Tim, 13 arresti: “Smerciavano” dati sensibili

Oltre 1 milione di dati sensibili di clienti trafugati dal portale della Tim, e rivenduti a gestori di call center, anche di compagnie concorrenti. L’inchiesta “Data Room” della Procura di Roma e nel centro anticrimine informatico della polizia postale ha portato all’arresto di 13 persone, altri 7 con l’obbligo di dimora, accusati di acquisizione indebita di codici di accesso e accesso abusivo al sistema informatico.

Tra i cacciatori di dati ci sono due dipendenti Telecom, Nicola Napolitano e Valerio Ferrigno, che erano riusciti ad accedere, utilizzando gli account di alcuni colleghi, ignari del furto, al portale Tim Retail. Si tratta di un mega archivio, in cui sono raccolti i dati dei clienti che presentano reclami, segnalazioni di guasti e richieste di servizi. Una volta dentro il sistema, i due dipendenti estraevano le liste degli utenti per venderle a società terze, che potevano quindi contattare il cliente scontento e proporgli un cambio di compagnia, ottenendo dei bonus da 400 euro per ogni nuovo contratto. Ad accorgersi del furto è stata la stessa Tim, notando l’elevato numero di richieste di esportazioni dati e di accessi in orari notturni.

A trafugare i dati anche Marco Marinozzi, dipendente della Distribuzione Italia Srl, società partner di Tim, che usando gli account di alcuni colleghi era riuscito ad accedere al database della compagnia e con lo stesso sistema rubava informazioni sensibili.

Tra i principali acquirenti delle liste, c’è Francesco Liguoro, dipendente del call center Mg Consulting Srl, che sarebbe riuscito ad comprare “70 mila” contatti Tim, “90 mila utenze” di cellulare di Vodfone. In un’intercettazione agli atti, Liguoro spiega di essere in grado “di acquistare i numeri di telefono a 3 centesimi” l’uno, quindi con 300 euro ne poteva ottenere 10 mila, oppure di poter acquistare liste da “100 mila record, tutti clienti Eni, ricavandoci 3 mila euro”.

I parenti delle vittime Thyssen al governo: “Beffati dai tedeschi, vogliamo chiarezza”

Una lettera scritta dalle mamme, sorelle e mogli delle vittime della Thyssen indirizzata ad Angela Merkel sarà consegnata alla cancelliera tedesca da Giuseppe Conte. È quanto ha promesso ieri il capo del governo, che ha ricevuto la delegazione delle familiari dei sette operai morti a causa del rogo divampato nel 2007 nelle acciaierie torinesi. All’incontro, fissato giorni fa dopo che il tribunale di Essen aveva concesso la semilibertà ai manager tedeschi condannati (Harold Espenhahn e Gerald Priegnitz), erano presenti anche la sindaca Chiara Appendino e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. “Sappiamo che la giustizia non potranno cambiarla, ma vogliamo almeno chiarezza”, afferma Isa, madre di Roberto Scola. Laura Rodinò, sorella di Rosario, aggiunge: “Speriamo che si mettano una mano sulla coscienza. L’unica sentenza giusta è quella di primo grado, che condanna tutti per omicidio volontario. Per noi non finisce qui. Non accetteremo mai queste morti e che lo Stato italiano non abbia fatto niente per evitare la beffa dei tedeschi”.

Purgatori schiacciato in uno studio poverello

Strano paese, l’Italia. Se ti occupi con tenacia di una strage rischi di farlo per tutta la vita, come è accaduto ad Andrea Purgatori per Ustica. A quarant’anni dal 27 giugno 1980 bugie, insabbiamenti, omertà e nessun colpevole. In questo mondo di opinionisti Purgatori va controcorrente, conduce Atlantide senza dimenticare di essere giornalista; certo che per lui La7 non si svena. Studio sordo e vuoto, qualche cubo di legno, un numero in sovrimpressione nella speranza di una chiamata in diretta come era accaduto in un vecchio Telefono giallo. Quando ne è stato trasmesso un frammento, il paragone è stato inevitabile. Augias regnava in uno studio affollato di redattori e ospiti, tra cui il giovane Purgatori, e impugnava un prestigioso apparecchio a tastiera. Purgatori si è dovuto accontentare di un bigrigio a disco, preso forse da Cairo in qualche mercatino. Passano tre ore, ma il bigrigio resta muto. Nessuno ha avuto il coraggio di telefonare? O non avranno preso la linea? La7 avrà pagato la bolletta? La verità su Ustica chissà se mai la sapremo. Accontentiamoci di essere passati dal telefono giallo al telefono grigio.

