La crisi e la recessione Covid-19 offrono un’opportunità unica per ripensare il ruolo dello Stato, in particolare i suoi rapporti con le imprese. L’ipotesi di lunga data secondo cui il governo è un peso per l’economia di mercato è stata smentita. Riscoprire il ruolo tradizionale dello Stato come “investitore di prima istanza” – piuttosto che come prestatore di ultima istanza – è diventato uno dei presupposti per un’efficace elaborazione delle politiche nell’era post-Covid.
Fortunatamente, gli investimenti pubblici sono aumentati. Mentre gli Stati Uniti hanno adottato un pacchetto di stimolo e salvataggio da 3 trilioni di dollari, l’Unione europea ha introdotto un piano di risanamento di 750 miliardi di euro (850 miliardi di dollari), e il Giappone ha raccolto un ulteriore trilione di dollari in assistenza per le famiglie e le imprese.
I soldi non bastano: serve una direzione
Tuttavia, affinché gli investimenti possano condurre a un’economia più sana, resiliente e produttiva, il denaro non è sufficiente. I governi devono ripristinare la capacità di progettare, attuare e applicare le condizionalità nei confronti dei destinatari, cosicché il settore privato operi in modo da favorire una crescita inclusiva e sostenibile.
Il sostegno del governo alle grandi imprese assume molte forme, tra cui sovvenzioni dirette in denaro, agevolazioni fiscali e prestiti emessi a condizioni favorevoli o con garanzia statale – per non parlare del ruolo espansivo svolto dalle banche centrali, che hanno acquistato obbligazioni societarie su vasta scala.
Questa assistenza dovrebbe essere accompagnata da condizioni, come richiedere alle imprese di adottare obiettivi di riduzione delle emissioni e di trattare i propri dipendenti con dignità (in termini sia di retribuzione che di qualità del lavoro). Per fortuna, anche con la riscoperta da parte della comunità imprenditoriale dei meriti dell’assistenza condizionata – persino sulle pagine del Financial Times – questa forma di intervento statale non è più un tabù.
Qualche buon esempio c’è: alcuni casi in Ue e Usa
E ci sono alcuni buoni esempi. Sia la Danimarca che la Francia oggi negano gli aiuti di Stato a qualsiasi società domiciliata in un paradiso fiscale designato dall’Ue e vietano ai grandi destinatari di pagare dividendi o di riacquistare le proprie azioni fino al 2021.
Negli Stati Uniti la senatrice Elizabeth Warren ha richiesto rigorose condizioni di salvataggio, tra cui salari minimi più elevati, rappresentanze dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle società e restrizioni permanenti su dividendi, riacquisti di azioni e premi esecutivi. E nel Regno Unito, la Bank of England (BOE) ha sollecitato una moratoria temporanea su dividendi e riacquisti.
Lungi dall’essere dirigista, l’imposizione di tali condizionalità aiuta a guidare strategicamente le risorse finanziarie, garantendo che vengano reinvestite in modo produttivo anziché essere catturate da interessi ristretti o speculativi. Questo approccio è tanto più importante se si considera che molti dei comparti più bisognosi di salvataggio sono anche tra i più economicamente strategici, come il settore aereo e quello automobilistico.
Ad esempio, alle compagnie aeree statunitensi sono stati concessi prestiti e garanzie fino a 46 miliardi di dollari, a condizione che le imprese beneficiarie mantengano il 90% della loro forza lavoro, riducano le retribuzioni dei dirigenti e evitino l’outsourcing o l’offshoring. L’Austria, nel frattempo, ha subordinato i suoi salvataggi del settore aereo all’adozione di obiettivi climatici. La Francia ha inoltre introdotto obiettivi quinquennali per ridurre le emissioni interne di anidride carbonica.
