Reddito, solo 100 Comuni hanno avviato i lavori utili

Si fa un gran parlare di navigator, di questi quasi 3 mila co.co.co assunti dall’Anpal (l’agenzia nazionale per le politiche attive sul lavoro) per supportare gli operatori dei centri per l’impiego e arrivare a proporre un’occupazione ai percettori del Reddito di cittadinanza. Ma c’è un problema rimasto sottotraccia, legato a filo doppio all’avvio concreto della fase 2 del Reddito di cittadinanza. È quello dei Puc – acronimo che sta per Progetti utili alla collettività – istituiti con decreto legge il 22 ottobre 2019 e in teoria operativi ufficialmente dallo scorso 22 febbraio. Poco prima che l’Italia chiudesse per lockdown. I beneficiari del Reddito avrebbero avuto l’obbligo di prestarvi servizio nel Comune di residenza per almeno 8 ore settimanali, estendibili fino a 16. Pena l’esclusione dal sussidio statale contro la povertà. Aiutando così i municipi, a corto d’organico e in sofferenza economica cronica, in settori come la cura del verde pubblico, l’inclusione sociale, la manutenzione e il controllo degli spazi cittadini, l’assistenza agli anziani, la tutela dell’arte e delle strutture culturali. A costo zero per le loro casse. Ossigeno puro.

Ma è tutto rimasto un po’ sulla carta. Una dichiarazione, più che altro, di intenti. E quest’impasse non dipende esclusivamente dal lockdown che ha bloccato fino al 17 luglio la condizionalità dell’erogazione del Reddito di cittadinanza all’accettazione di un’offerta “congrua” di lavoro, su un range di tre proposte e al volontariato per un Puc, il primo step, la misura “anti-divano” più facile e immediata. Un’esperienza di risparmio e arricchimento umano. “Il decreto è in vigore da mesi, ma questi progetti utili alla collettività latitano. Perché gli enti locali non li bandiscono? Siamo a inizio luglio, non hanno bisogno di rinforzi gratuiti? Sono tutte perfette le nostre città? – dice al Fatto Quotidiano Marco, il nome è di fantasia, un navigator di 45 anni in servizio in Emilia-Romagna -. Per me questo è il modo perfetto per boicottare il Reddito di cittadinanza, così da non poter mostrare all’opinione pubblica risultati tangibili e dimostrare che i percettori del reddito sono persone in difficoltà economica, ma perbene”.

In effetti, sono meno di 100 i Comuni (su un totale di 8 mila) che hanno stipulato accordi coi centri per l’impiego per dare vita a uno o più Puc. Lo verifichiamo accedendo alla piattaforma varata ad hoc, GePi (“Gestione patti per l’inclusione sociale”).

A tutt’oggi ci sono solo 102 Puc attivi e alcuni in carico alla stessa città o cittadina. Sugli scudi il Sud, che sembra più reattivo del resto d’Italia. Qualche esempio. A Isola di Capo Rizzuto, in Calabria, ha avuto semaforo verde un progetto di pulizia del territorio e manutenzione ordinaria delle scuole. Per restituire decoro al tessuto urbano e garantire i servizi primari sulle spiagge libere della costa. È cominciato il 10 giugno e terminerà il 31 agosto. Sono stati richiesti 40 beneficiari, ma il Centro per l’impiego ne mette a disposizione 20. Spiagge free protagoniste anche a Margherita di Savoia, in Puglia, per un Puc iniziato il 15 giugno e al capolinea il 30 settembre. “Il suo fine è quello di garantire a tutti i cittadini in transito dalle nostre parti di fruirne in totale sicurezza e nel rispetto delle norme di contrasto alla diffusione del Covid-19, a partire dal controllo di assembramenti pericolosi e del distanziamento sociale”. Vigileranno 42 operatori, tra cui 37 percettori del Reddito di cittadinanza. A Castignano de’ Greci, in provincia di Lecce, si cercano 10 figure per la guardiania di luoghi pubblici (biblioteca, palazzi, ville) e altrettante per l’organizzazione di eventi. A Vicenza, invece, è caccia a 45 volontari per i musei locali (ma ne sono disponibili la metà) e a 7 per le biblioteche. I due Puc proposti e ratificati dureranno un anno, fino al maggio-giugno 2021.

