Fanno del bene a Milano e come sono premiati? Vengono cacciati

Il nostro Paese ama molto cibarsi di retorica e di autoassoluzione. L’esemplarità italiana nel tempo del Covid è stata ripetutamente strombazzata, spesso a sproposito, basti pensare all’istituzione politica lombarda e ai suoi leader da avanspettacolo. Ma, come sempre, sotto il marasma di retorica, operano organizzazioni promosse e sostenute da cittadini che su base volontaria e militante edificano quotidianamente società, cittadinanza attiva e autentica solidarietà.

In Lombardia e nella sua capitale ferite dalla massima diffusione della pandemia e dalla devastazione della sanità pubblica perseguita con puntigliosa determinazione dai governi regionali degli ultimi lustri a favore del profitto della sanità privata, opera, fra gli altri, il Centro Sociale Lambretta. Con le sue brigate Lena-Modotti ha svolto un lavoro straordinario di sostegno ai più disagiati, agli ultimi, con aiuti concreti e continuativi. 300 volontari hanno distribuito a famiglie indigenti 10.500 pacchi con beni di prima necessità, 700 spese di cibo e medicinali in collaborazione con Croce d’oro Milano Onlus ai confinati impossibilitati ad uscire, 5000 pasti caldi in collaborazione con Croce Rossa e Rob de Matt. 94 volontari sono stati connessi tutti i giorni ai centralini per rispondere alle richieste, e hanno promosso 90 collette solidali in supermercati e condomini.

Questo solo per citare alcune delle loro iniziative. La risposta all’impegno davvero esemplare del “Lambretta”? Lo sgombero del loro centro. Davvero un colpo di genio della politica a chi vuole edificare un mondo giusto e solidale, offrendo non solo cibo e cure, ma anche la dignità di appartenere a una comunità di eguali e non a una massa indifferenziata dominata dalla peggiore delle pandemie: il privilegio!

Risalgono i contagi: sono 230 e 20 i decessi. Diasorin, vittoria sui test al Consiglio di Stato

Risalgono i contagi da coronavirus in Italia: 230 i nuovi casi di ieri, 67 in più rispetto ai 163 di mercoledì. I decessi registrati sono 20, il dato più alto da oltre una settimana. E continuano a preoccupare i nuovi focolai: a Pisa un cittadino albanese di 79 anni è stato trovato positivo insieme alla famiglia, composta da altre quattro persone. L’uomo, residente a Firenze, era arrivato in aereo da Tirana lo scorso 30 giugno e si era fermato a casa della figlia, rispettando la quarantena senza incontrare altre persone. Sotto osservazione anche il villaggio della Croce Rossa di Jesolo, in Veneto, dove 42 richiedenti asilo di origine africana (più un operatore sanitario) sono risultati positivi. Il sindaco, Valerio Zoggia, ha chiesto e ottenuto dalla Questura di Venezia un presidio fisso di forze dell’ordine all’entrata della struttura.

Nel frattempo il ministro della Salute Speranza ha vietato l’ingresso e il transito in Italia a chi negli ultimi 14 giorni Serbia, Montenegro e Kosovo, considerati Stati a rischio per l’alto numero di contagi. Sospesi anche i collegamenti aerei e ferroviari. I tre Paesi balcanici vanno così ad aggiungersi a una black list che comprende già Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldavia, Oman, Panama, Perù e Repubblica Dominicana.

L’aggiornamento, diffuso ieri, del rapporto di Istat e Istituto Superiore di Sanità sulla cause di morte nei positivi a Sars-CoV-2 ha inoltre mostrato che il virus “è la causa direttamente responsabile della morte nell’89% dei decessi di persone positive”, cioè in 9 casi su 10. Non solo, ma può “rivelarsi fatale anche in assenza di concause: non ci sono infatti concause di morte preesistenti a Covid-19 nel 28,2% dei decessi analizzati, percentuale simile nei due sessi e nelle diverse classi di età. Solo nella classe di età 0-49 anni la percentuale di decessi senza concause è più bassa, pari al 18%”.

E sempre ieri il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Policlinico San Matteo di Pavia e Diasorin, sospendendo gli effetti della sentenza con cui il Tar della Lombardia, lo scorso 8 giugno, aveva azzerato l’accordo tra la multinazionale e l’ospedale sulla fornitura dei test sierologici. Il danno “che scaturisce per la Fondazione San Matteo dall’annullamento, legato all’incertezza circa la perdurante validità delle linee di ricerca” che l’Istituto sta conducendo sull’epidemia di Covid, scrivono i magistrati, è più rilevante rispetto al “mero interesse” di Technogenetics, l’azienda ricorrente, “a tutelare porzioni di mercato acquisite nel settore in cui già opera con propri strumenti diagnostici brevettati”.

