 marzo 2018), Inzaghi vanta però prodezze difficilmente eguagliabili come la recente espulsione per reiterate protese al fischio finale di una partita vinta (Lazio-Fiorentina 2-1). Immaginatevi se avesse perso. Impenitente.