Disastro Autostrade, Toti contro il governo. Ma è la concessionaria che non ha vigilato

Disastro autostrade in Liguria, con code infinite e ripetute su tutte le direttrici. Giovanni Toti contro il Governo, addirittura facendo balenare l’ipotesi di un complotto: “Perché avviene solo da noi? Non è che qualcuno vuole penalizzare la nostra regione?”, chiede il governatore ligure in campagna elettorale. Aggiunge: “A Genova abbiamo fatto un ponte in meno di due anni. A qualcuno non piace che questa regione vada così bene?”. Le dichiarazioni si aggiungono a quelle che già puntavano il dito più contro il governo che contro Autostrade: “Non c’è mai stato un ministero dei Trasporti così incapace. Più che la revoca della concessione ad Autostrade, revocherei il Mit”. E c’è pure chi lega il caos allo scontro tra governo e Autostrade sulla concessione, che però non c’entra nulla.

La versione cozza totalmente contro quella del ministero: “I disagi disastrosi sulla rete autostradale ligure hanno cause precise. L’anno scorso il ministero ha inviato in Liguria uno dei suoi migliori ispettori, l’ingegnere Placido Migliorino”. Quello che nelle intercettazioni dell’inchiesta della Procura genovese veniva indicato dai dirigenti delle società indagate del gruppo Autostrade come “il mastino”. E Migliorino, ricordano al Ministero, ha fatto un gran lavoro: “Ha ispezionato tutti i 285 tunnel della rete ligure, trovando anomalie su decine di opere. Non solo: ha rilevato che per molte gallerie Autostrade e Spea, la sua controllata che si occupava di ispezioni, non avevano rispettato le prescrizioni di una circolare del 1967. La norma prevede che ogni tre mesi siano effettuate ispezioni visive sulle condizioni del manufatto”. Secondo i report di Migliorino le ispezioni non erano state effettuate o, in alcuni casi, si erano limitate a un controllo delle onduline, cioè le lamiere che rivestono le pareti dei tunnel. “Ma per capire se una galleria è sicura bisogna controllare sotto la lamiera”. Le osservazioni di Migliorino sono state riportate anche alla Procura che ha aperto un fascicolo. In gioco, secondo il ministero, è la sicurezza degli automobilisti visto anche il crollo nella galleria Berté (sempre di Autostrade per l’ Italia) del dicembre 2019. Di qui la prescrizione tassativa del ministero: entro il 10 luglio Autostrade deve ispezionare tutti i tunnel, pena la chiusura. Insomma, non un modo per penalizzare la Liguria, ma per proteggere gli automobilisti. E le code, quindi, vanno attribuite ai ritardi e all’affanno del concessionario.

Indagato l’autore del pestaggio: è un ventunenne

È stato identificato e denunciato in stato di libertà per lesioni personali, con l’aggravante dei motivi futili e abietti. Secondo i carabinieri di Pescara sarebbe lui, un ragazzo di 21 anni, l’autore del pestaggio omofobo avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 giugno sul lungomare della città abruzzese. Un giovane di 25 anni era arrivato in città per far visita al fidanzato di 22 anni e i due stavano passeggiando mano per la mano quando hanno incrociato un gruppo di ragazzi. Prima gli insulti, poi gli spintoni e infine le botte: il giovane 25enne è stato colpito con violenti pugni sul volto rimediando la frattura della mascella. La vittima è stata sottoposta a intervento chirurgico con una prognosi di 30 giorni. Grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza e alla testimonianza della vittima che aveva raccontato del tatuaggio sul collo del suo aggressore, i carabinieri di Pescara sono riusciti ad arrivare al 21enne: viene definito come un ragazzo con un’infanzia difficile, che vive con i nonni, non lavora e non studia. Ma le indagini non finiscono qui: si cercano gli altri componenti del gruppo.

