Settimo piano, stanza 30. Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli. Una videocamera nascosta è puntata sulla scrivania dell’ufficio che il professor Angelo Scala, 52 anni, docente di Diritto processuale civile e in passato difensore di Maradona davanti al Fisco, divide con un collega. La videocamera riprende, in due casi diversi, momenti di palpeggiamento e di sesso tra Scala e degli allievi. Studenti o studentesse che hanno già superato, o supereranno, un esame con lui.
I filmati sono agli atti giudiziari. Sulla consensualità di quelle scene non ci sono dubbi. La Procura di Napoli guidata da Giovanni Melillo non contesta violenza sessuale. L’ordinanza con cui il Gip firma la sospensione per nove mesi di Scala dall’incarico di professore universitario – e di rettore dell’Università telematica ‘Fortunato’ di Benevento – circonda il perimetro delle accuse, relative a una ventina di episodi, nei reati di induzione indebita alla corruzione e falso. Sì, perché Scala – stando al materiale investigativo raccolto dalla Guardia di Finanza di Napoli e dai pm Francesco Raffaele ed Henry John Woodcock – avrebbe in qualche caso regalato l’esame sul registro informatico dello studente o della studentessa, senza nemmeno fargli sostenere la formalità della prova.
Prendiamo il caso di Giuseppe (nome di fantasia, il resto è vero). Ha 25 anni e vive in provincia di Napoli. Nella primavera del 2019 si sarebbe ritrovato con un bel 25 in Procedura civile 1 senza sapere come e perché. Lo avrebbe appreso dai successivi contatti telefonici e personali del professore che gli prospetta successi universitari futuri (c’è pur sempre Procedura civile 2 da fare) se sarà bravo e disponibile. Il voto sarebbe stato modificato informaticamente fino a diventare un 27. Sms e whatsapp tra i due certificherebbero una confidenza sospetta. Giuseppe poi quell’esame non lo hai mai fatto davvero. A gennaio scattano le prime perquisizioni della Finanza e improvvisamente il tono dei messaggi tra i due diventa più serio e formale. Giuseppe, come tanti altri studenti e studentesse di Scala, è stato convocato dai pm in qualità di coindagato di induzione indebita. E come quasi tutti – ma non tutti – si è avvalso della facoltà di non rispondere. Alle persone a lui vicine avrebbe però negato di aver avuto rapporti sessuali.
Tra le persone che i pm avrebbero voluto sentire c’era anche G.D.A., un ex studente di più di 30 anni la cui storia dei rapporti con Scala è finita in un procedimento che lo vede imputato per diffamazione ai danni del professore. I due un tempo si vedevano. Molto prima che G.D.A. insultasse Scala su Facebook. Anche lui, da indagato di procedimento connesso, ha preferito restare in silenzio.
Delle intercettazioni e dai messaggi di Scala, gli inquirenti ritengono di aver capito l’attimo in cui il docente iniziava i suoi approcci: era quando accennava alla possibilità di un “piano B”. La scorciatoia.
Il Gip accoglie quasi integralmente l’impianto accusatorio della Procura – salvo un paio di casi derubricati a traffico di influenze illecite – ma rispetto a una richiesta di arresti domiciliari motivata con la serialità dei presunti reati del docente, decide di virare verso una meno severa sospensione. Forse il segno dei tempi dell’emergenza coronavirus, tra scarcerazioni di boss e magistrati che preferiscono usare col contagocce le custodie cautelari. Pochi giorni prima del deflagrare dell’emergenza, Scala, difeso dall’avvocato Claudio Botti, aveva reso dichiarazioni spontanee ai pm per negare gli addebiti. A gennaio si era dimesso dalla cattedra di Napoli. Ma era rimasto rettore dell’Ateneo telematico.