Giovedì è scaduto il termine per presentare domanda di rimborso per i cosiddetti “truffati delle banche”: azionisti e obbligazionisti che hanno perso soldi a causa delle famigerate Etruria e Popolare di Vicenza, per citarne solo un paio. Il sottosegretario 5 Stelle Alessio Villarosa si è assai rammaricato che Il Fatto abbia fatto notare come, a fronte di investimenti milionari per la “macchina” di Consap che dovrà studiare le pratiche, nessun risarcimento fosse stato erogato. Secondo Villarosa bisognava attendere la scadenza per gli invii, nonostante la stessa Consap confermasse che l’istruttoria delle pratiche ricevute fosse avviata e che si stesse già lavorando all’erogazione dei fondi. Ci auguriamo dunque che ora tutto si sblocchi, anche le 32 mila domande in più presentate dopo il nostro articolo (evidentemente a qualcosa è servito, anche se restano la metà delle 300 mila preventivate). Al Fondo indennizzo risparmiatori, annuncia oggi Villarosa, si sono rivolti anche da Perù, Nuova Zelanda, Canada, India e Argentina: “Un numero esiguo sia di domande che di importi, che non toglie assolutamente risorse ai risparmiatori italiani”. Tra poco il Fir compie un anno: speriamo siano loro a festeggiare.
Nell’era web si annega nel non sapere
Ancora una volta, l’altra faccia del progresso può riservare nuovi problemi. Chi fa parte della generazione che andava a far ricerca bibliografica nelle biblioteche ricorda quanto tempo impiegasse a raccogliere informazioni o scovare notizie scientifiche poco conosciute. La stesura di una tesi di laurea comportava settimane di lavoro certosino, fotocopie, sottolineature degli argomenti di interesse. Le biblioteche avevano il loro fascino, un’atmosfera ovattata, silenzio a tratti interrotto da bisbigli, sfregolio di fogli, dappertutto odore intenso di carta. Da un articolo si passava a un altro citato nel suo contesto, ammonticchiando volumi. Si sceglieva l’autore, l’anno. Oggi tutto questo non c’è più ed è sostituito da un clic. Si va su un motore di ricerca, si scrivono alcune parole chiave ed ecco che appaiono le informazioni correlate. Chi le sceglie? Chi ci fornisce alcuni dati e ne scarta altri? L’intelligenza artificiale. Un programma che si sostituisce alla nostra libertà di scelta. Siamo sicuri della sua imparzialità? No. Esistono agenzie che “vendono” i primi posti sui motori di ricerca e sappiamo anche che l’intelligenza artificiale può essere indirizzata verso alcune informazioni escludendone altre. È il problema che sta sorgendo sull’utilizzo della enorme produzione scientifica su Covid-19.
Il fatto è che vengono pubblicati così tanti lavori che gli scienziati vi “annegano” e tenere il passo, anche solo per essere aggiornati su uno dei vari aspetti del virus, risulta molto difficile. Lo afferma anche la prestigiosa rivista Science nell’articolo “ Scientists are drowning in COVID-19 papers. Can new tools keep them afloat?” (Gli scienziati stanno annegando nelle pubblicazioni su Covid 19. I nuovi strumenti possono tenerli a galla?). Si ripropone impellente il problema della libertà d’informazione che in questo mondo sembra sempre più camuffarsi dietro allettanti mezzi tecnologici.
Chi è fuori e chi spera: il M5S fa i conti col limite dei 2 mandati
La regola è sacra, quasi identitaria. O almeno lo era, prima che già un anno fa arrivassero le prime modifiche forse propedeutiche a un definitivo superamento del vincolo. Fatto sta che nel Movimento 5 Stelle si discute del limite dei due mandati, quello che impone a chi ha cariche elettive di non ricandidarsi al termine del secondo giro. L’estate scorsa gli attivisti hanno dato il via libera al “mandato zero”, ovvero la possibilità di “scontare” una consiliatura agli eletti nei Comuni e nei Municipi a patto che al secondo mandato non siano diventati sindaci, consiglieri regionali, parlamentari o eurodeputati.
