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“Il Fatto” ha guadagnato 44,5% delle vendite

Caro Direttore, congratulazioni alla Presidente Cinzia Monteverdi, a lei e tutto lo staff del nostro amato Fatto Quotidiano. Secondo i dati Ads di maggio, nell’ultimo anno, Il Fatto ha guadagnato 44,5% delle vendite (prima in Italia… e forse nel mondo)! Non solo i migliori giornalisti, ma adesso abbiamo anche i migliori lettori

Claudio Trevisan

Caro Claudio, grazie di cuore.
M. Trav.

 

La magistratura recida il cordone con la politica

Leggo il Fatto ormai da un po’ di tempo e non mi sono mai pentito. Spesso sul vostro (e direi anche mio) giornale trovo articoli che riguardano la cronaca giudiziaria, in ultimo il caso di questo “signor” Ferri. Si è scritto e parlato (forse anche troppo) poco tempo fa del caso Di Matteo; ora quest’ultimo del pluricondannato Berlusconi. Fino a quando la magistratura avrà il cordone ombelicale legato alla politica non avremo mai una vera giustizia, dovremo affidarci a quei pochi magistrati che si batteranno – a volte vincendo, spesso perdendo – contro questa ignobile servitù politica-giudiziaria.

Angelo Pasimeni

 

DIRITTO DI REPLICA

In merito agli articoli “Lo scoop del FT” a firma Sabrina Provenzani e “Bond, affari, ’ndrangheta: i mediatori sono italiani”, si prega di precisare che in merito all’inchiesta del Financial Times relativa all’operazione di cartolarizzazione avente ad oggetto crediti verso Enti del Servizio Sanitario Nazionale, EY è stata incaricata dalla società-veicolo esclusivamente di supportare la predisposizione del prospetto informativo e dei documenti contrattuali relativi all’operazione, con espressa esclusione di qualsiasi attività di due diligence sui crediti o sui cedenti e non ha fornito alcun tipo di garanzie sull’operazione.
EY- Ernst & Young

 

Al fine di fornire al pubblico una rappresentazione dei fatti che sia aderente alla realtà e di contenere la diffusione di notizie non veritiere e la lesione dell’onore della nostra società e dei suoi rappresentanti, Vi chiediamo di rettificare il Vostro articolo (pubblicato il 9 luglio 2020, dal titolo “Bond, affari e ’ndrangheta. I mediatori sono italiani”, ndr) secondo le indicazioni che seguono: precisare che non corrisponde a verità l’affermazione secondo cui Ottima Mediazione è mediatrice della ’ndrangheta e che, invece, la società si occupa di mettere in contatto intermediari finanziari con aziende espressamente autorizzate dalla Pubblica Amministrazione ad erogare prestazioni sanitarie e che hanno ottenuto, sempre dalla P. A., l’accreditamento presso il Sistema Sanitario Nazionale; precisare che Ottima Mediazione non svolge né attività di acquisto e vendita di crediti né di emissione di obbligazioni; precisare che l’operazione finanziaria oggetto del Vostro articolo non consiste nell’emissione di obbligazioni garantite dalla ’ndrangheta ma nella cartolarizzazione di crediti derivanti dallo svolgimento di prestazioni sanitarie autorizzate dalla Pubblica Amministrazione; precisare che Ottima Mediazione, oltre ad aver svolto le verifiche antiriciclaggio richieste dalla legge, ha prontamente provveduto a segnalare alle autorità competenti ogni irregolarità sopravvenuta.
Ottima mediazione – Amministratore unico Pietro Greco

Prendiamo atto del fatto che Ottima Mediazione si occupa solo di mediazione creditizia: facciamo però notare che è la stessa società a scrivere in una sua presentazione online di essere specializzata nella “cessione di crediti pro soluto tramite operazioni di cartolarizzazione”. L’espressione “obbligazioni garantite dalla ’ndrangheta” è stata usata per riassumere il contenuto dell’inchiesta del “Financial Times”, che difatti scrive: “The Bonds backed in part by front companies charged with working for the calabrian ‘Ndrangheta mafia group”. Con la precisazione pervenuta da Ottima Mediazione, la società conferma di aver fatto da mediatrice, inconsapevole, nella cessione di crediti da parte di aziende sospettate dalla magistratura di essere legate alla ’ndrangheta. Della segnalazione fatta alle autorità competenti avremmo volentieri dato conto nel nostro articolo, se solo la società – contattata prima della pubblicazione – ci avesse fornito questa informazione.