Video e abusi su minori e neonati. Maxi operazione

Gli acronimi erano chiari: “Y.6” (young)per i bambini di 6 anni e “Ptha” (pre-teen-age) per i ragazzini preadolescenti. Così la polizia postale di Torino ha scoperto una rete di pedopornografia composta da 50 persone che, su un noto canale di messaggistica istantanea, si scambiavano video e immagini “raccapriccianti” di abusi su neonati e bambini. In alcuni casi venivano coinvolti anche animali e adottate pratiche di sadismo. Tre componenti, tutti residenti nel Nordest, sono stati arrestati per la quantità di materiale trovato durante le perquisizioni e uno solo è sospettato di aver autoprodotto il materiale pedopornografico, commettendo abusi su minori. Le accuse della Procura di Torino per i 50 sono di scambio e detenzione di materiale pedopornografico. Sotto il coordinamento dei pm torinesi e grazie all’aiuto delle autorità canadesi che hanno consentito di individuare gli autori dietro i nickname, 200 investigatori in tutta Italia hanno fatto partire il blitz ieri mattina eseguendo 50 perquisizioni in 15 regioni e sequestrando 150 dispositivi informatici e decine di terabyte di materiale.

“Per Conte abbiamo recuperato 2 cuscini. Corazzata Potëmkin contro chi nega i film”

“Alle nove abbiamo ricevuto la chiamata da Palazzo Chigi. Ci avvertiva che stava arrivando il presidente Conte. Cavolo, senza prenotazione, ovviamente. Allora gli abbiamo trovato un posto e siamo saliti in fretta a casa di un amico per recuperare due cuscini e le federe pulite per lui e la compagna”. Venerdì sera, alla prima proiezione della stagione estiva post-Covid a Trastevere – cuore di Roma –, i ragazzi del “Cinema America” non si aspettavano certo che a vedere La Bella Vita di Paolo Virzì si presentassero il premier e la compagna Olivia Paladino. “È stato uno spettatore come tutti gli altri – racconta Valerio Carocci, presidente dell’Associazione Piccolo America – è arrivato in sordina, con pochi uomini di scorta e il film gli è piaciuto molto”. Le piazzole anti-Covid per vedere gli spettacoli però sono state “cancellate” ieri da Ama, come denunciato dai ragazzi del “Cinema America”. Con il presidente del Consiglio, Carocci ha parlato della battaglia delle ultime settimane: per 7 delle 37 proiezioni estive le case di distribuzione non hanno concesso i diritti per trasmettere i film. E così gli organizzatori hanno deciso lo stesso di invitare attori e registi, anche da gli Stati Uniti, per parlare dei film che però non potranno essere proiettati: al loro posto, provocatoriamente, sarà trasmessa La Corazzata Potëmkin, il film del 1925 di Sergej Ejzenštejn diventato celebre per la citazione di Fantozzi: “La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca” dice Paolo Villaggio in Il Secondo Tragico Fantozzi. L’Unione Sovietica non ha mai concesso i diritti all’Italia e anche nel film di Fantozzi le scene sono ricostruite a Roma. Anche da qui l’idea del “Cinema America” di proiettare il film russo al posto delle pellicole di cui non sono stati concessi i diritti. Per esempio American History X di Tony Kaye (Warner Bros) e I Moschettieri del re di Giovanni Veronesi (Vision). Al momento hanno concesso i diritti Valsecchi per i film di Checco Zalone, Medusa e Disney. Il problema non riguarda solo il “Cinema America” ma altre arene estive d’Italia che hanno presentato una ventina di esposti all’Antritrust contro le associazioni di categoria, Anica e Anec: “Dicano che non sono contrari alle arene estive – conclude Carocci – La gente vuole tornare al cinema ma così non è possibile completare il programma”.

Mail Box

 

Scuola: sfruttiamo le ore di compresenza

Lettera aperta al Ministro della Pubblica Istruzione, On. Lucia Azzolina: nel mondo della scuola, si rischia il K.O. tecnico da Covid-19 se non si cambia. Ora, i “giornaloni”, con inchieste e raccolte di centinaia di firme di personalità pubbliche, chiedono un riordino “intelligente” e “lungimirante” del luogo in cui avviene la trasmissione dei saperi alle nuove generazioni. Sono un docente di madrelingua, insegno conversazione in lingua straniera. Alle nostre lezioni, assiste un insegnante italiano, docente della stessa lingua straniera. Accade che questi colleghi durante la compresenza non facciano nulla, correggano i loro compiti, chattino, vadano alla macchinetta del caffè, in segreteria, o a qualche funerale (sì, mi è capitato questo!). Qualcuno deve averlo spiegato a Romano Prodi quando era premier, perché nel 2006, la compresenza nella mia materia scomparve e il “docente bis” veniva mandato a fare supplenza. Ricordo che questi prof. reagivano anche con rabbia. Ma perché pagare cattedre di 13 ore settimanali come se fossero cattedre intere di 18 ore? Gentile Ministro vogliamo superare la retorica del cambiamento e agire tempestivamente su questa anomalia delle compresenze inutili, grottesche e persino dannose? C’è una nuova risorsa economica a portata di mano, non trova?

