Hanno fatto un pasticciaccio, i Cinque Stelle. Hanno sbagliato partita sulle nuove norme sui migranti, annebbiati da grane e incomprensioni, scollegati tra loro, di certo ancora sensibilissimi a umori e strategie dell’ex capo che presto si riprenderà il timone, quel Luigi Di Maio che pensa sempre a coprirsi innanzitutto sulla destra. Così deve scendere in campo il premier Conte, per spingerli alla tregua. Mentre il Pd resta fermo sull’altra sponda del fiume, e avverte: “Della questione parleremo direttamente in Consiglio dei ministri”. Non pare un segnale di pace. Ma gli sherpa lavorano tutto il giorno, e a sera inoltrata i segnali raccontano di una tregua all’orizzonte. Dal M5S parlano di un nuovo testo, dal quale verrebbe tolto quello che loro definiscono “un condono penale” per i datori di lavoro. Però dal Viminale ribadiscono che senza questo passaggio non c’è emersione del lavoro nero possibile, e che il provvedimento esclude tutti i colpevoli di reati legati all’immigrazione. La certezza è che si cerca davvero un punto di caduta perché la crisi di governo, si era fatto troppo vicina. Quindi si tratta fino a tarda notte, con il Consiglio dei ministri che balla.
Un’altra lunga giornata per Giuseppe Conte, che in mattinata aveva negato irritazioni e liti con quei discolacci del M5S, figurarsi, ma che nelle stessa nota ha tirato loro le orecchie ricordando che sulla regolarizzazione dei migranti che lavorano in nero c’era un “accordo politico chiuso domenica notte”, ed è una smentita in pieno volto. Soprattutto, precisa palazzo Chigi “regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato”. E poi “in passato, provvedimenti di regolarizzazione di cittadini immigrati molto consistenti sono stati approvati da governi di centrodestra” è la chiosa, dalla traduzione chiara: cari 5Stelle, non preoccupatevi troppo di Lega e Fratelli d’Italia, e chiudiamo l’accordo su quelle norme da inserire nel dl rilancio.
Così per tutto il giorno il capo politico reggente del M5S Vito Crimi tratta con il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, a cui di fatto palazzo Chigi delega molto della partita. Dalle parti del Viminale però non sono entusiasti, e fanno sapere che “il testo concordato del provvedimento sull’emersione del lavoro in agricoltura e nel settore del lavoro domestico è pronto, ed è il frutto della sintesi raggiunta domenica tra le forze di maggioranza”. Ovvero, il ministro ha tradotto in norme nero su bianco quell’intesa su cui i 5Stelle hanno fatto una conversione ad U: perché di fatto non avevano compreso bene quale fosse l’accordo siglato, e perché non piaceva a Di Maio. Così Crimi di mattina fa muro: “Purtroppo l’ultima bozza visionata lunedì riporta ancora la sanatoria dei reati penali e amministrativi per chi denuncia un rapporto di lavoro irregolare”. Un’interpretazione che gli altri partiti di maggioranza, Pd, Italia Viva e Leu rifiutano. L’impianto politico della proposta è sempre stato questo, dicono. L’emersione del lavoro nero è accompagnata dalla mancata denuncia dei datori di lavoro. Nel gioco dei veti incrociati, il Movimento insiste per lo stralcio della normativa dal decreto, ma la Lamorgese e il Pd non ne vogliono sapere. Per non parlare del ministro dell’Agricoltura, la renziana Teresa Bellanova, che in questa vicenda gioca in prima linea. “Se poi Conte deciderà di farlo, vedremo”, si comincia però a dire in serata. Così sul provvedimento si consuma uno scontro che va oltre la partita sui migranti.
“Sta a Conte risolvere la questione: per noi non è un rappresentante dei Cinque Stelle, ma è il garante del governo”, fanno sapere dal Pd. Battuta di accompagnamento, rivelatrice di un’insofferenza crescente: “Noi siamo i più responsabili. Magari sbagliando”. Al Nazareno aspettano. Tra i sospetti e i dubbi: che gioco fa Di Maio? Dove vogliono arrivare i Cinque Stelle? Che traiettoria seguono? Tra i dem, l’ipotesi che ci sia un altro governo pronto a nascere (per mano di chiunque) la scartano. E continuano a portare avanti l’opzione urne: “Se si va a votare in autunno Italia viva e Movimento stanno messi male. Ma noi no. Noi i nostri voti ce li abbiamo”. Nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi passano tutti i protagonisti della trattativa, dalla Bellanova a Peppe Provenzano (Mezzogiorno). Il M5S sfoggia come un punto a favore la nota della Coldiretti: “No alla sanatoria”. Intanto, si fa sera. La notte porta consiglio.