Ustica, l’uranio sul DC-9 anche no

Uno pensa di averle sentite tutte le bugie, i depistaggi e anche le idiozie che si sono stratificate nella nostra storia dai tempi del bandito Giuliano, passando per piazza Fontana, piazza della Loggia, Moro, la strage di Bologna, eccetera. Poi arriva il nuovo libro di Paolo Cucchiarelli, ex giornalista Ansa teorico della doppia bomba alla Banca dell’Agricoltura depositata da un doppio Valpreda, che nientemeno ha “messo in fila le carte” su Ustica per scoprire che insieme agli 81 passeggeri viaggiavano sul DC-9 Itavia anche “barre radioattive” destinate al Pakistan per la futura bomba nucleare islamica. Le barre radioattive? E dove viaggiavano, tra i trolley, nelle cappelliere? O le portava nel borsello il neofascista Marco Affatigato che doveva essere a bordo “e invece non c’era”?

Le barre, dice il nostro investigatore, erano destinate a Gheddafi che le avrebbe girate a Islamabad. Il tutto attraverso Palermo. Che sospettiamo voglia dire Cosa Nostra. O forse Licio Gelli. O i neofascisti istruiti alla guerra non ortodossa da Guerin Serac. Con i Servizi segreti israeliani a sovrintendere le operazioni, poi organizzare il depistaggio e infine distribuire i gelati all’intervallo.

Quella censura del Sole e i conflitti di De Benedetti

 

“Liberato dal clamore del presente, un fatto tornava a essere un fatto, qualcosa che era semplicemente accaduto, anzi che continuava ad accadere”

(da La lettrice scomparsa di Fabio Stassi – Sellerio, 2016 – pag. 203)

 

Parla di corda in casa dell’impiccato Alessandro Sallusti, direttore del Giornale che appartiene dal 1977 alla famiglia Berlusconi e fu ceduto da Silvio al fratello Paolo, per aggirare la legge Mammì che limitava (non vietava) l’incrocio fra le reti televisive e la proprietà dei quotidiani. La “corda” è rappresentata proprio dal più macroscopico conflitto d’interessi della storia realizzato dall’ex Cavaliere, uno e trino: tycoon, leader di partito e per quattro volte perfino premier. Il direttore del giornale domestico, trascurando l’incompatibilità di Sua Emittenza fra lo status di concessionario pubblico e quello ventennale di parlamentare, critica adesso Carlo De Benedetti per aver proclamato in tv che il suo nuovo quotidiano Domani in uscita a settembre sarà l’unico giornale libero del panorama italiano, a parte – bontà sua – quello che state leggendo. Ma così, guardando nell’occhio altrui, Sallusti finisce per dimenticarsi della trave che ha nel suo.

Non che quella dell’Ingegnere sia una pagliuzza, beninteso. Nel pamphlet La Repubblica tradita, pubblicato nel 2016 da Paper First, ho già ricordato ampiamente i vari conflitti d’interessi che hanno riguardato De Benedetti: dalla licenza Omnitel sui telefonini al salvataggio di Sorgenia, dalle residenze sanitarie per anziani fino alla speculazione in Borsa sulle azioni delle Banche popolari su soffiata dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Ma qui basta citare l’insano progetto di costituire nel 2005 un fondo salva-imprese con Berlusconi: un “patto con il diavolo” che scatenò un putiferio all’interno e all’esterno del giornale, tanto da indurre CdB a un’immediata ritirata. C’è da dubitare perciò che ora, alla veneranda età di 85 anni, l’ex editore del “quotidiano diverso” fondato da Eugenio Scalfari sia capace di trasmettere un’anima e un’identità a una nuova testata.

Sta di fatto che la censura imposta dalla direzione del Sole 24 Ore – quotidiano della Confindustria – all’intervista in cui De Benedetti illustrava il suo programma editoriale, attesta il livello a cui è ridotta la libertà d’informazione nel nostro Paese. Una stampa padronale, subalterna agli interessi economici e finanziari dei rispettivi proprietari: dall’auto al cemento, dalle cliniche private alle case di riposo. Al servizio degli imprenditori, piuttosto che al servizio dei cittadini e dei lettori. Con il Sole che arriva a “oscurare” l’Ingegnere, non già per le critiche politiche come quelle rivolte a suo tempo dal settimanale L’Espresso alle esternazioni dell’ex presidente Cossiga, bensì per quelle più modeste indirizzate in una newsletter al presidente degli industriali.

