Prima della pausa estiva tutti gli studenti tedeschi torneranno tra i banchi di scuola, anche se in modo parziale e con doppi o tripli turni. Alcuni cicli hanno già ripreso, come i maturandi e gli studenti della decima classe (15 anni), mentre gli altri torneranno a scaglioni, secondo i piani stabiliti da ciascun Land. Ma intanto dopo sette settimane di lockdown scolastico in Germania c’è chi azzarda un primo bilancio comparativo con altre realtà europee. E il risultato è tutt’altro che lusinghiero. “Nemmeno la metà degli insegnanti tedeschi ha organizzato un vero e-learning durante l’emergenza Covid” ha detto Stephan Huber, responsabile dell’Istituto di Formazione Ibb di Zug, in Svizzera, che ha confrontato come ha tenuto il sistema didattico durante la crisi nel suo Paese, in Austria e Germania, in uno studio citato dallo Spiegel. Risultato: l’87% delle scuole svizzere ha usato piattaforme online, il 57% di quelle austriache e appena il 43% di quelle tedesche. In Italia, secondo i dati di fine marzo del ministero dell’Istruzione, nell’82% delle scuole la didattica ha proseguito su piattaforme digitali.
Dalla chiusura delle scuole “nella classe di Leonard ci sono stati due incontri online con gli insegnanti da circa 30 minuti l’uno. Per il resto abbiamo ricevuto email con i compiti, e qualche professore è sparito del tutto, come quello di matematica”, ci racconta Claudia, mamma di un alunno di prima media di un ginnasio berlinese. Nella classe di Helena, quinta elementare al Goethe-Gymnasium, nessun incontro online, nessuna prosecuzione della didattica con altri mezzi, solo qualche assegnazione settimanale via email. A ricomparire dopo 5 settimane di silenzio, nel suo caso, è stato l’insegnante di tedesco. “So di genitori che hanno ricevuto addirittura i compiti dagli insegnanti dei figli via posta”, racconta Savina, mamma di Maria, 8 anni di una scuola elementare tedesco-italiana di Berlino. La differenza è che in Italia la digitalizzazione della scuola, se pur tra infinite polemiche e ritardi, è iniziata da tempo e a tanti livelli. A partire dal registro elettronico, una realtà con cui insegnanti, studenti e genitori hanno imparato a confrontarsi da almeno 6-7 anni. In Germania non ancora. “Per gli alunni italiani – prosegue Savina – è normale avere a che fare con tablet e pc, per quelli tedeschi no e io ho fatto moltissima fatica con mia figlia, dovendola seguire in tutto passo passo”. “A fare la differenza nella prosecuzione della didattica in Germania” racconta Claudia, a sua volta insegnante di inglese in un liceo della capitale tedesca “è stato il grado di preparazione digitale della scuola prima: alcuni istituti avevano già una propria piattaforma, un mediakonzept, altre no”.
Che la digitalizzazione sia un tema scottante in Germania è cosa nota. Nelle scuole più che altrove. È per questo che oltre un anno fa, nel febbraio 2019, il Bundestag aveva approvato il “Digitalpakt”, un pacchetto di misure da 5 miliardi per digitalizzare la scuola tedesca. Si trattava di un finanziamento del governo federale diretto ai 16 Land, un intervento eccezionale nel suo genere. Un anno dopo, a gennaio scorso un’indagine aveva mostrato che appena 20 milioni dei 5 miliardi previsti erano stati assegnati dai comuni per la digitalizzazione, riferisce il quotidiano economico Handelsblatt. E in Land come Assia, Schleswig-Holstein, Sassonia-Anhalt, Turingia e Saarland non un euro era stato ancora assegnato. Complice la lentezza della macchina burocratica tedesca, la scuola è rimasta all’asciutto. L’emergenza Covid-19 ha fatto il resto, accelerando la resa dei conti e rallentando la didattica fin quasi a fermarla. Il più è stato delegato all’iniziativa del singolo professore o dei singoli istituti. Ma gli insegnanti in Germania non sono come quelli italiani, che spremuti rendono il massimo, ci racconta ancora Savina. “I professori qui sono in grand parte funzionari dello Stato” con buoni stipendi da 3.200 euro in su al mese, che non hanno da dimostrare nulla a nessuno, racconta. Il problema tuttavia non è solo l’impreparazione tecnica di molti dei circa 40mila istituti in Germania ma anche la possibilità per i 10,9 milioni di studenti di accedere alle piattaforme. “Nella nostra scuola ne avevamo una ad hoc ma ci siamo accorti che molti ragazzi non avevano un pc, ma solo un cellulare che non la supportava” continua Claudia.
Di fronte alla pandemia e alla chiusura delle scuole, il governo ha approvato agli inizi di maggio un “Piano di finanziamento immediato”, una denominazione involontariamente ironica visti i precedenti, da 500 milioni. I soldi dovrebbero colmare il divario tra chi ha accesso alla tecnologia e chi non ce l’ha. Con la cifra stanziata bisognerebbe “finanziare l’offerta formativa online” e i ragazzi bisognosi dovrebbero avere 150 euro per comprare un pc o un laptop con cui seguire le lezioni. Ma anche questa potrebbe rivelarsi solo una buona intenzione.