Stefano Vergine

Il paese della Fase come vi pare

“Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne”.

Michael Ende, “Lo specchio nello specchio”

Lo scorso 23 giugno, con apposita disposizione a tutte le compagnie aeree, l’Enac ha vietato ai passeggeri l’uso delle cappelliere, quegli utili vani posti sopra i sedili dove riporre i trolley e le altre borse di piccole dimensioni. “La misura”, recita rigoroso ma giusto il comunicato, “è per evitare assembramenti delle persone nel momento in cui devono posizionare il proprio bagaglio a bordo dell’aeromobile”. Infatti, chi avesse la disavventura di frequentare lo scalo di Fiumicino per motivi (indovinate un po’) di viaggio sarà costretto a file mostruose per raggiungere gli sportelli del check-in (pur essendo già provvisto di check-in) onde spedire nella stiva il bagaglio (se eccedente la misura 36 per 45 per 20, praticamente la calza della befana). Si posizionerà accanto ad altri sventurati, che avranno almeno la soddisfazione di imbarcare degli armadi a quattro ante. Infatti, in forza della prima legge della termodinamica, secondo la quale dei corpi umani in fila (anche soltanto un paio) tendono comunque a premere gli uni sugli altri, per evitare qualche assembramento a bordo se ne creano altri, di massa, in aeroporto, perfetti per la trasmissione di eventuali contagi (coronavirus o peste bubbonica). Infatti, stremati, accaldati e incazzati dalle attese, una volta seduti e allacciate le cinture condivideremo una distanza di circa venti centimetri con il passeggero accanto, che potrà tranquillamente starnutirci addosso milioni di germi, naturalmente protetto dall’indispensabile mascherina (che va tenuta comodamente sulla bocca e sul naso fino ad avvenuta asfissia). È il “Comma 22” del comitato tecnico scientifico: il modo migliore per evitare gli assembramenti è crearne di nuovi.

Capitolo sotto la banca il cliente crepa. Come sanno i comuni mortali, negli istituti di credito si può entrare uno alla volta. Capita quindi che sul marciapiede, e sotto il saettante sole estivo si creino vasti assembramenti, con anziani stramazzati sull’asafalto. Del resto, può capitare che proprio nel bar accanto si creino davanti al bancone degli allegri assembramenti (e senza mascherina non potendosi altrimenti sorbire il caffè). Del resto, siamo il paese dove negli stadi, rigorosamente senza pubblico, i giocatori, dopo ogni segnatura, festeggiano con veri e propri amplessi, poco profilattici. Siamo il paese dove ci si assembra e senza precauzione alcuna nelle strade della movida. E dove nelle spiagge carnaio ci si assembra gli uni sugli altri (tanto, come dice Jair Bolsonaro, tutti dobbiamo morire). Siamo il paese dove il dibattito politico si accende sullo stato d’emergenza che il governo intende prorogare a fine 2020, con politici e giornalisti dell’opposizione che evocano (senza ridere) la dittatura di Pinochet. Siamo il paese della Fase Come Vi Pare. Dove per uscire dal labirinto delle proibizioni basta non entrarci, direbbe Michael Ende. Perché siamo il paese dove sarebbe bello se il ministro della Salute, Roberto Speranza, con codazzo di esperti, prima di escogitare nuove misure per tormentare inutilmente il prossimo, si facessero un giretto negli aeroporti, tra le cappelliere, davanti alle banche, al bar sottocasa, sulla spiaggia di Ostia (ma anche Fregene e Ladispoli vanno bene). Per vedere l’effetto che fa.