Niente male visto che il sindaco non dovrà stanziare un euro. E qualcuno avvisi i suoi colleghi addormentati.

 

Alessio Viola, la fuga dal “rullo” diventa retrò

C’è la sindrome della capanna e la sindrome del rullo, molto in voga a SkyTg24. Una volta un mezzobusto tentò di evadere dalla conduzione perpetua fuggendo a Rai3. Parliamo di Gianluca Semprini, che sui rulli si era comportato egregiamente. “Sarà il nuovo Vespa”, profetizzò il direttore di Rai3, Daria Bignardi. Fu un flop memorabile, ora Semprini abita le segrete di Rainews24. Memore forse di questo precedente, anche Alessio Viola è fuggito dal rullo, ma con una strategia più scaltra, conduttore in proprio sul Canale 8 del rotocalco Venti 20. L’idea è un buon contropiede: mentre i virologi si azzuffano sul dopo coronavirus, Viola riepiloga il prima, dagli anni Zero a oggi. Lo fa con smalto, misura e in posizione eretta: modica quantità di studio, molte interviste e sopralluoghi nei luoghi simbolo del millennio, si tratti di Ponte Milvio o di Palazzo Grazioli, per limitarci a citare i monumenti dell’amore. Alle ortiche lo smart working, così Beppe Sala è contento.

Però da questa settimana Viola conduce anche un contenitore mattutino dal taglio assai retrò, in coppia con Adriana Volpe.

A volte il dopo somiglia tremendamente al prima.

C’è la “nuova” suina, ma niente panico

Nulla di nuovo sul fronte virologico. In questi giorni è stata diffusa la notizia che un altro virus sta minacciando l’umanità con una nuova possibile pandemia. Chi mi conosce sa che non appartengo al partito degli allarmisti e lo sono ancor più adesso, dopo lo tsunami mediatico che ci ha travolti. In questa tregua, che speriamo si trasformi in una definitiva sconfitta di Covid-19, non possiamo creare altro panico. Non è sopportabile, né dalla gente, né dall’economia mondiale. Che si stia studiando il virus identificato con la sigla G4EA H1N1 è certamente un fatto positivo, ma bisogna evitare di speculare sulla notizia, tentazione molto forte durante i periodi in cui si raffredda il fronte di un grande interesse mediatico. Si tratta di una variante del virus H1N1 che abbiamo conosciuto ai tempi della “suina” che, anch’esso, infetta i maiali. Sebbene non sia un problema immediato, secondo il team dei ricercatori che ne hanno dato la notizia, questo virus ha “tutte le caratteristiche” per adattarsi e infettare gli esseri umani, dunque necessita di un “attento monitoraggio”.

La preoccupazione viene dall’osservazione che il virus abbia già fatto “il salto” infettando l’uomo ma, al momento, non si trasmette da uomo a uomo. Ciò non significa che non possa accadere. Non è il solo, né l’ultimo virus che si comporta in questo modo. Bisogna tenere sempre la guardia alta, ma non bisogna creare panico. Per le sue caratteristiche è stato definito un virus potenzialmente pandemico. Che lo diventi dipende da fattori naturali ma anche da noi. Osservare, isolare, circoscrivere. Lo abbiamo imparato.

Ci si chiede “Perché ancora in Cina?”. Purtroppo l’igiene della filiera alimentare in quel Paese e in gran parte del mondo non esiste. Il contatto tra allevatore e animale è spesso una “convivenza”, le macellazioni non sono controllate. Dobbiamo rivedere i patti bilaterali dello scambio delle merci. Bisogna trovare il modo definitivo per imporre alla Cina e a tutti norme igieniche molto rigorose. L’importazione di merci non sicure è un reale e continuo pericolo d’ingresso d’infezione e lo è anche per l’importazione di infezioni attraverso i viaggiatori. Dobbiamo fermare alla fonte i pericoli infettivi. Il rischio di una nuova pandemia, alle condizioni attuali, è dietro l’angolo.

Direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

Noi meridionali siamo proprio una “razza” inferiore

“Gl’italiani vanno al Nord in cerca di soldi; al Sud in cerca dell’anima”

(da Terroni di Pino Aprile – Piemme,
2010 – pag. 13)

È vero, dobbiamo ammetterlo: noi meridionali siamo “inferiori”, come ha sentenziato recentemente in tv Vittorio Feltri, nordista bergamasco, opinionista ed ex giornalista. Siamo nati nella Bassa Italia e anche se – per scelta o per necessità – siamo andati a lavorare e a vivere altrove, restiamo pur sempre “terroni”.