lettera firmata

 

Azzolina dà lezioni alla politica e a Molinari

Onore e rispetto alla ministra Azzolina che, a In Onda su la7, ha dato una lezione di compostezza e competenza al direttore di uno dei giornaloni italiani, Maurizio Molinari di Repubblica che ieri sera era andato per mazziare ed è stato invece, sorpreso e imbarazzato, sonoramente mazziato dalla ministra che ha dato decoro alla politica con modi sicuri e gentili, in un periodo in cui prevalgono sempre più mistificazione e volgarità.

Salvatore Giannetti

 

Il ladro la fa franca solo se ha un buon palo

L’invettiva contro le toghe durante commemorazione dell’ex ministro Biondi e il disinvolto uso della proditoria intercettazione del giudice Franco dimostrano, ancora una volta, come in questo Paese una parte della nostra classe dirigente e intellettuale, anche sul fronte progressista, non condivida il primo comandamento di ogni democrazia: la legge è uguale per tutti. Ma ciò che più mi preoccupa non è tanto il ladro che cerca di farla franca, ma colui che gli tiene il palo, che regge il sacco e scruta la strada. Fanno a gara per tale ruolo numerosi giornalisti, intellettuali e giuristi di chiara fama, che, purtroppo, spesso siedono in Parlamento. Ciò spiega perché abbiamo dovuto aspettare oltre 25 anni per avere la legge “spazza-corrotti” e risulta ancora più chiara la premura della Corte Costituzionale a operare un clamoroso e inopinato revirement giurisprudenziale, mortificando il potere di nomofilachia già esercitato delle Sezioni Unite della Cassazione. Un segno tangibile della giustizia “Celeste”.

Carmelo Sant’Angelo

 

Tra i danni post-Covid c’è il ritorno di B.

Il primo fatto importante è senz’altro il ritorno del Covid-19 su tutto il territorio con punte nel Veneto, che hanno fatto recitare il mea culpa al Governatore Zaia, con la promessa di chiudere tutto, data l’irresponsabilità dimostrata dai veneti, che hanno ritenuto passato il rischio del contagio. Il secondo fatto rilevante è il rapporto dell’Istat, dal quale scaturiscono effetti collaterali del Covid come la previsione della diminuzione delle nascite nel 2021, l’aumento della disoccupazione e dei licenziamenti, insomma la crescita della povertà nel Paese. Quanto alla politica, si assiste increduli alle liti continue all’interno della maggioranza di governo tra Pd e M5S sul Mes e sulle candidature unitarie alle prossime elezioni regionali, ancora tra Pd e renziani sulla legge elettorale da varare, e infine tra tutti gli alleati sul decreto semplificazione. Ovviamente le liti sono un ottimo incentivo per il centrodestra che spinge (Berlusconi compreso) verso le elezioni politiche.

 

Quanti dubbi su queste intercettazioni

Il Fatto a proposito dei recenti eventi relativi alla sentenza di condanna di Berlusconi, si pone una serie di domande, 10 per l’esattezza, a cui vorrebbe risposta. Sommessamente, per amore della verità, quella processuale è già agli atti, ulteriori interrogativi di dubbio emergono dal comportamento postumo del magistrato. Ebbene, se così tormentata fosse stata la decisione perché liberarsi del “rimorso”, facendosi ricevere dal condannato e non, magari, rendendo pubblico il proprio disagio per la decisione diversamente assunta rispetto alle proprie convinzioni? Ancora strano appaiono il numero degli incontri, perché quattro o cinque, e non uno, avvenuti, peraltro, con registrazione (consenziente o carpita non si sa)? Infine, perché non affidare i propri convincimenti processuali e/o di coscienza, a uno scritto, magari subordinato a una divulgazione “post mortem”. Ho l’impressione, Direttore, che la vicenda sia solo all’inizio, intanto Lei, di ottima penna, opera quotidianamente sempre una fedele ricostruzione dei fatti spesso oggetto di quella “memoria corta” che spesso ci danneggia, soprattutto in prossimità delle urne, proprio quando dovremmo necessariamente ricordare.

