Dietro al sorriso e alla rassicurazione si può celare la minaccia: “Sono un uomo tranquillo”. Quindi? “Non fumo, non ho vicende di sbronze, non sono permaloso, non mi incazzo, ho rallentato sul lavoro per stare con mio figlio e alla fine ho quello che ho sempre desiderato”. Carlo Conti sembra la sintesi del “vorrei e posso”, è il senso dell’equilibrio e della perseveranza, il sapore antico del nazionalpopolare, rassicurante e trasversale, di chi ha capito il segreto della giusta distanza tra sé e l’ambizione: “A un certo punto andavano di moda i toscani, e mi hanno chiesto di girare un film. Ho rifiutato. Non ero in grado”.
Venerdì, su Rai1, ha vinto la serata dell’Auditel con Top 10, una gara per scoprire la classifica di auto, moda, oggetti, film più seguiti in un dato anno. Nulla di sconvolgente o particolarmente inedito, ma anche la buona pasta con del buon pomodoro non ha tempo.
È un collettore tra generazioni.
Anche quando ho condotto I migliori anni, l’intento era quello di solleticare la memoria di chi aveva vissuto certi momenti e coinvolgere i ventenni; in una puntata ho ospitato Carl Douglas, l’autore di Kung Fu Fighting: arriva, canta, saluta; durante la pubblicità si avvicina un ragazzo: “A’ Carlè, hai sbagliato, non è del 1978, ma è la colonna sonora di Kung Fu Panda”.
Il divo non esiste quasi più…
È cambiato lo scenario, c’è il web che ha ribaltato i ruoli: mio figlio a quattro anni ha scoperto i Me contro Te, e non so neanche come.
E…
Il web è quello che per la nostra generazione hanno rappresentato le tv e le radio locali: erano una prateria libera, quella da conquistare.
Il suo anno di esordio…
Con la radio nel 1978 e quando le definiscono “emittenti private”, penso sempre che erano realmente private di tutto; quando ho iniziato avevo solo un piatto (giradischi), un mixer con appena tre canali e mandavamo pubblicità finte.
Bluffavate sugli spot?
Registravamo gli intermezzi di Radio Montecarlo, magari della Coca Cola, e li mettevamo per sentirci importanti; insomma, allora parlavo da solo, senza regista, e mentre intrattenevo, come un polipo con più tentacoli, cambiavo il disco e proseguivo con le mie ciarle.
Primo disco trasmesso.
Ricordo il primo acquistato: nel 1969, a 8 anni volli, fortissimamente volli, Venus degli Shocking Blue, scelto nel negozio dell’elettricista.
A 8 anni?
Probabilmente invogliato da Arbore e Boncompagni o dalla hit parade di Lelio Luttazzi.
Le sue Stelle Polari.
Andavo alle superiori con il transistor e gli auricolari pur di non perdermi Alto Gradimento; poi il pomeriggio tornavo a casa e, con la complicità di un amico, mettevamo in scena la nostra versione del programma: Basso Sgradimento.
Parodia.
Prendevamo per il culo i compagni e gli insegnanti, registravamo tutto su alcune cassette e il giorno dopo le consegnavamo agli interessati; in qualche modo è stata la mia prima trasmissione.
E poi?
Il pubblico scolastico non mi è più bastato e un pomeriggio ho suonato a una radio: “Avete bisogno di un disc-jockey?”. “Sì, ma non paghiamo”. “Va bene”. La mia fascia oraria era la domenica pomeriggio, e lì ho capito che a qualcosa dovevo rinunciare: niente amici e goliardia.
Con quanto si è diplomato?
(Cambia tono, quasi si giustifica) 60 su 60, ma fu un caso, aiutato da una gamba rotta.
Non si butti giù.
Stavo attento in classe, e ho una memoria molto visiva; non ero il classico secchione.
E una buona parlantina.
Ho imparato con il tempo (silenzio).
Adesso non si definisca “timido”.
Lo sono.
No, per favore.
Mai stato il compagnone che si mette in evidenza, pure da ragazzino restavo nel mio.
