A questo punto, Casellati dovrebbe dimettersi
Dopo la débâcle elettorale, con l’individuazione certa dei gruppi parlamentari che non l’hanno votata, la Casellati potrebbe non garantire l’imparzialità dello svolgimento dei lavori senatoriali, e quindi dovrebbe dimettersi, o meglio: dovrebbe essere sfiduciata e rimossa dal seggio di seconda carica dello Stato.
Giancarlo Falducci
Se avesse una dignità, sì.
M. Trav.
Ma Letta jr. aveva dato il suo ok alla n.1 del Dis?
Caro Travaglio, leggo da anni con passione il suo giornale, che mi dà sempre informazioni veritiere. Mi sono però sorpreso leggendo, in prima pagina, che “Letta dice sì a Conte e Salvini su Belloni, poi la stronca”. I fatti però, stando alle dichiarazioni successive dei diretti interessati, non sono andati proprio così. Dopo l’accordo fra i tre leader sulla Belloni, nel tardo pomeriggio Letta aveva iniziato a contattare la sua base per l’approvazione: ma improvvisamente, prima Salvini (intorno alle 19) e poi Conte (mezz’ora dopo) hanno fatto uscire il nome, e solo a quel punto Letta ha bloccato l’ok. Non è una differenza da poco, e che una ennesima pirlata del genere l’abbia fatta Salvini, non c’è da stupirsi: Conte però è stato molto scorretto. E da lei, caro Travaglio, questo travisamento dei fatti non me lo aspettavo proprio.
Gaetano Nicolosi
No, caro Gaetano: il primo a parlare di “una presidente” donna è stato proprio Letta a Sky Tg24.
M. Trav.
I delusi per la mancata elezione del Migliore
Il grande sconfitto di queste elezioni è Draghi (ma non si può dire). Pensavo che a votarlo dovessero essere i giornalisti osannanti delle grande testate nazionali, meno il Fatto, con il beneplacito di Brunetta, Giorgetti e Di Maio, ma avendo contro Berlusconi, Conte e Salvini, cioè chi veramente decideva come indirizzare i voti. È stato stupefacente vedere lo sgomento durante le dirette televisive di tanti giornalisti che non vedevano Draghi salire nei pronostici. Una citazione particolare per la nuova direttrice del Tg3, che ripeteva che trovava assurdo che non si cogliesse l’occasione di poter avere Draghi per ben sette anni, in caso di elezione al Quirinale. A nessuno veniva in mente che, se si ricopre un incarico istituzionale di altissimo livello come la Presidenza del Consiglio, si rimane in quel ruolo senza scappare, sia pure per ambizioni personali (che vanno accantonate nell’interesse del Paese).
S. Griffo
DIRITTO DI REPLICA
Leggiamo con stupore l’articolo firmato da Andrea Debernardi pubblicato il 31 gennaio 2022 dal vostro quotidiano nel quale, commentando il “Documento strategico della mobilità ferroviaria di passeggeri e merci” che il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims) ha inviato alle Camere alla fine di dicembre e ha pubblicato sul proprio sito il 5 gennaio, si sostiene che per il Ministero esisterebbero solo le Fs e le grandi opere, dimenticando il Sud. Questa affermazione non corrisponde minimamente alla visione strategica e ai programmi del Mims che ha fatto della cosiddetta “cura del ferro” un punto cruciale della transizione ecologica e per la mobilità sostenibile in tutto il Paese, a partire dalle aree più svantaggiate, come si evince dall’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza 2021. Forse Debernardi avrebbe dovuto leggere con più attenzione la prima pagina dell’introduzione per scoprire che il Documento è finalizzato (secondo quanto previsto dal decreto-legge 152/2021) a velocizzare la stipula del Contratto di Programma tra il Mims e Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), in attuazione di una delle riforme inserite nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Di conseguenza, esso si concentra inevitabilmente sulle attività di Rfi, anche se queste ultime sono inquadrate in una più ampia analisi dello sviluppo del trasporto ferroviario che coinvolge le reti regionali, le interconnessioni con i porti e gli aeroporti, l’integrazione con altre modalità di trasporto, ecc. In conclusione, sarebbe utile una maggiore attenzione nella lettura dei documenti, fermo restando, ovviamente, il diritto di critica.
Ufficio Stampa MIMS
C’è da stupirsi dello stupore. Nell’articolo non sostengo affatto che per il ministero esisterebbero solo le Grandi opere, dimenticando il Sud, ma che la scelta ministeriale di puntare unicamente, per il Sud, sulle Grandi opere, sottende una visione molto parziale e costosa, di dubbia efficacia proprio al fine 1) di garantire buoni servizi ferroviari da e per il Mezzogiorno nonché 2) di sostenerne lo sviluppo. L’esperienza di pianificazione strategica delle reti ferroviarie degli altri Paesi europei ha dimostrato da tempo l’importanza di ragionare in primo luogo sui servizi che si vogliono offrire, e soltanto successivamente delle opere infrastrutturali che si rendono necessarie a questo fine. È quanto il ministero aveva cercato di fare con il Def2020; ma a quanto pare l’arrivo dei cospicui finanziamenti del Pnrr ha fatto dimenticare il lavoro iniziato allora.
A. D.
I NOSTRI ERRORI
Nel colonnino di ieri a pagina 6, “Mario Monti: ‘Destabilizzati dal premier’”, abbiamo scritto che Monti e Mario Draghi sono stati “entrambi ex banchieri centrali”. In realtà il senatore Monti non ha mai ricoperto il ruolo di banchiere.
Nell’articolo di ieri a pagina 19, dedicato a Pier Paolo Pasolini e a Nicola Chiaromonte, anziché la foto di quest’ultimo abbiamo inserito quella di Gerardo Chiaromonte, dirigente del Partito Comunista Italiano.
Fq