Se ne ha una conferma pressoché quotidiana, del resto, dall’informazione o disinformazione fornita dai giornali del gruppo Gedi, guidato da “Stampubblica”, sul mercato dell’auto e in particolare sul prestito da 6,3 miliardi di euro alla Fca-Fiat garantito dallo Stato. O perfino, dall’insistente “campagna” delle testate nazionali – e non solo sportive – che fanno capo a Urbano Cairo, patròn della rete televisiva La7 e del Torino calcio, contro la ripresa del campionato di Serie A. Mai come in questo momento la stampa ha goduto di così cattiva stampa. E la politica farebbe bene a occuparsene, finché c’è tempo, per stabilire nuove regole e nuove garanzie.

 

La pandemia come il terremoto non si prevede, ma si monitora

La ricerca scientifica è stata a lungo trascurata in termini di finanziamento, attenzione politica, importanza pubblica e culturale. La pandemia ha cambiato questa situazione: il valore della ricerca è stato riconosciuto, i finanziamenti sono stati annunciati e i ricercatori sono alla ribalta. Tuttavia, questa nuova situazione non è priva di pericoli. A volte gli scienziati intervistati in qualche talk show si allontanano dalla loro area di competenza, come quando i virologi parlano di epidemiologia, i biologi di politica sanitaria e così via. Per questo, gli scienziati hanno spesso diversi punti di vista su argomenti che sono lontani dal proprio dominio professionale: questo non è sorprendente, ma può confondere l’opinione pubblica che considera gli scienziati come i detentori della verità ultima. Come è possibile che ci siano molte verità “ultime” a volte opposte?

Gli scienziati devono essere attenti e chiari su ciò che la scienza può e non può fare, soprattutto quando si discute del ruolo della scienza nel fare previsioni volte a guidare decisioni politiche. Questo tipo di previsioni deve essere distinto da quelli della tradizione scientifica che dimostrano o confutano una teoria. Ad esempio, le previsioni meteorologiche non possono essere considerate un test delle equazioni della fluidodinamica e le previsioni dei terremoti non sono un test delle leggi dell’elasticità, in contrasto con la previsione della posizione dei pianeti che è una previsione per la verifica della forza di gravità. Tali previsioni hanno, infatti, un ruolo diverso: garantire una base razionale per le decisioni nel campo della politica e della protezione civile. Questo nuovo tipo di previsione scientifica è motivato dalle esigenze dei decisori politici e in parte dalla disponibilità di nuove tecnologie e dei big data: le moderne tecnologie consentono, infatti, il costante monitoraggio di fenomeni atmosferici, geologici o sociali con la speranza di prevedere le catastrofi naturali e di mitigarle con piani di prevenzione. Allo stesso modo, si può monitorare la diffusione di epidemie per identificare opportunità efficaci per le vaccinazioni di massa o di altre forme di prevenzione.

Per quanto riguarda la crisi epidemica, il suo scoppio ha somiglianze con il verificarsi di un terremoto, in cui non abbiamo accesso allo stato del sistema e per questo motivo non possiamo fare previsioni precise, ma è possibile monitorare ciò che accade e adottare adeguate politiche di prevenzione. In effetti, da alcuni decenni si sapeva che un’epidemia globale di tipo Covid-19 poteva essere scatenata con una probabilità non trascurabile. Ciò è dovuto a una serie di fattori: dall’aumento della promiscuità tra l’uomo e le specie selvatiche allo sviluppo di un mondo interconnesso globale. Tuttavia, la “previsione” di quando e dove scoppia un’epidemia di questo tipo non è possibile perché non ci sono dati disponibili per prevedere un simile evento. Mentre i satelliti possono scattare fotografie in tempo reale di un uragano, la trasmissione di un virus dall’animale all’uomo, come il movimento di faglie tettoniche, non può essere osservata. Invece è possibile intervenire prontamente quando l’epidemia ha iniziato a diffondersi perché è solo allora che si hanno dati sul suo sviluppo. Questo è il campo dell’epidemiologia computazionale, in cui vengono sviluppati modelli di diffusione su reti complesse ed è possibile fare previsioni se si hanno i big data riguardanti ad esempio la mobilità delle persone, il numero di contagi, ecc. In questo senso, le previsioni hanno un carattere simile a quello della meteorologia. Il problema tecnico nel calcolo della diffusione del virus riguarda la dipendenza sensibile dalle condizioni microscopiche e l’estrema eterogeneità nella propagazione. Questa intrinseca caoticità nel processo di diffusione complica molto le previsioni dell’epidemia, soprattutto quando la diffusione è tutt’altro che uniforme.