La nostra è, innanzitutto, un’inferiorità territoriale. Ma anche genetica, culturale e intellettuale. Io stesso, da pugliese d’origine, qualche anno fa scrissi per Longanesi un libro intitolato Brutti, sporchi e cattivi: i meridionali sono italiani?. Con il punto di domanda. Risposta: no, non siamo italiani. Siamo una razza inferiore, come i neri (anzi, i “negri”) ammazzati dalla polizia nell’America di Donald Trump; come gli immigrati, gli omosessuali, i disabili.

Per questo motivo il coronavirus (finora) ci ha risparmiati, senza prenderci troppo sul serio. Mica i contagi e i decessi della Lombardia. Né i funerali di Bergamo. Non ne valeva neppure la pena.

E perciò, non abbiamo aderito alla raccolta firme, promossa dallo stesso Feltri, per chiedere al presidente della Repubblica la nomina di Silvio Berlusconi a senatore a vita. Con tutti i processi e le condanne che l’ex Cavaliere ha dovuto subire nel corso della “persecuzione giudiziaria” contro di lui, sarebbe il minimo per un uomo della sua statura, anche al netto dei rialzi nelle scarpe. Una riparazione dovuta, un risarcimento, un “voucher” per uno statista che passerà alla storia per aver vinto la Coppa dei Campioni, non certo la Coppa del nonno.

E sempre perché siamo esseri inferiori, non ci siamo ribellati all’inaudita pretesa dell’Ordine dei giornalisti – da cui Feltri s’è prontamente dimesso – di giudicare alcune espressioni o alcuni titoli apparsi sul giornale da lui fondato e di cui oggi è direttore editoriale. E neppure siamo insorti contro la censura della moribonda Autorità di garanzia sulle Comunicazioni, in “prorogatio” ormai da un anno, che ha diffidato Mediaset per non essersi dissociata dalle offese ai meridionali. Né tantomeno organizzeremo un sit-in di protesta davanti al Parlamento per reclamare il rinnovo di un collegio scaduto e scadente che, per di più, ha la sede principale (finta) a Napoli.

Nel tentativo di spiegarsi meglio, l’ex giornalista replica che il suo non era un attacco ai “terroni” e che si riferiva alla loro condizione di sottosviluppo. Ecco la tara economica e sociale dei meridionali, il loro vizio d’origine. Non c’è alcuna giustificazione storica, geografica o ambientale da accampare. “Tanto è vero che lì sono pieni di mafie, ’ndrangheta, di Sacra Corona unita, di camorre”, mentre in Lombardia e nell’ex Capitale morale – com’è noto – sono tutti rispettabili imprenditori, uomini d’affari, galantuomini e gentildonne.

Noi sudisti siamo così “inferiori” ai nordisti che continuiamo a comprare le loro auto, a leggere i loro giornali, a guardare le loro tv e perfino a votare per i loro partiti. Ha ragione Feltri: viviamo in una condizione permanente di sottosviluppo economico, sociale e culturale. E perciò, accogliamo gli immigrati invece di buttarli a mare o di sparargli addosso; continuiamo a pretendere condizioni di parità rispetto alle regioni settentrionali; e resistiamo meglio alle epidemie perché, mangiando pesce crudo fin dalla nascita, siamo vaccinati contro il colera.

Giovanni Valentini

Egitto: obbedendo ai dittatori non si fa l’interesse nazionale

Quando interferiscono con l’interesse nazionale i diritti umani devono avere un peso, e quale, nella nostra politica estera? Se ne discute tra molte ipocrisie in margine alla vicenda legata all’assassinio di Giulio Regeni. Sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia dà voce a un sentire inespresso ma assai diffuso e trasversale: “È un interesse vero e indiscutibile dell’Italia che il Medio Oriente non esploda con rovinose conseguenze a catena, che l’Egitto, principale stato di quell’area, contribuisca a ciò non cadendo nelle mani dell’islamismo filoterrorista e dunque, per dirla chiaramente, che continui a essere governato da un despota spregiudicato e all’occorrenza feroce come al Sisi.” Ecco spiattellato senza infingimenti il ragionamento che spinse Renzi a lodare al Sisi “salvatore del Mediterraneo” e il Parlamento e l’informazione a non mostrare alcun disagio per quelle sorprendenti dichiarazioni. Aggiornata ai nostri tempi, la questione suona così: se “quel fottuto assassino” (Trump in privato riferito ad al Sisi secondo un biografo del presidente americano) debba essere nei fatti “il nostro dittatore preferito” (ancora Trump, in pubblico) per le ragioni spiegate da Galli della Loggia.