Mario Valentino

“Bar Fusco”, la vita come un genere letterario

Lo chiamavano “il Bar Fusco” per il consumo industriale di grappa. Ma Gian Carlo Fusco è anche una miniera inesauribile. Dario Biagi pubblica le Lettere d’amore di eccentrico (Avagliano) spedite alla giornalista Floriana Maudente dal luglio 1962 al luglio ’63. Cronaca di un amore troppo breve, ma non solo. Quel carteggio fissa il momento fatale in cui Fusco “senza saperlo, sta valicando il crinale che divide gli anni del successo da quelli del declino”, abbandona Milano e Il Giorno di cui era stato la prima firma per reinventarsi nella Roma della Dolce vita. Come nella biografia L’incantatore, Biagi si tuffa nel galeone sepolto del vissuto fuschiano e porta in superficie di tutto: gli appuntamenti mancati degli amanti e del destino; la rosa non colta è la più delicata; i cinematografari arruffoni e geniali di via Veneto; l’elegia per un giornalismo popolato da giornalisti e scrittori senza soluzione di continuità. Biagi non si stanca di sbrogliare quell’intrico di cronaca e leggenda, invenzione e verità – la sostanza di cui è fatta il mito di Fusco. Sì, la vita può essere un genere letterario. L’unico degno di essere vissuto.

Mafia. Fu il pastore valdese Panascia tra i primi a denunciarla in Sicilia

Oggi a Palermo viene intitolata una via nel centro della città, che collega la chiesa valdese al teatro Politeama, al pastore valdese Pietro Valdo Panascia (1927-2007), coraggioso e generoso testimone di fede e di impegno sociale. La determina comunale di variazione, approvata nel luglio del 2017, reca la firma del sindaco Leoluca Orlando, uno dei protagonisti della recente rinascita sociale della città.

Nel luglio 1963 Panascia fece scalpore per un manifesto contro le stragi mafiose affisso per tutta la città e intitolato “Iniziativa per il rispetto della vita umana”. Si riferiva alle stragi con esplosivo di Ciaculli e Villabate, nei pressi della città, in cui morirono 2 civili, 4 carabinieri, 2 militari dell’esercito e un poliziotto. Rompendo il tradizionale silenzio sulla mafia, all’epoca neppure riconosciuta come tale, la chiesa valdese e il suo pastore furono i primi a Palermo ad alzare la voce e a nominare la responsabilità mafiosa delle stragi, al punto da suscitare la reazione della Segreteria di Stato Vaticana nei confronti dell’allora arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini, “reo” secondo il Vaticano di aver lasciato questa sacrosanta battaglia ai valdesi. Il cardinal Ruffini rispose che l’onorabilità della Sicilia andava difesa dalle denigrazioni del gran parlare di mafia di romanzi come Il gattopardo e di gente come Danilo Dolci, Panascia e i valdesi. Proprio con il sociologo e educatore Dolci, Panascia portò avanti un dialogo e una collaborazione in particolare nella cura dei bambini di Cortile Cascino, un quartiere di estremo degrado nel centro della città di cui Dolci aveva denunciato le condizioni (Inchiesta a Palermo, Einaudi 1956). Più tardi Panascia creò anche le scuole e il Centro Diaconale valdese nel quartiere Noce, oggi ancora ben operativi. Nel 1968 riuscì a realizzare a Vita (Trapani) il Villaggio Speranza, composto da venti casette prefabbricate che furono assegnate ai terremotati del Belice.

Nel manifesto del ’63, risaltava a caratteri cubitali il comandamento “non uccidere” (Esodo e Matteo) riferito in modo esplicito alla mafia che veniva perciò accusata di non essere affatto una “onorata” società. Ci si assumeva così, a quel tempo e in quel contesto di silenzi complici, una responsabilità profetica che non sempre i cristiani e le chiese hanno saputo esprimere, nonostante il mandato a parlare ad alta voce sia tipico dei discepoli di Gesù: “Quello che io vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce; e quello che udite dettovi all’orecchio, predicatelo sui tetti” (Matteo). Quella parola, necessaria e coraggiosa, fu detta in modo pubblico e per questo oggi la città di Palermo lo riconosce con un atto che ne vuole conservare la memoria.