Il ruolo delle previsioni è di aiutare il decisore politico a fare le scelte più appropriate. La crisi pandemica non può essere evitata, ma si può evitare che abbia effetti disastrosi con opportuni interventi e politiche appropriate. Le lezioni per i responsabili politici sono quelle di sviluppare un sistema di prevenzione e supporto che aiuti al momento giusto ad affrontare un’epidemia: è questo che è mancato in Italia.

Conoscenze scientifiche consolidate, quindi, non si traducono inevitabilmente in previsioni prive di incertezza. Il valore della previsione scientifica per quanto riguarda il loro uso nelle politiche pubbliche è un complicato mix di fattori scientifici, politici e sociali. È necessario uno sforzo per comunicare ciò che possiamo e non possiamo prevedere e con quale grado di certezza. La pandemia ha creato un’opportunità per farlo. La valutazione della quantità di incertezza rimane un compito discrezionale cruciale, che può essere svolto solo da scienziati esperti che dovrebbero anche avere l’onestà intellettuale di chiarire la loro parziale ignoranza, inerente alla natura incompleta della conoscenza scientifica.

 

Pd e M5S, quest’alleanza (regionale) s’ha da fare

Doverosa avvertenza per chi legge: le mie opinioni politiche sono quasi sempre viziate da disarmante ingenuità. Quindi anche l’auspicio che sto per formulare – un’alleanza tra sinistra e M5S alle prossime elezioni regionali – probabilmente resterà nel libro dei sogni. Figuratevi che prima della formazione del governo Conte-bis avevo rivolto al Pd il suggerimento di fornire al M5S appoggio esterno in Parlamento, indicando ministri personalità d’area, però restandone fuori, a dieta. Nella convinzione che dopo la batosta elettorale del 2018 al Pd giovasse un periodo di astinenza dal potere, senza inventarsi scorciatoie. Sapete com’è andata a finire.

Torno alla carica oggi, prendendo in parola Zingaretti. È il segretario del Pd che ha evocato Tafazzi e definito ridicola l’eventualità che le forze dell’attuale maggioranza si presentino in ordine sparso alle regionali di settembre, spianando la strada alla destra in Puglia, in Liguria e fors’anche in Toscana.

Incoraggiato, mi allargo, e mi permetto, stavolta, di impicciarmi pure della sorte futura dei 5 Stelle. Dovrà pur averci insegnato qualcosa la parabola del Movimento scaturito dalla protesta antipolitica, cresciuto fino a diventare partito di maggioranza relativa, che nonostante la forza numerica si è ritrovato sopraffatto dall’egemonia culturale della Lega di Salvini. In meno di un anno, colui che era arrivato terzo alle elezioni 2018 ha profittato della subalternità grillina e realizzato un clamoroso sorpasso.

Semplifico, lo so. Ma credo di non sbagliare se dico che quella débâcle è stata favorita dall’illusione di trasformare un movimento antisistema in partito pigliatutto che – com’era riuscito alla Dc – si offrisse quale contenitore di opposte istanze di destra e di sinistra. La rinuncia grillina a prendere posizioni chiare su questioni divisive come l’immigrazione e i diritti civili, il silenziatore autoimposto sulle questioni ambientali, le grandi opere e i beni comuni, hanno provocato una paralisi interna e varie lacerazioni. Con queste premesse, era inevitabile che il Movimento patisse un’emorragia di elettori (e di eletti) verso destra. Ma sarebbe letale illudersi di fronteggiarla continuando a non scegliere, puntando ancora sull’opzione pigliatutto (rivelatasi piglianiente), sfuggendo le scelte di natura anche ideale (non ideologica) ineludibili nella ricostruzione del dopo Covid.

Mi si obietterà che neanche il Pd ha manifestato una chiara volontà di alleanza col M5S e che, a parte la netta scelta europea, su troppe questioni economiche e sociali l’alternativa alla destra resta nel vago. Ma proprio per questo l’occasione delle prossime elezioni regionali mi sembra da non perdere, chiamando direttamente i cittadini a sostenere un equilibrio politico che, se limitato al solo governo nazionale, resta precario.