I fatti, innanzitutto. Prim’ancora di massacrare un migliaio di dimostranti al Sisi rovesciò con un golpe il governo dei Fratelli musulmani, uno dei più filo-americani della storia egiziana, al punto che per screditarlo i suoi nemici lo spacciavano per una creatura di Obama. Secondo David Kirkpatrick, ex corrispondente del New York Times in Egitto, quando Obama seppe dai servizi segreti che i generali egiziani preparavano il colpo di stato, inviò un suo messo al presidente Morsi per metterlo in guardia, inutilmente.

Sette anni dopo abbiamo motivo per rimpiangere il governo deposto. D’intesa con i russi, al Sisi ha tentato in Libia di travolgere il governo su cui puntava l’Italia; tresca con Mosca, cui potrebbe concedere basi per la flotta; e nel Sinai non riesce a contenere l’islamismo armato, che ha contribuito a motivare. Dunque quale vantaggio ha fruttato al nostro interesse nazionale il ritrovarsi alle porte di casa una tirannia feroce e infida che produce ed esporta instabilità?

Sarebbe inutile chiederlo a quanti ritengono al Sisi il male minore. Il loro giudizio, infatti, muove non dai fatti ma dal convincimento che gli arabi siano comunque pericolosi, sicché sarebbe più prudente affidarli al club dei fottuti assassini – il saudita Mbs, l’emiratino Mbz, al Sisi, Haftar – patrocinato da Trump e da Bibi.

Ma anche dal mero punto di vista realista questo ragionamento fa acqua. Sulla sponda sud del Mediterraneo duecento milioni di arabi sotto i 25 anni, nell’epoca di internet non più cloroformizzabili dai media ufficiali, leggono ogni giorno di un’Europa non ostile ai fottuti assassini: se le future classi dirigenti arabe crescessero con questa immagine dell’Unione e dello stato di diritto liberale, finiremmo per pagare un prezzo salato in futuro. Certo queste conseguenze non sono misurabili come il volume dell’interscambio. Ma chi le credesse ipotesi dubbie, pensi a quale implacabile nemico delle democrazie occidentali britanniche e americane hanno costruito in Iran sostenendo la brutalissima dittatura dello Shah. Quanto poi agli aspetti economici, se è realismo badare agli affari, lo è altrettanto domandarsi cosa ne sarà di molti accordi commerciali quando gli al Sisi cadranno. I perseguitati di oggi potrebbero essere i vincitori di domani. E anche in questo caso l’interesse nazionale non risiederebbe nell’assecondare i dittatori che uccidono e torturano su larga scala, ma nell’aiutare in segreto le vittime a difendersi.

Guido Rampoldi

B. senatore a vita? Un’ipotesi grottesca

Il 4 luglio, Forza Italia chiederà ai cittadini italiani di sottoscrivere una petizione perché Berlusconi sia nominato senatore a vita. Tre sono gli intenti sottostanti la richiesta: replicare l’amoroso vassallaggio nei confronti di chi ha premiato l’obbedienza incrollabile e interessata di molti componenti di FI con posti e prebende che, altrimenti, mai si sarebbero potuti sognare; corroborare il messaggio che le gravi perdite del partito conseguono a oscure manovre della magistratura e di poteri occulti; trattare su quella base un appoggio al governo per la questione Mes. La proposta è irragionevole, infondata e perfino grottesca. Per affrontarla con decoro e rispetto della Costituzione non si deve scendere sul limaccioso terreno delle responsabilità dell’uomo e neppure ricordare la pendenza di altri procedimenti penali relativi all’affaire Ruby. L’impossibilità della nomina si profila sul fatto che Silvio Berlusconi, dal primo ingresso in Parlamento, fino all’interrotto mandato senatoriale, è stato sempre e assolutamente ineleggibile. Lo è anche adesso, pur se presidente di FI. A suo tempo si disse che, non essendo azionista unico e rappresentante legale di Mediaset, la sua posizione non rientrava nelle previsioni di ineleggibilità sancite dall’art. 10 sub 1) del Dpr n. 361/1957. Ma sub 3) del medesimo articolo si dichiarano non eleggibili i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro a società e imprese vincolate con lo Stato per concessioni di notevole entità economica.

