Oltre 1 milione di dati sensibili di clienti trafugati dal portale della Tim, e rivenduti a gestori di call center, anche di compagnie concorrenti. L’inchiesta “Data Room” della Procura di Roma e nel centro anticrimine informatico della polizia postale ha portato all’arresto di 13 persone, altri 7 con l’obbligo di dimora, accusati di acquisizione indebita di codici di accesso e accesso abusivo al sistema informatico.
Tra i cacciatori di dati ci sono due dipendenti Telecom, Nicola Napolitano e Valerio Ferrigno, che erano riusciti ad accedere, utilizzando gli account di alcuni colleghi, ignari del furto, al portale Tim Retail. Si tratta di un mega archivio, in cui sono raccolti i dati dei clienti che presentano reclami, segnalazioni di guasti e richieste di servizi. Una volta dentro il sistema, i due dipendenti estraevano le liste degli utenti per venderle a società terze, che potevano quindi contattare il cliente scontento e proporgli un cambio di compagnia, ottenendo dei bonus da 400 euro per ogni nuovo contratto. Ad accorgersi del furto è stata la stessa Tim, notando l’elevato numero di richieste di esportazioni dati e di accessi in orari notturni.
A trafugare i dati anche Marco Marinozzi, dipendente della Distribuzione Italia Srl, società partner di Tim, che usando gli account di alcuni colleghi era riuscito ad accedere al database della compagnia e con lo stesso sistema rubava informazioni sensibili.
Tra i principali acquirenti delle liste, c’è Francesco Liguoro, dipendente del call center Mg Consulting Srl, che sarebbe riuscito ad comprare “70 mila” contatti Tim, “90 mila utenze” di cellulare di Vodfone. In un’intercettazione agli atti, Liguoro spiega di essere in grado “di acquistare i numeri di telefono a 3 centesimi” l’uno, quindi con 300 euro ne poteva ottenere 10 mila, oppure di poter acquistare liste da “100 mila record, tutti clienti Eni, ricavandoci 3 mila euro”.