Con le regole attuali ancora moltissimi big non avrebbero però la possibilità di ricandidarsi e così la norma potrebbe cambiare, anche se non sarà facile: due giorni fa Alessandro Di Battista ad Accordi&Disaccordi ha ribadito il suo No alla deroga (aprendo però a un terzo mandato per i sindaci), stessa posizione palesata nei giorni scorsi da Davide Casaleggio. A mettere ordine, vista la fase caotica, potrebbe essere Beppe Grillo, che però per il momento non si esprime: ieri il blog del Fondatore è tornato piuttosto sul presunto finanziamento del Venezuela al Movimento, bollando il tutto come una mossa per “indebolire o appannare” l’immagine di Conte e confezionata con errori evidenti, degni “della tipografia di un falsario alla Totò”.
Dall’ex capo a Crimi: chi rimarrà al palo
In questo momento diversi volti noti del Movimento stanno completando il loro secondo mandato parlamentare e dunque difficilmente potrebbero sperare in deroghe (più realistiche per chi ha alle spalle un incarico locale). È il caso di Luigi Di Maio, eletto nel 2013 e nel 2018 alla Camera, ma anche del capo politico reggente Vito Crimi, protagonista sette anni fa del famoso streaming con cui i 5 Stelle rifiutarono l’offerta di sostegno al governo di centrosinistra di Pier Luigi Bersani. La prima legislatura del Movimento ha portato in Parlamento anche Roberto Fico, oggi presidente della Camera, Paola Taverna e un altro dei nomi più popolari tra gli attivisti, ovvero il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Per loro, a oggi, il terzo giro è impossibile. Stesso destino per Laura Castelli, per il sottosegretario Riccardo Fraccaro e per l’ex ministro Danilo Toninelli, così come per il titolare dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, tutti già protagonisti tra il 2013 e il 2018 e poi confermati per la nuova legislatura.
Le sindache e non solo Chi potrebbe salvarsi
Chi invece può sperare più in concreto in una norma che azzeri il primo mandato sono quegli eletti che prima del Parlamento sono stati scelti nei Comuni o nelle Regioni. Sacrificare alcuni nomi conosciuti a causa di 5 anni all’opposizione di qualche giunta comunale potrebbe essere considerato un prezzo troppo alto per il Movimento, che così valuterà, tra gli altri, la posizione del vice-capogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi. Eletto a Massa nel 2013, dopo una consiliatura in minoranza è diventato deputato: per lui il mandato zero non vale perché riguarda solo chi ha svolto una seconda consiliatura comunale senza ruoli di giunta. Stessa sottigliezza che oggi esclude dalla deroga Virginia Raggi e Chiara Appendino, sindache di Roma e Torino con alle spalle un periodo all’opposizione in città, ma che non potrebbero correre per il secondo mandato da primo cittadino (il terzo in totale). Attende novità a riguardo anche il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, che prima di arrivare a Roma è stato consigliere comunale a Trieste. Più difficile derogare i mandati in Regione, se non altro per la differenza di responsabilità e stipendio rispetto ai Comuni. In questo limbo ci sono, tra gli altri, Stefano Buffagni, oggi in Parlamento e al governo dopo 5 anni in Regione Lombardia, e Gianluca Perilli, capogruppo al Senato ma consigliere del Lazio fino al 2018. Percorso inverso per Roberta Lombardi, prima deputata e poi consigliera regionale laziale.
Di Battista&C.: quelli sicuri di poter correre
Ad attendere più di tutti il nuovo giro è Alessandro Di Battista, ex parlamentare che nel 2018 ha preferito non candidarsi, ma che negli ultimi giorni non ha fatto nulla per nascondere le sue ambizioni di leadership.