 

Ondate di calore: l’abbiamo scampata (ma solo quest’anno)

In Italia nello scorso fine settimana temporali di intensità non comune per l’estate mediterranea hanno colpito il Sud, specie il Reggino e il Messinese (154 mm di pioggia a Patti tra sabato 4 e domenica 5 luglio, strade e sottopassi allagati). Altrove invece splendeva il sole e lunedì un’onda calda dal Nord Africa spingeva i termometri a 37 °C nel Pistoiese. Sventagliata di fresca bora martedì, raffiche a 87 km/h a Rimini e rapidi rovesci sull’Adriatico, poi tranquille giornate estive, fino ai temporali di venerdì sera e ieri a Nord del Po. L’Ispra ha pubblicato il rapporto “Indicatori del clima in Italia nel 2019”, terzo anno tra i più caldi dopo 2015 e 2018 nella serie nazionale dal 1961; memorabili la canicola di fine giugno con 40 °C a Torino e Aosta e il maltempo di novembre con inondazioni e acqua alta eccezionale a Venezia. E quando l’aumento delle precipitazioni intense si somma alla fragilità idrogeologica tipica del nostro territorio, il rischio di frana o alluvione è destinato ad aumentare, come mostra il climatologo del CNR Antonello Pasini nel libro “L’equazione dei disastri – Cambiamenti climatici su territori fragili”, Codice Edizioni.

Nel mondo disastrose alluvioni e frane hanno colpito il Sud del Giappone, dove sabato 4 luglio si sono scaricati oltre 400 mm d’acqua in 24 ore, almeno 66 le vittime, 16 i dispersi, e continua a piovere intensamente. Ma un po’ tutta l’Asia meridionale è alle prese con le inondazioni del monsone estivo: Pakistan, Nepal, India occidentale (nel Gujarat nubifragio da 292 mm di pioggia in due ore il 5 luglio), Bangladesh, ma anche la Mongolia. La tempesta tropicale “Fay” ha causato allagamenti tra venerdì e ieri negli stati del Delaware, Maryland, New York e New Jersey: è la sesta della stagione nel Nord Atlantico, e mai se ne erano già contate tante a questa data, tuttavia per ora si è trattato di eventi brevi e poco distruttivi. Gravi danni e una vittima mercoledì 8 in Minnesota per un potente tornado classificato EF4 (venti rotanti a 267-322 km/h), mentre nel Sud-Ovest americano si sviluppava un’intensa ondata di calore con 44 °C in New Mexico. Caldo inusuale anche in Spagna, 43,6 °C martedì 7 a Montoro (Cordoba), ma ben più anomale sono le temperature di pari livello registrate tra basso Volga e Mar Caspio: mercoledì decine di stazioni erano sopra i 40 °C, fino a un record di 42,7 °C nel villaggio di Yusta, 11 gradi sopra media. A seguire tempeste e alluvioni-lampo, anche intorno a Mosca. La bora che martedì ha interessato l’Italia è stata ben più gagliarda sulle coste croate, raffiche a 158 km/h al ponte di Krk, celebre per l’impeto di questo vento, e alberi sradicati a Pola. Il servizio EU-Copernicus informa che giugno 2020 è stato il più bollente nel mondo (anomalia +0,53 °C) pari merito con il caso del 2019; al secondo posto in Europa solo grazie a una certa frescura al Sud, mentre il caldo da primato proseguiva in Scandinavia (giugno più caldo nella serie dal 1961 a Helsinki) e soprattutto in Siberia (anomalie mensili fino a +10 °C!). Di conseguenza la banchisa artica è ai minimi dal 1979 per questo periodo (ne mancano 1,9 milioni di km2 rispetto al normale), soprattutto per l’eccezionale carenza di ghiaccio nel mare di Laptev, proprio di fronte alle coste siberiane. Che da metà Novecento le ondate di calore siano divenute più lunghe e frequenti è evidente in quasi tutto il mondo, come attesta la più completa analisi eseguita finora, pubblicata dalle climatologhe australiane Sarah Perkins-Kirkpatrick e Sophie Lewis con l’articolo “Increasing trends in regional heatwaves”, su Nature Communications. Quest’anno almeno per adesso in Italia l’abbiamo scampata, ma le tendenze non perdonano: andiamo verso estati sempre più soffocanti.