C’è un vademecum per non ignorare le denunce d’abuso

Un “manuale d’istruzioni” per il trattamento dei casi di abuso sessuale su minori commessi da chierici. Un vademecum messo a punto dalla Congregazione per la dottrina della fede, che nasce, spiega il Prefetto Luis Francisco Ladaria Ferrer, “dalle numerose richieste giunte alla Congregazione da parte di vescovi, ordinari, superiori degli Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica, di avere a disposizione uno strumento che li possa aiutare nel delicato compito di condurre correttamente le cause che riguardano diaconi, presbiteri e vescovi quando vengono accusati di abuso su minore”.

L’allarme, si stabilisce, scatta non solo per rapporti sessuali (consenzienti e non), contatto fisico a sfondo sessuale, esibizionismo, masturbazione, produzione di pornografia o induzione alla prostituzione, ma anche per “conversazioni o proposte di carattere sessuale” via chat o altri mezzi di comunicazione. La notizia di reato può giungere anche in forma anonima e, seppur osservando “molta cautela” non è “consigliabile scartare aprioristicamente” una fonte dubbia. I sospetti vanno denunciati alle autorità civili competenti “anche in assenza di un esplicito obbligo normativo”. La sospensione dal ministero sacerdotale può essere anche temporanea, ma “è da evitare la scelta di operare semplicemente un trasferimento d’ufficio, di circoscrizione, di casa religiosa del chierico coinvolto, ritenendo che il suo allontanamento dal luogo del presunto delitto o dalle presunte vittime costituisca soddisfacente soluzione del caso”, come accaduto più volte in vicende passate.

Bonelli (Verdi): “La città di Palermo annega, e il Pd reclama ancora il Ponte sullo Stretto”

Mentre Palermo veniva sommersa dal nubifragio con danni devastanti, mercoledì 21 deputati del Pd presentavano alla Camera una risoluzione in commissione Ambiente e Trasporti per chiedere al governo di inserire il ponte sullo stretto di Messina nella lista dei progetti da finanziare con il “Recovery Fund”. A denunciarlo è il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, secondo cui “il Pd vuole inseguire la destra per realizzare un progetto folle contro il Sud e l’ambiente” mentre Palermo finisce sott’acqua “anche a causa del dissesto idrogeologico e della cattiva manutenzione del territorio”. La risoluzione è stata firmata da deputati dem di peso tra cui Enza Bruno Bossio, Umberto Del Basso De Caro e Stefania Pezzopane. Nella parte dedicata agli investimenti necessari per ridurre il gap tra Nord e Sud, i deputati Pd scrivono che è necessario “garantire l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina attraverso la realizzazione di una infrastruttura idonea a porre fine all’isolamento della rete dei trasporti siciliani dal resto del Paese”.

Quei “moderati” di Forza Italia col filo-nazista

Un caso da nazisti dell’Illionis, direbbe John Belushi. Eppure non siamo nell’America profonda ma nella cattolica Trento dove Forza Italia intende candidare alle prossime comunali Emilio Giuliana, ex consigliere comunale con Fiamma Tricolore accusato di avere delle posizioni di estrema destra con simpatie filo-naziste. Dopo la notizia della probabile candidatura sono emerse alcune sue uscite recenti che hanno messo in imbarazzo la coalizione che sostiene il candidato sindaco Alessandro Baracetti: il “mi piace” su un post di un utente con una svastica sulla fronte e la foto che lo ritrae a pregare al cimitero militare tedesco di Costermano sul Garda per ricordare “24 mila giovani soldati”: “Ci si inginocchia sulle tombe di martiri eroi, sommessamente, in religioso silenzio, grati per il loro sacrificio – ha scritto Giuliana il 28 giugno – Sangue del nostro sangue, ossa delle nostre ossa. Usque ad finem (fino alla fine, ndr)”.