Quest’ultima norma va a maggior ragione applicata a chi, quale azionista di riferimento e dominus, si avvale, per l’indiscutibile inerenza e in modo continuativo e integrale, dell’opera di quei consulenti. Affermarlo non significa superare il criterio di stretta interpretazione prescritto in materia, ma solo acquisire in modo piano l’intera capacità precettiva della disposizione, sottraendosi a un certo autismo ermeneutico. Sotto un profilo tecnico, perciò, Berlusconi ha sempre operato come funzionario di fatto e non come soggetto legittimamente investito della funzione. La nomina a senatore a vita implicherebbe un’inaccettabile sanatoria da parte del Presidente della Repubblica. Qualcosina di più di un atto di grazia, se proprio la si vuol dire tutta. Anche perché, non essendo venuta meno l’ineleggibilità, la nomina condurrebbe a una consapevole disapplicazione della legge non a opera di organi assembleari, ma da parte del supremo garante della legalità. Ma non basta. L’art. 59 c. 2 Cost. utilizza la nomina di senatore a vita non per organizzare la più elevata nomenclatura dello Stato (come disponeva l’art. 33 dello statuto albertino) ma per dare esposizione e titolo d’intervento nel più elevato consesso parlamentare a un manipolo di cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. La ratio della disposizione è di premiare e di acquisire all’istituzione esponenti della società civile scelti per l’assoluta eccellenza e nobiltà del loro impegno nei campi su indicati. Non risultano evidenze di peculiari meriti acquisiti in quei sensi da Silvio Berlusconi. Né si vede come possa entrare nelle specifiche previsioni dell’art. 59 c. 2 Cost. l’intento riparatorio di una condanna asseritamente ingiusta (sulla base di intercettazioni successive alla condanna in un equivoco incontro tra giudice e condannato. In questo caso, è bene notare, non si è levata da parte della medesima parte politica nessuna accorata contestazione sull’uso delle intercettazioni…).

Occorre perciò ribadire che, condanna o non condanna, Berlusconi non aveva titolo all’elezione senatoriale e, per questo, l’intervenuta revoca lo ha spossessato in fatto ma non in diritto. Non è un caso, poi, che tra i campi di merito previsti dall’art. 59 Cost. non vi sia quello politico: ci sono ben 315 seggi in senato per fornire adeguata rappresentanza ai valori politici. Usarne al medesimo fine alcuni dei cinque riservati alle nomine a vita sarebbe solo segno nefasto di rapacità istituzionale. Il che introduce un ulteriore elemento di riflessione. Nominando senatore a vita il capo di un partito con rilevante presenza nel Parlamento, il Capo dello Stato verrebbe meno al suo dovere fondamentale di equidistanza dalle varie parti con l’effetto di regalare a quella forza politica un voto in più. Il che, in un’assemblea nella quale si procede spesso a vista per i numeri risicati della maggioranza, potrebbe rivelarsi scelta dirompente.

Filoreto D’Agostino

Jasmine Cristallo “Anche le Sardine agli Stati Popolari per un’Italia giusta”