 

Salvezza. Bisogna ancora gettare le reti secondo la parola di Cristo

“Pescatori di uomini” è un’espressione nota nel linguaggio occidentale e cristiano. Il riferimento, secondo il racconto del Vangelo di Marco 5,1-11 indicato oggi dal lezionario Un giorno una Parola (Claudiana 2019), è alla missione cui sono chiamati i primi discepoli di Gesù, a partire da Pietro, e tutti quelli che seguiranno. Una missione che ha come obiettivo il rinnovamento (conversione) e la salvezza dell’umanità e del creato. Ma nel linguaggio comune, bisogna ammettere, “essere pescati”, “abboccare a un amo”, “essere messi nella rete” non descrivono una bella esperienza, perché l’obiettivo di chi pesca è mettere il pescato in padella.

L’espressione, dunque, può essere ambigua e dobbiamo riconoscere che, nella ormai lunga storia della chiesa (e delle chiese), è capitato che alcuni di coloro che si dichiaravano discepoli di Cristo abbiano inteso la pesca più secondo il senso comune che secondo le buone intenzioni dell’espressione di Gesù. Hanno pescato uomini e donne non in vista della salvezza, ma per renderli schiavi, per imporre e non per proporre un certo modo di vivere, per creare non tanto dei buoni cristiani quanto dei docili sudditi della chiesa o del potente di turno che proteggeva la chiesa. Gli esempi sono così tanti che non è necessario farne.

Certo, oggi le cose sono cambiate. Nessuno più costringe a convertirsi con la forza (almeno in Occidente, salvo casi da codice penale) e le ammissioni di responsabilità, le confessioni di peccato per gli errori e orrori del passato sono sempre più frequenti e sinceri. Eppure la vigilanza deve essere mantenuta, perché le chiese cristiane (come le culture sociali dei paesi democratici) possono rischiare sempre di tornare indietro, assumendo atteggiamenti intolleranti e promuovendo, come un tempo, il disprezzo e l’odio verso l’uno o l’altro. La vigilanza va mantenuta perché nel mondo, anche in Occidente, ci sono gruppi religiosi, vecchi e nuovi, il cui scopo sembra quello di catturare anime, catturarle e poi soffocarle, soffocarne l’identità per uniformarle ai loro schemi.

Ma, allora, come dobbiamo intendere la pa rola di Gesù? Come un incoraggiamento a quei cristiani disposti, come Simone, chiama to poi Pietro, a continuare a gettare le reti secondo il mandato ricevuto: “Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti” (Luca 5,5). Come Simone anche le chiese non hanno persa la fiducia che una missione basata su una parola liberante e responsabilizzante – l’unica autenticamente ispirata al “metodo” del Maestro di Nazareth – non solo sia efficace ma sia anche necessaria, nel tempo in cui viviamo, per dare speranza e vitalità alle nostre frammentate e incerte società. E per dare vitalità anche alle chiese d’Occidente, altrettanto incerte e frammentate. Non si può pensare però di essere pescatori (e il termine vale anche al femminile) allo stesso modo in cui lo si è fatto finora, sono necessarie modalità e linguaggi diversi da quelli di ieri, molta umiltà e molta empatia umana. Perché nel passato ci sono state luci, ma anche tante ombre.

La Pesca miracolosa è il titolo tradizionale di questo brano: ma qual è il miracolo? Il gran numero di pesci che, a fine racconto, riempie la rete? Certo, ma anche il fatto che i pescatori, stanchi e scoraggiati, siano stati pronti a gettare nuovamente le reti perché hanno ascoltato, un attimo prima di arrendersi al fallimento, quella parola che può cambiare radicalmente la vita e di aprirla a un futuro nuovo.

