“Ero in crisi di narrativa e avevo deciso di pubblicare (Alberto) Bevilacqua, che mi aveva dato un libro brutto di successo. Sapevo che Pasolini non lo stimava e gli dissi: ‘So che lei non ha simpatia per Bevilacqua, ma dovrò pubblicarlo. Ho bisogno di vendere’. E lui: ‘Si mette in casa una bestia simile!’. Quando nel 1974 uscì di Bevilacqua L’umana avventura, durante un pranzo Pasolini mi disse: ‘Almeno un libro lo darò a un altro editore’. Pasolini in realtà odiava Bevilacqua perché aveva vinto lo Strega 1968 con L’occhio del gatto, battendo il suo Teorema, in un’edizione contrastata e polemica del premio. Non riuscivo a capire una tale gelosia e un tale risentimento, come mi sembrava incredibile che per questo un amico arrivasse a tanto”.
È un ricordo inedito dell’editore Livio Garzanti (1921- 2015) raccolto da Gian Carlo Ferretti, giornalista, critico letterario e storico dell’editoria, che il prossimo 16 giugno compierà novant’anni. Per festeggiare la ricorrenza, e celebrare in anticipo il centenario della nascita del grande editore milanese, la casa editrice Interlinea sta per pubblicare Un editore imprevedibile. Livio Garzanti (pagine 101, euro 12). È un efficace ritratto che Ferretti traccia di Garzanti e della sua casa editrice decisamente eclettica. quella di Carlo Emilio Gadda e di Pasolini, ma pure di Ian Fleming e di Love Story. Nel libro, che esce proprio il 16 giugno in una edizione a tiratura limitata “offerta all’autore per i suoi novant’anni”, c’è inoltre un’intervista a Garzanti del 19 settembre 2000: un testo, spiega Ferretti, “sostanzialmente inedito”. Scrive a commento di quell’intervista: “Non fu facile ottenere da Garzanti questa intervista, e ci riuscii grazie all’interessamento dell’amico Tiziano Rossi, che in quegli anni lo frequentava privatamente. Garzanti aveva lasciato ormai da tempo il suo lavoro di editore, e tutto avveniva perciò sul filo dei ricordi. Anche per questo probabilmente l’intervista evidenzia il volto amabile, simpatico, gradevole di Garzanti: un vecchio signore che parla con distacco e disincanto del suo passato, anche in modo spiritoso e brillante. Ma c’è stato un altro aspetto, villano, scostante, insopportabile, nevrotico, nel suo comportamento complessivo e in particolare nei suoi rapporti di lavoro, che qui non appare”.
Ecco allora il Garzanti che confessa a Ferretti il suo mestiere di editore-oste: “C’era un clima culturale vivo, un mondo letterario straordinario, una intensa vita di relazione, e io pubblicavo i libri che ritenevo più adatti e vendibili. Un po’ come fa l’oste, che sa accogliere i clienti nella sua trattoria. Così ho pubblicato Pasolini, Gadda e gli altri. Ho anche fregato Soldati a Longanesi, per poi lasciarlo andare da Mondadori perché voleva troppi soldi”.
Ed ecco, poi, l’editore che rievoca con un gusto un po’ snob certi particolari degli incontri con i suoi autori Beppe Fenoglio e Gadda, rammentando i discorsi sul vino con il primo e l’aria da “maggiordomo” del secondo. “Con gli autori”, disse Garzanti a Ferretti, “ho avuto per lo più rapporti buoni. Quello con Pasolini anzi era un rapporto elegante: tra due amici che si davano del lei in punta di penna, non senza litigi peraltro. Di Fenoglio ricordo una conversazione molto confidenziale, nella quale parlammo più di spumanti che di letteratura, anche per il lavoro che lui faceva ad Alba. Quanto a Gadda, mi rammarico ancora oggi di averlo tormentato stupidamente insieme a Bertolucci, perché ci desse la conclusione del suo giallo, il Pasticciaccio, ma lui ha sempre resistito. Era cerimonioso fino alla comicità. Una volta si presentò alla sede Garzanti di Roma con un completo blu, salutandomi con un inchino. Sembrava un maggiordomo”.
Anche Paolo Volponi, come Pasolini, a un certo punto lasciò la Garzanti per Einaudi. “Con Volponi”, rammentò Garzanti, “avevo un rapporto di grande cordialità e stima. Ma sentì la sirena di Einaudi. C’era un contratto con la Garzanti e io mi impuntai. Ne nacque un conflitto: una volta lo incontrai al mare sulla spiaggia e non mi salutò nemmeno. Soltanto in occasione della tragica morte del figlio ci fu un riavvicinamento commosso. Ma a un certo punto non mi opposi più”.
Commenta Ferretti: “Le sue versioni sulle vicende Pasolini e Volponi sono riduttive e interessate. (…) Sui rapporti con Pasolini nel periodo della crisi ho anch’io un aneddoto personale. Spesso quando Pasolini veniva a Milano e andava a pranzo con Garzanti, mi chiedeva di accompagnarlo per non restare solo con lui”.