A volte siamo portati a non considerare il valore delle parole, riteniamo che siano soprattutto i fatti a contare. Eppure le parole contano, ci formano, ci educano, ci istruiscono, ci fanno conoscere l’amore e ci aiutano a esprimerlo, guariscono le ferite dell’anima, ci danno la visione di quello che può essere il nostro futuro. Ma le parole sono anche una forza potente di distruzione e di morte. Per questo Gesù ricorda che il non uccidere comprende anche il non adirarsi verso il prossimo e non chiamarlo stupido e pazzo (Matteo). E anche per questo che Gesù pronuncia una parola che mi ha sempre colpito personalmente in quanto “professionista” della parola: “Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato, e in base alle tue parole sarai condannato” (Matteo).

* Già moderatore della Tavola Valdese

Che depressione in quota. E 34 gradi nel Mar Glaciale

In Italia – Al Sud e in Sardegna è esplosa l’estate mediterranea, e tra mercoledì e venerdì le temperature sono salite a 39,2 °C a Mineo (Catania), a 39,3 °C a Iglesias e a 40 °C nel Cosentino, valori di tutto rispetto anche se non eccezionali per queste zone. Al Nord invece, in un contesto pur sempre estivo (massime tra 32 e 35 °C in Valpadana), il caldo si è alternato a temporali. Sabato 27 giugno un fulmine ha ucciso una escursionista sui Monti Sibillini. Violenti episodi temporaleschi lunedì 29 al Nord-Est, vento forte e allagamenti nel basso Friuli (75 mm di pioggia a Latisana), mentre il foehn appenninico (garbino) spingeva il termometro a 35,2 °C ad Ancona (8 °C sopra media); mercoledì colpiti alto Piemonte, Lombardia e Veneto, e giovedì notte nubifragi con devastazioni per vento a oltre 100 km/h nel Ferrarese e grandine da 5 cm di diametro a Fabbrico, nel Reggiano. Una depressione fresca in quota (goccia fredda) ha scatenato altri intensi temporali tra venerdì pomeriggio e ieri notte, con allagamenti di edifici e strade (in poche ore 57 mm ad Asti e 92 a Reggio Emilia) e grandinate distruttive sull’Appennino romagnolo, gravi danni a Sarsina. Ieri temporali al Centro, oggi rinfresca al Sud mentre torna soleggiato altrove. Al Settentrione il caldo della terza decade di giugno ha bilanciato il fresco delle prime due, determinando un mese dalle temperature normali. Molta pioggia al Nord-Ovest e sulle Alpi (200 mm a Moncalieri, quasi tre volte il consueto), mentre in Emilia i temporali non sono ancora riusciti a spegnere il deficit di inizio anno. A Parma solo 187 mm nel primo semestre, metà del normale, minimo dopo il caso del 1952 (165 mm) nella serie dal 1878.

