“Porto al Festival la vita che cantava De André”

Giovanni Truppi ha un problema. Sul palco si sente a proprio agio solo con la canottiera. Una contro-coperta di Linus. All’Ariston il suo look potrebbe diventare pane per meme stupidi. Sarebbe un peccato, perché Tuo padre, mia madre, Lucia è magnifica. “Non vorrei si pensasse che manco di rispetto al pubblico. Ma io sono quello, fatico a snaturarmi. Ci penserò”, promette. Quarantuno anni, di cui dieci vissuti a Roma, tra Centocelle, Pigneto e Tormarancia, ora Truppi risiede a Bologna con la compagna e la piccola Lucia, destinatarie del brano. “Chissà quando da grande Lucia rivedrà il papà che cantava il suo nome”. Giovanni è nato a Napoli, la culla che lo chiama a sé, senza mai accoglierlo del tutto. “I miei erano calati nella metropoli dal Beneventano. La loro emancipazione, in un contesto borghese, richiedeva l’espressione in italiano senza il passaggio nel dialetto”. Truppi l’alieno, che a volte canta di amore tra uomini (“a trovarlo strano siamo noi analogici, non gli adolescenti di un tempo in cui sentirsi totalmente maschi o femmine risulta complicato”). Non teme l’accusa di snobismo: Sanremo ti marchia, ma lui può vantare una militanza prolifica (cinque album e ora l’antologia Tutto l’universo) nei circuiti indie, dove la cifra è sperimentare. Alla vigilia del Festival ha già ricevuto i premi Lunezia per il testo e del Mei per il miglior artista indipendente. Le sue canzoni sono una benedizione: sai da dove partono, non dove finiranno. Musicalmente inafferrabili, a tratti illogiche, prodighe di sketch e calembour. E con un segno politico. “Mi sento figlio dei giganti ascoltati da ragazzo. De André cantava d’amore e di sociale. La vita è questo”. Nella serata delle cover omaggerà proprio Faber, in coppia con Capossela, su La mia ora di libertà, da quell’album spacca-coscienze che nel 68 fu Storia di un impiegato. “Non ho mai riproposto De André, per non smascherarmi. L’impresa mi spaventa. E forse senza Vinicio non sarebbe stato accolto un pezzo che ci dice che siamo tutti coinvolti nella realtà”. Giovanni aveva accarezzato l’idea – fuori regolamento – di proporre a Capossela uno standard napoletano come Mmiezz’ o grano. Anche per far pace con quel paesaggio che ha osservato reinventando, nel libro L’avventura, il viaggio pasoliniano de La lunga strada di sabbia. “Alla fine dei 50 Pier Paolo attraversò l’Italia per un reportage. Oggi è rimasta la frammentarietà del Paese. Esci dalla maestà di Napoli e trovi la desolazione di parti del litorale, il Villaggio Coppola di Gomorra e Indivisibili, ed è una foto crudele”.

Il terzo mandato di Amadeus. La leggerezza ritrovata

Assembrati, ma con mascherina, tamponati ma più spensierati: il terzo mandato di Amadeus inizia in una città animata, rilassata, scaldata dal sole. Sanremo è lo specchio del Paese e allora questa è un’Italia che cerca di ripartire, con mille cautele e altrettante aspettative. È così vero che il red carpet davanti all’Ariston è diventato verde, il colore della speranza. Dopo l’immane fatica del Festival a porte chiuse dello scorso anno, nel teatro svuotato dalla pandemia, torna il pubblico. Sarà un ballo in maschera perché, come in tutti i teatri, la Ffp2 è obbligatoria e questa è un’edizione piena di canzoni danzerine.

