I trasferimenti nelle Rsa di pazienti Covid dimessi dagli ospedali, ma ancora potenzialmente contagiosi, in Piemonte avvenivano non per prassi, ma in virtù di disposizioni scritte. Perlomeno in provincia di Torino, dove il 4 aprile la Asl To3 metteva nero su bianco: “Gli ospiti della struttura, ricoverati in un presidio ospedaliero per il Covid-19, possono fare ritorno nella struttura d’origine dopo completa stabilizzazione clinica, attestata nella lettera di dimissioni, senza attendere la negativizzazione dell’infezione di Sars-Cov-2”. Sono le “Indicazioni e procedure operative” per le Rsa. A quell’epoca siamo in piena pandemia e la Regione scala le drammatiche classifiche di contagi e morti. È già tra le peggiori. Nelle Rsa del Piemonte i sindacati stimano tra 500 e 1.000 morti, ma mancano centinaia di strutture. Ci sono diverse inchieste giudiziarie aperte. Al 20 aprile la Regione conta sui tamponi effettuati il 35% di positivi tra gli ospiti e il 23% tra gli operatori.
Nella direttiva l’Asl precisa che occorre fare i tamponi “a tutta la popolazione degli ospiti presenti e degli operatori” al “verificarsi di un caso Covid”, facendo un passo avanti rispetto al periodo precedente, ma non vieta il ritorno dei pazienti infettati dagli ospedali. E ammette nuovi ingressi. “È possibile accogliere nuovi utenti in struttura”, si legge, senza accenni ai tamponi. L’unica misura di prevenzione per il nuovo arrivato è l’isolamento per 14 giorni. Trascorso il quale, l’anziano è considerato “non contagioso”. I tamponi non sono previsti né per gli anziani che sono stati a contatto con pazienti positivi, né per i lavoratori che hanno incontrato colleghi colpiti da Covid. E per la carenza di personale, dovuta al virus, l’Asl raccomanda di diminuire il tempo da dedicare ai pazienti.
La direttiva è: “In deroga alle vigenti normative di settore (…) fermo restando la garanzia dell’assistenza medica ed infermieristica, è consentito erogare minutaggi di assistenza tutelare alla persona inferiori agli standard”. Ad esempio, non più 120 minuti ogni 24 ore ma un tempo inferiore. Questo per “consentire il risparmio di personale di riserva e favorire un adeguato turn over”. Nonostante il virus, nelle Rsa l’ingresso dei visitatori non viene del tutto bloccato. In un documento del 17 marzo l’Asl precisa che “gli accessi dei familiari non devono essere interdetti totalmente ma fortemente limitati, valutando caso per caso”. Nessun obbligo di mascherine per i parenti salvo quelli con “sintomi da raffreddamento-respiratori”. Anche ad aprile la Regione non impedisce in modo assoluto il ritorno degli anziani colpiti da Covid dagli ospedali alle Rsa. Eppure l’Unità di crisi regionale il 29 aprile scrive di episodi di “ripositivizzazione dopo due tamponi negativi, in alcuni casi con ripresa della sintomatologia”.