Ceccherini ha raccontato che lei, con Pieraccioni e Panariello, avete frustato un Renzi bambino.
(Ride a singhiozzo). È una battuta di Massimo; però Renzi, da ragazzo, guardava le nostre intemerate sulle tv locali, e non so se questo gli ha procurato più vantaggi o danni.
Trasmettevate dalla Bussola di Viareggio.
Siamo arrivati lì solo nel 1991 e dopo un lungo rodaggio in Toscana tra piazze, sagre e trasmissioni locali; la produzione era nostra e il Guidi (proprietario della Bussola) puntava sui biglietti per rientrare dei soldi. Noi, terrorizzati, temevamo il flop. Invece trovammo una fila assurda di persone, e noi inebetiti davanti a tanta grazia.
Sempre insieme a Pieraccioni e Panariello.
Leonardo lo avevo conosciuto anni in prima in un programma televisivo, una sorta di “giovani allo sbaraglio”. Io conducevo. Un pomeriggio si presenta un comico, lo mandiamo in onda, una disperazione; subito dopo tocca a Pieraccioni, tra lo scocciato e l’arreso gli do il via, e invece fu un lampo. Aveva solo 16 anni, e neanche la patente.
Subito amici.
Quando avevamo una serata lo andavo a prendere a casa e mi divertivo come un matto; e poi a fine anni Settanta-primi anni Ottanta, grazie a Benigni, Nuti e i Giancattivi, in Toscana era partito un bel fermento comico: tanti ragazzi volevano prendere la loro scia, compresi i miei amici.
Così…
Con Pieraccioni, Panariello e altri ho imparato il ruolo di spalla: esserci, ma un passo indietro; scrivevamo le battute fino a un secondo prima di salire sul palco, poi restavo dietro le quinte per coordinare tutto, dalla regia alla produzione.
E rassicurare gli artisti.
Fondamentale: con tutti quei polli nel pollaio, le crisi erano inevitabili.
Un’istantanea di voi tre agli inizi.
Più bruttini e disperatelli di oggi, ma invasi da entusiasmo e incoscienza. A noi bastava un palco, pure gratis, non importava, quindi sagre, feste de l’Unità, dell’Amicizia…
Quattro assi e tanta gioia.
In alcune serate ci siamo trovati di fronte a sette spettatori, ma magari la sera dopo erano settemila.
Sette è metaforico o reale?
È una fotografia oggettiva della situazione, ma è lì che misuri la tua crescita interiore, quando devi – a prescindere – rispettare chi hai di fronte.
Differenza tra Pieraccioni e Panariello.
Giorgio prima di salire su un palco ha bisogno di pace e concentrazione: si chiude nel camerino, in penombra, mette musica lounge e via così; con Leonardo ci possiamo sparare uno spaghettino pure cinque minuti prima di andare in scena.
Politica?
Il massimo del mio coinvolgimento è stato il ruolo di rappresentante d’istituto alle superiori e con una lista super democratica…
Chissà cosa ha votato nella vita…
Uno normale e tranquillo come me non può che essere moderato.
Uno normale e tranquillo per cosa si inalbera?
Per la maleducazione e la mancanza di rispetto per il lavoro degli altri. E la disonestà.
Un pugno?
Mai dato, se qualcuno mi rompeva le palle, cambiavo strada.
Uno spinello?
(Ride) No! Solo una volta ho provato una sigaretta, e con mia madre.
Cioè?
A tredici anni trova un pacchetto di Muratti. Mi guarda, mi chiama. “Hai fumato?”. “No”. “Va bene, allora accendine una davanti a me e dimmi cosa ne pensi”. Ubbidisco. Mentre sto per soffiare fuori il mio primo tiro, arriva la gelata. “Tuo padre è morto per cancro ai polmoni. Fumava”.
Chiuso il discorso.
Mai più interessato all’argomento.
Pieraccioni ha raccontato al Fatto: “Con Carlo sono stato cattivo, l’ho eliminato da I laureati”.
Ha fatto bene, non ero adatto. E ho ancora in mente il giorno in cui si è presentato da me e Giorgio e, tutto gasato, ci ha dato la novità: “Ora basta, abbiamo girato l’intera Toscana, adesso un film”.