Ieri gli organizzatori hanno incontrato la stampa, ed erano solo sorrisi. “La musica porta forza, speranza, positività, e quello che succede sul palco dell’Ariston è amplificato. Ogni persona che sale sul palco porta qualcosa di positivo”, ha detto Amadeus con un’incauta scelta di parole. Perché mentre se qualcuno degli artisti dovesse contagiarsi varrà il “lodo Irama” (che l’anno scorso restò in gara con un video delle prove, dopo che un membro del suo staff era risultato positivo al tampone), se fosse il conduttore a contagiarsi non è previsto nessun rimpiazzo: “Non c’è un piano B se mi prendo il Covid. State con me 10 giorni fino a che non mi passa?”, ha detto ai giornalisti. Naturalmente il piano B c’è e si chiama Rosario Fiorello, che ha sciolto la riserva (quest’anno si portano molto le metafore istituzionali) solo qualche giorno fa, ed è arrivato a Sanremo sabato. Annunciandosi così all’amico Ama: “Cornutazzo, potevo mai lasciarti da solo?”. Non si fosse presentato era già pronto il cartonato a forma di Fiore. Se tutto va come promesso, ci risparmieranno virologi, immunologi e appelli vari (la popolazione over dodici che ha completato il ciclo vaccinale supera lo share di Sanremo: 88 per cento). “Sono favorevolissimo ai vaccini, penso che vaccini e Ffp2 ci possono portare fuori da questa pandemia”, ha detto il direttore artistico. “Io ho avuto la terza dose, ognuno può fare quello che vuole. Ho sempre detto come la penso, ma non per questo ci sarà un momento espressamente dedicato a vaccini e pandemia. Vorremmo andare e già se ne parla abbastanza”. Vox (o vax) populi…

Sulla carta questa edizione ha tutti i numeri per essere uno show dei record. In molti sensi. I big in gara sono davvero tanti e davvero tali, idoli di grandi (Morandi, Ranieri, Zanicchi, Elisa) e idoli di piccini (Rkomi, Aka 7even, Sangiovanni). Gli ospiti si chiamano Checco Zalone, Laura Pausini, Måneskin. Ma c’è ancora tempo per una sorpresa, oltre all’indiscrezione sull’ospite sportivo che dovrebbe essere Matteo Berrettini. Record attesi anche sul fronte pubblicità, tutti gli spazi sono sold out: “Supereremo la raccolta pubblicitaria dell’anno scorso”, ha detto l’ad di Rai pubblicità, Gian Paolo Tagliavia presentando le partnership, parola che – dicunt – “supera il concetto di sponsor”. Un tentativo di aggirare l’imbarazzo suscitato dall’addio di Tim, main sponsor dell’ultimo lustro che ci aveva abituati a spot elegantissimi con la colonna sonora di Mina. Quest’anno debutta Plenitude (Eni gas e luce), già protagonista di una polemica for future. Greenpeace accusa la società a sei zampe di greenwashing: “Si tratta dell’ennesimo tentativo di nascondere le proprie responsabilità nella crisi climatica”, accusa la ong. “Sebbene Plenitude sia presentata come la svolta green dell’azienda, in realtà Eni continuerà a puntare principalmente su gas e petrolio, combustibili fossili che alimentano il riscaldamento globale”. In rada, a Sanremo, è ormeggiata l’enorme nave da crociera Costa Toscana che sarà usata come studio tv e ha un protocollo Covid “cinese”: si sale a bordo solo con super green pass e doppio tampone, un molecolare 72 ore prima e un antigenico da effettuare al momento (manca solo il certificato di nascita).

Ci sarà la festa della Nutella, il caffè che più lo mandi giù più ti tira su, e pure la Suzuki con un nuovo modello di auto ibrida, di cui abbiamo avuto il bene di sentirci illustrare in conferenza stampa gli innovativi pregi come in una televendita: da Mina a Giorgio Mastrota è un attimo.

Stasera si comincia e preparatevi: sarà una maratona lunghissima, come e forse più degli altri anni. Gli artisti in gara sono 25 e il conduttore è stato chiarissimo: certo non si finisce a mezzanotte, con la scarpetta e la zucca. “Fin dal primo anno ho tolto il dopofestival e l’ho incorporato nel Festival. Cercherò di tenere un ritmo sostenuto, ma non finiremo sicuramente prima dell’una e mezza”. Cioè si andrà avanti fino alle due. Una scelta poco rispettosa del pubblico: non è una vita in vacanza, durante la settimana la gente lavora e dovrebbe poter vedere uno show senza avere la sensazione di essere sequestrata. Senza dire che una trasmissione che dura dalle 20.40 alle due di notte è un non spettacolo privo di capo, coda e servizio pubblico.