Giuliana è noto anche per altre uscite choc tra cui il commento alla legge sul testamento biologico approvato nel 2017 tra le lacrime di Emma Bonino: “Emma, adesso nessun ostacolo può fermarti, sii coerente passa ad altra vita”. A fine maggio poi, l’ex consigliere comunale trentino aveva apposto uno striscione definendo il premier Giuseppe Conte un “boia” per le misure restrittive del lockdown. Ma a mettere in crisi la coalizione sono soprattutto le sue posizioni antisemite e contro gli omosessuali. “In lista, o lui o me” ha scritto in un post l’esponente di Gay-Lib, Michele Beozza. A protestare anche l’Alleanza per Israele che, tramite il presidente Alessandro Bertoldi, parla di una “candidatura inopportuna” mentre il coordinatore regionale di Forza Italia, Ettore Zampiccoli, sminuisce: “Giuliana ha posizione di destra ma non è antisemita”. Della questione è stato informato Silvio Berlusconi.

“Saldo fatture”: così la cassa si è svuotata nell’era del Capitano

Tutto è iniziato dai 49 milioni di euro, dalla truffa firmata Bossi-Belsito e dalla condanna a restituire allo Stato i soldi dei rimborsi elettorali ottenuti falsificando i bilanci. Dopo il via libera ottenuto dalla procura di Genova per ripagare il debito in quasi 80 anni (rate da 600 mila euro all’anno), oggi la Lega può dormire sonni relativamente tranquilli. Prima del settembre del 2018, data dell’ok alla rateizzazione, i conti del Carroccio erano però a rischio. Sequestrare i soldi “ovunque siano”, aveva infatti stabilito la Cassazione nel luglio dello stesso anno. In pratica, qualsiasi euro riconducibile al partito doveva essere confiscato. Un rischio che in via Bellerio tutti sapevano di correre già da parecchio tempo, visto che la sentenza di primo grado era del luglio 2017 e l’inizio dell’inchiesta è del 2012. E infatti già da tempo le casse padane si erano svuotate.

Quando è iniziata l’indagine per truffa, nel 2012, la Lega aveva 31 milioni di euro tra liquidità e titoli finanziari. Alla fine del 2017, con Salvini al comando e Centemero tesoriere, erano rimasti solo 41 mila euro. Un’emorragia finanziaria sospetta fin da subito per i magistrati di Genova, che hanno aperto un’inchiesta per riciclaggio ipotizzando il trasferimento in Lussemburgo di una parte del tesoro padano. Ma come ha fatto la Lega di Salvini in tutti questi anni a finanziarsi? Come ha fatto a pagare le martellanti campagne sui social, i continui comizi del suo leader in giro per l’Italia, se sui conti c’erano pochissimi soldi? Davanti a questa domanda l’ex ministro degli Interni ha sempre detto che il suo partito è andato avanti grazie ai fondi dei piccoli sostenitori, dei militanti, oltre che a quelli dei parlamentari che devolvono ogni mese parte del loro stipendio. Inchieste giornalistiche e giudiziarie in questi anni hanno però messo in dubbio questa versione.

Le procure di Milano e Roma hanno messo sotto indagine il tesoriere del partito, Giulio Centemero, per finanziamento illecito. Secondo gli investigatori, Centemero avrebbe creato un’associazione ufficialmente slegata dal partito, la Più Voci, per incassare donazioni private: 250 mila euro da un’azienda del costruttore romano Luca Parnasi, e altri 40 mila euro dalla catena di supermercati Esselunga. Un modo per finanziare occultamente la Lega, sostengono le due procure. Ci sono però altre operazioni sospette che riguardano il partito dell’ex ministro dell’Interno. Innanzitutto la creazione di Lega Salvini Premier, dotato di codice fiscale autonomo, che dal 2017 ha iniziato a incassare buona parte delle donazioni dei parlamentari leghisti e del 2 x 1000, i soldi che ogni contribuente può regalare a un partito. Oltre a questo ci sono poi decine di bonifici e assegni che da quando Salvini è segretario hanno svuotato le casse del partito con la motivazione “saldo fatture”. Soldi che dai conti della Lega Nord, di Radio Padania e di Pontida Fin (la cassaforte immobiliare del Carroccio) sono stati trasferiti su quelli di fornitori e società collegate ai commercialisti Di Rubba e Manzoni. Qualche nome? Studio Dea Consulting, Cld, Studio Sdc, Barachetti Service. Esattamente le stesse società che hanno beneficiato del denaro pubblico speso dalla Lombardia Film Commission per comprare l’immobile di Cormano.