Non si è offeso…
Per me era già chiaro un punto: non mi vedevo in quel percorso; se non sei un fuoriclasse come Fiorello o Panariello, bravissimi in tutto, non puoi perderti in mille progetti, meglio concentrarsi sul percorso più congeniale.
Pragmatico.
Non ho memoria, non ho il copione, vado a braccio e seguo solo la scaletta.
Pragmatico all’ennesima…
Forse perché parto da una situazione non facile, ho iniziato da meno due, non da zero, per questo ho capito quanto è importante non farsi dettare i tempi della vita dalle possibili esaltazioni, ma senza assumere atteggiamenti da poverello.
E torniamo alla morte di suo padre quando aveva appena 18 mesi.
Esatto, per questo mi reputo fortunato: tutto quello che ho ottenuto è arrivato grazie alle mie forze e ai valori trasmessi dalla mia mamma.
Primo sfizio tolto.
Nel 1990 ho acquistato un Rolex.
Prima fidanzata.
Alt, all’inizio non sono stato un granché: ho iniziato a 17 o 18 anni, e il mio esordio è risultato così veloce da non ricordarlo.
Poi si è rifatto.
Diciamo che ho recuperato, ma a 51 anni ho detto basta.
Nella serie tv Boris, Sermonti spiega: “I toscani, con quell’umorismo da quattro soldi, hanno devastato questo Paese”
(Ride) Dopo il successo de Il ciclone bastava essere toscani e ti chiedevano di girare un film.
Pure a lei?
Eccome, e più di un produttore, con tutte le rassicurazioni possibili: “Non ti preoccupare, ti aiutiamo noi”. Rifiutai.
Oggi è diventato un grande maestro.
Una delle soddisfazioni maggiori della mia carriera è arrivata con Maurizio Costanzo, quando mi ha invitato in trasmissione insieme a Paolo Bonolis e Gerry Scotti: ancora oggi guardo quella foto e non ci credo.
Perché?
La mia vita è passata velocissima e in parte mi sento ancora nei primi anni Novanta.
Ceccherini quanto ci fa e quanto ci è…
È un genio, e probabilmente è tale anche grazie a un forte contrasto interno; va lasciato libero di esprimersi.
Un personaggio della letteratura che l’affascina.
Premesso: non sono un grande lettore, ma da ragazzo ho amato I malavoglia, molto più de I promessi sposi.
E cinematografico?
Sicuramente Amici miei.
Tra Moretti e Monicelli?
Monicelli tutta la vita.
Un suo vizio.
In certi periodi dell’anno, magari d’inverno, mi mangio le unghie.
Mania?
(Silenzio, ci pensa).
Le lampade?
In realtà me ne concedo una a gennaio, ma solo se mi vedo pallido.
Insomma, mania.
Amo oziare e prendere il sole, sono cresciuto sugli scogli di Livorno.
Quanti anni si sente?
Più o meno trenta, ma quando prendo in braccio mio figlio, a volte resto piegato e capisco la realtà; aggiungo la presenza di un po’ di pancetta e di tette calanti; (cambia tono) nel 2021 ne compio sessanta.
Proposte indecenti?
Mai, giusto qualche approccio per cambiare rete, ma non sono mai stato corteggiatissimo.
Low profile sempre.
In Rai sto bene.
C’è la questione stipendi.
Negli ultimi quattro anni è già stato ridotto due volte, quindi non c’è problema: mi dispiace solo perché così pagherò meno tasse, quelle tasse che servono a infermieri, medici, forse dell’ordine, maestri e altri.
Bonolis ha dichiarato di voler smettere tra poco.
Non lo so, dipende dalle energie, dalle idee e dal pubblico, però ho già rallentato, soprattutto dopo la nascita di mio figlio e la morte di un amico.
Si riferisce a Frizzi.
Ero già sulla strada della sottrazione, ma quanto è accaduto a lui ha accelerato la decisione di cambiare.
Lei chi è?
Un uomo normale con la fortuna di desiderare quello che ha.