La crisi Covid-19 non è stata, a oggi, dovuta all’aggressività del virus verso l’uomo, ma alla sua capacità di scompaginare un sistema sanitario fragile. Speriamo serva da lezione per un prossimo futuro. (…) Non come invece è accaduto dall’ultima pandemia (la suina del 2009) a oggi, dato che c’è stato un totale scollamento tra quanto annunciato e consigliato e ciò che, in realtà, è stato fatto. Di mezzo ci sono i politici, che noi eleggiamo perché ci rappresentino ma che spesso rappresentano solo le loro personali necessità. Fra queste, ovviamente, il consenso elettorale.
Investire per prevenire un evento che, molto probabilmente, avverrà oltre il proprio incarico politico è improduttivo in termini di guadagno dei voti. Diventa una spesa senza un impatto immediato. Questa è la chiave di volta. E per quei voti, loro vendono la salute e il benessere della gente, dei propri elettori. Se ciò non fosse, questa pandemia sarebbe stata solo un evento sanitario di maggior gravità rispetto a quelli normali, ma affrontabile. Pensare e programmare il futuro è onere e onore di pochi. L’OMS ha diramato allerte e invitato più volte i vari paesi a prepararsi a una nuova pandemia. Ha anche creato una struttura ad hoc per predisporsi ad affrontare proprio una pandemia influenzale: il Pandemic Influenza Preparedness Framework (o PIP
Framework). Nel testo a esso dedicato si legge che “l’implementazione di misure di risposta può essere rafforzata con attività di preparazione avanzata”. Dal 2012 al 2020 questo progetto ha potuto contare su un budget di circa duecento milioni di dollari. Nel 2018 sempre l’OMS ha pubblicato un documento di linee guida intitolato “Passi essenziali per lo sviluppo e l’aggiornamento di un piano nazionale di preparazione a una pandemia influenzale”, che avvertiva: “Il mondo deve aspettarsi un’epidemia di influenza killer, e anzi deve essere sempre vigile e preparato in modo tale da poter combattere la pandemia che sicuramente si verificherà.”
Ebbene, cosa è stato fatto in Italia? I governi si sono alternati e via via si sono nominate commissioni, ma senza arrivare a nessun risultato. Come riportato sul sito del ministero della salute, nel 2006 è stata istituita la commissione interministeriale di valutazione in materia di biotecnologie, ma nella pagina dedicata risultano ancora le voci riguardanti direttore generale, mail, telefono e fax; in compenso è presente un lunghissimo elenco di uffici con mansioni diverse, fra le quali “Piano sanitario nazionale e piani di settore” e “Prevenzione delle malattie infettive”. Un altro organo di consulenza dell’esecutivo è il Comitato nazionale per la biosicurezza, biotecnologie e scienza della vita (o CNBBSV), che stando al suo sito istituzionale è “un organismo di supporto del governo per l’elaborazione di linee di indirizzo scientifico, produttivo, di sicurezza sociale e di consulenza in ambito nazionale e comunitario sulle problematiche più attuali riguardanti la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita.” Nell’homepage campeggia la scritta: “Emergenza coronavirus – Il CNBBSV prosegue regolarmente i propri lavori in videoconferenza”, eppure l’ultima riunione in seduta plenaria risale al 4 dicembre 2019, e non c’è traccia di attività riportate nel 2020. Quanto all’ultimo piano pandemico approvato dalla conferenza stato-regioni è datato 2006, aggiornato nel 2010 (dopo l’influenza suina del 2009) e mai più. Esiste anche un Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (abbreviato in CCM); costituito nel 2004, avrebbe dovuto emanare e periodicamente aggiornare le linee guida del piano pandemico. Il CCM ha persino, al suo interno, un sottocomitato “Virus influenzali e pandemia”, che però è inattivo da anni (l’ultimo aggiornamento della pagina dedicata risale addirittura al 2010). (…)
La pandemia non è stata un fulmine a ciel sereno: sapevamo tutto, e tutti sapevano. Dal 2001 a oggi ben quattro esercitazioni – gestite dagli Stati Uniti, ma alcune con la presenza di delegati stranieri in rappresentanza di stati e settori d’importanza strategica – hanno simulato un evento del genere. (…)
Se queste esercitazioni non fossero rimaste documenti sulle scrivanie dei vari burocrati del mondo, credo che la risposta all’esplosione del virus sarebbe stata più rapida ed efficiente. Non avremmo avuto decine di tavoli tecnici che si inventavano sul momento come organizzare la risposta all’emergenza sanitaria. Aggiungo che quella che stiamo vivendo, fra le possibili pandemie ipotizzate, non è certo la più grave. Adesso che i buoi sono scappati, i politici passano la parola alla scienza, come se fossero stati colpiti da un evento imprevedibile, al pari di un fulmine. Sconosciuto sì, imprevisto no. Da anni sapevamo che prima o poi sarebbe arrivata una pandemia. Ci siamo riuniti decine di volte a Bruxelles, Parigi, New York. (…) Ma, mentre noi tecnici cercavamo di ottimizzare la risposta a un evento sconosciuto seppur atteso, l’economia mondiale imponeva tagli alle spese sanitarie. Si è seguita una politica di riduzione dei posti letto, del personale e delle erogazioni pubbliche a favore di quelle private. Le convenzioni con il privato sono state presentate come una panacea per la sanità; in realtà hanno convertito un servizio pubblico in un business. (…)
Come abbiamo più volte detto, l’ultima pandemia si è verificata nel 2009: quella di influenza suina. Diversi modelli matematici, che tengono conto anche della grande accelerazione temporale operata dalla globalizzazione, ci avvisano che ogni dieci, massimo quindici anni avremo una nuova emergenza infettivologica. A questo punto sorge una domanda banale: come si fa a pensare di rispondere a un evento infettivo grave senza avere a disposizione un numero di stanze di isolamento e posti letto in rianimazione superiore alla richiesta routinaria? Se non si implementa un sistema del genere si verifica ciò che è accaduto nei mesi di marzo e aprile: le terapie intensive intasate solo da malati Covid-19. (…) L’italica incapacità di programmare e di prevenire eventi catastrofi ci non si manifesta solo su terremoti, incendi, crolli, ma anche nel rinviare l’assunzione di decisioni che pongono poi di fronte a situazioni drammatiche e difficilmente risolvibili.