Ha già beneficiato del mandato zero e può dunque candidarsi pure Max Bugani, due volte consigliere comunale a Bologna ma soprattutto già socio di Rousseau, vice-capo segreteria di Luigi Di Maio a Palazzo Chigi e poi capo staff di Virginia Raggi. Caso simile a quello di Vincenzo Spadafora, già consigliere di Di Maio ai tempi della vicepresidenza della Camera, ma soltanto al primo mandato da parlamentare. Fuori dal giro è anche Filippo Nogarin, sindaco di Livorno non più in carica e eurodeputato mancato alle elezioni del 2019, adesso consulente della giunta di Virginia Raggi. Occhio poi al governo, dove ci sono diversi grillini con ancora una legislatura da spendere. Al Mise lavora Giorgio Sorial, parlamentare fino al 2018 e poi non ricandidato. Spendibili pure i nomi dei ministri Sergio Costa e Lucia Azzolina, ma soprattutto quello di Pierpaolo Sileri, divenuto familiare durante l’emergenza Covid.
Il premier riceve tutti: filantropi, animalisti, guide e musicisti
Viola bacia tutti era una vecchia commedia – non un capolavoro – con Asia Argento e Massimo Ceccherini. Conte bacia tutti, invece, è il titolo alternativo della magniloquente kermesse di Villa Pamphili, le due settimane di Stati generali che si chiudono proprio oggi. In una sbornia di inclusività mediatica, il presidente del Consiglio ha ricevuto davvero chiunque, dai vertici delle istituzioni europee all’ultimo rappresentante della più remota associazione civica. Il programma della giornata di ieri è il punto più alto di questa Babele.
Leggiamolo tutto di un fiato. Ore 9.00, le partecipate: Cassa depositi e prestiti, Terna, Snam, Fincantieri, Leonardo, Enel, Eni, Invitalia, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato.
Ore 12.00, le università private: Giuseppe Soda della Bocconi; Massimo Bergami della Bologna Business School; Paolo Boccardelli della Luiss (Roma).
Ore 14.30, i rappresentanti delle categorie professionali. Al cospetto del premier si presentano: un direttore d’albergo di Ostuni, un ristoratore di Cesena, un musicista dei castelli romani, un titolare di negozio di scarpe, un’accompagnatrice turistica e molti altri ancora. Ore 16.00, forum del Terzo Settore. Partecipano: Assifero (Filantropia), Fondazione Italia Sociale, Acli, Alleanza contro la povertà. Alle 17 tocca ad ASviS (Sviluppo Sostenibile), Sbilanciamoci!, Social Impact Agenda per l’Italia e Next. Alle 18 invece è il turno degli ambientalisti: FAI (Fondo Ambiente Italiano), Fridays For Future, WWF, LAV, Legambiente, Greenpeace. Ma attenzione, non tutti gli ecologisti si sentono rappresentati: a Villa Pamphili va in scena il flash mob di protesta del gruppo Extinction Rebellion.
Alle 19 Conte riceve le associazioni che si occupano di disabilità: FAND e FISH. Alle 21, infine, è il turno di Research4Life.
Tutto qui? No. A manifestare contro il governo a Villa Pamphili c’era pure un oscuro gruppetto di giovani di destra, “Magnitudo Italia”. Il premier ha ignorato almeno loro? Macché: li ha ricevuti. E ha pure accolto – dicono loro – tre delle quattro proposte che gli hanno presentato. Conte bacia tutti.
Spesi 15 miliardi, 134mila senza Cig
Il conto è temporaneo e destinato a salire, ma resta impressionante: 15 miliardi per 11 milioni di persone. L’Inps traccia un quadro delle prestazioni erogate finora in base dai diversi provvedimenti del governo per fronteggiare l’emergenza Covid (Decreto “Cura Italia” di marzo e “Rilancio” di aprile). Emergenza che però contava a mercoledì scorso ancora più di 134 mila persone (134.358) in attesa del primo assegno di Cassa integrazione. Di queste, però, ha precisato l’Inps, sono solo 25.768 quelle che avevano fatto la domanda prima del mese di giugno. Sempre sulla base delle richieste fatte dopo il 31 di maggio, sono in attesa di essere pagati 356.939 lavoratori, che tuttavia hanno già ricevuto almeno un pagamento per i mesi precedenti.