 

Nel mondo senza fiducia per fortuna c’è il Papa

Le prime violente immagini della pandemia ci hanno lasciato il terrore della cura. Gli scafandri di medici e malati, le tremende stanze ospedaliere, le pratiche “di cura”, che apparivano misteriosamente chirurgiche, le narrazioni dei sopravvissuti, che terrorizzano più delle morti, adesso ci tengono lontani da un conforto che ha sostenuto per lungo tempo le nostre vite anche in momenti di rischio. Abbiamo perduto la fiducia, anche un po’ miracolistica nella scienza. Ognuno di noi si allontana dallo schermo dopo avere ascoltato un esperto, poi un altro, poi una lunga sequenza di voci competenti di voci, mormorando “non lo sanno”. È una sensazione di abbandono che non fa parte dell’epoca industriale, post industriale, e poi digitale. Sapevamo con certezza che potevano esserci sfasature di tempo e poi ci sarebbe stato, per tutti i mali con grandi numeri, un modo per prevenire, uno per curare, uno per guarire. Andare dal medico era, allo stesso tempo una cattiva e una buona notizia. Peccato essere ammalato. Ma per fortuna adesso ti curano. E poi arrivi addirittura a dimenticare. Ora no. Ora siamo rimasti tutti con una tenace diffidenza di diagnosi e cure, al punto da non camminare, se possibile, in prossimità di luoghi chiamati ospedali. Da essi ci sono giunte per molte settimane immagini paurose (la cura) che finivano spesso in bare senza nome trasportate da soldati in casse tutte uguali, verso fosse comuni. Poi è iniziata la tregua e una strana attesa. Ed è servito per sapere che tutto è stato interrotto dalla misteriosa malattia tranne due antichi e solidi mali italiani: la corruzione (guadagnare sui camici e sui defunti) e l’assenteismo: il 65 per cento del personale sanitario di almeno un luogo finora investigato a Milano – e la macabra scoperta si ripeterà altrove – si è astenuto dal lavoro indesiderato, lasciando morire pazienti e colleghi fedeli. C’è una intuizione che non può non avere attraversato la mente, il pensiero, la paura, la speranza di molta gente. Non si esce allo stesso livello fisico e psicologico e morale da cui siamo entrati. Comunque il cammino era fermo, non c’erano progetti e non c’era niente che potesse chiamarsi, con un’ombra di desiderio, “futuro”. Quando si interrompono le notizie che aspetti , e arriva la densa sfilata di notizie e annunci e dibattiti su politica ed economia; ti rendiconto che si tratta solo di martellate per inchiodare ciascuno alla persuasione di prima, che non ha niente a che fare col dopo. Dunque non sta accadendo niente e nessuno riparte. Angoscia, ma non sai a chi raccontarlo, un senso di abbassamento dell’orizzonte. L’esperienza di una lenta ma implacabile discesa che rende tutto più misero e più irrilevante. Eppure non è vero che non ci sono notizie, sia pure al di fuori della politica. Venerdì la Corte Costituzionale, presieduta per la prima volta da una donna, ha cancellato la legge sicurezza, scritta nel tempo libero dall’allora ministro dell’Interno Salvini , perchè completamente estranea e contraria alla Costituzione. La Corte ha visto infatti un intento di far male ai destinatari, stranieri venuti in Italia per fame e per guerra, ma di fare male anche all’Italia, creando masse di persone senza documenti e senza aiuto, ma anche con la proibizione di lavorare. La sentenza di cui stiamo parlando, per la prima volta in anni, ha dato una spinta molto forte al treno fermo e indicato con autorevolezza in che modo si ritrova identità e si riparte.

Il giorno prima Papa Francesco, il solo politico che sa da che parte voltarsi per parlare della realtà, indicava da dove partire per arrivare a governare un mondo senza crudeltà e senza corruzione (che insieme alle guerre sono la causa di tutte le crisi economiche per cui gli esperti si riuniscono) ha detto, in un discorso, che Johnson, Trump, Putin e Bolsonaro non saprebbero immaginare: “Bussano alla nostra porta forestieri affamati, nudi, malati, carcerati, chiedendo di essere incontrati e assistiti, chiedendo di poter sbarcare. Per i migranti la Libia è un inferno, un lager. La guerra è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive in quei lager. Questa gente ha solo la speranza di attraversare il mare”.

Provate a mettere insieme le tre notizie. Un grande Paese ha abbandonato la medicina e la ricerca. Al bisogno urgente ci sono stati eroi ma non strumenti. Un grande Paese si è dato leggi persecutorie e miserabili che ci hanno confermati di non saper affrontare la realtà.