Gli “Stati Popolari” non sono né lo specchio né l’ombra di quelli “Generali”, promossi dal governo. Né per la sontuosa location, né per lo scopo annunciato, né per coloro a cui si rivolgono. Gli Stati Popolari sono un momento in cui una moltitudine di Persone, nella loro interculturalità di sesso, religioni, condizioni di vita, vuole affermare una grande e insopprimibile necessità: la visibilità degli invisibili! Penso alle donne e agli uomini che vivono in silenzio, nelle borgate e nei loro quartieri, che lavorano in nero producendo ricchezza che ingrassa gli evasori. A chi vive le tragedie e a chi non riesce a mettere insieme pranzo e cena. A chi, precario, intermittente, part-time, con il Covid-19 è stato ancor più penalizzato, essendo già in posizione di debolezza e marginalità. Come sempre accade nelle crisi. E come l’Istat ha confermato che sta già accadendo. Costoro, gli invisibili, a Villa Pamphilj non c’erano. Ma noi è da questa Moltitudine che pensiamo sia doveroso ripartire, non solo per mettere in sicurezza il Paese, ma per ridisegnarlo. Se queste persone e queste storie non trovano rappresentanza si corre il rischio di tensioni sociali e vortici di destabilizzazione il prossimo autunno. Per limitare gli impatti della crisi è necessario indicare le priorità, passando dalle parole ai fatti. Ma, soprattutto, è necessario decidere quali blocchi sociali debbano essere difesi per primi. E noi pensiamo che siano i più deboli. Con un welfare che garantisca una più equa giustizia sociale. E poi con nuove regole del mercato del lavoro che possano garantire diritti e tutele per tutti. E poi, dal rilancio del Sud, difendendo il sistema produttivo in particolare nelle piccole imprese (non solo le grandi che difende Confindustria) che sono il tessuto imprenditoriale che fa vivere l’Italia. Purtroppo in questo momento tra le forze parlamentari non c’è nessuno che porti avanti questi temi in maniera seria e concreta, al di là degli annunci. E perciò chi più è ai margini della società non trova rappresentanza. E, sentendosi abbandonato, si rifugia nella protesta e nel non-voto, nell’indifferenza. Per questo partecipo convintamente agli Stati Popolari: perché sono un’occasione per riflettere sui quali devono essere le priorità della sinistra. Perché sono un modo per indicare un metodo, un protagonismo, non velleitario ma radicale nei principi e nelle richieste, per poter ridare speranze e prospettive ad un mondo sommerso, silenzioso, marginalizzato. Parteciperò agli Stati Popolari anche con un gesto simbolico: scrivere sull’asfalto di Roma: NON SIAMO INVISIBILI!

Jasmine Cristallo

Il Mes conviene solo
se il Paese è sul lastrico

Cari amici, mi sembrerebbe utile – al fine di far comprendere ai lettori come la posizione dei grillini sul Mes non sia del tutto peregrina, come molti ormai la considerano – di pubblicare il testo dell’art. 3 del trattato del Mes il quale recita testualmente : “L’obiettivo del Mes è quello di mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del Mes che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri. A questo scopo è conferito al Mes il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi.” Pare a me che i casi sono due: o l’Italia già si trova, ovvero rischia seriamente di trovarsi a breve, in gravi problemi finanziari, ed allora è necessario che il governo lo dica innanzitutto al popolo italiano cui finora ha invece inviato messaggi rassicuranti, oppure ciò non è vero ed allora forse sarebbe un abuso da parte degli amministratori del Mes la decisione di concedere o di imporre la scelta di usufruire di nuove risorse finanziarie per evitare il tracollo della intera zona euro perchè sarebbe una scelta estranea alle finalità del Mes.

Emilio Zecca

Salvini non manda giù
il dissenso, solo mojito

1 leader politici devono imparare a tollerare anche il dissenso. Matteo Salvini si è recato, lunedì sera, con un suo blitz (verosimilmente strumentale) a Mondragone per un comizio. Contestato aspramente da un gruppo di manifestanti, non ha potuto arringare doverosamente il pubblico. Tuttavia, ha rilasciato dichiarazioni di fuoco ai media contro i “teppisti” che gli hanno impedito di parlare. Epperò, l’esimio “Capitano” non ha rinunciato a condividere un aperitivo con i simpatizzanti sul lungomare. Si sa, lui d’estate non sa fare proprio a meno del mojito.

Marcello Buttazzo

Noi bambini
rispettiamo le regole

Egregio presidente Giuseppe Conte, le scrivo questa lettera a nome di tutta la 5ª A della scuola U. Adoni di Parma. Ci sono diversi motivi per i quali vorremmo tornare a scuola a settembre: seguire lezioni online ci stanca molto e riusciamo meno a concentrarci, per cui restiamo indietro con il programma. Un altro motivo è l’impossibilità da parte dei genitori di restare a casa coi figli per via del lavoro. Infine, crediamo che la scuola non serva solo per imparare le materie ma soprattutto per imparare a convivere come un gruppo. Per questi motivi desideriamo che le scuole riaprano, sempre con le giuste precauzioni: indossare la mascherina, rispettare le distanze, disinfettare spesso le mani, se possibile evitare la mensa… Spesso gli adulti hanno espresso preoccupazione sulla nostra capacità di rispettare le regole, ma credo che tutti noi bambini abbiamo dimostrato di riuscire a rinunciare alle amicizie, al gioco, alle cose per noi importanti molto più di tanti adulti. Spero avrete fiducia in noi e ci darete la possibilità di riprendere la nostra vita. Grazie per l’importante e difficile lavoro che ha svolto in questi mesi.