Fornitori, fiduciarie e teste di legno: il risiko delle società

Dove sono i finiti gli 800 mila euro di soldi pubblici incassati dalla fortunatissima Immobiliare Andromeda nel 2018? Seguendo questa pista gli investigatori sono arrivati finora ai commercialisti Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore amministrativo del gruppo Lega al Senato e revisore contabile dello stesso gruppo alla Camera, compagni di studi del tesoriere salviniano Giulio Centemero, scelti come nuovi guardiani dei fondi pubblici incassati dal partito. Il fermo di Luca Sostegni, avvenuto ieri, potrebbe però portare l’inchiesta della procura di Milano a scoprire altri beneficiari della misteriosa compravendita immobiliare.

Per ricostruire il giro dei soldi bisogna ripartire dalla Lombardia Film Commission. A gennaio del 2018 l’ente pubblico controllato da Regione Lombardia compra un immobile a Cormano per 800 mila euro da una società di recente costituzione, l’Immobiliare Andromeda. Quest’ultima solo undici mesi prima aveva acquistato lo stesso edificio alla metà del prezzo. Cinque giorni dopo aver incassato il denaro pubblico per l’immobile di Cormano, Andromeda versa 488 mila euro alla Eco, un’azienda costituita un mese prima. Il titolare si chiama Pierino Maffeis, nato a Gazzaniga, provincia di Bergamo, paese natale di Di Rubba. I soldi incassati dalla Eco rimangono per pochissimo tempo sui conti della neonata società.

“La provvista per oltre il 50 per cento è stata immediatamente bonificata in favore della Barachetti Service S.r.l. e per la differenza in favore dei professionisti sempre riconducibili alla Lega”, scrive la Uif, l’unità finanziaria della Banca d’Italia. Di chi è la Barachetti Service? Di Francesco Barachetti, anche lui di Gazzaniga. Uno dei fornitori preferiti dalla Lega di Salvini: in tre anni il partito ha gli ha pagato fatture per 1,5 milioni di euro. A questi si aggiungono dunque i quasi 300 mila euro arrivati dalla Lombardia Film Commission via Immobiliare Andromeda.

A beneficiare della vendita dell’immobile ci sono poi le società direttamente collegate ai commercialisti della Lega. Dopo aver ricevuto il denaro dall’Andromeda, Eco ha infatti versato il resto allo studio Dea Consulting di Di Rubba (all’epoca dei fatti ne era azionista anche di Andrea Manzoni), allo studio Cld (sempre di Di Rubba) e alla Sdc (fondata con capitale versato della Dea Consulting di Di Rubba e Manzoni). Le stesse società che negli ultimi anni, da quando Salvini è diventato segretario federale e Centemero tesoriere del partito, sono diventate importanti fornitrici: dal 2016 al 2018 in totale hanno ricevuto bonifici per circa 1,5 milioni di euro dalla Lega. E hanno a loro volta versato una parte dei soldi sui conti correnti personali di Di Rubba, Manzoni. E di Centemero, che dalla sola Sdc ha incassato 61 mila euro tra giugno 2016 e maggio 2017.

Resta da capire dov’è finito il resto dei soldi pubblici versati dalla Lombardia Film Commission. Abbiamo detto che degli 800 mila euro pagati dall’ente lombardo quasi mezzo milione è andato alla Eco di Pierino Maffeis, che li ha poi versati al fornitore storico della Lega, Francesco Barachetti, e ad alcune società legate direttamente o indirettamente a Di Rubba e Manzoni. Che fine hanno fatto i restanti 300 mila euro circa? Questo resta ancora un mistero. I documenti giudiziari spiegano infatti che quei soldi sono usciti dalle casse dell’Immobiliare Andromeda per finire su quelli personali del suo amministratore, Luca Sostegni, l’uomo fermato ieri mentre cercava di partire per il Brasile. Del denaro, però, non ha beneficiato lui, o almeno non interamente. Proprio nelle settimane in cui incassava 260 mila euro dall’Immobiliare Andromeda, Sostegni ne bonificava 250mila sul conto corrente della Fidirev.

Una fiduciaria, uno schermo legale per nascondere l’identità dei beneficiari. Proprio la fiduciaria che, all’epoca dell’affare, era titolare delle quote dell’Immobiliare Andromeda. Ora Sostegni potrebbe aiutare gli investigatori a scoprire chi c’era davvero dietro la Fidirev.