Il Papa ha visto la follia dei blocchi navali, delle guerre, delle carestie, degli abbandoni e isolamenti, dei campi di concentramento “come l’inferno” voluti dall’Italia.

Forse ci vorrà la lista di Colao. Ma senza la lista di Bergoglio restiamo inchiodati, nel punto in cui ci ha colto la pandemia.

 

La favola del vecchio marchese, e dei due amanti della moglie

Dalle Fiabe apocrife di Ludwig Tieck. Il vecchio marchese di Carabas sapeva che la giovane moglie aveva come amanti due vigorosi garzoni della fattoria con cui faceva sesso contemporaneamente, e la cosa lo indispettiva, non tanto per le corna, che infastidiscono solo il volgo, ma perché i sudditi, al suo passaggio, ridacchiavan di sottecchi. Il giorno che non ne poté più, decise che li avrebbe ammazzati, prima uno e poi l’altro; se li avesse colti in flagrante, avrebbe pure evitato la galera. Così, una bella mattina disse alla moglie che doveva recarsi in città per affari e sarebbe tornato la sera; invece, tramite un passaggio segreto, dalla campagna tornò alla villa, e si appostò in un andito clandestino da cui poteva sorvegliare, non visto, il boudoir della fedifraga. Poiché, durante l’ennesimo litigio con la consorte, in un accesso d’ira si era lasciato sfuggire che sapeva delle sue tresche e gliel’avrebbe fatta pagare, lei stava accorta a non farsi sorprendere in compagnia dei suoi consolatori. Quel giorno, poi, aveva il presentimento che fosse in atto una trappola, ma non sapeva come avvisarli del pericolo. Non appena la carrozza del marito si fu allontanata, i due andarono a farle visita. La donna fu presa dal panico: “Siete pazzi! Non sareste dovuti venire! Non se n’è andato, ne sono certa.” Aveva notato, infatti, che un occhio del ritratto di un antenato, alla parete, era più vivo del solito. “Fantasie. L’hanno visto che andava in carrozza verso la città,” disse uno. “E poi, se anche ci scoprisse, non potrebbe nuocerci. Mia nonna è la strega del bosco, e mi ha insegnato le sue arti magiche,” disse l’altro, che era un fanfarone. E presero a baciarla, a toccarla dappertutto, a spogliarla, mentre lei risvegliava i loro membri nerboruti con le sue labbra peccaminose. Poco dopo, a letto, scoprì che il godimento di essere sollazzata in ogni pertugio era aumentato dalla certezza che il marito occulto la stava guardando: una sensazione nuova. Il marchese furioso, impossibilitato ad agire dalla paura del maleficio, rinunciò alla vendetta immediata, e la sera, dopo aver finto il ritorno, ordinò al suo gatto che si informasse su quella strega e sui prodigi che sapeva compiere. Il giorno dopo, il gatto andò nel bosco, dove abitava la megera, e chiese di poterle parlare, dicendo che non aveva voluto passare così vicino alla sua dimora senza avere l’onore di renderle omaggio. Fu enorme il suo stupore quando la strega gli aprì l’uscio: non era affatto una megera. Era la più bella ragazza che avesse mai visto. Eppure doveva avere un centinaio di anni. Le sue arti magiche erano davvero prodigiose! La bellissima strega lo ricevette con la buona grazia di una regina. Il gatto disse: “È vero che avete la capacità di mutare ogni cosa in ogni sorta di altra cosa?” “Sì. Perché?” E il gatto le raccontò tutta la storia. La strega, che non aveva affatto nipoti, provò pietà del vecchio marchese raggirato. Lo ricordava da bambino: una volta, nel bosco, le aveva regalato un girasole stupendo, quando tutti, invece, alla sua vista si ritraevano inorriditi. Seguì il gatto al castello del padrone; trasformò i tre mascalzoni in topolini, con cui il gatto fece colazione; riportò l’anziano marchese, abbagliato dalla sua bellezza, alla gioventù di un tempo; se lo sposò; e vissero per sempre felici e contenti. La fata proibì al gatto di raccontare cosa aveva visto. Il gatto: “Perché non vuole che parli di questo miracolo?” La fata: “Perché lo è.”

