Questa Pandemia che ho vissuto, e che sto vivendo, mi ha portato a riflettere e a vedere le cose in maniera diversa riguardo al mondo dell’arte, o meglio del mercato dell’arte di cui io ne ho fatto una ragione di vita. Appena la Pandemia provocò il lockdown, il mondo dell’arte si è, giustamente, paralizzato e la prima domanda che si fecero tutti è stata: e adesso cosa accadrà A questa domanda, gallerie, case d’asta, fiere internazionali, tutti si sono scatenati con questo sistema dell’online, proponendo pubblicamente opere che andavano da qualche migliaia di euro a milioni, quasi stalkerizzando i poveri collezionisti. Proprio in quel momento mi sono detto che nelle difficoltà, l’arte non deve essere un asset materiale, ma un bene spirituale. L’arte deve educare e far riflettere, soprattutto in questo momento storico, che credo sia il più basso culturalmente degli ultimi 50 anni. D’altronde, parlando dall’Italia, in un paese che freme più per la ripresa del campionato di calcio che per la riapertura delle scuole, cosa ci possiamo aspettare? Un paese dove, pur detenendo più del 50% del patrimonio storico artistico che vi è al mondo, un ministro aveva persino proposto di togliere la Storia dell’Arte nella scuola dell’obbligo.
La cosa che più di recente mi ha disgustato intellettualmente, è l’uso di Tik Tok da parte degli Uffizi. Io sono per la divulgazione del nostro patrimonio in termini mediatici, ma sempre con rispetto delle opere. Gli Uffizi sono sacri, e come tali andrebbero trattati. Questi Tik Tok sono di una volgarità assoluta! L’Arte è eleganza. Ma purtroppo l’Italia vive, tristemente, di presente, dimenticandosi la grande storia che ci ha visti protagonisti. Tuttavia noi mercanti d’arte siamo anche troppo lontani dal presente. Viviamo in una palla di cristallo, immersi nel nostro microcosmo, lontani dalla realtà, dove opere che vengono vendute a milioni di dollari, fino ad arrivare alla follia di un “Leonardo” a $ 450.000.000, sembrano la normalità. In un momento come questo ci rendiamo conto che con tutte le difficoltà del sistema, siamo dei miracolati e fortunati rispetto al resto mondo. Questi mesi che ci vedranno fermi sono solo un periodo, perché il mondo, e la storia ce lo insegna, ripartirà. L’uomo ha passato e vinto tante tragedie, e tante ancora ne vedrà. Il Covid, almeno, che ci aiuti a pensare. Spero che, quando tutto tornerà alla normalità, il mondo dell’arte diventi meno frenetico e riflessivo, e che i collezionisti possano, come a inizio Novecento, riassaporare la bellezza del rapporto con le gallerie che, purtroppo adesso, sono sempre più rimpiazzate e soffocate dalle fiere. Diventate piccole imprese hanno sostituito le pubbliche relazioni al dialogo e all’expertise. Sinceramente avrei preferito, in questo periodo, da parte di tutta la mia categoria, più discrezione nel muoversi. I mercanti che rovesciano milioni di euro sul web, avrebbero potuto tranquillamente permettersi di non vendere niente o il poco farlo senza troppo rumore. Ostentare questi milioni di euro mi è sembrato un gesto molto irrispettoso nei confronti della situazione e di molte persone che hanno perso il posto di lavoro, e di altre che non riescono ad arrivare a fine mese. Ma se vogliamo tornare a parlare in termini più economici e realisti, l’arte è sempre stata un asset in tutte le situazioni difficili, basti pensare allaSeconda guerra mondiale. Le grandi crisi sono servite e possono servire a far chiarezza tra operatori e artisti, facendo rimanere a galla la qualità di quelli che la Storia salverà. L’arte è uno dei migliori strumenti per riflettere e ridare energia necessaria a superare la depressione del momento. Le opere d’arte sono in grado di trasmetterci la speranza e la certezza che l’uomo ce l’ha sempre fatta, e tornerà a farcela quest’anno come negli anni che verrano.
L’arte è uno dei migliori antidepressivi inventati dal genere umano.