Sulla base dei dati comunicati dall’Istituto guidato da Pasquale Tridico, la parte più rilevante la fanno i pagamenti della Cassa integrazione (ordinaria, straordinaria, in deroga ecc. usabili per un periodo totale di 18 settimane): al 17 giugno sono stati 5,327 milioni, per un impressionante monte ore autorizzato, circa 1,68 miliardi, numero che dà la misura della crisi in atto se si considera che nell’interno 2019 sono state 260 milioni.
I dati arrivano dopo le polemiche sui ritardi nell’erogazione degli aiuti, con gli attacchi di Confindustria e la parziale ammissione del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (“inaccettabili”). Al momento, per la Cig, restano i 25 mila i lavoratori che non hanno ricevuto ancora niente oltre a quelli le cui domande non sono state né autorizzate né respinte né cancellate dall’Inps perché i dati del modello Sr41 (necessario per autorizzare i pagamenti dell’istituto) o l’Iban erano sbagliati. I numeri non sono chiari (alcune stime parlano anche di 800 mila domande). Il grosso, però, è stato pagato e i ritardi colmati, specie sulla Cig in deroga, dove – grazie al dl Rilancio – si può fare domanda per avere pagamento anticipato del 40%.
Dei 15 miliardi, una cifra consistente è andata anche per il bonus 600 euro agli autonomi di marzo ed aprile con più di 4 milioni di domande accolte. Più di 900 mila le richieste di genitori alle prese con i figli a casa, con più di 450 mila (464.599) richieste per congedi parentali e 450 mila per il bonus baby sitting. Restano invece molto bassi i numeri del reddito di emergenza, anche per i meccanismi di accesso troppo complicati: le richieste sono a quota 390 mila. Salgono anche quelle che riguardano le indennità per i lavoratori domestici (210 mila) e per il reddito di ultima istanza per stagionali diversi dal turismo e lavoratori intermittenti e occasionali (146.623). Numeri destinati a salire, anche perché il governo sarà presto chiamato a rifinanziare parte delle misure, specie la Cig sino a fine anno (oggi si ferma a metà agosto e costa 6 miliardi al mese).
Conte riapre al confronto Salvini e Meloni: vediamo
Ottavo e penultimo giorno di Stati generali, nella cornice verde di Villa Pamphili a Roma. E ultima puntata della non irresistibile telenovela tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Il premier si è esercitato nell’annuncio di un nuovo dialogo con le opposizioni. Il leghista, dopo qualche sbandamento, stavolta apre.
Conte ha dichiarato che la bozza del “piano di rilancio” – il pacchetto di investimenti e riforme da attuare con i contributi europei – sarà completata nel corso della prossima settimana (insieme al “Dl semplificazioni”) . Ma ha specificato che prima di scrivere il testo, vuole coinvolgere Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia: “Faremo un confronto con le forze politiche di opposizione – le parole del premier – dopodiché avremo la bozza di piano di rilancio a cui lavorare alacremente nelle prossime settimane. Concretamente da questo ricaveremo il Recovery Plan che presenteremo a settembre”.
All’inizio la lega si sottrae dal confronto. Ancora una volta. Un comunicato attribuito a generiche “fonti del Carroccio” stronca sul nascere l’ipotesi di incontrare il premier nei prossimi giorni: “Le proposte le abbiamo già presentate da tempo, in Parlamento. Non abbiamo bisogno di sfilate”.
Poi succede qualcosa. In serata arriva l’apertura di Meloni: “Siamo sempre disponibili al dialogo, ma per svelare il bluff chiederemo conto al governo e al premier delle proposte che abbiamo presentato e vengono bocciate a raffica”. A quel punto anche Salvini si accoda: “Se ci invitano nelle sedi istituzionali e non nelle ville per fare passerelle, valutiamo di andare”.