Le proteste raccontate dagli studenti

 

Roma “Lo Scuola-lavoro? Ha ucciso Lorenzo, prima tanti incidenti. Va abolito”

“Noi studenti vogliamo avere voce in capitolo su come verranno investiti i fondi del Pnrr. Sicuramente non nell’alternanza-scuola lavoro, che va abolita, o nella dad. Bisogna ripensare il mondo scuola una volta per tutte”. Simone Chaez ha 18 anni, ma già le idee chiare. A differenza di tanti suoi coetanei romani e “compagni” di protesta, non frequenta un prestigioso liceo capitolino ma l’Istituto tecnico Cine-Tv, Roberto Rossellini. Membro dell’Osa, Opposizione Studentesca d’Alternativa, ha partecipato alle manifestazioni di Roma e Milano e in entrambe è rimasto coinvolto negli scontri, restando lievemente ferito. “Niente di grave, c’è chi sta peggio”, assicura. Tutto è nato a Roma, con le occupazioni di autunno, 60 istituti superiori in tutto. “Erano almeno 10 anni che non si vedeva una cosa del genere”, dice Simone. Così è nata la Lupa, il primo movimento studentesco federato figlio del Covid.

Qual è la differenza tra il vostro e i movimenti precedenti al vostro?

“La pandemia ha amplificato i problemi della scuola e la nostra generazione pagherà a lungo questa situazione”.

Quali sono le vostre istanze?

“Vogliamo l’abolizione immediata dell’alternanza scuola-lavoro. Il mestiere non si impara con uno stage, fatto in questo modo, anche se frequenti l’istituto tecnico. È solo sfruttamento e manodopera gratuita a vantaggio di grandi gruppi. Come i ragazzini chiamati a fare i panini da McDonald’s. Che formazione è quella? In altri casi vai lì, ti tengono a guardare e non ti fanno fare nulla. Solo una perdita di tempo”

Lorenzo Parelli stava lavorando quando è morto a Udine.

“Ci è scappato il morto, ma non poteva non accadere. Prima c’era stata una tragica scia di arti e dita imputate. È il frutto di questo modello: conosci il mondo del lavoro per quello che è. Malato”.

Mettiamo il caso che domani il ministro dell’Istruzione vi riceva: cosa gli chiedete?

“Intanto vogliamo decidere su cosa bisogna investire i soldi del Pnrr. La digitalizzazione finalizzata alla dad è una sconfitta, l’alternanza scuola lavoro anche. Bisogna puntare ad esempio sull’edilizia. E poi basta con il modello delle scuole private, bisogna rifondare la didattica. Io sto imparando più dalla mia curiosità che da quello che mi insegnano i professori. E non va bene”.

Vincenzo Bisbiglia

 

Torino “Altro che Covid Ci hanno presi a botte per reprimere il dissenso”

