La Procura di Roma indaga per false fatturazioni nell’ambito del concordato preventivo del gruppo Acqua Marcia che fu di Francesco Bellavista Caltagirone. Il fascicolo è iscritto a modello 44, senza indagati. Si tratta di un filone dell’indagine principale, aperta a Roma per bancarotta per dissipazione, che vede al centro sempre il fallimento Acqua Marcia e nasce dalle dichiarazioni (finora non riscontrate) resa a verbale dall’avvocato Piero Amara, interrogato dai pm di Milano il 14 dicembre 2019. Ora il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma sta analizzando le fatture relative alle consulenze legali, per oltre 2 milioni di euro. L’obiettivo è capire se i servizi si siano svolti correttamente o se alcune di queste fatture siano state gonfiate contribuendo al fallimento. Fra i consulenti di Acqua Marcia, tra il 2012 e il 2013, c’era anche l’ex premier Giuseppe Conte, cinque anni prima del suo ingresso in politica, quando svolgeva solo le professioni di avvocato civilista e professore universitario. Per quei servizi, Conte ha fatturato circa 400 mila euro. A dicembre i finanzieri, come rivelato ieri dal Domani, hanno chiesto a Conte di consultare la documentazione in suo possesso e consegnarla. Non una perquisizione, quindi, ma un’acquisizione concordata con l’ex premier, in quanto i faldoni non erano più presenti in altre sedi, come ad esempio il Tribunale fallimentare. Conte, infatti, non è indagato. E non lo sono nemmeno gli altri legali ai quali la Gdf, che finora non ha avanzato rilievi penali, ha chiesto le carte.
Ai pm milanesi, Piero Amara (indagato dalla Procura di Potenza per corruzione in atti giudiziari, attualmente in carcere), nel 2019 aveva detto: “Su richiesta di Vietti mi interessai del concordato preventivo della società Acqua Marcia di Roma. (…) Mi chiese di parlare con Fabrizio Centofanti che all’epoca era il responsabile delle relazioni istituzionali di Acqua Marcia (…) e di dirgli di nominare come legali della società Enrico Caratozzolo, Guido Alpa e Giuseppe Conte. Mi disse Vietti che la nomina era per ottenere l’omologa del concordato”. Nessuno dei nomi citati da Amara è poi finito indagato. Queste dichiarazioni però hanno portato all’apertura di un fascicolo trasferito – per verificare un presunto coinvolgimento di magistrati – a Perugia. Che però ha escluso questa ipotesi. Così il fascicolo è tornato a Roma che nel frattempo indagava sulla bancarotta. A maggio 2021 Giuseppe Conte spiegava al Fatto: “Non ho nulla a che fare con i loschi traffici del signor Amara (…) Trecento pareri legali mi hanno occupato per quasi un anno, quindi quel compenso era il minimo: tutte le parcelle hanno passato il vaglio del tribunale e dei commissari nominati dai giudici fallimentari”.