Il jihad in Mozambico costa caro alle imprese e ai contribuenti italiani. Ieri in Borsa è crollata Saipem: il colosso pubblico dell’ingegneria petrolifera (l’Eni detiene 30,54%, Cdp il 12,55%) ha avvisato che, per problemi sul portafoglio ordini, chiuderà i conti 2021 con una perdita superiore a un terzo del capitale sociale e dovrà quindi chiedere agli azionisti un aumento di capitale. In Borsa l’azione ha perso il 30% ai nuovi minimi storici di 1,35 euro. Non è la prima volta che avviene. Nel 2013 due allarmi sui conti, a gennaio e luglio, fecero crollare l’azione da 30 a 14 euro. Il consiglio di amministrazione di Saipem ha rivisto il portafoglio ordini, pari al record di 24,5 miliardi al 30 settembre (ma la società a fine giugno aveva impegni tripli sui contratti, 71,7 miliardi), e ha ritirato anche le stime annunciate il 28 ottobre con il piano strategico 2022-25, che prevedeva ricavi in crescita a un tasso medio annuo del 15%. Saipem, monitorata da Consob, ha avviato “contatti preliminari” con banche e azionisti “per verificare la loro disponibilità a supportare un’adeguata manovra finanziaria”.
La società nel 2016 era stata costretta a un aumento di capitale iperduilitivo da 3,5 miliardi, che aveva dissanguato migliaia di piccoli azionisti. Saipem aveva chiuso il 2019 con uno striminzito utile di 12 milioni. Poi nel 2020 ha pesato il Covid, che ha generato una frenata delle commesse portando il bilancio 2020 in perdita per 1,13 miliardi. Dal 2017 al 2020 ha accumulato perdite per 1,9 miliardi e ora ne prevede altri 2 per il 2021 che ridurranno il capitale a 0,9 miliardi. Sulla situazione dell’anno scorso ha pesato la “guerra santa” lanciata già a ottobre 2017 dallo Stato islamico dell’Africa Centrale (Iscap) vicino alla città e al porto di Palma, nella provincia più settentrionale del Mozambico, Cabo Delgado. Lo scorso marzo un attacco jihadista fece decine di morti. Ma a imperversare è soprattutto la guerra tra le etnie kimwani e amakhuwa contro la minoranza dominante e filogovernativa makonde. La guerra interetnica ha causato 800mila profughi su 1,5 milioni di abitanti della provincia. Le truppe del Rwanda e della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (Sadc), chiamate in aiuto, non hanno ristabilito la pace. Il gigante oil & gas francese Total ad aprile è stato così costretto a sospendere l’estrazione e la liquefazione di gas naturale nel bacino di Rovuma, progetto che vale 4 miliardi e del quale Saipem è partner. A fine novembre gli uomini Total sono tornati nell’area, ma alcuni dirigenti della società di Parigi hanno criticato l’azienda italiana. Intanto la guerra a Cabo Delgado continua e i ribelli paiono attendere l’uscita delle truppe di Rwanda e Sad per riprendere gli attacchi contro l’esercito governativo. Il blocco in Mozambico nel 2021 ha tolto a Saipem ricavi per 1,4 miliardi. Già a metà anno il rosso era di 656 milioni. Con Francesco Caio, amministratore delegato dallo scorso 30 aprile, l’azienda sperava in una schiarita, ma hanno pesato la ripresa della pandemia, maggiori costi per 170 milioni nell’eolico offshore e i rincari di materie prime e logistica. Ora si stima 1 miliardo in meno sia sul margine operativo lordo rettificato che sui ricavi, in calo da 4,5 a 3,5 miliardi, e stimata pari per l’aumento di capitale. A Eni e Cdp, controllate dal Tesoro, toccherà versarne il 43% circa. È l’ennesimo salasso, dopo quello del 2016, anche per i risparmiatori.