Come sempre accade in un Paese disunito qual è l’Italia, anche in questo caso ci saranno delle inevitabili eccezioni territoriali. Se in Campania, come pare scontato, il Pd manterrà la candidatura di una sorta di viceré paraleghista, Vincenzo De Luca, artefice di un sistema di potere spregiudicatamente trasversale ben descritto su questo giornale da Isaia Sales, in quella Regione l’alleanza sarà impraticabile. Pazienza.

Ma nelle altre cinque regioni, cosa impedisce un’intesa unitaria che rafforzi l’attuale maggioranza di governo, giustamente considerata senza alternative sia dal Pd che dal M5S? La stessa irrilevanza patita dai grillini in Emilia-Romagna, lo scorso gennaio, dovrebbe essere servita di lezione. Il M5S non può permettersi, da forza di governo qual è, di chiamarsi fuori dalla partita delle Regionali di settembre. Perché ripetere l’errore e regalare una vittoria alla destra, quando insieme si potrebbero neutralizzare le manovre di boicottaggio del governo Conte messe in atto da Renzi?

Perlomeno mettiamo agli atti che un’alternativa è possibile. Pur nelle forti differenze che permangono, in Italia può prendere forma un nuovo schieramento progressista. Iniziamo da settembre. Se son rose fioriranno.

 

“Chiudi gli occhi e apri la bocca”, ecco cosa c’è (realmente) in tv

E per la serie “Chiudi gli occhi e apri la bocca”, eccovi i migliori programmi tv della settimana:

Rai2, 21.20: Ossessione senza fine, film-thriller. Il dottor Beck salva una adolescente dall’annegamento, e praticandole la respirazione bocca a bocca finisce per innamorarsene. Presto sorgono alcune complicazioni (lei resta incinta, è minorenne ed è figlia di un boss del cartello colombiano), ma Beck, come sempre, non si fa scoraggiare, e pur di avere la donna dei suoi sogni accetta di fare un pompino al boss del cartello colombiano.

Canale 5, 14.25: Il segreto, telenovela. Raimundo, tornato a Puente Viejo, fa visita a Isabel per chiederle un’informazione su Francisca che la marchesa aveva omesso al momento delle presentazioni: è vero che Francisca è un travestito?

Canale 5, 21.20: Ciao Darwin, varietà. Nuovo appuntamento con le repliche del programma condotto da Paolo Bonolis fin dentro casa tua, come se non ci fosse già abbastanza casino. In ogni puntata si sfidano due categorie contrapposte. Stasera si scontrano i “Significati”, capeggiati da Manuela del Secco d’Aragona, e i “Significanti” di Manuela Villa.

Italia 1, 14.40: Un amore senza fine, film drammatico. Jade e David si conoscono all’università e cominciano una storia d’amore, ma il film è talmente noioso che per loro non sarà facile restare insieme fino alla fine.

Rai Movie, 21.10: Il giovane Karl Marx, film-biografico. Karl Marx incontra a Parigi Friedrich Engels. Insieme aprono il Moulin Rouge, un locale che segnerà un’epoca.

Sky Cinema 2, 21.15: Kill Bill, Vol.1, film-azione. Uscita dal coma dopo quattro lunghi anni, la killer Beatrix ha un unico obiettivo: vendicarsi dell’uomo che il giorno del suo matrimonio l’ha ridotta in fin di vita, Harvey Weinstein.

Sky Suspense, 21.15: Più denso dell’acqua, film-thriller. Paige e Nathan affittano una stanza a Brandon, uno studente che assomiglia al loro figlio scomparso tragicamente. Ma il ragazzo viene rapito, e i due sono costretti a riaffittare la stanza.

Paramount Network, 21.10: A piedi nudi nel parco, film-commedia. Gli sposini Paul e Corie Bratter cominciano a bisticciare per colpa della mamma di Corie, che Corie trova a letto con Paul. Durante la luna di miele.

