Di quel pozzo senza fondo che si chiama Mose, forse non si riuscirà mai a vedere la fine. Non si riuscirà mai a conoscerne il costo effettivo, oltre alla spesa ufficiale di 5 miliardi 439 milioni di euro, che in realtà arriveranno a 6 miliardi con le opere complementari, e ai probabili 100 milioni di euro all’anno per le gestione e la manutenzione. Venezia sembra adagiata non sulle isolette di una placida laguna, ma sulla Fossa delle Marianne, anche perché è impossibile prevedere l’esito di 33 dossier che riguardano la giustizia penale, civile e amministrativa, che per molti anni daranno lavoro agli avvocati. Un mare di scartoffie e di carte bollate, verrebbe da pensare, ma ciascuno ha un valore economico ragguardevole, al punto che – per quanto è possibile quantificare – si arriva a 328 milioni di euro che il Consorzio Venezia Nuova potrebbe sborsare, a fronte di crediti eventuali per una quindicina di milioni. Senza calcolare i danni per i malfunzionamenti contestabili alle imprese che hanno partecipato al progetto di dighe mobili contro l’acqua alta che dopodomani, per la prima volta, saranno alzate contemporaneamente, alla presenza del premier Giuseppe Conte.
L’elenco riservato, di cui Il Fatto è entrato in possesso, è stato predisposto dagli amministratori straordinari Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, insediati per volere dell’Anac dopo gli arresti del 2014. Anche loro sono citati in molte di quelle cause, tirati in ballo in una miriade di grandi e piccoli contenziosi, e in qualche caso devono provvedere di persona alla difesa, nonostante agiscano per conto dello Stato.
In questo panorama spiccano due cause civili. Covela, il consorzio costituito dal gruppo Mantovani di Piergiorgio Baita, all’epoca azionista di maggioranza, chiede 197 milioni di euro ad amministratori, presidenza del consiglio e ministeri interessati, per danni legati al commissariamento, oltre a 8 milioni e mezzo di pagamenti trattenuti. C’è poi una partita da 76,5 milioni di euro per danno d’immagine causato dallo scandalo tangenti, che vede contrapposti lo Stato al Consorzio, che si è rivalso sulle imprese Mantovani e Condotte d’Acqua per le false fatturazioni che coprivano la commessa delle tangenti.
Il capitolo penale ha visto il Consorzio parte civile nei confronti degli imputati, ma esso stesso è imputato come responsabile civile per mancato controllo dei dirigenti corrotti, in un procedimento dove altre aziende hanno patteggiato 500.000 euro. Il Cvn avanza, invece, 100.000 euro di provvisionale (ma la somma totale è da definire, la tangente fu di mezzo milione di euro) dall’ex deputato Pdl Marco Milanese, condannato in via definitiva. Ha avviato il pignoramento, ma i beni non bastano, perchè prima è arrivata la Corte dei Conti. L’ex presidente Giovanni Mazzacurati, ora deceduto, vantava una buonuscita da 7 milioni di euro, bloccata dagli amministratori straordinari, con contenzioso ancora aperto. Il Consorzio, assieme a Mazzacurati e all’imprenditore Mazzi, dovrà risarcire 6,9 milioni allo Stato per danno erariale. Ed è citato perfino per sanzioni antiriciclaggio.
Il Consorzio è poi nel mirino per i bilanci (anche della consociata Comar) che vengono contestati dalle società (Mantovani, Fincosit e Condotte) che si sono viste portar via una fetta enorme di ricavi con il commissariamento. Ma è in lite anche per le bonifiche (che costerebbero svariati milioni) dei terreni del Silo Pagnan di Marghera comperati per ricavare in terraferma un’officina di manutenzione delle barriere del Mose.
Le carte bollate si sprecano per lavori eseguiti e non pagati: Ccc chiede, 2,8 milioni di euro (e a sua volta il Consorzio vuole 4,8 milioni); Intercantieri Vittadello accampano richieste per 3,5 milioni; Mantovani ha ottenuto il rimborso di 2,9 milioni, ma deve versare al Consorzio 10 milioni; Covela ha ottenuto un decreto ingiuntivo da 13,5 milioni; i croati di Spalato che realizzarono le paratoie chiedono 2 milioni. Tre cause sono in piedi con tre ingegneri per più di 300 mila euro. Altre per cifre modeste. L’ingegnere Arredi, avanza 61 mila euro per collaudi, un proprietario di terreni a Sant’Erasmo chiede 50 mila euro per allagamenti e danni causati dai lavori alle rive, la ditta Pasquinelli 17 mila euro per lavori non pagati, un ex dipendente 7 mila euro per spese legali… Ma queste sono solo le briciole del Mose.