“Ho pensato all’ultima frase di Vasco alla fine di Modena Park, quando definì quella serata ‘una tempesta perfetta’. Aveva ragione. Per questo l’abbiamo intitolato così”.
Giorgio Verdelli è il regista dell’evento in onda il primo luglio su Rai1, “e non è la replica del concerto già trasmesso, ma la versione cinematografica realizzata con ventisette telecamere. E raccontato dallo stesso Vasco, più una serie di testimonial; (ci pensa un attimo) durante la registrazione ci ha parlato di suo padre in campo di concentramento. Da brividi”.
Chi è Vasco?
Per me è un fratello maggiore, per altri un padre, un parente o un confidente; è un essere pensante con un istinto animale pazzesco, e accompagnato da una curiosità umana e culturale non comune.
Sa ascoltare…
E poi sintetizza; lui ha bisogno di un contatto umano reale, tanto da portare avanti la stessa cerchia di amici da quaranta e passa anni.
Per Vasco uno dei miti è Bennato.
È vero, e lui stesso aggiunge Jannacci, Guccini, De Gregori e De Andrè; (ci pensa) però con Bennato il feeling è particolare.
Lei è di Napoli ed è cresciuto con Bennato.
Ci conosciamo dagli anni Settanta, e a Edoardo ho dedicato una puntata del mio programma Unici sempre sulla Rai; (cambia tono) il cruccio di Bennato è quello di non essere più di moda.
Bennato da ragazzo.
Determinato, lucido, geniale; un po’ lo ha danneggiato Notti magiche: quel brano gli ha intaccato l’immagine da cantautore, un errore che Vasco non ha commesso.
Cioè?
È difficile trovare punti di flessione nella carriera di Vasco e a lui devo l’inizio del mio percorso.
Come?
Nel 1986 arrivo in Rai per lavorare con Loretta Goggi, invito Vasco, già frutto ambito, e i responsabili della rete iniziano a prendermi in giro, convinti non fosse vero.
E invece…
All’improvviso lo vedo scendere da un’auto, con lui anche Guido Elmi, e sono entrato trionfalmente dentro gli studi televisivi. Da lì è cambiata la mia vita.
Torniamo alla Napoli anni Settanta.
Vivevamo nella creatività collettiva, io tra Edoardo e Pino Daniele.
I due non si amavano molto.
C’era una forte competizione, e divisi in fazioni; (sorride) una volta mi chiamò a casa la mamma di Edo, donna celebre perché direttrice di una scuola elementare, e carattere molto deciso.
E…
Mi investì di parole, era dispiaciuta perché Bob Dylan veniva in Italia e ad aprire il tour c’era Pino, “mentre è mio figlio il Dylan italiano!”
Pino Daniele.
Carattere complesso, era un misto di timidezza e insicurezza, spinto da una forte rivalsa verso la vita; era conscio del suo stato di salute.
Un suo rimpianto?
Non aver girato un documentario su David Zard (grande organizzatore di eventi musicali), un uomo intraprendente e visionario: bastava la sua firma sul manifesto pubblicitario per garantire la qualità dell’evento.
Di Vasco qual è la sua canzone preferita e perché.
Qui è difficile: con lui ognuno ha la sua…
Quindi?
Sarei tentato di rispondere Sally, ma canticchio E adesso che tocca a me, quando dice “ora che non ho più Topo Gigio, cosa me ne faccio della Svizzera?”. Da fuoriclasse. (resta in silenzio)
A cosa pensa?
Che c’è un po’ di Vasco in ognuno di noi.