“I poliziotti ci hanno caricato per rompere delle teste. Siamo stati picchiati, altro che cariche di alleggerimento. La pandemia e il divieto di assembramento erano un pretesto: è stata una repressione violenta del dissenso”. Sara, 17 anni, studentessa del liceo Regina Margherita di Torino, era tra i ragazzi che venerdì hanno partecipato alla manifestazioni di piazza Arbarello, sfociata in scontri con gli agenti. Fa parte del collettivo studentesco Ksa, vicino al mondo dell’autonomia, tra gli organizzatori dell’iniziativa: “In realtà l’appello è nato da un confronto tra tante associazioni studentesche. E in piazza sono scesi tanti ragazzi in modo spontaneo dopo la morte di Lorenzo”.
Come è nata la mobilitazione?
“È stato un moto di indignazione. I primi a muoversi erano stati i ragazzi del movimento La Lupa, a Roma. Poi c’è stato un confronto tra tutte le altre sigle studentesche. È stata una reazione a catena”.
Cosa è successo?
“Avevamo comunicato alla polizia la volontà di fare un corteo e un percorso preciso”.
Dicono che vi avevano negato il permesso di muovervi.
“Non si potrebbero fare cortei, per via del Covid. Ma è una scusa. In molte altre occasioni è stato consentito e non mi riferisco solo alle proteste contro il Green Pass. Solo in questo caso è successo che dopo dieci minuti sono cominciate le manganellate”.
La polizia dice che una parte del corteo ha attaccato gli agenti.
“Falso. Basta guardare le immagini. E quelle scene si sono ripetute in molte altre vie. Io parlo per quello che ho visto, non posso mettere le mani sul fuoco su ogni singola persona che era in piazza. Certo, se alla settima carica qualcuno si fosse innervosito non mi sorprenderebbe. L’ultima volta ci hanno caricato mentre stavamo trattando con una funzionaria un nuovo percorso”.
La piazza resta uno strumento efficace per far sentire la voce degli studenti?
“I tempi sono quello che sono, la partecipazione è scarsa, i cortei sono vietati, ma questo non deve scoraggiarci. Molti si sono immedesimati in un evento così drammatico. Ed è stata l’occasione per incontrarci e scoprire una forza che di solito non abbiamo. I giovani non hanno voce. Venerdì manifesteremo ancora, per ricordare Lorenzo e chiedere l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro”.

Marco Grasso

Aosta, nel 2021 evaso oltre 95% dei fascicoli

Un indicedi ricambio dei fascicoli del 101.72% (più evasi che sopraggiunti), quello di smaltimento al 95.69% (162 pendenze contro 3.302 procedimenti esauriti) e un tempo medio di definizione dei modelli di 18 giorni. Dati per cui la Procura di Aosta ritiene di risultare per il 2021, tra gli uffici di dimensioni assimilabili, “se non il migliore, uno dei migliori in Italia”. Parole che il sostituto Manlio D’Ambrosi ha pronunciato presentando il bilancio di responsabilità sociale. Per una “valutazione sul nostro operato”, il documento sarà quindi inviato dal procuratore Paolo Fortuna non solo al Csm, ma anche al Comitato Cepej del Consiglio d’Europa.

Archiviati i due marò “Impossibile processo”

Il Gipdi Roma ha archiviato l’inchiesta su Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in merito alla vicenda di due pescatori uccisi da colpi di arma da fuoco a febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala, in India. Sul caso in piazzale Clodio era aperto dal 2012 un fascicolo per omicidio volontario. I due fucilieri erano stati interrogati in Procura a luglio. Latorre e Girone erano già stati ascoltati il 3 gennaio del 2013 e nello stesso anno i pm capitolini avevano disposto una perizia sul pc e su una macchina fotografica che erano a bordo della “Enrica Lexie”, nave su cui erano in servizio. Dopo gli accertamenti i pm hanno chiesto di archiviare le accuse in quanto gli elementi raccolti erano insufficiente a garantire l’instaurazione di un processo.

Disabili, pensioni aumentate ma c’è taglio del “reddito”

Reddito di cittadinanza ridotto o azzerato alle famiglie con soggetti disabili. “È l’ennesimo paradosso di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti”, denuncia la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish), che si sta facendo portavoce delle famiglie che in queste ore si sono viste ridurre il Rdc nel caso in cui in famiglia ci sia un invalido civile. La motivazione del taglio dell’importo del Rdc è l’aumento che da gennaio hanno registrato le pensioni d’invalidità a seguito della sentenza del 2020 n° 152 della Corte Costituzionale. L’Inps nella ricarica della tessera su cui viene accredito il Rdc ha infatti decurtato la differenza tra il vecchio Isee e quello nuovo, arrivando in molti casi ad annullare del tutto l’accredito. Un calcolo dovuto visto che, nonostante già nel 2019 quando è stato introdotta la misura antipovertà era stato sollevata la questione, le pensioni d’invalidità civile a concorrere al calcolo dell’Isee. La stessa sentenza della Consulta aveva già portato due anni fa a un aumento variabile delle pensioni percepite da persone con invalidità civile totale, ciechi civili assoluti e sordi (poco più di 291 euro al mese), fino a un massimo di 368 euro. Ma l’Inps, dopo aver conteggiato quegli aumenti nell’Isee, li ha poi esclusi. “Per questo intendiamo richiedere un intervento legislativo urgente che modifichi i parametri utili alla concessione del Rdc”, spiega Vincenzo Falabella, presidente della Fish, che ribadisce “l’iniquità di conteggiare le pensioni di invalidità nel cumulo del reddito familiare”.

