In attesa che il decreto di maggio semplifichi e acceleri le procedure per distribuire nuovi bonus e prestiti, c’è ancora da erogare una misura agognata da una platea potenziale di 3 milioni di lavoratori, che ormai si sono trasformati negli invisibili della cassa integrazione in deroga. A oggi, secondo i dati diffusi dall’Inps, sono poco meno di 58 mila i beneficiari che hanno ricevuto il pagamento dell’ammortizzatore sociale gestito dalle Regioni, ma pagato dall’Istituto presieduto da Pasquale Tridico. Le domande di Cig in deroga decretate dalle Regioni e inviate all’Inps sono 173.565, ma di queste solo 85.046 sono state autorizzate e 29.600 sono quelle pagate a una platea di 57.975 beneficiari. Meglio va agli altri lavoratori: i beneficiari della cassa integrazione ordinaria e assegno ordinario sono 8 milioni, di cui 5,2 milioni hanno già ricevuto l’anticipo dalle aziende, mentre gli altri 2,8 milioni stanno per essere pagati.
Nel buco nero restano quindi i lavoratori senza più lavoro che non possono richiedere la normale cig come quelli delle micro imprese, i commercianti, gli artigiani e i negozianti con meno di 5 dipendenti che aspettano i soldi da metà aprile. Ma, dopo aver assistito agli svariati annunci che hanno solo ritardato di settimana in settimana il pagamento, ora sono anche costretti a subire il rimpallo di responsabilità tra gli enti locali e l’Inps su chi sia il responsabile del ritardo.
Il primo indiziato, come al solito, è la burocrazia con la sua tortuosa macchina organizzativa. Nel caso della cig in deroga si tratta di una procedura che inizia con un accordo quadro firmato da sindacati e datori di lavoro che poi si trasforma in una domanda da presentare alla Regione che deve esaminarla, istruire la pratica e girarla all’Inps. Insomma, 21 diversi accordi, 21 diverse tempistiche e 21 diverse procedure che hanno determinato già tempi più lunghi rispetto alle altre misure. Con un distinguo tra le Regioni che si sono mosse per prima (spiccano Lazio, Toscana e Campania che, rispettivamente, hanno presentato 36mila, 31.500 e 30mila domande di cui 15.500, 9.700 e 15.600 pagate) e quasi tutte le Regioni di centrodestra che si sono accodate solo due settimane fa, come Lombardia, Piemonte, Abruzzo, Calabria, Liguria e Molise. Un ritardo che gli ha attirato l’accusa di rallentare la macchina. E qui il secondo indiziato si trasforma in una guerra di cifre tra queste Regioni che non ci stanno ad essere attaccate e accuso l’Inps di diffondere dati non aggiornati.
“Siamo di fronte a una alterazione di dati. Se l’Inps continuerà a diffondere notizie infondate e faziose, la Lombardia si difenderà nelle sedi opportune”, tuona l’assessore al Lavoro Melania Rizzoli seconda la quale si sta “assistendo a un quotidiano scaricabarile da parte dell’Inps sulle Regioni per giustificare i mancati pagamenti”. Secondo la Regione Lombardia sono 48.209 le domande presentate all’Inps, mentre per l’Istituto la Regione ne avrebbe presentate solo 37, di cui 33 pagate, per i Comuni dell’ex zona rossa e 19.807, di cui autorizzate 6.484, in tutti gli altri casi. La Rizzoli, insomma, conferma i ritardi della Regione che ha subito un rallentamento per riallineare il sistema informatico, ma spiega anche che la sua macchina è rodata e viaggia sulle 5mila domande al giorno, fino a completare la decretazione entro la fine di questa settimana. Stessa accusa all’Inps arriva dall’assessore al Lavoro del Piemonte Elena Chiorino. “Anche noi siamo partiti dopo, ma le domande presentate sono 10 mila e non le 2.499 che riporta l’Inps. È di Tridico il problema se non riesce a pagarle”, spiega.
Ma c’è anche un terzo indiziato che non allevia il calvario dei disperati in attesa della cassa integrazione in deroga: le aziende che non compilano correttamente il modello che riporta il numero di lavoratori effettivamente in cassa (e non solo quelli presunti) e i loro Iban. Solo una volta ricevuto il modello, l’Inps paga. O meglio, dovrebbe farlo.