È l’ennesima puntata, dicevamo, di uno sceneggiato che va avanti dall’inizio della pandemia: finora ogni tentativo di promuovere una dialettica costruttiva tra maggioranza e opposizione – sollecitata anche dal presidente della Repubblica in questa fase di emergenza nazionale – era fallito miseramente. Gli Stati generali sono l’ultimo caso: Conte ha invitato Salvini e Meloni (e Tajani di Forza Italia) a partecipare ai lavori, loro hanno risposto di no, perché non volevano prender parte a “show e passerelle”. Ma sostenendo di essere “pronti a confrontarsi in luoghi istituzionali, come il Parlamento”. Però quando il presidente del Consiglio è andato a riferire alla Camera e al Senato, Lega e Fratelli d’Italia non si sono fatti trovare (i meloniani erano già assenti, i salviniani sono usciti durante la seduta).
Il premier ci ha scherzato su: “Sono un po’ sorpreso, un po’ disorientato. Ho invitato le opposizioni in questo luogo di alta rappresentanza (la sede di Villa Pamphili, ndr) e hanno detto che non andava bene, perché non era istituzionale. Poi mi hanno detto ‘vieni in Parlamento’: sono andato in Parlamento e si sono allontanati. Sono un po’ confuso, dobbiamo capire dove potremo incontrarci. Ma ce la faremo”.
Che sia la volta buona? Dopo l’ultimo invito di Conte, ieri, l’iniziale rifiuto leghista si è trasformato in un “vediamo”.
La sensazione è che Salvini e Meloni vogliano cambiare strategia. Dire sempre di no non è risultato efficace, visto che fino a oggi i numeri sulla popolarità di Conte continuano a essere largamente positivi. Malgrado freni e lungaggini della Fase 3, nel sondaggio settimanale di Ipsos (per il Corriere della Sera) il gradimento generale del governo raggiunge quota 57% e guadagna un punto rispetto a 7 giorni fa. Il consenso personale del presidente del Consiglio rimane al 61%, è ancora il personaggio politico più apprezzato. Salvini e Meloni guadagnano rispettivamente 2 e 3 punti rispetto alla settimana precedente, ma restano lontani: il primo a quota 33, la seconda 36.
Mario Corso era geniale e indolente. Così m’innamorai dell’Internazionale
Perdonami, Mariolino. Altri scriveranno di te con le parole competenti che la scienza del calcio pretende. Se oso dedicarti il commiato del tifoso, esprimere il senso di perdita che provo nel ritrovarmi bambino di fronte a quella televisione in bianco e nero, in cui ti distinguevamo per via della calvizie precoce e delle calze perennemente abbassate, forse è proprio perché della scienza del calcio tu sei stato una negazione.
Recitavamo d’un fiato, come uno scioglilingua, la formazione che iniziava per “Sarti, Burgnich, Facchetti…” e di cui tu eri l’ultimo nome da esclamare, secco e breve. Corso. Participio passato del verbo correre (Brera dixit). E giù stupide ironie: non era certo la velocità la tua caratteristica. Ti perseguitava una maldicenza secondo cui, nei pomeriggi estivi assolati, la palla l’aspettavi piazzato nell’unico spicchio d’ombra del campo. Dicono che perfino il nostro Mago, Helenio Herrera, se la prendesse con la tua indolenza. Il Mago parlava un italiano maccheronico, a suggello dell’internazionalismo che denomina la nostra squadra (non a caso il tifosissimo tifoso comunista Armando Cossutta amava ripetere che non c’è nome più bello, suona come l’inno degli sfruttati). Tu invece non parlavi mai, e se ti arrabbiavi non lo si capiva perché avevi il volto corrucciato di natura. Del resto, vorrà dire pur qualcosa se più di mezzo secolo dopo vieni ancora ricordato per il gioco da fermo.
La tua grandezza rifulgeva proprio nel contrasto con un fisico ordinario. Di fronte a certi atleti potevi quasi apparire rachitico. Ciò che consentiva anche a noi pivelli di identificarci e sperare (invano) di poter supplire ai muscoli con l’estro, benché imbranati e senza fiato. Eterna riconoscenza.
Solo che tu, sotto l’inconfondibile pelata grazie alla quale sei rimasto identico da quando esordisti nell’Inter a diciassette anni fino a ieri, nascondevi il genio. Un gioco di gambe con cui mandavi a vuoto i calcioni dei difensori senza neanche proteggerle col parastinchi. Quei calzettoni arrotolati alla caviglia si presentavano come sfida irridente di fronte a quei mastini.