Il settore dell’auto: il caso francese
Allo stesso modo, molti Paesi non possono permettersi di perdere la propria industria automobilistica nazionale e vedono i salvataggi come un’opportunità per guidare i progressi verso la decarbonizzazione del settore. Come ha recentemente affermato il presidente francese Emmanuel Macron, “non dobbiamo solo salvare il settore, ma trasformarlo”. Pur estendendo fino a 8 miliardi di euro i prestiti al settore, il suo governo richiede che entro il 2025 ciò comporti un milione di automobili in più a energia pulita. Inoltre, dopo aver ricevuto 5 miliardi di euro, la Renault deve mantenere aperti due impianti strategici francesi e contribuire al Progetto franco-tedesco per la produzione di batterie elettriche. Come principale azionista della Renault, il governo francese sarà in grado di far rispettare queste condizioni sia all’esterno che all’interno dell’azienda.
In alcuni casi, i governi sono andati oltre le condizionalità per modificare i modelli di proprietà. Germania e Francia stanno acquisendo o aumentando (rispettivamente) la partecipazione azionaria dello Stato nelle compagnie aeree, citando la necessità di salvaguardare le infrastrutture strategiche nazionali.
Il prestito Fca-Fiat: cose da non fare/1
Ma ci sono anche esempi negativi. Il salvataggio dell’industria automobilistica ha avuto un andamento molto diverso in Italia rispetto a quello francese. Il gruppo Fca ha convinto il governo italiano – che storicamente ha fornito grossi sussidi alla Fiat – a concedere alla sua controllata Fca Italia un prestito garantito di 6,3 miliardi di euro praticamente senza condizioni. Si prevede che Fca Italia si fonderà con il gruppo francese Psa entro la fine di quest’anno, e il gruppo Fca stesso non è più nemmeno una società italiana.
Nato nel 2014 dalla fusione di Fiat e Chrysler, è domiciliato nei Paesi Bassi con sede finanziaria a Londra. Peggio ancora, la società ha una cattiva reputazione nel mantenere gli impegni di investimento in Italia, Paese sparito dalla mappa globale dei produttori automobilistici, sia in termini di volume che di veicoli elettrici.
In altri casi negativi, le principali aziende e i settori più importanti si sono valsi del loro monopolio o del loro potere di contrattazione dominante sul mercato per esercitare forti pressioni contro le condizionalità, oppure hanno sfruttato il sostegno delle banche centrali, che tende a concretizzarsi con minori condizioni o addirittura senza.
EasyJet e i dividendi: cose da non fare/2
Ad esempio, nel Regno Unito, EasyJet è stata in grado di accedere a 600 milioni di sterline (746 milioni di dollari) di liquidità dalla BOE, nonostante abbia pagato 174 milioni di sterline di dividendi un mese prima. E negli Stati Uniti, la decisione della Federal Reserve di iniziare ad acquistare obbligazioni ad alto rendimento più rischiose ha alimentato i timori di azzardo morale.
Tra coloro che approfittano per guadagnare ci sono i produttori statunitensi di olio di scisto (il famigerato shale oil), che erano già altamente indebitati e per lo più con attività non redditizie prima dell’arrivo della pandemia.
Porre “condizioni” s’è rivelato strumento efficace
Lungi dall’essere a un passo dal controllo statale dell’economia, i salvataggi condizionati si sono dimostrati uno strumento efficace per guidare le forze produttive nell’interesse di obiettivi strategici e ampiamente condivisi.
Se progettati o implementati in modo errato, o se evitati del tutto, possono limitare la capacità produttiva e consentire agli speculatori e agli addetti ai lavori di estrarre ricchezza per se stessi.
Se applicati nel modo giusto, però, possono allineare il comportamento aziendale alle esigenze della società, garantendo una crescita sostenibile e una migliore relazione tra lavoratori e imprese.
Perché la crisi non vada sprecata, ciò deve far parte dell’eredità post-Covid-19.
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Project Syndicate, 2020. www.project-syndicate.org