Caccia grossa al tesoro: indagati 3 commercialisti vicini alla Lega di Salvini

“Da oggi querelo chiunque accosti il mio nome a gente mai vista né conosciuta. Coi diffamatori di professione ci vedremo in Tribunale”. Matteo Salvini avverte. Ma se il leader della Lega è estraneo all’indagine della Procura di Milano sulla compravendita dell’edificio di Cormano dove ha la sede la Lombardia Film Commission, in questa stessa inchiesta tra gli indagati si contano persone non sconosciute nel mondo della Carroccio. Si tratta di Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ex revisori contabili della Lega il primo al Senato, il secondo alla Camera. Sono accusati di peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Stessi reati per i quali è stato iscritto anche un terzo soggetto, anche questi non proprio un estraneo per il Carroccio: Michele Scillieri, commercialista nel cui studio nel 2017 è stato domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier”.

L’indagine dei pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi su questa complessa compravendita sta dunque accelerando. Al punto che ieri è stato anche fermato un altro dei protagonisti di quell’operazione immobiliare: Luca Sostegni, il quale stava fuggendo in Brasile. L’uomo, che non risulta aver avuto contatti con la Lega, sarebbe dovuto partire oggi per la Germania e da lì, domani, per il Sudamerica. Un piano rovinato dagli uomini della Finanza.

L’operazione “gonfiata” e i soldi pubblici

Ma procediamo con ordine. Tutto parte dunque dalla compravendita di un capannone a Cormano, alle porte di Milano. Inizialmente proprietaria dell’immobile era la società Paloschi Srl, di cui dal luglio del 2016 era liquidatore e legale rappresentate Sostegni. L’immobile viene venduto una prima volta alla Immobiliare Andromeda Srl, società di cui i pm, nel decreto di perquisizione, definisco amministratore di fatto Michele Scillieri. In un primo passaggio quell’immobile viene quindi venduto a 400 mila euro. Prezzo che raddoppia quando l’edificio viene venduto da Andromeda Srl alla Lombardia Film Commission, una fondazione non-profit tra i cui soci principali figurano Regione Lombardia e Comune di Milano, e che quindi acquista con soldi pubblici. E chi era presidente della Fondazione quando avviene l’acquisto dell’edificio? Alberto Di Rubba, l’ex revisore dei conti della Lega al Senato. Per i pm quindi a concepire l’operazione immobiliare erano proprio gli uomini in passato vicini al Carroccio, Di Rubba, Manzoni e Scillieri, i quali, secondo le accuse, con altri “si appropriavano di 800 mila euro, bonificati da Lombardia Film Commission sul conto corrente di Immobiliare Andromeda srl per l’acquisto dell’immobile (…) ancora da ristrutturare all’atto dell’integrale pagamento del prezzo, poi retrocesso, per oltre la metà del suo importo a Di Rubba, Manzoni, Scillieri (…) Sostegni, che agivano con diversi veicoli societari”.

L’avviso scritto su misura

I tre sono accusati dunque di peculato, ma anche di aver turbato “il procedimento amministrativo diretto a selezionare un immobile idoneo alle attività della Fondazione”. In sostanza, secondo i pm, nell’“avviso di ricerca immobiliare” sarebbero stati inseriti requisiti per l’immobile da comprare, “ritagliati” sull’edificio di Cormano. Ad esempio il fatto che la struttura dovesse trovarsi nella zona Nord della città. Sono accuse che i commercialisti Di Rubba e Manzoni respingono. “I fondi della Fondazione – sottolineano – non hanno nulla a che vedere con la Lega”. Sull’immobile Di Rubba precisa: “Era in pessime condizioni ed era totalmente da ristrutturare, da qui la differenza di prezzo. Alla Lombardia Film Commission è stata poi consegnata la struttura totalmente rifinita come definita nel progetto”.

L’estorsione: i soldi in cambio del silenzio

In questa storia c’è poi il ruolo di Luca Sostegni, l’uomo fermato ieri. Oltre il peculato, è accusato anche di estorsione. Per i pm, “senza riuscire nell’intento”, avrebbe tentato di costringere, “mediante micaccia”, Scillieri, Manzoni e Di Rubba a consegnargli 30 mila euro “avendo ricevuto solo 20 dei 50 mila euro che gli erano stati promessi per il contributo fornito” rispetto all’operazione immobiliare. Altrimenti, scrivono i pm, avrebbe rivelato ai giornalisti “i retroscena dell’acquisizione del capannone”.