 

Decapitazioni, suicidi e stupri di bambini. La chat dell’orrore dei venti minorenni

A scoprire che il figlio, un 15enne di Lucca, era l’amministratore della “chat dell’orrore”, è stata la madre. Una volta scoperti quei video pedopornografici con protagoniste delle minorenni, si è insospettita e ha denunciato tutto alla polizia postale. Solo che in quella conversazione non c’erano solo immagini di abusi su bambini molto piccoli (tra i 2 e i 4 anni), ma anche – ed è questa la novità su cui si concentrano gli investigatori – uno scambio frequente di immagini gore, video amatoriali di persone e animali uccisi in maniera truculenta, provenienti dal deep web. Così è partita l’indagine “Dangerous Images” della polizia postale della Toscana, coordinata dalla Procura dei minori di Firenze guidata da Antonio Sangermano, che dopo cinque mesi ha portato alla denuncia di 20 adolescenti tra i 13 e i 17 anni in tutta Italia. Al momento la Procura indaga per detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico e istigazione a delinquere, ma non è escluso che l’inchiesta possa estendersi ad altre persone maggiorenni: in quel caso a intervenire sarebbe la magistratura ordinaria.

La madre, prima si è fatta raccontare da dove provenissero quei video e poi ha consegnato lo smartphone alla polizia postale. Grazie all’analisi delle chat di Whatsapp e Telegram, gli investigatori sono riusciti a ricostruire gli iscritti al gruppo, che non si conoscevano tra loro, e chi si scambiava il materiale. Da qui ieri mattina sono scattate le perquisizioni della polizia postale, coordinate dal Centro nazionale contrasto alla pedopornografia online (Cncpo), nei confronti di 20 minorenni in tutta Italia, da Milano, Pavia, Varese, passando per Pisa, Lucca, Roma, Lecce e Napoli. Sette sono tredicenni quindi non imputabili. Nei telefoni dei ragazzini sono stati ritrovati “elementi di riscontro inconfutabili”: da una parte lo scambio frequente di materiale pedopornografico con scene di abusi su bambini piccoli anche tramite stickerse, dall’altra decapitazioni di uomini e animali, suicidi, mutilazioni e stupri di bambini. Tutti file provenienti dal deep web estrapolati anche dallo stesso 15enne e condivisi su Telegram. Nella chat valeva la “legge del prestigio”: chi era in grado di condividere con maggior frequenza i video più rari e truculenti assumeva più rispettabilità nei confronti degli altri membri della chat. Una volta condiviso un video di uno sgozzamento o di una mutilazione partiva una sorta di competizione per trovare immagini ancora più violente generando una spirale senza fine.

Il dossieraggio “leghista” contro i due Cancelleri

C’era un vero dossier di dati sensibili sui fratelli Azzurra e Giancarlo Cancelleri, la prima deputata, il secondo sottosegretario alle Infrastrutture, entrambi grillini, in casa di Agatino Macaluso, vice sindaco di Santa Caterina Villarmosa (Caltanissetta) con simpatie leghiste, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta insieme al sindaco Antonio Fiaccato e ad altri sedici tra tecnici, funzionari e imprenditori.

Sono tutti accusati di avere organizzato un “sistema feudale” di favori e appalti destinati agli amici politici nell’ambito dell’operazione Cerbero coordinata dai pm della Dda nissena Pasquale Pacifico e Simona Russo e condotta dai carabinieri del colonnello Baldassare Daidone e dalla Guardia di Finanza di Caltanissetta guidata dal maggiore Salvatore Seddio. Il danno all’erario prodotto dalla gestione familistica dei vertici dell’amministrazione comunale è stato calcolato dagli investigatori in circa 7,5 milioni di euro. Dalle intercettazioni è emerso che il sindaco aveva chiesto l’intervento dell’amministratore di una società di raccolta differenziata per procurarsi i dati dello smaltimento prodotto dai fratelli Cancelleri, che nel paese possiedono una casa: “Io me li inculo – diceva a telefono Fiaccato – perché li metto su Facebook con nome cognome, con i conferimenti, perché i primi siete voi a non farla, che boicottate la differenziata”.

