Le prime parole di Silvia Romano dopo un anno e mezzo di prigionia sono di felicità, orgoglio e coraggio: “Sono stata forte, ho resistito”. La prima richiesta invece è stata di mangiare finalmente una pizza calda. Dopo la liberazione la ragazza milanese è stata portata in un compound delle Nazioni Unite e infine trasferita a Mogadiscio, dove l’ha accolta l’ambasciatore Alberto Vecchi. Per cena, ha chiesto se poteva avere il piatto che le è mancato di più: il primo piccolo passo verso il ritorno alla normalità.
La ragazza ovviamente è provata, ma le sue condizioni di salute sono confortanti: sta bene fisicamente e psicologicamente. Dall’ambasciata ha finalmente chiamato a casa: è tutto vero, sta tornando. Oggi arriva a Roma, atterra a Ciampino con un aereo dell’Aise verso le 14. Ad accoglierla ci sarà il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, con cui ha parlato al telefono qualche ora dopo la liberazione: “Siamo tutti molto felici – le ha detto – la Farnesina è sempre stata in contatto con la tua famiglia, saremo in aeroporto ad accoglierti”.
L’ultima fatica è l’approdo in un paese chiuso, assediato dal Coronavirus da oltre due mesi. L’attende subito un’audizione: tra i primi volti che vedrà ci sono quelli dei pm di Roma che indagano sul suo rapimento, guidati da Sergio Colaiocco, il titolare del fascicolo. A loro racconterà per la prima volta i dettagli di questi mesi vissuti da ostaggio. Il colloquio, ovviamente, sarà effettuato nel rispetto di tutte le normative anti Covid. Mascherine e distanziamento: chissà quanto dev’essere straniante per questa ragazza, dopo tutto quello che ha vissuto, essere calata nella vecchia Italia in questo nuovo stato. Ma adesso è il momento della festa.
Ieri è stato quello delle celebrazioni istituzionali. L’annuncio a sorpresa è arrivato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, su Twitter, alle ore 17 e 17: “Silvia Romano è stata liberata! Ringrazio le donne e gli uomini dei servizi di intelligence esterna. Silvia, ti aspettiamo in Italia!”. Poi tutti gli altri, e su tutti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “La notizia della liberazione di Silvia Romano è motivo di grande gioia per tutti gli italiani. Invio un saluto di affettuosa solidarietà a Silvia e ai suoi familiari, che hanno patito tanti mesi di attesa angosciosa. Desidero esprimere riconoscenza e congratulazioni agli uomini dello Stato che si sono costantemente impegnati, con determinazione e pazienza, tra tante difficoltà, per la sua liberazione Bentornata, Silvia!”.
Esaurite le cerimonie, finalmente Silvia Romano uscirà dalla dimensione pubblica e sarà restituita alla sua giovanissima vita privata. Oggi torna a casa, torna a Milano. L’attende un quartiere in festa. Soprattutto una mamma, un papà e una sorella che hanno vissuto per tutti questi mesi senza respirare davvero. Il padre Enzo ha chiesto di essere lasciato in pace dopo aver ricevuto la notizia più bella della sua vita: “Ora ho solo bisogno di pensare, di ragionare, finché non la vedo non mi sembra vero, è un momento delicato. La felicità è talmente grande che scoppia”. Sua madre Francesca ha attaccato un cartoncino sulla porta di casa: “Bentornata Silvia”. La potrà riabbracciare proprio nel giorno della festa della mamma.
Il quartiere dove vive Silvia Romano – vicino a via Padova, la strada simbolo della Milano multietnica – ha già iniziato i festeggiamenti per la liberazione. Nella sua via si sono affacciati in decine ai balconi, hanno messo a tutto volume le sue canzoni preferite – Jovanotti, Ghali, 883 – e la parrocchia di quartiere ha fatto suonare le campane. Dietro casa sua, all’angolo tra via Casoretto e via Mancinelli, c’è un grande murales dedicato a Fausto e Iaio, due ragazzi del centro sociale Leoncavallo ammazzati in strada proprio lì, da un gruppetto di neofascisti. Sotto le loro immagini c’è scritto: “La speranza muore ancora a 18 anni?”.
Stavolta no: la speranza vive.