Fox, 21.10: 9-1-1, telefilm. Eddie si cala in un viscido pozzo artesiano per cercare di salvare Hayden, un bambino che, cadendoci dentro, è rimasto incastrato nelle viscere della Terra. Ma la situazione si complica quando anche Eddie rimane intrappolato in profondità. Jack interviene per liberare entrambi: resta incastrato anche lui. Passano di lì una squadra di basket, un coro mormone, una legione di cadetti, il corpo di ballo del Bolshoi, e pure loro…

Fox Life, 21.00: Outlander, telefilm. Jamie e la sua milizia arrivano a Hillsborough, dove apprendono che il governatore Tryon ha in mente una soluzione poco ortodossa per risolvere la crisi politica: un dispettoso lemming.

Tv8, 21.30: Gomorra, telefilm. Il clan capeggiato dal boss Pietro Savastano è molto potente: spaccio di droga, appalti truccati e traffico illecito di rifiuti. Una sera, al termine di un episodio, De Luca si mette in testa di sterminarli col suo lanciafiamme.

 

Mail box

 

 

“Mi avete reso un uomo felice: grazie”

Sono Andrea e vi scrivo durante uno dei momenti più felici da me mai vissuti. Stamattina mi sono recato come sempre in edicola per comprare una copia del Fatto. Ho letto come al solito l’ironico articolo del grande Luttazzi. Successivamente sono passato alle lettere dei lettori (scusate il bisticcio) e ho notato un titolo a me familiare: “Il mio sogno è fondare il giornale scolastico”. Subito ho portato lo sguardo in basso per vedere chi fosse l’autore e ho realizzato di essere proprio io. So che magari può sembrare buffo, ma sono ancora in preda a un momento di euforia mista a incredulità. Vi ringrazio perché mi avete reso l’uomo più felice del mondo.

Andrea Campa

 

Csm, i “laici” devono restarne fuori

Carissimo Direttore, condivido in pieno il suo articolo sul Csm. Già tempo fa volevo scrivervi su questo argomento; ritengo da sempre che la parte laica (i partiti) debba essere esclusa dal Csm. Poi, eliminare le correnti che sono deleterie, visti i risultati. Non ho la soluzione del “problema Magistratura”, in quanto incompetente, ma penso che la proposta dell’articolo sia possibile e ragionevole.

Fernando Zanusso

 

Stimo molto Di Matteo, ma sul Dap ha sbagliato

Sono consapevole della lodevole attività che il pm Di Matteo ha svolto nella sua funzione di magistrato, nel rispetto di quel principio dell’articolo 54 della Costituzione che impone a ogni pubblico funzionario di esercitare il proprio lavoro con disciplina e onore. Ottenendo anche, in virtù delle sue notevoli capacità, ottimi risultati nella lotta contro la mafia. Ma non mi ha convinto per niente la sua decisione di intervenire in Tv alla trasmissione di Giletti (Non è l’Arena) per confutare il ministro Bonafede in relazione al mancato affidamento della Direzione dell’amministrazione penitenziaria (Dap) allo stesso Di Matteo. Al di là del merito della questione, nella quale va tenuta comunque presente la discrezionalità politica della scelta, Di Matteo ha commesso un errore perché non è in televisione che si propongono doglianze del genere, ma nelle dovute sedi istituzionali.

Pietro Chiaro

 

Tanti auguri (in ritardo) al “Fattoquotidiano.it”

Caro Direttore, ho avuto modo di vedere la bellissima festa per i dieci anni del Fatto.it soltanto in replica, quindi mi scuso per il ritardo con cui faccio gli auguri a Peter Gomez e a tutti i suoi giornalisti: vi auguro cento di questi compleanni. Ho un solo commento da fare al riguardo: Gad Lerner, nella sua discussione con Silvia Truzzi e Antonio Padellaro, ha espresso un’idea che non condivido. Sostiene Lerner che i lettori del Fatto hanno posto i diritti umani e altre cose molto in basso. Non posso parlare per tutti, ma per quanto mi riguarda non è così: non ritengo i diritti umani di seconda categoria rispetto ad altre necessità, ma penso a soluzioni più efficaci e meno idealistiche.

G. C.

 

Magistrati, concordo con la vostra “cura”

Caro Direttore Travaglio, la seguo da sempre e il più delle volte condivido le sue idee, ma mai come questa volta sposo totalmente la cura da lei indicata sul Csm al Pm Borgna. Carrierismo da una parte e pusillanimità dall’altra hanno reso molti dei nostri magistrati (per fortuna non tutti) una “armata brancaleone” soggetta a tutti i venti, cosa che dà a noi cittadini un senso di impotenza, peggio che immaginarsi Salvini al potere! Alla sua cura io aggiungerei anche la possibilità di perseguire legalmente quei magistrati che in modo palese offendono non tanto le leggi (per questo ci sono i gradi d’appello) ma l’etica alla base del giuramento prestato. Lasciarli impuniti dà loro la consapevolezza dell’onnipotenza.

