“Io, neurologa, vi dico: i social fanno malissimo alla scienza”
Cara Selvaggia, sono una neurologa e ricercatrice di Parigi, da poco diventata professore associato all’università Sorbona. Già ti avevo scritto qualche anno fa, al tempo della furia no-vax contro l’obbligatorietà dei vaccini. Ti scrivo di nuovo oggi per parlare del dottor Giuseppe De Donno. Sono talmente indignata per l’approccio “salviniano”, con il quale questo medico si auto-promuove, che ho deciso di mettere in fila alcuni fatti riguardo questo presunto “ricercatore”. Primo: lui, alla base, non è un medico ricercatore. Da un’indagine su PubMed, il sito che raccoglie articoli medici da tutto il mondo, emergono solo tre testi dove compare il suo nome: pochissimi, considerando la sua età; per di più, su riviste di livello medio e basso. De Donno non è mai né primo autore (cioè colui che realizza la ricerca in prima persona, raccoglie e analizza i dati) né ultimo autore (il principal investigator che organizza e concepisce lo studio). Tra l’altro l’ultimo di questi tre studi, quello che lui pubblicizza su Facebook ridicolizzando chi lo critica come ricercatore, non è neanche un articolo. È solo una lettera all’editore, peraltro pubblicata su una rivista con un bassissimo “fattore d’impatto” (ovvero un numero che determina l’impatto di una rivista sulla comunità scientifica, per spiegartela in soldoni). Tutto ciò, per chiarire la qualifica di “ricercatore”.
Ora il secondo fatto: la terapia con il plasma iper-immune è una delle mille terapie per il Covid-19 che sono state proposte, tutte in sperimentazione in varie parti del mondo. La più grande e seria sperimentazione sul plasma iper-immune è in corso da mesi alla Mayo Clinic di Rochester, Usa, che ha lanciato un’iniziativa nazionale reclutando migliaia e migliaia di pazienti. I toni dei medici-ricercatori americani della Mayo Clinic, sul tema, sono seri e posati. Come tutti i ricercatori rispettabili non gridano al miracolo, ma semplicemente dicono “questi i rischi, questi i possibili vantaggi, aspettiamo il risultato della sperimentazione che stiamo conducendo”.
Terzo fatto su De Donno: non che la mia carriera accademica sia lunga e fertile come quella del dottor De Donno o del suo illustre sodale, il professor Joseph Dominus, ma io in tutta la mia vita non ho mai assistito a un fenomeno simile. Intanto, nessuno dei miei mentori ha un profilo Facebook, e secondo me fanno bene. Ritengo che la ricerca scientifica abbia i suoi spazi che non appartengono ai social network. Se a questo aggiungi la storia del profilo finto usato per auto-celebrarsi, allora, forse ho proprio sbagliato mestiere. O forse, probabilmente, l’ha sbagliato lui.
L.
Cara L., è bello che tu mi pensi sempre in relazione a soggetti illuminati. Prima i no-vax, ora De Donno. Ci risentiamo per il prossimo convegno sulla terra piatta, che ne dici?
Lombardia, tampone a 70 euro ”Ma non doveva essere gratis?”
Cara Selvaggia, dato che so che sei particolarmente attenta alle magagne di regione Lombardia, ti segnalo l’ultima. Sono una studentessa del sesto anno di medicina e da metà luglio dovrei rientrare (notizia di ieri) in reparto per finire la mia tesi, a cui non è stato possibile lavorare durante l’emergenza Covid. Prima di far questo, vorrei effettuare il test sierologico, al quale risulterò molto probabilmente positiva, perché a febbraio ho avuto tutta la sintomatologia tipica del Covid-19. Il 30 giugno regione Lombardia ha approvato il “pacchetto salute” che, tra le altre cose, prevede il rimborso dei tamponi effettuati dopo il test sierologico sia in caso di positività che in caso di negatività. E non è male, visto che nei laboratori convenzionati Synlab, i più vicini a me, un tampone costa 70 euro + spese di prelievo (mentre il sierologico ne costa 62 + spese di prelievo). Chiamo quindi la struttura Synlab di Usmate Velate e il centralino nazionale di Synlab per chiedere delucidazioni a riguardo, perché sul loro sito è scritto che i tamponi sono ancora a pagamento. Risultato? Entrambi mi hanno risposto di contattare l’Asl o regione Lombardia, perché loro ne sanno meno di zero. Quindi oggi una persona che risultasse positiva al test sierologico dovrebbe pure pagarsi il tampone, a prezzo salato, anche se non più previsto.
Sembra il gioco delle tre carte. Ma in Italia ci siamo abituati, parlando di burocrazia. Però pensa al mio caso specifico. Devo rientrare in un ospedale, e sappiamo tutti dove si sono sviluppati i primi focolai. Intanto, nessuno mi chiede di fare il tampone, sperando fatalmente nel mio buonsenso. Grazie a Dio ce l’ho, il buonsenso, ma se così non fosse? E se, per la fretta di chiudere il mio lavoro, decidessi di tornare subito in corsia e risultassi poi, tragicamente, positiva al coronavirus? Oppure ormai è ufficialmente “liberi tutti, e arrivederci alla prossima ondata”? Io, davvero, non ho più parole. Viva il tracciamento del virus, insomma!
Sabrina
Cara Sabrina, assisto sgomenta a un “liberi tutti” ormai da settimane, ma mi illudevo che col calare dei casi aumentassi l’efficienza del sistema, non più oberato. Non è mai stato più amaro dover dire “avevo ragione”.
Selvaggia Lucarelli