La trattativa su Autostrade è durata quasi due anni ed è passata in mezzo ad altrettanti governi. A far da legame, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che più di tutti mette la faccia sul risultato. Nel giudicare chi ha vinto e chi ha perso in questa partita è necessario partire proprio da come è cambiato il suo ruolo.
Chi ha vinto Il premier Giuseppe Conte porta a casa il ritorno dello Stato nella gestione di autostrade. Aveva minacciato la revoca, resa impossibile dalla contrarietà degli alleati. La soluzione finale gli consente comunque di esultare perché i Benetton hanno accettato le condizioni dello Stato. Non a caso Conte incassa elogi dal Pd e da Alessandro Di Battista, oltre che dal M5S di governo.
Tra i 5 Stelle può ritenersi soddisfatto Luigi Di Maio. Due anni fa la battaglia sulle concessioni era iniziata proprio con lui alla guida del Movimento. L’estromissione dei Benetton dalle autostrade ha origine nella direzione indicata dal M5S nell’agosto 2018.
Ne esce bene anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che è riuscito a mediare tra la posizione della revoca e quella di un intervento pubblico che lasciasse però spazio ai Benetton. Sull’accordo finale c’è molto di suo.
Tra i vincitori c’è poi Nicola Zingaretti: ha preso un Pd restio alla nazionalizzazione e l’ha portato a prendersi parte dei meriti della trattativa, legittimando più volte Conte e dando un segnale di compattezza ai Benetton prima del cdm.
Chi ha perso Tra chi perde ci sono prima di tutto i Benetton. Alla fine la rassegnata accettazione delle condizioni del governo è l’unica possibilità e salva almeno i conti della holding. Perde anche Paola De Micheli, ministra delle Infrastrutture. Non tanto per il merito dell’accordo, ma perché è stata la più criticata, pure nel Pd. E non è piaciuta la mossa, di cui qualcuno accusa il Mit, di diffondere una vecchia lettera in cui lei chiedeva a Conte di velocizzare sul dossier.
Anche Matteo Renzi non gioisce. Sventa la temuta revoca, ma mette la firma sull’esclusione dei Benetton, su cui era stato timido in passato evocando “tempi della magistratura” da rispettare. Quanto a Matteo Salvini, all’inizio prometteva la revoca tra i selfie al funerale delle vittime, salvo poi cambiare idea (“Finiamo come in Unione Sovietica”) e ora tornare indietro: “Nessuna revoca. Incapaci o complici?”.
Non è andata bene neanche al governatore ligure Giovanni Toti. Dapprima ambiguo (“Il tema non è nazionalizzare, ma scrivere bene i contratti di concessione”) è poi diventato un ultrà della revoca e ieri ha parlato di “tanto rumore per nulla a spese degli italiani”.
Due sere fa, alla chiusura di Repubblica e a Cdm in corso, Stefano Folli vergava il necrologio di Conte: “Il caso Autostrade può essere l’incidente su cui il governo inciampa. Rappresenta uno degli indizi più espliciti che una certa stagione politica sta per concludersi”. Servirà aspettare un altro po’.
Perde anche Sabino Cassese, giudice ex componente del cda di Autostrade. Nei mesi ha parlato di revoca “sproporzionata” e di “paradosso”, chiedendosi “come uno Stato senza tecnici possa gestire le autostrade”. E tra gli “sconfitti” c’è infine Carlo De Benedetti: due giorni fa ha dichiarato al Foglio di preferire financo Silvio Berlusconi a Conte, liquidato così: “Basta il caso Autostrade per qualificare la sua nullità”.