Avv. Giuseppe Mazzei

 

La poca ricerca nelle università italiane

Tempo fa ho partecipato a due bandi per ricercatore all’università. A entrambi ci presentammo in due e dopo complimenti su Cv e giovane età mi venne spiegato che la produzione scientifica non era al livello dell’altro candidato. Strinsi mani e tornai da dove ero venuto. Ora, non vorrei tanto trattare del clientelismo universitario in quanto luogo di potere (in misura diversa accade lo stesso all’estero). Mi limiterò quindi a sottolineare una banalità: per produrre ricerca occorre accettare di perdere qualcosa. Una ricerca è tale solo se si accetta l’eventualità che possa non rendere nulla. Il problema dell’università italiana rispetto all’innovazione parte da qui, dal rifiuto ad accettare quest’eventualità. Il costo che nasce è un rincorrere concetti di altri senza produrne di nuovi.

Marco Isaia

 

Diritto di replica

Gentile direttore, il signor Pier Silvio Berlusconi, Amministratore delegato Mediaset e non Presidente, non è mai stato in barca a Portovenere nel corso del 2020 e non ha mai posseduto un veliero come quello descritto nell’articolo pubblicato ieri su Il Fatto.

Ufficio Stampa Mediaset

 

L’Amministratore delegato Mediaset è stato diverse volte in barca a Portovenere. Nel corso del 2020 non è mai sbarcato fisicamente. Infatti nell’articolo è scritto che è rimasto in rada, mercoledì scorso, a bordo dello stesso veliero con il quale era stato a Portovenere nell’estate 2019.

Daniele Martinelli

Calcio e Covid Forse gioca solo la Serie A perché il virus è tifoso

 

Ho letto, visto e capito che mentre il calcio professionistico è ripartito, è ancora proibito quello amatoriale, magari a 5. Com’è possibile?

Gianluca Pierini

 

La spiegazione è una sola: il Cts (Comitato tecnico scientifico) ha autorizzato la ripresa delle partite di calcio in Serie A, B e C, ma non dà l’okay per le partite di calcetto a livello amatoriale, perché Trump, dopo la pensata del disinfettante iniettato in vena per uccidere il coronavirus, ha chiamato “Giuseppi” e gli ha detto tranquillo, fai giocare pure i professionisti e dai loro il permesso di abbracciarsi e baciarsi dopo un gol perché il Dipartimento della Salute Usa ha messo a punto un deodorante a tal punto sofisticato da inibire completamente il sudore, che al pari della saliva trasmette il virus. Naturalmente, è un prodotto costoso. Ma siccome il calcio italiano è ricco (in piena pandemia, mentre la gente crepava nel letto di casa senza nemmeno potersi avvicinare a un ambulatorio o a un pronto soccorso, ai calciatori venivano fatti tamponi un giorno sì e l’altro pure), può sicuramente permetterselo. Non così i calciatori della domenica che al massimo possono permettersi Infasil, noto come il deodorante “più sudi e più sai di fresco”, che ti consente di baciare il compagno goleador sicuro di te (specie se lo abbini a Rexona, il sapone che “non ti pianta mai in asso”) anche se poi ti becchi il virus: un po’ come successo a Dybala che dopo il gol del 2-0 all’Inter, l’8 marzo, si fece baciare da tutti, anche da Rugani già in odore di contagio, e si portò il virus a casa, lo passò a fidanzata e parenti vari e ci vollero 45 giorni per debellarlo. C’è, a dire il vero, anche un’altra ipotesi: e cioè che il Covid-19, grande appassionato di calcio, si è accorto di essersi annoiato a morte negli ultimi tre mesi: e ha deciso che almeno a livello di Serie A se ne starà buono e non infetterà più nessuno, nemmeno Petriccione del Lecce o Strefezza della Spal, limitandosi a far strage di calciatori nei campionati amatoriali nel caso il Cts riapra alle loro partite. Stasera c’è Lazio-Fiorentina, domani Milan-Roma: abituato al calcio cinese, Covid non ci rinuncerebbe mai. Dove gli ricapita di vedere un post partita con Diletta Leotta senza mascherina?

Paolo Ziliani