Ora che di abbonamenti ne ho rinnovati più di venti allo stadio Giuseppe Meazza in San Siro, dai popolari ai distinti fino ai posti numerati del primo anello arancio – e chissà se i cinesi s’inventeranno la maniera di farci tornare su quegli spalti – ricordo l’emozione infantile della partita finalmente non più in bianco e nero. Il prato verdissimo. I mille colori dei tifosi. E in mezzo, anzi, di lato, solitamente piuttosto fermo, c’eri tu.
A San Siro potevo finalmente comprendere la meraviglia del tuo tocco di palla. Il semplice gesto con cui mandavi in gol Jair, Mazzola, Domenghini. Chi se ne importa se non rientravi mai a coprire nella nostra metà campo. Tu eri Mario Corso, licenza d’artista. Tanto aristocratico quanto all’apparenza umile.
Se poi ti toccava il calcio piazzato, noi si ammutoliva, intanto che la barriera dei difensori cercava il suo piazzamento. E qui non ho bisogno di aggiungere nulla ai filmati che da ieri le televisioni rimandano in tuo onore. Mai una staffilata. La palla che s’innalza e, sempre lentamente, di colpo cambia traiettoria e viene giù. Quasi verticale. Quasi dondolando. A foglia morta, appunto.
Ho letto che secondo Gianni Mura molti di noi interisti saremmo diventati di sinistra per via del “piede sinistro di Dio”. Il tuo. Non è il mio caso. A colpire quel bambino pre-politico arrivato a Milano da molto lontano fu piuttosto il nome, Internazionale. O almeno così mi pare di ricordare. Timido com’eri, mai hai lasciato trapelare passioni ideali legate alla tua vocazione mancina. È stato Edmondo Berselli, come ben sappiamo, a celebrare “il più mancino dei tiri” di Mario Corso traendone spunti non certo di appartenenza, semmai di ineffabilità. Il mistero del gesto imprevedibile, l’aggiramento sinuoso degli ostacoli. E pazienza se per definirlo dobbiamo utilizzare anche nel tuo caso una parola fuori luogo, destrezza.
Zanardi, la Procura accusa: “La corsa andava segnalata”
La dinamica dell’incidente è ormai chiara, meno perché, lungo quei tornanti a due corsie che tagliano la Val d’Orcia da Pienza a Montalcino (Siena), potessero correre insieme un tir e una “staffetta” di dieci atleti paralimpici con le loro handbike. In direzione opposta e senza alcuna limitazione di traffico. È questo il contesto in cui il campione Alex Zanardi è rimasto gravemente ferito alle 17 di venerdì: secondo la ricostruzione dei carabinieri di Montepulciano, Zanardi avrebbe perso il controllo della sua handbike in curva invadendo la corsia opposta dove stava arrivando un tir con un rimorchio. Nessuno dei due stava andando ad alta velocità, intorno ai 50 chilometri orari, ma l’atleta si è capovolto due volte prima di finire sotto la pedivella del camion. Della staffetta “Obiettivo tricolore”, partita da Como e diretta a Santa Maria di Leuca, sapevano in pochi nella zona e per questo non ci sono state limitazioni del traffico: né la Questura di Siena, né il comando provinciale dei carabinieri, né il sindaco di Pienza Manolo Garosi.
Al momento dello schianto, però, i dieci atleti erano “accompagnati” da due vetture della municipale di Pienza. Ed è proprio sugli aspetti organizzativi che si stanno concentrando le indagini della Procura di Siena che ha aperto un fascicolo per “lesioni gravissime”: l’unico indagato è il camionista senese di 44 anni Marco Ciacci (“un atto dovuto” ha spiegato ieri il procuratore Salvatore Vitiello) ma non è escluso che nelle prossime ci siano altri indagati. L’obiettivo è quello di capire come un tir sia potuto passare nello stesso momento degli atleti disabili.