Nel mondo – Il servizio meteorologico russo ha confermato i 38,0 °C di sabato 20 giugno a Verchoyansk, record per tutto l’Artico. Nel frattempo, il villaggio di Ust’-Olenek, ancora più a settentrione, a 73° Nord sulle sponde del Mar Glaciale, martedì 30 giugno ha registrato 34,3 °C, 22 °C sopra media e pure questo un primato sbalorditivo per queste latitudini. La tundra brucia su un milione di ettari di superficie e i fumi si spingono verso il Nord America. Siccità e incendi anche in California, Nevada, Arizona e Utah; inoltre l’acqua potabile è razionata a Porto Rico, dove negli ultimi tre mesi è caduta meno di metà della pioggia normale, e anche l’Europa centro-orientale è in siccità, in Ucraina il livello del fiume Diesna nelle ultime settimane era ai minimi in un secolo e mezzo. Al contrario alluvioni-lampo in Wisconsin (una vittima) e nel Mississippi, ma soprattutto continuano le gravi inondazioni a seguito di piogge record nel bacino del Fiume Azzurro in Cina (272 mm il 27 giugno a Yichang). E si attribuisce alle piogge intense la frana che giovedì ha ucciso almeno 162 minatori in Myanmar. Per tutta la settimana il termometro ha toccato i 40 °C nel Sud della Spagna, e secondo il nuovo rapporto di Aemet sullo stato del clima nazionale dal 1961 al 2019 il Paese iberico si è riscaldato di 0,3 °C al decennio, come l’Italia. D’altra parte in questi anni le temperature medie globali hanno sostanzialmente eguagliato i massimi del periodo mite di circa 6.500 anni fa (Optimum termico olocenico) in una nuova serie paleoclimatica di 12 mila anni ricostruita tramite l’analisi di vari indicatori geo-chimici e biologici, dai pollini fossili ai sedimenti lacustri e marini. I risultati dello studio, frutto del gruppo di ricerca Pages–Past Global Changes e coordinato da Darrell Kaufman, sono apparsi sulla rivista Scientific Data, nell’articolo Holocene global mean surface temperature, a multi-method reconstruction approach. E poi c’è ancora chi parla di Medioevo caldo con la Groenlandia verde e i vigneti inglesi!

Omicidio Regeni: ennesimo schiaffo dall’Egitto

Due eventi internazionali di giudici e tribunali hanno coinvolto l’Italia nel corso di una settimana. La Corte di Giustizia dell’Aja ha accolto la posizione italiana sulla tragica vicenda dei due marinai italiani di scorta a una nave privata, che hanno sparato e ucciso quando hanno creduto che due uomini in acqua fossero pirati. L’Italia ha ammesso il gravissimo errore, ha difeso la non intenzionalità del tragico evento, ha pagato ciò che la giustizia indiana ha indicato (benché la vita di uomini non sia risarcibile) e ha posto il problema della giurisdizione (chi deve giudicare?) per non abbandonare due cittadini alla prigionia lontana e a un percorso giuridico sconosciuto. Nell’attesa ha osservato tutte le regole che sono state imposte agli imputati , alla loro diplomazia, al loro governo, al loro Paese. Un comportamento chiaro e privo anche di minimi inganni procedurali, di pretese di potere e di trucchi ha sortito il suo effetto.

Il secondo evento è l’Egitto, dove quattro anni fa è stato ucciso, dopo cattura, detenzione e torture, il giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, che era in missione di studio in quel Paese, inviato dall’Università di Oxford, in cui stava lavorando al suo dottorato. Alcuni fatti odiosi o misteriosi o rimasti per sempre oscuri hanno segnato in modo torbido l’evento. Il corpo è stato ritrovato abbandonato in una strada periferica del Cairo in condizioni che rivelavano gravissime e deliberate ferite ricevute da vivo e dunque in una situazione di prigionia e di tortura. Le autorità di polizia locali hanno identificato e ucciso un piccolo gruppo di borseggiatori locali, nel corso di una operazione indicata come “definitiva scoperta del delitto”. Il tentativo è stato un passo falso, la prima rivelazione che c’era una segreto da coprire e una pista di Stato da far sparire. Sul momento il governo italiano è sembrato fermo, ha richiamato l’ambasciatore e preteso una vera indagine che il presidente-dittatore Al Sisi ha prontamente promesso. Presto però comincia a disegnarsi una diplomazia italiana molto più debole e indecisa di quella che ha protetto fino alla fine i marò che rischiavano il processo in India. Questa volta l’assistenza avviene in un clima di gentilezza, come fra amici che insieme vedranno un po’ che cosa si può fare tenendo conto che quel che è stato è stato e che la vita continua, come i commerci fra Paesi amici. Amici nonostante la cattura, la prigionia, le lunghe e feroci torture, fino alla morte di un giovane italiano colpevole di nulla? Eppure l’ambasciatore italiano viene rimandato quasi subito in Egitto, seguito da discorsi fra amici che si dichiarano: “Insieme scopriremo la verità”.

