Scuola: sfruttiamo le ore di compresenza
Lettera aperta al Ministro della Pubblica Istruzione, On. Lucia Azzolina: nel mondo della scuola, si rischia il K.O. tecnico da Covid-19 se non si cambia. Ora, i “giornaloni”, con inchieste e raccolte di centinaia di firme di personalità pubbliche, chiedono un riordino “intelligente” e “lungimirante” del luogo in cui avviene la trasmissione dei saperi alle nuove generazioni. Sono un docente di madrelingua, insegno conversazione in lingua straniera. Alle nostre lezioni, assiste un insegnante italiano, docente della stessa lingua straniera. Accade che questi colleghi durante la compresenza non facciano nulla, correggano i loro compiti, chattino, vadano alla macchinetta del caffè, in segreteria, o a qualche funerale (sì, mi è capitato questo!). Qualcuno deve averlo spiegato a Romano Prodi quando era premier, perché nel 2006, la compresenza nella mia materia scomparve e il “docente bis” veniva mandato a fare supplenza. Ricordo che questi prof. reagivano anche con rabbia. Ma perché pagare cattedre di 13 ore settimanali come se fossero cattedre intere di 18 ore? Gentile Ministro vogliamo superare la retorica del cambiamento e agire tempestivamente su questa anomalia delle compresenze inutili, grottesche e persino dannose? C’è una nuova risorsa economica a portata di mano, non trova?
lettera firmata
Azzolina dà lezioni alla politica e a Molinari
Onore e rispetto alla ministra Azzolina che, a In Onda su la7, ha dato una lezione di compostezza e competenza al direttore di uno dei giornaloni italiani, Maurizio Molinari di Repubblica che ieri sera era andato per mazziare ed è stato invece, sorpreso e imbarazzato, sonoramente mazziato dalla ministra che ha dato decoro alla politica con modi sicuri e gentili, in un periodo in cui prevalgono sempre più mistificazione e volgarità.
Salvatore Giannetti
Il ladro la fa franca solo se ha un buon palo
L’invettiva contro le toghe durante commemorazione dell’ex ministro Biondi e il disinvolto uso della proditoria intercettazione del giudice Franco dimostrano, ancora una volta, come in questo Paese una parte della nostra classe dirigente e intellettuale, anche sul fronte progressista, non condivida il primo comandamento di ogni democrazia: la legge è uguale per tutti. Ma ciò che più mi preoccupa non è tanto il ladro che cerca di farla franca, ma colui che gli tiene il palo, che regge il sacco e scruta la strada. Fanno a gara per tale ruolo numerosi giornalisti, intellettuali e giuristi di chiara fama, che, purtroppo, spesso siedono in Parlamento. Ciò spiega perché abbiamo dovuto aspettare oltre 25 anni per avere la legge “spazza-corrotti” e risulta ancora più chiara la premura della Corte Costituzionale a operare un clamoroso e inopinato revirement giurisprudenziale, mortificando il potere di nomofilachia già esercitato delle Sezioni Unite della Cassazione. Un segno tangibile della giustizia “Celeste”.
Carmelo Sant’Angelo
Tra i danni post-Covid c’è il ritorno di B.
Il primo fatto importante è senz’altro il ritorno del Covid-19 su tutto il territorio con punte nel Veneto, che hanno fatto recitare il mea culpa al Governatore Zaia, con la promessa di chiudere tutto, data l’irresponsabilità dimostrata dai veneti, che hanno ritenuto passato il rischio del contagio. Il secondo fatto rilevante è il rapporto dell’Istat, dal quale scaturiscono effetti collaterali del Covid come la previsione della diminuzione delle nascite nel 2021, l’aumento della disoccupazione e dei licenziamenti, insomma la crescita della povertà nel Paese. Quanto alla politica, si assiste increduli alle liti continue all’interno della maggioranza di governo tra Pd e M5S sul Mes e sulle candidature unitarie alle prossime elezioni regionali, ancora tra Pd e renziani sulla legge elettorale da varare, e infine tra tutti gli alleati sul decreto semplificazione. Ovviamente le liti sono un ottimo incentivo per il centrodestra che spinge (Berlusconi compreso) verso le elezioni politiche.
Quanti dubbi su queste intercettazioni
Il Fatto a proposito dei recenti eventi relativi alla sentenza di condanna di Berlusconi, si pone una serie di domande, 10 per l’esattezza, a cui vorrebbe risposta. Sommessamente, per amore della verità, quella processuale è già agli atti, ulteriori interrogativi di dubbio emergono dal comportamento postumo del magistrato. Ebbene, se così tormentata fosse stata la decisione perché liberarsi del “rimorso”, facendosi ricevere dal condannato e non, magari, rendendo pubblico il proprio disagio per la decisione diversamente assunta rispetto alle proprie convinzioni? Ancora strano appaiono il numero degli incontri, perché quattro o cinque, e non uno, avvenuti, peraltro, con registrazione (consenziente o carpita non si sa)? Infine, perché non affidare i propri convincimenti processuali e/o di coscienza, a uno scritto, magari subordinato a una divulgazione “post mortem”. Ho l’impressione, Direttore, che la vicenda sia solo all’inizio, intanto Lei, di ottima penna, opera quotidianamente sempre una fedele ricostruzione dei fatti spesso oggetto di quella “memoria corta” che spesso ci danneggia, soprattutto in prossimità delle urne, proprio quando dovremmo necessariamente ricordare.
Mario Valentino