Dazn, l’Agcom impone l’Auditel. Il calcio sulla piattaforma ha dimezzato gli ascolti

Ricordate le schermaglie d’inizio campionato, settembre 2021, quando i dati d’ascolto delle prime partite di Serie A comunicati da Dazn, e a essa forniti dall’istituto privato Nielsen, erano più alti, per non dire doppi, di quelli rilevati da Auditel? Capirci qualcosa era impossibile. Secondo Dazn l’audience delle prime giornate di Aerie A era a livello dell’audience Sky 20-21; secondo Auditel gli ascolti erano colati a picco. Per esempio, Napoli-Juve era passata da un ascolto di 1 milione 940 mila spettatori dell’anno prima ai 960 mila dell’era Dazn con un calo di oltre il 50%; Milan-Lazio aveva avuto un crollo del 47%, Roma-Sassuolo del 21%. Chi stava barando? L’Agcom, al termine di un’istruttoria durata mesi, con la delibera emessa qualche giorno fa ha stabilito che “Nielsen non rientra tra i soggetti strutturati secondo il modello Jic” (Joint industry committee, il modello cui in Europa è obbligatorio uniformarsi per “assicurare la correttezza e la trasparenza delle rilevazioni e la concorrenza tra le imprese”), mentre “la metodologia Auditel ricalca quella in uso da parte dei principali Jic europei che sono considerati come best practice del settore”. Non solo. “Allo stato attuale, la società Auditel è l’unico Jic a livello nazionale ad aver quasi completato la fase di realizzazione e rilascio della total audience (rilevazione degli ascolti fruiti non solo da tv ma dai nuovi device come pc, smartphone, tablet ecc., ndr) previsto per il primo trimestre 2022”. Ragion per cui, “considerato che è già in corso il girone di ritorno del Campionato di calcio”, Agcom ha disposto che “per la stagione sportiva 2021/2022 il dato di ascolto degli eventi diffusi da Dazn cui fare riferimento è il dato rilasciato dalla società Auditel” mentre per le stagioni 22/23 e 23/24 “la certificazione degli eventi Dazn è garantita attraverso la misurazione effettuata da un Jic operante sul mercato nazionale che produca un dato di total audience vale a dire un dato univoco, trasparente e certificato”. Il che significa sempre e solo Auditel. Ora la palla passa ai presidenti di serie A. Ma è una palla che scotta perché ormai è ufficiale: secondo Auditel, giudice unico della vicenda, il calcio su Dazn ha di fatto dimezzato gli ascolti al punto che Tim, che concorre alla spesa-Dazn per 300 milioni, ha silurato anche per questo l’ad Gubitosi chiedendo, visto il flop, la rinegoziazione dell’accordo. E insomma, niente di nuovo: la situazione è grave, ma non è seria.