Diego Danani

Solo “Il Fatto” non tace
sulla bufala del caimano

Caro Direttore, il giornale da lei diretto è veramente unico. Mi spiego. Passi per i giornali filo berlusconiani, ma tutti gli altri apparentemente “liberi”, perché tacciono sulla bufala Berlusconi? Possibile che sia solo il Fatto Quotidiano a conoscere la realtà?

Pasquale Mirante

Caro Pasquale, la verità la conoscono tutti, ma non tutti possono scriverla.

M. Trav.

Come impedire altri
“Franco e Silvio”?

Dalle “intercettazioni” relative alla vicenda Berlusconi-Franco, dando per scontata la loro veridicità, scaturiscono tre riflessioni fondamentali: 1) Berlusconi anche dopo quella sentenza teneva rapporti “intimi” e illegali con alcuni alti rappresentanti della Magistratura. 2) Alcuni magistrati, anche di alto ruolo, sono davvero indegni della propria funzione. La terza riflessione è un doppio interrogativo: a) come impedire in futuro l’accesso e la permanenza nella vita pubblica di personaggi come Berlusconi. b) Come impedire a magistrati indegni come Franco di entrare in magistratura.

Alessandro Santarelli

L’assurdo caso
di Gasparri pensionato

Nel vostro articolo di ieri leggo di Gasparri in pensione da giugno come giornalista essendo del 1956 e avendo 28+9 (di lavoro!) Come fa a percepire la pensione? I giornalisti hanno privilegi perché fanno lavori usuranti?

Mauro Chiostri

Dove sono finiti i quarti di vino nelle osterie?

Sempre più spesso al momento di ordinare il vino, i ristoratori propongono la scelta fra calice o bottiglia. Che fine hanno fatto nelle trattorie, locande e osterie – che ormai di popolare hanno solo il nome – le brocche di vino?

Simonetta Medri

Programmi tv: così Berlusconi ha comprato un convento di vergini

E per la serie “Chiudi gli occhi e apri la bocca”, eccovi i migliori programmi tv della settimana:

Sky Cinema Uno, 21.15: Midway, film-guerra. Scoperto che i giapponesi vogliono attaccare Pearl Harbor, gli americani li lasciano fare, ottenendo la scusa perfetta per fare guerra all’Iraq.

Rai1, Santa Messa, 10.55. La storia di Gesù: le sue umili origini, la carriera folgorante, il suo amore per una truccatrice e la dipendenza dall’eroina.

Sky Suspense, 21.00: L’armata delle tenebre, film-horror. Ash si ritrova catapultato nel Medioevo, costretto a recuperare un antico libro di incantesimi. Per riuscirci dovrà affrontare un esercito di dentisti evocato dalle forze del Male.

Rai5, 21.15: Art Night, documentario. Il filmato racconta le innovative soluzioni espressive che il pittore Edgar Degas adottò nel genere del nudo (ceretta inguinale alla brasiliana).

Rai Premium, 21.20: Un passo dal cielo 5, fiction. Emma si ritrova coinvolta in una rapina a un emporio. Nella confusione, i malviventi la scambiano per Mina e la rapiscono caricandola su un furgone, con l’idea di avviarla alla prostituzione.

Giallo, 21.10: I misteri di Brokenwood, telefilm. Quando un uomo d’affari che aveva raggirato molti anziani viene assassinato, Mike e i suoi uomini indagano tra gli ospiti di una casa di riposo di lusso, piena di vecchi mafiosi e manager Publitalia.

Fox Crime, 10.10: CSI, telefilm. HODGES: “La ciocca di capelli della vittima conteneva tracce di sperma, di cellule vaginali, di esplosivo militare e di un insetto rarissimo che vive solo in una zona della Patagonia.” RUSSELL: “È tornato!”.