Il camionista, negativo all’alcol test, ha rilasciato dichiarazioni spontanee mentre gli investigatori hanno sentito come persone informate sui fatti due organizzatori della “staffetta”, tra cui il ct di ciclismo paralimpico Mario Valentini. Entrambi hanno spiegato al sostituto procuratore Serena Menicucci e al comandante dei carabinieri di Montepulciano, Roberto Vergato, che la “Obiettivo tre” non era una gara – tecnicamente una “cicloturistica” – e quindi non richiedeva né autorizzazioni particolari, né transenne, né limitazioni del traffico. Resta da capire se fossero necessarie limitazioni lungo la strada provinciale: secondo la Procura di Siena, a quanto risulta al Fatto, gli organizzatori avrebbero dovuto avvisare del loro passaggio anche se non si trattava di una gara agonistica. “Non avevamo comunicazioni di gare o manifestazioni e il Comune era stato informato solo di un saluto istituzionale” ha detto ieri il sindaco di Pienza Garosi. Nel frattempo, dopo l’intervento durato tre ore, le condizioni di Zanardi restano gravissime ma stabili e l’atleta non sarebbe in pericolo di vita. Ieri pomeriggio il dottor Sabino Scolletta ha fatto filtrare un cauto “ottimismo” pur sottolineando la gravità del quadro neurologico: Zanardi è in coma farmacologico e i miglioramenti potrebbero essere “molto lenti”. Tra qualche giorno si potrà valutare anche il trauma facciale e le lesioni oculari.
Viaggi sì, ma dove? Tutte le riaperture Paese per Paese
Sì, viaggiare. Ma dove? Restrizioni, scadenze, permessi, vincoli. La riapertura dei voli e delle frontiere è tutt’altro che omogenea, in Ue come fuori. Ecco una breve guida, in ordine alfabetico.
L’Austriaha riaperto le frontiere il 16 giugno ma la Lombardia resta nella lista dei “Paesi a rischio” come destinazione. In entrata, pur non essendoci espliciti divieti, resta quello di atterraggio dei voli dalla Lombardia (come da Cina, Iran o Svezia). Via libera, senza obbligo di isolamento, ai viaggi da e per il Belgio così come per la Bulgaria. Chiusa invece Cipro: l’ingresso nell’Isola per chi proviene dall’Italia è per ora consentito solo se si è cittadini ciprioti o residenti. Per andare in Croazia, invece, basta esibire alla frontiera prova di prenotazione alberghiera. Ancora chiusa la Danimarca: se fino al 15 giugno il divieto di ingresso nel paese era per tutti i cittadini stranieri, da una settimana possono entrare solo i turisti che arrivano da Germania, Norvegia e Islanda. Per i cittadini degli altri Paesi UE e Schengen, la riapertura per il momento è prevista dal 31 agosto. In Estonia entra senza obbligo di quarantena solo chi arriva da un Paese con un tasso relativo di contagio inferiore a 15 su 100 mila abitanti mentre dal 15 giugno in Francia le misure di isolamento sono in vigore solo da Spagna e Regno Unito “per motivi di reciprocità”. Niente restrizioni in Germania ma limitazioni in Grecia: chi arriva da Italia, Spagna e Olanda deve sottoporsi al test per il Covid-19. Lo stesso in Islanda: o quarantena per 14 giorni oppure test virologico all’arrivo. Malta riaprirà ai voli commerciali il 1° luglio: i viaggiatori dall’Italia saranno soggetti a screening termici. Non può invece entrare “senza restrizioni” chi arriva da Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.
Dura la Norvegia: fino al 15 agosto sono previsti controlli in entrata e uscita e possono essere respinti tutti i viaggiatori che non hanno valido permesso di soggiorno. I turisti possono entrare solo se arrivano dai paesi nordici, a eccezione della Svezia. Via libera per i Paesi Bassi, la Slovenia e la Polonia mentre il Regno Unito ha disposto, per chi proviene dall’estero, un isolamento domiciliare di 14 giorni. La Spagna riapre da oggi ai paesi Schengen, inclusa l’Italia, senza obblighi di quarantena. Agli altri dal primo luglio. Dalla stessa data i cittadini svedesi potranno invece venire liberamente in Italia, viceversa, non ci sono limitazioni per i viaggi verso la Svezia seppur scarseggino i collegamenti aerei. E se il Portogallo ha riattivato i voli con l’Italia dal 16 giugno (ma tenendo chiuso il confine con la Spagna), restano chiuse discoteche e bar notturni, terme e piscine, fiere. Gli assembramenti sono consentiti per un massimo di 20 persone.