Parlamento di Tobruk: l’8 febbraio un nuovo premier, ma senza elezioni

Abdehamid Dbeibah, primo ministro libico il cui mandato è terminato il 24 dicembre scorso, verrà sostituito il prossimo 8 febbraio. È questa la data in cui verrà scelto un nuovo premier libico, ha riferito con una nota ieri, al termine di una sessione della Camera dei rappresentanti, il Parlamento di Tobruk. Lo ha confermato anche il capo del Parlamento, Aqila Saleh. Nella nota ufficiale appare anche la “richiesta ad alcuni ambasciatori e alla consigliera del Segretario generale dell’Onu, Stephanie Williams, di non interferire negli affari libici”. Nel Paese, a causa di scontri militari, negoziati politici, tensioni tra le milizie e stalli burocratici, le elezioni presidenziali che erano previste il 24 dicembre scorso, non sono state ancora tenute e una nuova data per il voto non è stata ancora scelta.

Vaccini e proteste, Trudeau scappa

Con la collina del Parlamento di Ottawa ancora assediata da migliaia di camionisti e loro sostenitori che protestano contro le misure anti-Covid, il premier canadese Justin Trudeau ha ieri marcato visita e s’è tenuto alla larga dal centro della Capitale. Il premier, che era in isolamento da mercoledì, ha scritto, in un tweet di essere risultato positivo al virus: “Sto bene – ha assicurato – e continuerò a lavorare da remoto nel rispetto delle linee guida nazionali. Per favore vaccinatevi”. Secondo i media il primo della famiglia a contagiarsi era stato uno dei figli. La polizia di Ottawa ha avviato numerose inchieste su minacce e atti di vandalismo, ad esempio contro il monumento al Milite Ignoto, che hanno segnato le proteste anti-restrizioni per combattere la pandemia. Circa 10 mila le persone coinvolte, secondo stime dei media. Lunedì mattina, non era ancora chiaro – scrive il Toronto Star, una delle testate canadesi più lette – se i camionisti e gli altri manifestanti intendessero o meno lasciare la collina del Parlamento, che domina la città. La protesta dei camionisti, a cui si sono aggiunti i ‘no vax’ canadesi, ha paralizzato, nel fine settimana, le vie della Capitale, con cortei e manifestazioni in gran parte pacifici, ma segnati anche da momenti di tensione e da tafferugli. In via precauzionale, Trudeau e la sua famiglia erano stati trasferiti in un luogo segreto e sicuro: il premier, uscito bene dalle elezioni di settembre, non è comunque al top della sua popolarità. Nulla di paragonabile, come violenza, a quanto avvenuto mesi fa a Parigi e in altre città europee; e neppure alle violenze dei ‘no mask’ nel 2020 in alcuni Stati Usa. Ma la scena evocava l’assalto al Campidoglio di Washington il 6 gennaio 2021 da parte dei sostenitori di Trump: bandiere canadesi e statunitensi, ma anche simboli neo-nazisti, e strombazzamenti di clacson. I camionisti contestano l’obbligo vaccinale per la loro categoria. Ma la loro esasperazione si spiega anche con il caro carburante che, nelle ultime settimane, ha colpito il comparto dei trasporti in tutto il Nord America come in Europa. Partita dalle frontiere con gli Stati Uniti – il problema è particolarmente grave per i transfrontalieri, che, al rientro in Canada dagli Usa, devono sottoporsi a tamponi e controlli, mentre viceversa no –, la protesta ha raggiunto sabato Ottawa, con cortei di autotreni in centro. Il cosiddetto ‘Freedom Convoy’, convoglio della libertà, ha raggiunto la capitale convergendo da est, da ovest e da sud. E la protesta contro l’obbligo vaccinale per i camionisti transfrontalieri s’è presto trasformata, per la presenza dei ‘no vax’, nella contestazione delle scelte governative anti-pandemia. Rispetto agli Stati Uniti, il Canada ha avuto percentualmente molti meno vittime e contagiati.