S’intende che i primi a essere offesi, nel loro immenso dolore, sono madre e padre Regeni, che si sentono lasciati soli, con il corpo martoriato del figlio. Ma anche la magistratura italiana viene isolata e beffata. Gli strumenti giuridici vengono ignorati. I giudici egiziani non rispondono a nulla, o usano modeste parodie di possibili rivelazioni. Un momento particolarmente triste e disonorevole per il governo c’è stato quando i genitori Regeni chiedevano almeno il gesto simbolico di ritirare di nuovo l’ambasciatore, visto l’indegno comportamento egiziano. “Uno schiaffo all’Italia”, ha detto il presidente della Camera dei deputati Fico, unica autorià italiana insorta. Gli ha risposto un po’ stizzito un sottosegretario agli Esteri che “gli ambasciatori non sono pedine”. E invece è esattamente quello che sono, in un radicale cambiamento della diplomazia in cui i capi di Stato e di governo comunicano direttamente e persino i ministri degli Esteri sono portavoce e simboli. Avere al Cairo un simbolo di legami d’amicizia Egitto-Italia (al punto da vendere nel frattempo all’Egitto due costosissime navi da guerra), mentre la polizia e i servizi locali hanno dimenticato e i servizi segreti italiani sembrano tenersi lontano è probabilmente un grave errore. Ma fate attenzione a un sinistro dettaglio. Una finzione di indagine su un unico fatto certo (assassinio di un cittadino italiano inviato al Cairo da una università inglese per raccontare certi sindacati) ha puntato sempre al progetto di scoprire chi ha compiuto (e in modo orrendo) il delitto. Ma non si è posta mai la domanda: per quale ragione o mandato il giovane dottorando italiano è stato ucciso? In quale contesto o situazione politica, per chi e contro chi e in base a quali possibili o probabili ragioni è avvenuto il crimine, in quel modo terribile e simbolico, come un avvertimento? È vero che richiamare a Roma l’ambasciatore italiano al Cairo danneggerebbe i nostri interessi. Non sarà la ragione stessa del delitto e un percorso da esplorare per i nostri esperti? Pensate, ogni volta che si reca a Palazzo, il rappresentante della Repubblica italiana stringe le mani degli assassini di Giulio Regeni.

Quei raduni sfigati del centrodestra

 

“Se fosse vero che Stefano De Martino ha tradito Belen con la Marcuzzi, Mattarella dovrebbe sciogliere la camere e permetterci di tornare a votare”.

Osho

 

Da tempo seguiamo con sincera apprensione le manifestazioni del centrodestra destinate, per un motivo o per l’altro, a esiti non contemplati dagli organizzatori. La volta scorsa, c’è un caldo becco e i militanti si accalcano attorno ai loro beniamini in barba alle disposizioni sul distanziamento anti-Covid. Apriti cielo, con la sinistra indignata. Ieri, non tutte le 4.280 sedie di piazza del Popolo, collocate a distanza di sicurezza, vengono occupate, poi il cielo si apre e giù scrosci di pioggia. Il fatto è che Matteo Salvini da quando sta all’opposizione sembra annoiarsi mortalmente. Sono giorni che lo si vede ciondolare da Mondragone a Sabaudia, come quei vacanzieri indecisi se prenotare mare, lago o montagna. Immaginiamo che dia il tormento a Giorgia Meloni, che da donna concreta piuttosto che a certi raduni sfigati preferirebbe dedicare più tempo alla famiglia. Poi c’è il forzista Antonio Tajani, spedito dal principale a sostituirlo con qualche scusa (gli manca solo il cadeau con lo champagne riciclato sotto braccio). Si raccolgono firme per “elezioni subito” (mah), per “Berlusconi senatore a vita” (mah), nel clima un po’ stravaccato da weekend di luglio, di quelli che basta che ce sbrighiamo.

Nella politica dello strano ma vero spicca anche Massimo Ghini, attore bravo, simpatico (e molto Pd) che un paio di settimane fa si era inopinatamente candidato a sindaco di Roma. Ebbene, dice (a “7” del “Corriere della sera”) di avere avvertito (testuale) “da un lato uno strano silenzio segno che molti mi hanno preso sul serio”. Infatti. “Non vorrei fare parte di un club che accettasse me tra i suoi soci” (Groucho Marx). Ma anche: “Massimo, magna pure tranquillo” (detto romano). Agghiacciante, infine, il premier olandese Mark Rutte che pontifica sul “rigore” e chiede all’Italia di “farcela da sola”. Poi: “Voi non capirete mai perché mettiamo l’ananas sulla pizza”. E parla pure.