Eletto nella lista civica “Viva Fiaccato sindaco”, il vice sindaco Macaluso si era avvicinato alla Lega di Matteo Salvini: il 12 febbraio scorso aveva postato su Facebook una foto di Salvini con il governatore Musumeci, citando il vice presidente dei deputati leghisti, Alessandro Pagano, originario del nisseno, e il coordinatore provinciale della Lega Oscar Aiello. E tra i destinatari dell’obbligo di soggiorno nel comune di Santa Caterina c’è anche il coordinatore cittadino della Lega, l’imprenditore Alfonso Carvotta.

Tratta di calciatori ivoriani, ci sono anche i due Traorè

Baby calciatori della Costa d’Avorio fatti entrare clandestinamente in Italia: è l’accusa nei confronti di cinque cittadini ivoriani, indagati a Parma. Si sarebbero finti genitori di altrettante future promesse del calcio ottenendo così il permesso di soggiorno con la formula del ricongiungimento familiare. L’attività investigativa della squadra mobile, coordinata da Cosimo Romano, è partita dalle dichiarazioni di Giovanni Damiano Drago, procuratore calcistico già coinvolto in una storia simile nel 2017.

A conferma, numerose intercettazioni telefoniche e analisi biologiche: tra i cinque indagati e i supposti figli non c’è alcun rapporto di parentela. Uno degli indagati è anche fondatore di un club calcistico ad Abidjan, la “Leader Foot Academie” mentre la moglie è dipendente dell’Atalanta. Tutti e cinque i ragazzi sarebbero entrati clandestinamente in Italia (sicuramente da minorenni) con un nome falso e oggi hanno carriere avviate nel mondo del calcio professionistico: tra gli altri, i fratelli (che tali non sono) Hamed e Amad Traoré, che giocano rispettivamente con Sassuolo e Atalanta, e Muhamed Tehe Olawale, recentemente ceduto dal Parma in prestito al Tps nella massima serie finlandese. I rispettivi club risultano estranei ai fatti. I calciatori sono stati sentiti in Procura a Parma, come persone informate e dalle loro dichiarazioni è stato raccolto il definitivo riscontro all’ipotizzata falsità dei rispettivi rapporti di parentela. Non risultano indagati per il momento, potrebbero invece rischiare una squalifica sportiva. La procura della Figc ha infatti chiesto gli atti “per verificare la sussistenza di ipotesi disciplinari di competenza della giustizia sportiva”. A Luciano ex Eriberto, giocatore del miracolo Chievo della stagione 2001/2002, comminarono sei mesi di sospensione e una multa: per anni aveva mentito sulla propria età e sul nome pur di avere una chance nella vita.

Lampedusa scoppia: quasi 800 sbarchi. Musumeci chiede lo stato d’emergenza

Sono 791 i migranti, in gran parte tunisini, sbarcati nelle ultime 48 ore a Lampedusa. Salgono così a 1.137 gli arrivi via mare dall’inizio del mese, più di quelli registrati in tutto luglio 2019 (1.088). Per decongestionare l’hotspot di contrada Imbriacola – arrivato a 600 ospiti a fronte di una capienza di 95 – ieri è stata allestita una corsa speciale del traghetto di linea per Porto Empedocle, con 250 persone a bordo. I primi 100 tamponi sui migranti in partenza hanno dato esito negativo. Ieri sull’isola è arrivato il governatore siciliano Nello Musumeci, che chiede a Roma di dichiarare lo stato d’emergenza. “Ci sono problemi sanitari, sociali ed economici e abbiamo bisogno di risposte immediate”, attacca. “Il fenomeno non può essere scaricato sui sindaci, sui prefetti o sulla Regione siciliana. Lo Stato e l’Europa facciano sentire la loro presenza”. A invocare l’intervento di Conte anche il sindaco di Lampedusa e Linosa Totò Martello: “Chiedo ufficialmente che il premier venga qui con Musumeci o ci convochi a Roma per esaminare lo stato di calamità”.