Il “socialista indistruttibile” evita pasticci al Portogallo

Il Paese più occidentale d’Europa rimane anche il più a sinistra d’Europa. È una sinistra riformista e pragmatica quella rappresentata dal Partito socialista di António Costa che ha vinto le elezioni politiche in Portogallo, conquistando a sorpresa la maggioranza assoluta con il 41,6% e 117 seggi in Parlamento su 230, superato solo dalle astensioni (42%). Con 400 mila voti in più rispetto a due anni fa, il verdetto popolare ha inequivocabilmente premiato il suo governo, mentre ha punito la sinistra radicale formata dal Bloco de Esquerda e dal vecchio Partito comunista che avevano bocciato il Bilancio 2022, mettendo in crisi l’esecutivo e provocando così le elezioni anticipate. Dalla cosiddetta gerinconça, letteralmente l’aggeggio o il marchingegno su cui s’imperniava la precedente “ammucchiata” di governo, il Portogallo non è passato però al berbicacho che si paventava, cioè un “pasticcio” post-elettorale. Il Partito socialdemocratico di Rui Rio, conservatore, non è riuscito a contendere la liderança ai socialisti fermandosi al 27,8% (71 deputati). Evidentemente, il mantra elettorale con cui il Psd ha cercato di allargarsi al centro assicurando agli elettori di non essere di destra, ha finito per favorire l’ascesa di “Chega” (Basta), la nuova formazione nazionalista e xenofoba guidata dal giornalista sportivo André Ventura, diventato popolare attraverso la televisione, che ha raggiunto il 7% con 12 deputati. Naturalmente il successo di Costa, il “socialista indistruttibile”, si può leggere in chiave diversa come “il suicidio della sinistra radicale” (João Miguel Tavares sul quotidiano Publico) o anche come il responso di “un Paese che s’è arreso al comfort di ciò che conosce” (Manuel Carvalho sullo stesso giornale). Vale a dire al “mantenimento di uno stile di vita collaudato e garantito” che si traduce in stabilità e governabilità. Ma è stato lo stesso leader socialista, a caldo, ad assicurare che “la maggioranza assoluta non è potere assoluto”. E conoscendo la sua abilità e la sua prudenza, si può star certi che non ne abuserà. Attaccato dalla sinistra radicale che pretendeva emendamenti alla legge di bilancio, in particolare sul servizio sanitario e sulla previdenza sociale, Costa ha avuto buon gioco a ribattere che quelle richieste erano “esose e fuori controllo”. In attesa di poter investire i 16,6 miliardi di euro dei fondi europei in cinque anni, ha promesso intanto di aumentare il salario minimo da 530 a 665 euro al mese, di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni e anche di legalizzare le adozioni per le coppie di fatto. Un mix attento e sensibile, insomma, ai diritti sociali e a quelli civili. Senza dimenticare che il governo ha affrontato la pandemia in modo tempestivo ed efficiente. Fatto sta che la maggioranza dei portoghesi ha confermato fiducia al premier, all’insegna della continuità. A mezzo secolo dalla “Rivoluzione dei Garofani” che nel ’74 abbatté la dittatura salazarista, oggi il Portogallo non è certamente un’isola felice. Un’ex potenza coloniale, povera di materie prime che non siano il sole e il vento, priva di un sistema industriale produttivo, è costretta ad affidarsi al settore terziario e soprattutto al turismo, offrendo anche condizioni fiscali favorevoli ai pensionati europei in forza di un Trattato internazionale del 1982. Tutto ciò ha prodotto un forte incremento dei prezzi sul mercato immobiliare, sia nelle compravendite sia negli affitti, attirando gli speculatori stranieri e danneggiando la popolazione locale. Ma ha pure consentito di aumentare il Pil con punte di 7-8 punti all’anno e di ridurre la disoccupazione dal 18 all’8%. Non basterà l’industria delle vacanze, con gli alberghi, le pousadas statali gestite dai privati, i ristoranti, le spiagge, le crociere e i voli low cost, ad assicurare al Portogallo un futuro economico e sociale più solido. E tuttavia, aspettando che sorga magari il “sol dell’avvenire”, il socialismo liberale di Costa garantisce una crescita graduale e progressiva, sebbene non sia riuscito finora a frenare l’emorragia dell’emigrazione. La Revolución pacifica del ’74 prese nome dai garofani infilati nelle canne di fucile dei soldati in Avenida da Liberdade: e non c’è dubbio che da allora il Paese sia progredito sulla strada della democrazia.