Niente fiori, ma opere di bene

Slittando e sbandando su un fiume di saliva mista a lacrime, il corteo funebre dei Benetton esce da Autostrade allo svincolo di Ponzano Veneto. Il feretro, seguito da vedove inconsolabili, orfani in gramaglie e pecore piangenti, fende due ali di giornalisti che agitano fazzoletti e lanciano petali di rose. Quelli che per due anni, dopo il crollo del Morandi e i 43 morti, si domandavano pensosi chi fosse mai il colpevole: forse il maggiordomo. Dunque guai a revocare la concessione o cacciare i Benetton. Poi accusavano il governo di non decidere: ora lo accusano di aver deciso. Accusavano Conte di non osare sloggiare i Benetton o revocare la concessione: ora che li ha sloggiati, lo accusano di non aver revocato la concessione (e a chi, visto che i Benetton escono?). Ma, se l’avesse revocata, lo accuserebbero di non averli sloggiati. Lunedì accusavano Conte di aver fatto perdere ad Atlantia il 15% in Borsa: ora lo accusano di averla fatta risalire del 20%. Dicevano che, cacciando Benetton, Conte era succube del M5S: ora il Messaggero titola “Autostrade, Conte piega M5S” e “i grillini sono scontenti” per l’ennesimo “dietrofront dopo Tav e Tap”. Anche per Repubblica “Di Maio raggela Conte” perché è molto deluso. Dev’essere lo stesso Di Maio che esulta sul Corriere per il “risultato molto positivo”.

Intanto proseguono le ricerche di Stefano Folli, con l’ausilio dei sanbernardo. L’ultima volta che l’hanno sentito, a Repubblica, è stato martedì, prima del Cdm, quando vaticinò la caduta del governo: “una stagione al tramonto”, “il caso Autostrade può essere l’incidente su cui il governo inciampa”, “l’esaurimento del Conte2 è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere”, “l’agonia”. Poi più nulla. Ma non si esclude che si sia unito al corteo funebre sullo svincolo, mescolato tra la folla col volto coperto dal riportino sghembo. Lo sostituisce Claudio Tito, che il 4 luglio dava per certo che “Il governo spera nella Consulta per lasciare la concessione ad Aspi” e, ora che è andata esattamente all’opposto, vede “intorno alla soluzione trovata per Aspi un illusorio alone di ottimismo”. Gli siamo vicini. Molti deplorano l’orario notturno del Cdm: si sa che, dopo una cert’ora, gli accordi valgono meno. I giornali di destra sono come i leader di destra: non sanno che dire. Libero spara l’“Autogol di Conte” e Benetton “sempre più ricco” che “vince ancora alla lotteria” perché il governo “coi soldi nostri compra a caro prezzo la società” (il prezzo non è ancora fissato, i Benetton non prendono un euro dallo Stato, anzi gli danno 3,4 miliardi, Cdp in Aspi fa un ottimo investimento, visto che le autostrade hanno utili altissimi e rischi bassissimi).

Poi giri pagina e scopri che il governo è “come una Cupola” e fa “la guerra agli imprenditori” come “nei film su Cosa Nostra”: cioè Benetton, più che salvato, è stato assassinato. Anche il Giornale di Sallusti riesce a sostenere contemporaneamente che, senza revoca, “altro che punizione per i Benetton”, quelli ci guadagnano; però “questo è un esproprio di Stato”, dunque ci rimettono. La Verità non ha dubbi: “Conte fa un regalo ai Benetton”, che “hanno vinto”, mentre gli italiani sono “cornuti e mazziati”; poi volti pagina e scopri che ha vinto Conte, “la scena è sua”. Uno spera sempre che certa gente si faccia pagare, ma c’è pure un sospetto peggiore: che lo faccia gratis. Su La Stampa il sempre acuto Marcello Sorgi spiega che ha perso Conte, “smentito dai fatti” (quali?). E indovinate chi ha vinto? “Mattarella” che non c’entra una mazza. Paolo Griseri torchia da par suo la De Micheli: “Senza che un magistrato abbia deciso chi sono i colpevoli, vi sostituite nel giudizio e accusate i Benetton?” (è stato il maggiordomo); “Si sente come Maduro?” (semmai Mamolle).