Canale 5, 21.20: Casta e pura, flm-commedia. Una ragazza bellissima ha promesso di restare vergine fino alla morte del padre, ma dopo che il padre la violenta comincia a tentennare.

Italia 1, 21.30: Transformers 5, film fantascienza. Dopo l’ennesima battaglia fra Autobot e Decepticon, l’Amministrazione Trump decide di desecretare i documenti riservati sull’omicidio Kennedy. A uccidere il presidente non fu Oswald, né la Cia, né i cubani, né la mafia. Fu l’auto presidenziale che lo trasportava, un Decepticon.

Italia 1, 21.30: L’incredibile Hulk, film fantascienza. Vittima di una mutazione genetica causata da un esperimento andato male, lo scienziato Bruce Banner si trasforma in un gigantesco mostro verde, Hulk, ogni volta che qualcuno gli tossisce vicino.

La7, 21.15: Chernobyl, telefilm. Valery crea un piano dettagliato per decontaminare la centrale di Chernobyl con Chanteclair sgrassatore universale (disponibile nella classica fragranza del sapone di Marsiglia oppure ai profumi d’arancia, limone o lavanda), che è anche lo sponsor del programma.

Rai5, 21.35: Le vie dell’amicizia, musicale. A causa di uno sciopero improvviso dei maestri d’orchestra, Riccardo Muti dirige una compagnia costituita da musicisti di strada, raccolti qua e là in un pomeriggio frenetico. Il risultato è sorprendente anche per lui.

Fox Life, 21.00: Empire, telefilm. Dopo una serata a base di alcool, Cookie si ritrova nei guai, Lucious si ritrova nei guai, Andre si ritrova nei guai, Leah si ritrova nei guai, Hakeem si ritrova nei guai, May si ritrova nei guai.

Rai1, 21.25: Che Dio ci aiuti, fiction. Suor Angela scopre chi è il misterioso compratore del convento pieno di novizie vergini: quel satanasso di Silvio Berlusconi. La domanda è: dove ha preso i soldi?

Daniele Luttazzi

I retroscenisti hanno rotto, meglio lo strip

Aun giornalista francese inviato in Italia che mi interroga sull’evento politico, a mio avviso, più importante degli ultimi giorni, rispondo senza esitazione: “La gentile signorina che per un selfie con Giuseppe Conte si è detta pronta a togliersi reggiseno e mutandine”. Onde chiarire che non lo prendevo affatto in giro, abbiamo provato a sfogliare alcune prime pagine dei giornali di ieri e dell’altroieri. “Gelo tra Conte e il Pd”. “ Conte ricuce con il Pd”. “Conte al Pd: unità alle Regionali”. “Il Pd ai 5stelle: subito l’intesa”. “I 5stelle al Pd: meglio andare da soli”. “Ora il premier teme il fuoco amico”. “Il segretario Pd: io leale, ma a settembre si rischia”. Oppure: “Cambia la norma sull’abuso d’ufficio”. “Ma il decreto Semplificazioni non decolla”. Oppure: “Berlusconi pronto a entrare nel governo con una maggioranza nuova”. “L’ira di Salvini contro Berlusconi: no a inciuci c’è solo il voto”. Ma anche: “Salvini: uniti in piazza con tutto il centrodestra”. E così via. Poiché il collega mi osserva perplesso, cerco di spiegare che questo è il motore immobile della politica italiana, dove tutto si muove affinché tutto resti fermo. Infatti, mentre in Aristotele è il concetto che rappresenta la causa prima del divenire dell’Universo, per i retroscenisti dei quotidiani rappresenta la causa prima del proprio lavoro.

Provo a essere meno generico e cito il titolo di un famoso film: Il giorno della marmotta

. Citato a sua volta da Beppe Grillo quando pochi giorni fa diede la famosa strigliata ad Alessandro Di Battista e al movimentismo grillino. Che (come Bill Murray) agisce come incastrato in un circolo temporale nel quale il presente si ripete esattamente come il passato. È la perfetta metafora della politica italiana, concludo, per cui le uniche notizie in grado di sottrarre i lettori al sonno e alla noia sono le apparenti non notizie. Il collega francese si rianima e mi dice che proporrà al suo direttore di sostituire la pallosa corrispondenza sui nemici di Conte con una foto espressiva della leggiadra ammiratrice di Conte. Il titolo però resta lo stesso: “Ah, les italiens!

”.