Non si muove foglia a Cerignola senza il consenso delle quattro famiglie mafiose più potenti. Nella Quarta Mafia, la Società foggiana, i cerignolani sono i più pericolosi: dispongono di un esercito e di armi. Un mese fa, in pieno centro, un pregiudicato è scampato a un agguato: i colpi di kalashnikov risvegliarono la città. Mai la mafia si era spinta a tanto. “Ogni giorno, alle 8, arrivo in commissariato, ma quella mattina ero in ferie, altrimenti sarei rimasta coinvolta”, spiega Loreta Colasuonno, dirigente del commissariato di polizia di Cerignola. “Anche la volante si sarebbe trovata in mezzo alla pioggia di proiettili se non avesse avuto un contrattempo. I miei uomini si sono accorti che la vittima scavalcava il cancello del commissariato per trovare un rifugio sicuro. Un’azione così spavalda non si era mai vista. Prima l’inseguimento per un tratto di strada così lungo, poi le armi pesanti per un regolamento di conti”. Si tratta del solito traffico di droga? “Probabilmente… Le indagini sono in corso”.
La vicequestore Colasuonno combatte insieme a una squadra di esperti investigatori una guerra silenziosa contro la criminalità organizzata. “Una poliziotta di tutto rispetto”, dice un uomo d’onore in un’intercettazione. Lontana dai tappeti rossi e dai riflettori, la “poliziotta di Andria” non nasconde la sua preoccupazione di fronte a una città che assomiglia sempre più al Far-West. “Per questo ho deciso di rilasciare la mia prima intervista. Dopo l’ultimo agguato in pieno centro, non c’è stata nessuna presa di posizione da parte della cittadinanza. La gente ha paura di manifestare, teme ritorsioni”. A Cerignola i ladri controllano le guardie. Le vedette dei boss ascoltano anche i respiri dei poliziotti. “Noi sappiamo che siamo monitorati dagli uomini della mafia: prima di una perquisizione o di una operazione, l’ultimo briefing lo facciamo a Foggia…”, rivela la vicequestore.
L’ingerenza e il condizionamento delle locali organizzazioni criminali si è fatto sentire anche nella politica, al punto che la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese lo scorso anno ha ottenuto lo scioglimento del consiglio comunale e affidato l’amministrazione ai commissari prefettizi. Il sindaco “cacciato” è Franco Metta, lista civica di centrodestra, noto avvocato che difende le più pericolose famiglie mafiose.
Lui non l’ha mandata giù, si sente una vittima e dal giorno della defenestrazione lancia i suoi messaggi su Facebook. “Ci tempesta con le sue critiche virtuali, spara a zero, offende: sono stata additata come la manettara che avrebbe pure ossessioni sessuali, addirittura nei suoi confronti”, denuncia la vicequestore. La netta spaccatura fra le forze dell’ordine e l’amministrazione di Metta è evidenziata nella relazione della ministra Lamorgese che parla di una “complessa rete di amicizie, frequentazioni tra amministratori comunali, dipendenti dell’Ente e soggetti appartenenti o contigui a famiglie malavitose” che “avrebbero beneficiato di favori nell’esercizio di attività commerciali”. Come spiega Colasuonno, “una volta l’ex sindaco contestò un’operazione interforze per il contrasto all’abusivismo commerciale. Prese le difese di alcuni pregiudicati. Mi disse di soprassedere, mettendomi a disagio”. L’ex primo cittadino celebrò le nozze di un pluripregiudicato e partecipò al banchetto nuziale insieme a esponenti della criminalità, pubblicando poi le immagini dell’evento sui social network. “Partecipò anche all’inaugurazione del bar della figlia di un noto pregiudicato, in quella occasione la foto è accompagnata dalla frase: ho avuto il piacere e l’onore…”, dice la vicequestore. “Mai vista un’alzata di testa della popolazione, nessuno si ribella, nessuno collabora. Ogni tanto qualche lettera anonima inviata da chi vuole eliminare il suo avversario dal mercato della criminalità organizzata. Mai qualcuno che denunci un’estorsione. Eppure tutti pagano il pizzo. Cosa pretendono dalle forze dell’ordine? Mica abbiamo la bacchetta magica “.
Cerignola è famosa anche per le bande specializzate in assalti ai mezzi blindati e caveau in tutta Italia. “Una volta – racconta Colasuonno – mi capitò di sentire: ‘Speriamo che facciano un altro assalto al portavalori così le loro mogli verranno a spendere da me’. Era la proprietaria di una nota boutique”.