Chiude il corteo, straziato dal lutto, Giampaolo Visetti, inviato da Repubblica a Treviso per auscultare le confidenze di Luciano Benetton “a chi gli è vicino”, cioè a lui e agli altri congiunti. E lo trova sorprendentemente “rimasto alla sua scrivania”, anziché su una cassa dell’ortofrutta. Piange per la “demonizzazione” e l’“accanimento istituzionale”: “mai mi sarei aspettato certi termini e certi toni dal premier Conte”. Un complimentone agli altri premier che, per non usare certi termini e toni, non fiatavano neppure quando gli regalavano le autostrade in ginocchio sui maglioni. Il regalo di Conte non l’ha notato, anzi strilla all’“esproprio” che “devasta la famiglia”, “demolisce il marchio” e “fa a pezzi il gruppo”. Tutta colpa di un premier che “intima di cedere i nostri beni entro una settimana a noi che abbiamo contribuito al boom economico dell’Italia e distribuito tanta ricchezza e cultura” (tipo Briatore) e “ci tratta come ladri”, “peggio di una cameriera” senza dargli “i 15 giorni di preavviso” (gli ha dato solo 23 mesi: la prima lettera di contestazione di Conte e Toninelli è del 18.8.2018). E tutto per qualche “errore” dei “manager scelti da Gilberto” (tanto è morto). Così parlò “a chi gli è vicino”, cioè a Visetti, “l’imprenditore che al tramonto della sua esistenza è ‘costretto ad assistere al disfacimento di ciò che ha costruito’, partendo dal bagagliaio di un’utilitaria pieno di maglioni colorati venduti per strada”. E qui ci si stringe il cuore. Urge una gara di solidarietà, con raccolta fondi per i poveri espropriati senzatetto di Ponzano. Noi, con il nostro obolo, non ci tireremo indietro.

“Riccardino sono!” “Ma come minchia si fa ad essiri squillanti alle cinco del matino?”

Il tilefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parsi, doppo ore e ore passate ad arramazzarisi ammatula dintra al letto. Le aviva spirimintate tutte, dalla conta delle pecore alla conta senza pecore, dal tintari d’arricordarisi come faciva il primo canto dell’Iliade a quello che Cicerone aviva scrivuto al comincio delle Catilinari. Nenti, non c’era stato verso. Doppo il Quousque tandem, Catilina, nebbia fitta. Era ’na botta d’insonnia senza rimeddio, pirchì non scascionata da un eccesso di mangiatina o da un assuglio di mali pinseri.

Addrumò la luci, taliò il ralogio: non erano ancora le cinco del matino. Di certo l’acchiamavano dal commissariato, doviva essiri capitata qualichicosa di grosso. Si susì senza nisciuna prescia per annare ad arrispunniri.

Aviva ’na presa tilefonica macari allato al commodino, ma da tempo non l’adopirava pirchì si era fatto pirsuaso che quella piccola caminata da ’na càmmara all’autra, in caso di chiamata notturna, gli dava la possibilità di libbirarisi dalle filinie del sonno che si ostinavano a ristarigli ’mpiccicate nel ciriveddro.

“Pronto?”.

Gli era nisciuta ’na voci non sulo arragatata, ma che pariva macari ’mpastata con la coddra.

“Riccardino sono!” fici ’na voci che, al contrario della sò, era squillanti e fistevoli.

La cosa l’irritò. Come minchia si fa ad essiri squillanti e fistevoli alle cinco del matino? E inoltre c’era un dettaglio non trascurabile: non accanosciva a nisciun Riccardino. Raprì la vucca per mannarlo a pigliarisilla in quel posto, ma Riccardino non gliene detti tempo.

“Ma come? Te lo scordasti l’appuntamento? Siamo già tutti ccà, davanti al bar Aurora, ci ammanchi sulo tu! È tanticchia nuvolo, ma cchiù tardo sarà ’na jornata bellissima!”.

“Scusatimi, scusatimi… tra deci minuti, un quarto d’ura massimo, arrivo”.

E riattaccò, tornanno a corcarisi.

D’accordo, era ’na carognata, avrebbi dovuto diri la virità: avivano fatto il nummaro sbagliato, ’nveci accussì quelli davanti al bar Aurora ci avrebbiro pirduto ’na mezza matinata aspittanno a vacante.

D’autra parti, a voliri essiri giusti, non è consintito a nisciuno di sbagliari nummaro alle cinco del matino e po’ passarisilla liscia.

Il sonno era oramà perso senza rimeddio. Meno mali che Riccardino gli aviva ditto che la jornata sarebbi stata bona. Si sintì racconsolato.

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