Quando ci sarà un vaccino contro il coronavirus, un terzo degli americani potrebbe non volerlo fare. E, se ciò avvenisse, l’efficacia d’una campagna di prevenzione di massa sarebbe fortemente compromessa. L’esito di un sondaggio della Cnn innesca la previsione allarmante di Anthony Fauci, ‘virologo in capo’ degli Stati Uniti. La riluttanza al vaccino degli americani è sorprendente, se si pensa che gli Stati Uniti hanno i record mondiali dei contagi accertati – quasi 2.560.000 alle 12 di ieri sulla East Coast, oltre un quarto degli oltre 10.200.000 globali – e dei decessi – 126.000 su 503.000. I dati sono della Johns Hopkins University. Ma uno zoccolo duro di americani s’è già mostrato refrattario al lockdown nonostante l’accelerazione delle riaperture abbia ormai innescato rimbalzi dell’epidemia in una trentina di Stati, specie California, Arizona, Texas, Florida. Misure restrittive sono state reintrodotte qua e là e pure governatori ‘trumpiani’, come il texano Grey Abbott, hanno di nuovo chiesto ai cittadini di restare in casa il più possibile. Non è chiaro se l’atteggiamento inizialmente negazionista e sempre di sfida di Trump verso il virus influenzi una fetta dell’opinione pubblica o se, invece, il presidente moduli le sue posizioni su quella parte dell’opinione pubblica ultra-libertaria che non teme il contagio ed è tendenzialmente no vax: quelli sono tutti suoi elettori.
Parlando alla Cnn, Fauci, spesso ai ferri corti con la Casa Bianca, pur facendo parte della task force anti-epidemia, spiega che il vaccino potrebbe non garantire l’immunità di gregge agli americani, se troppi non si vaccinassero. “Il risultato migliore mai raggiunto è stato – con il vaccino contro il morbillo – efficace al 97-98%”, dice Fauci, direttore dell’Istituto nazionale delle allergie e delle malattie infettive. Per il coronavirus, Fauci “s’accontenterebbe” di un vaccino efficace al 70-75%. Ma se un livello di protezione parziale dovesse sommarsi a una capillarità di somministrazione inadeguata, i livelli di immunità saranno difficilmente sufficienti a domare la pandemia. Test clinici su vaccini anti-coronavirus sono in corso negli Usa, nell’Ue, in Russia, in Cina e un po’ ovunque nel mondo. Gli Stati Uniti non sono il paradiso dei ‘no vax’: una ricerca 2016 condotta dal Vaccine Confidence Project indicava che lo scetticismo verso i vaccini ‘contagiava’ il 13% della popolazione, meno che in Francia, Russia, Italia, leggermente al di sopra della media mondiale del 12% e di poco superiore a quelle di Germania (10%) e Regno Unito (9%). Tuttavia l’elezione di Trump nel 2016 e tre anni e mezzo di sua presidenza possono essere stati prima un sintomo di crescita delle tendenze ‘no vax’ e poi un fattore di loro ulteriore rafforzamento. Fra i ‘no vax’ Usa, a parte Trump, che da quando è presidente non si sbilancia in merito, ci sono politici conservatori come Michelle Bachmann, aspirante alla nomination repubblicana nel 2012, o Chris Christie, Rand Paul – un medico – e Carly Fiorina, rivali di Trump nel 2016.
E c’è pure chi ha ascendenti progressisti, come Robert Fitzgerald Kennedy Jr, 65 anni, nipote di JFK, pecora nera della famiglia, vocazione complottista, cavaliere di cause tendenzialmente sbagliate e fortunatamente perdute. Accanto a essi, complottisti come lo scrittore David Icker, ma anche attori progressisti come Robert de Niro. I vaccini sono obbligatori, non in modo uniforme, solo in alcuni Stati dell’Unione. Le proteste anti-razziste in tutta l’Unione e il calo di popolarità di Trump hanno però coinciso con segnali d’insofferenza verso forme d’oscurantismo, di cui s’è resa interprete la Corte Suprema con sentenze che deludono suprematisti e fondamentalisti.
L’ultima ieri: la Corte ha bocciato la legge sull’aborto della Louisiana, troppo restrittiva rispetto al diritto garantito da una sentenza del 1973.