“L’83% degli italiani quest’anno resta in patria – spiega il direttore dell’Enit Giovanni Bastianelli mentre il 6,9 per cento andrà all’estero, il 3% sia in Italia che all’estero”. I viaggi si allungano fino a ottobre “e anche dall’estero arrivano feedback positivi – aggiunge -. A dimostrare la voglia di vacanza in Italia lo stop al calo delle prenotazioni aeroportuali dal 1° giugno al 19 luglio (complessivamente stabili al -91,4%): in particolare, la Germania passa da -88,4% a -86,1%, e la Francia da -86,6% a -83,4%, i Paesi Bassi da -84,6% a -80,6%, la Russia da -91,2% a -90,4%. Le ricerche web sul turismo in Italia producono oltre 300 milioni di visualizzazioni”.
Per i paesi Extra Ue, le limitazioni sono in vigore almeno fino al 30 giugno e la settimana scorsa la Commissione Europea ha raccomandato di fare lo stesso a tutti gli altri paesi dell’Unione, riaprendo poi gradualmente e considerando uno per uno tutti i paesi in base alla loro condizione epidemiologica e di prevenzione. Bisognerà quindi studiare cosa accadrà paese per paese (si può fare sul sito della Farnesina “Viaggiare sicuri”) e con una buona dose di fortuna si potrebbe riuscire a fare un viaggio lontano nei prossimi mesi, magari anche evitando i 14 giorni di quarantena.
Dal 1° luglio c’è il bonus vacanze: misura a forte rischio “flop”
Vale 2,4 miliardi di euro, più della metà dei 4 stanziati dal dl Rilancio a favore del settore del turismo. Ma il cosiddetto “bonus vacanze”, l’arma con cui il governo punta a ridare fiato al comparto più colpito dalla crisi, rischia di non avere l’effetto sperato. Gli indizi sono diversi. Il bonus – da 150 euro per i single a 500 euro per le famiglie – va speso in un’unica soluzione in Italia da luglio fino a dicembre dalle famiglie con un Isee non superiore a 40 mila euro.
Tecnicamente è un tax credit, vale a dire che il conto dell’albergo, dell’agriturismo o del B&B va pagato solo per il 20% dal cliente (che lo porterà in detrazione), mentre il restante 80% è uno sconto che le strutture applicano e che poi recupereranno nel 2021 sotto forma di credito d’imposta. Potrebbero anche cederlo a fornitori e banche, ma a meno di dieci giorni dall’avvio (dal 1° luglio) della misura non sono chiare le modalità. Sempre che le imprese accettino la prenotazione, visto che gli si chiede di anticipare soldi che non hanno: solo il 2,6% dei B&B, ad esempio, ha dato la sua disponibilità, mentre i colossi digitali – Booking, Expedia e Airbnb – che avrebbero voluto partecipare, sono stati esclusi.
Limiti che ovviamente fanno diminuire la possibilità di scelta delle famiglie e potrebbero ridurre la platea dei beneficiari. Stesso effetto che potrebbe innescare l’ostica procedura digitale scelta per chiedere i soldi: bisogna installare la app della Pa, “IO” e per accedere serve lo Spid (l’identità digitale) o la carta d’identità elettronica. A quel punto, inserendo l’Isee, viene attribuito un codice univoco a cui sarà associato anche un “Qr code” leggibile direttamente dal cellulare e che va poi mostrato all’albergatore. Tutto chiaro? Sembrerebbe di no, tanto che, secondo un sondaggio condotto da Swg con Confesercenti, solo 2 italiani su 10 richiederanno il bonus.