Ormai ci sono ben pochi dubbi: SarsCov2 è entrato una sola volta in Italia e da quel primo ingresso è poi dilagato portando la devastazione sanitaria in buona parte del Paese e provocando la morte di 31.368 persone in meno di tre mesi. Un dato inedito, seppur non ancora definitivo, individuato dall’équipe di ricercatori guidata dal professor Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano che a oggi ha analizzato oltre 50 sequenze complete del virus. Tutte riconducono ai primi tre ceppi isolati nei pazienti di Codogno. Si tratta di una fotografia che spiega, a partire proprio da una singola introduzione, quanto sia contagioso SarsCov2 e come in questi mesi di epidemia non abbia in alcun modo perso la sua forza virale, ridotta solamente dalle misure di contenimento e di distanziamento sociale imposte da Stato e Regioni. Per capire quanto furiosa sia stata la corsa del virus basta rileggere l’evoluzione dei contagi in Lombardia nei primi diciassette giorni dal 20 febbraio, data in cui si scopre il paziente 1, all’8 marzo, quando l’intera regione diventa zona rossa. In questo intervallo temporale i contagi arrivano a 4.189. Alla data dell’8 marzo in tutta Italia i casi sono circa 7.000. Non solo. In Lombardia le percentuali di crescita vanno dal 3.200% dei primi giorni al 60% del primo marzo e al 31% dell’8 marzo. La tabella contenuta nei dati riservati della Regione mostra in presa diretta come SarsCov2 abbia corso con un R con zero mai sotto il 2,5.
Un tale quadro è riconducibile al fatto scientificamente provato che la prima e unica porta d’entrata sia stata proprio la zona del Basso Lodigiano. Il precedente ingresso rappresentato dai due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma il 29 gennaio viene escluso da questa mappa: non hanno prodotto contagi di seconda generazione in Italia. Torniamo allora a Codogno e alle sequenze analizzate dall’equipe del professor Galli e non solo. A oggi, abbiamo detto, quelle complete sono oltre 50. I ceppi in lista provengono da buona parte delle regioni italiane e non solo dalla Lombardia. E tutti mostrano essere figli e figliastri dei primi isolati nel Basso Lodigiano. Il che smentisce nei fatti le tante ipotesi circolate in queste settimane di un virus presente nel Nord Italia già nei primi giorni di gennaio. Ogni sequenza di Rna virale è stata ripercorsa segnando passo dopo passo gli errori di replicazione di SarsCov2. Un viaggio a ritroso che termina attorno al 26 di gennaio, data in cui si nota il primo errore di replicazione. Questa è la giornata fatale in cui il virus arriva in Italia e lo fa, come spiega un primo studio del professor Galli, non dalla Cina ma dalla Germania. In Baviera, infatti, attorno al 22 gennaio vengono individuati i primi casi Covid. Centro di quel piccolo focolaio, subito bloccato, è la Webasto, società tedesca di Stockford. A far da volano è una donna di Shanghai che partecipa a un meeting in Germania. Di rientro in Cina risulterà positiva al Covid. Quel virus “tedesco” arriva a Codogno attorno al 26 gennaio e rientra in un cluster (gruppo) di altri virus in tutto simili per quanto riguarda le sequenze ribonucleiche. Tra questi alcuni ceppi finlandesi e dell’America latina. Quel primo ingresso viene così confermato oggi dall’analisi su altri 50 ceppi, in particolare su quelli isolati nella provincia di Bergamo. Il dubbio era che tra i comuni di Nembro e Alzano, dove i primi casi vengono individuati il 22 febbraio, ci fosse un ceppo differente e più anziano. In realtà anche questi, secondo gli studi del professor Galli, riportano al cluster bavarese, così come anche quelli isolati nel comune veneto di Vo’ Euganeo. Qui, secondo lo studio epidemiologico del professor Andrea Crisanti, alla data del 20 febbraio già il 3% della popolazione era positivo. Indice di come il virus abbia viaggiato sotto traccia per circa un mese trasportato da diversi vettori commerciali, su tutti le fiere del fieno e degli animali.
E che la data del 26 gennaio sia quella più probabile viene dimostrato dai ricoveri. Il paziente 1 mostra i primi sintomi il 9 febbraio quando fa un primo accesso al pronto soccorso di Codogno per poi ritornarvi il 19 febbraio. Data più o meno coincidente per i due anziani ricoverati all’ospedale di Alzano. Non solo. A partire dal 20 febbraio in meno di 72 ore casi Covid emergono in tutta la Lombardia e in buona parte del Nord Italia, mostrando una coincidenza di incubazione di 14 giorni che riporta all’ingresso del 26 gennaio. Se, fa notare il professor Galli, ci fosse stato un’entrata precedente il collasso sanitario si sarebbe dovuto registrare prima. Cosa che non è avvenuta. Di più: le ipotesi di un ingresso agli inizi di gennaio, formulate in uno studio dell’Ats lombarda, si basano su sintomi simil-Covid raccolti in decine di interviste e senza base scientifica. La storia potrebbe cambiare solamente se test sierologici su sangue raccolto tra gennaio e dicembre indicassero la presenza di anticorpi. Dato su cui si sta lavorando, ma che al momento non è stato ancora individuato.